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Autore: Mizar    25/04/2010    4 recensioni
Quando io ero ragazzo il mondo era molto diverso. Essere un purosangue era considerato un onore, un privilegio, per questo noi che discendevamo direttamente da Salazar eravamo trattati con il rispetto che si conveniva alla nostra illustre casata.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nascita di un RE


Un bel giorno ti accorgi che esisti
che sei parte del mondo anche tu
non per tua volontà e ti chiedi chissà…
(Brano tratto dal la canzone Il cerchio della vita)





Il locale era triste e spoglio.
I vecchi muri, ammuffiti agli angoli, davano l’impressione di trascuratezza e l’intonaco che si sgretolava acuiva ulteriormente quel senso d’abbandono e decadenza che permeava tutto l’edificio.
Dalle finestre socchiuse entravano il rumore del mare e l’odore della salsedine, ma questo non bastava a dissipare il sentore di medicinali e morte che aleggiava nell’aria.
L’uomo e il ragazzo si diressero con passo deciso verso una piccola guardiola.
L’infermiera, che s’intravedeva dal vetro incrinato, li guardò sorpresa.
Non era solita ricevere visite.
“Sono il preside di Hogwarts”, esordì il mago seccamente, “ e sono stato convocato qui insieme a uno dei miei alunni”.
“Buon giorno e ben arrivati”, rispose la donna con deferenza, raddrizzando la schiena e sistemandosi la divisa con una mano.
“Il paziente della stanza numero tre sta aspettando il ragazzo, anche se temo che ormai sia troppo tardi”.
Dopo essere uscita dal bugigattolo di vetro la donna li guidò lungo il corridoio fino a una stanzetta in penombra.
Un vecchio scheletrico ansimava in un letto dall’aria sudicia.
Il preside s’affacciò alla stanza e rimase ad osservarlo.
Era l’essere più repellente che avesse mai visto ed emanava un odore nauseabondo.
“E’ lui?” Chiese.
La donna fece un cenno affermativo col capo.
“Siamo sicuri che sia chi dice d’essere?” “Certamente”.
“Vai ragazzo,” disse allora, sospingendo il suo alunno nella stanza, “io ti aspetterò qui fuori”.
Il ragazzino entrò e chiuse la porta.
L’uomo aprì gli occhi cisposi e li fissò sul bel viso del visitatore.
“Chi sei?” chiese in un soffio.
“Colui che ha mandato a chiamare,” rispose compito il giovane.
L’uomo sospirò e s’artigliò al suo braccio, cercando di avvicinarlo di più al suo letto.
Il ragazzo s’irrigidì, ma non si sottrasse a quella stretta.
Il vecchio parve studiarlo a fondo e poi, con voce stentata, cominciò a parlare.
“Quando io ero un ragazzo il mondo era molto diverso.
Essere un purosangue era considerato un onore, un privilegio, per questo noi che discendevamo direttamente da Salazar eravamo trattati con il rispetto che si conveniva alla nostra illustre casata.
Non pensare che per noi ci fossero solo agi, però, sapevamo dalla nascita quale era il nostro destino e ci portavamo appresso il fardello di mantenere inalterato il nostro lignaggio come uno dei principali compiti della nostra vita.
Nessuno di noi poteva sprecare anche una sola goccia del suo sangue, perciò i matrimoni tra consanguinei erano tollerati e non eravamo certo noi a scegliere chi amare.
Io stesso sono stato dato in sposo a soli sedici anni.
La nostra famiglia era la più illustre, anche se purtroppo economicamente in decadenza.
Mio nonno e mio padre erano riusciti, in due generazioni, a dilapidare il patrimonio che per secoli ci era stato tramandato, insieme ai nostri blasoni e al nostro sangue.
Come avessero fatto è presto detto, nella nostra famiglia c’è sempre stato un gene bacato.
Tutti noi portiamo nelle nostre vene il sangue purissimo di Salazar, ma anche la sua maledizione, perciò o siamo esseri geniali o soltanto poveri pazzi.
Per preservare il nostro sangue purissimo da secoli, nella nostra casata, viene praticato l’incesto e incrociandoci tra noi questo gene nefasto si è rafforzato.
Lo so, fa orrore parlarne, ma per generazioni il figlio maschio più promettente e la sorella più dotata sono stati costretti a sposarsi.
Io stesso ho sposato mia sorella e i risultati si sono visti in quelli che sono stati i miei figli: un povero squilibrato e una sgualdrina maganò.
Nessuna donna della nostra famiglia ha mai perpetrato il delitto di cui lei s’è macchiata e di cui tu pagherai per tutta la vita la colpa.
Quella maledetta è riuscita a distruggere l’unica cosa che eravamo riusciti a tramandarci intatto: il nostro sangue puro.
Avrei dovuto ucciderla appena nata.
Già da allora si vedeva che era debole e inadatta ad una famiglia come la nostra.
Non succhiava il latte materno e cresceva a stento.
Per mesi, io e mia moglie, non sentimmo nemmeno un vagito uscire dalle sue labbra.
Rimaneva ore sveglia nella culla senza piangere, guardando il soffitto con aria vacua.
Quando crebbe, si notarono chiaramente in lei i sintomi della più grave malattia che mago possa avere: la mancanza di magia.
Non potevo credere che un’onta così grave avesse colpito la mia famiglia.
Se fossi stato un vero uomo, avrei fatto quello che normalmente in questi casi si faceva, ma sua madre mi supplicò di risparmiarla e io non ho mai saputo dire di no ad Anthara e ai suoi dolci occhi neri; così abbiamo continuato a fingere d’ignorare la verità, tenendo la bambina nascosta agli occhi di chiunque potesse indovinare il suo problema, con la scusa della sua cagionevole salute.
Per indurla a manifestare almeno una scintilla dei suoi poteri le abbiamo provate tutte, credimi.
A nulla sono valse le pozioni che la madre le somministrava e, dopo la sua morte, neppure le botte o le umiliazioni che invece gli infliggevo io: lei non era una di noi ed io non potevo farci nulla.
Chi invece aveva una fortissima magia che scorreva nel suo sangue era il mio primogenito.
Lo so che è un pazzo, ma credimi, ragazzo, aveva più magia lui nel suo dito mignolo di quanta né abbia mai avuto nessuno, tranne forse Salazar stesso.
Faceva incantesimi d’altissimo livello che era ancora un bambino e non era magia accidentale.
Non ha mai neppure avuto bisogno di una bacchetta.
Gli bastava un gesto delle mani o uno sguardo.
I suoi occhi… Erano scurissimi, quasi neri e non si riusciva a distinguere l’iride dalla pupilla, ma quando faceva una magia diventavano rossi come il sangue.
Era veramente uno spettacolo guardarlo, ma è passato tanto tempo e ormai, sicuramente, avrà perso tutti i suoi poteri, insieme alle ultime briciole di senno.
Azkaban è un posto terribile, ragazzo, ti consiglio vivamente di non metterci mai piede.
I Dissennatori ti succhiano l’anima, ma non c’è solo quello.
Tu sai come si fa, vero, a diminuire la magia di un mago? Esatto, vedo dai tuoi occhi che hai capito, sei intelligente per essere un mezzo babbano.
D’altronde è plausibile, non credi? Noi maghi ci sentiamo tanto potenti, superiori, ma alla fine siamo solo uomini.
Quando dobbiamo lottare contro la fame, la sete e le malattie che insidiano il nostro corpo, non ci rimane abbastanza forza da fare incantesimi.
Sì, è in questo modo che ad Azkaban ci viene tolta la magia: facendoci morire di stenti.
Nessuno lo sa se non è rinchiuso a marcire tra quelle mura.
Il Ministero della Magia non da risalto a certe ‘pratiche’ adottate dai suoi Auror, eppure un sacco di grandi maghi stanno morendo anche in questo momento.
Ora mi vedi vecchio e a pezzi, ma anch’io ero un potente mago una volta, ma forse non è nemmeno questa la verità.
Se fossi stato un grande, la mia vita non sarebbe stata quel cumulo di spazzatura che è adesso, e io non sarei questo patetico relitto umano che non ha nemmeno la forza di parlarti senza bisbigliare.
La mia ora è vicina e io sono pronto ad andarmene.
Anthara mi sta aspettando da anni e ti devo confessare che sarà una vera liberazione dopo tutto questo.
No, non ho avuto una vita facile, ma ognuno nasce con il suo fato e non lo si può cambiare, almeno non del tutto.
So che ti starai chiedendo perché non mi sia mai fatto vivo in tutti questi anni, a proposito quanti sono? Undici? Dodici? Non importa, piccolo.
Il tempo è solo un’illusione.
Quando sarai vecchio e stanco come me, capirai che non esiste un passato o un futuro.
Solo il presente conta e possiamo fare ben poco per contrastare il destino.
In ogni modo la risposta è solo una: tu per me sei un abominio.
Sei un Sanguesporco, perché quella strega pazza e degenere di tua madre ti ha concepito con un babbano.
Sì, tu non sei puro e io dovrei ucciderti senza esitazione, per cancellare dalla faccia della terra questa vergogna e cercare di riabilitare il nome del nostro casato, ma ormai a chi può più importare? Tua madre è morta, mio figlio è in carcere a vita ed io sto morendo.
Eppure, in mezzo a tanta decadenza, abbiamo ancora la speranza di redimerci e, a dispetto di tutto quella speranza sei tu, che per quanto imperfetto, sei il Prescelto” L’uomo smise di parlare, soffocato da un eccesso di tosse.
Ci mise molto prima di ritrovare abbastanza forza per ricominciare il suo racconto.
La sua voce, nella stanza semibuia, era quasi un bisbiglio; un refolo di vento che stava spegnendosi, mentre gli occhi acquosi s’appannavano sempre più, persi in un passato che solo lui poteva vedere.
“Questi babbani, mah! Non capirò mai cosa quella svergognata abbia trovato in tuo padre.
Abitava in una tenuta molto grande, non lontano dalla nostra casa.
Passava spesso davanti alle nostre finestre nelle sue passeggiate a cavallo, ma io avevo messo incantesimi particolari ai nostri muri e qualsiasi babbano si fosse avvicinato a noi avrebbe provato un senso di terrore così forte da indurlo a fuggire.
Mio figlio acuiva questa sensazione con serpenti vivi inchiodato alle finestre o alla porta e fenomeni meteorologici, quali vento improvviso o terribili temporali.
Si divertiva un mondo a terrorizzare i babbani fin da quando era solo un marmocchio.
Sua sorella trovava questo divertente e lui avrebbe fatto qualunque cosa perché quel‘muso da topo’ sorridesse.
Anche se fingeva di disprezzarla, per compiacermi, lui l’amava e alla fine questo ci ha portato alla rovina.
Quando finii in carcere la prima volta quei due rimasero da soli.
Nessuno mi toglie dalla mante che quello che successe sia stata opera del mio primogenito, ma non ne ho le prove.
Lui ha sempre negato, ma io so che lei, da sola, non ne sarebbe mai stata capace.
Si dice che riuscì a fare innamorare tuo padre con un filtro d’amore e che poi, pentita di aver usato questo artificio, smise di somministrarglielo.
Non più soggiogato dalla magia lui fuggì e l’abbandonò al sesto mese di gravidanza.
Secondo me, però, le cose non sono andate proprio così.
Lei non sapeva fare filtri d’amore e, di sicuro, se avesse avuto un po’ di magia non avrebbe avuto problemi a procurarsi di che vivere.
Tu sei piccolo, ma sono certo che hai già scoperto quanto sia utile un Incantesimo d’Appello per impossessarsi di quello che desideriamo, o come torni comodo un bel Confundus, per ottenere da qualsiasi babbano tutto ciò che ci serve.
Se te tua madre fosse stata una vera strega, avrebbe mai potuto fare la fame? Avrebbe mai avuto bisogno di essere ospitata nell’ospizio per poveri in cui ora tu vivi? Mi figlio preparò la pozione e, quando fu incarcerato per l’aggressione ad alcuni babbani, lei si trovò nei guai.
E’ così ovvio, ma ormai che importa? A chi vuoi che interessi se lei era una strega o no, è morta, e poi non è più quello il punto.
Dopo quel sogno, che ormai mi perseguita da molte notti, io dovevo vederti.
Sì, ho dovuto chiamarti qui per scoprire se sei tu l’erede che tutto il Mondo Magico aspetta da secoli e ora so che è così.
Tu non sei come i tuoi genitori, sei un mago e, forse, qualche speranza c’è.
Nelle tue vene scorre lo stesso sangue di Salazar Serpeverde, anche se orribilmente infettato, e i maghi dell’intero mondo ti stanno aspettando.
Hai il dovere di fare avverare la profezia fatta su di te, ma riuscirai a farlo solo se saprai mantenere segreti i tuoi sciagurati natali.
Nessun purosangue ti potrebbe accettare se sapesse che sei uno sporco Mezzobabbano.
Eppure, nonostante tutto, sei tu il Prescelto, ora ne sono sicuro.
Ti ho visto in sogno e so che Salazar ha scelto te.
La profezia parla chiaro:

Colui che in tempi d’incertezze riporterà il suo popolo sulla via dello splendore, riconducendo i maghi alla supremazia assoluta.
Sorgerà dalla famiglia di Salazar.
Un anello e un monile saranno il suo segno di riconoscimento ma solo il suo spirito combattivo e la sua magia potranno aprirgli tutte le porte. Sconosciuto a tutti i grandi maghi solo un sogno ad un moribondo preannuncerà la sua venuta e lo indicherà come il prescelto.

Sei tu l’erede di Salazar, lo sento dentro con una forza che mi sorprende e mi consuma al tempo stesso.
Avrai tu l’onore di riportare i Maghi al potere e, se sarai astuto, il mondo si piegherà ai tuoi voleri.
Sì, bambino, tu comanderai su tutti, ma fai attenzione perché non sei puro e questo potrebbe portarti alla rovina.
Sai, io ho sempre pensato che i mezzosangue fossero delle nullità, persone dotate di magia di una forma inferiore alla nostra, ma adesso capisco tante cose.
Non è la magia a mancarvi, ma la ferrea disciplina che a noi purosangue è imposta dalla nascita.
I babbani sono persone passionali, preda delle loro emozioni e del loro cuore.
E’ questo che li rende deboli e vulnerabili rispetto a noi maghi puri.
E’ l’amore che guida i loro passi e, spesso, li porta a compiere scelte sconsiderate.
Impara a difenderti da questo, ragazzo, oppure tutti i tuoi sforzi saranno vani.
Non cedere mai all’amore e alla passione del corpo, perchè solo così dominerai il Mondo Magico.
” Improvvisamente l’uomo smise di parlare, boccheggiando come fosse rimasto senz’aria.
Sudando si portò la mano scheletrica al petto, mentre una smorfia di dolore gli si dipingeva sul viso.
“Ormai il mio tempo sta per scadere, ma devo dirti tutto”, bisbigliò con fatica, ancora più piano di prima.
“La camera dei segreti a Hogwarts… Devi trovarla e aprirla… Lì troverai ciò che ti serve per capire… E l'Anello e il Medaglione di Serpeverde… Tua madre li ha venduti per sopravvivere… Ritrovali perché sono loro che ti apriranno le porte… Cerca di capire… cerca…” L’uomo ansò, nello sforzo sovrumano di provare a pronunciare ancora una parola, poi reclinò il capo sul cuscino e rimase immobile.
Il bambino lo guardò senza provare alcun’emozione.
Non gli importava di quel vecchio.
Non gli importava di nessuno ormai.
Aveva avuto ciò che voleva: conoscere le sue origini e quello che aveva scoperto gli dava un immenso conforto.
Lui era speciale: non un povero orfano ma un re, un dominatore e aveva un compito da portare a termine.
Non vedeva l’ora d’iniziare.
Con passo deciso s’accostò alla porta della camera e uscì.
“Possiamo andare”, disse calmo al preside che lo stava aspettando su una poltroncina, “ora mio nonno dorme”.
Dippet lo guardò sorridendo e poi lo prese per mano.
Insieme uscirono sulla scogliera e poi si smaterializzarono a Hogwarts.
Appena arrivati, Tom Riddle guardò il preside negli occhi e questi dimenticò tutto.
Molto compiaciuto il ragazzo si diresse al suo dormitorio e si coricò.
Un sorriso distendeva i suoi lineamenti perfetti, mentre sognava la gloria e il potere di cui si sarebbe impossessato, in un futuro non troppo lontano.
Negli anni a venire avrebbe sempre ricordato quel giorno come l’inizio della sua vera vita.
Il giorno in cui, ascoltando un vecchio moribondo, era divenuto il grande Lord Voldemort.

Fine

NOTE: Seconda classificata al Contest When I was a child...

DISCLAIMER: Harry Potter e tutti i personaggi della saga sono di proprietà di JK Rowling e di chiunque ne possieda i diritti. Questa storia non ha alcun fine di lucro, né intende infrangere alcuna legge su diritti di pubblicazione e copyright.

   
 
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