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Autore: Ed1505    09/11/2003    9 recensioni
Rufy, Sanji, Nami e Zoro alle prese con la vita da liceali. Storie d'amore, d'amicizia e di lealtà.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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LA BANDA DI RUFY

 

Primo giorno di scuola, al liceo Fusha. Nel cortile dell’istituto, ragazzi del primo, del secondo e del terzo anno si affollavano davanti ai tabelloni esposti, per scoprire in che classe avrebbero dovuto trascorrere il resto dell’anno. In mezzo alla folla agitata, due ragazzi fissavano il cartellone quasi con indifferenza, alla ricerca dei loro nomi. Uno era piuttosto alto, dai capelli biondi tagliati a caschetto. Un paio di sopracciglia alla francese rendevano il suo aspetto leggermente buffo, ma per il resto si poteva dire che si trattasse di un ragazzo affascinante.

“Guarda, Rufy. A quanto pare saremo nuovamente in classe assieme.”
Così dicendo si voltò verso il ragazzo che stava al suo fianco. Leggermente più basso di lui, ma comunque abbastanza alto rispetto alla media, aveva una massa di capelli neri spettinati e due occhi neri che a prima vista non era possibile capire se fossero molto profondi, o semplicemente molto vacui. Sotto l’occhio sinistro, spiccava una vistosa cicatrice, che incuteva disagio in chi lo guardava.

“Beh, meglio così, no? Eh, Sanji?”
“Già. Uff, direi che possiamo andare. Tanto non c’è pericolo che insieme a noi ci sia qualcun altro d’interessante. Da quel che ho visto finora sembrano tutti bravi studentelli figli di papà…”
“Se volevi una scuola più interessante da quel punto di vista, ti conveniva scegliere un riformatorio!”

“Sì, forse hai ragione!”

E ridendo si allontanarono. Monkey D. Rufy e Baratie Sanji, venivano dalla stessa scuola media. Erano amici fin dalla seconda, quando Sanji, bocciato, si era ritrovato in una classe che lo temeva come la peste. Aveva la fama di essere un teppista della peggior specie, un individuo pericoloso da cui tenersi alla larga. Eppure, il primo giorno, quando tutti si erano adoperati a occupare i banchi al loro fianco, un ragazzo l’aveva a malapena degnato di uno sguardo, dicendo:

“Se vuoi qui è libero.”

Da quel giorno erano diventati inseparabili. D’altronde, nemmeno Rufy si poteva definire uno stinco di santo. Era famoso per essere coraggiosissimo, e per buttarsi a testa bassa in qualsiasi rissa gli capitasse a tiro. Da una di quelle risse, era nata l’ormai famosa cicatrice sotto l’occhio.

Nonostante tutto questo, però, sia Rufy che Sanji erano persone estremamente socievoli, ed in breve tempo erano riusciti a conquistare tutta la classe delle medie, sia maschi che femmine. Sanji era un rubacuori, nonché un incallito dongiovanni. Rufy, invece, era un compagnone, l’ideale animatore per qualsiasi festa. Dove c’era lui nasceva sempre un sorriso.

Entrarono nella loro nuova aula, piuttosto grande e luminosa. Decisi, si diressero immediatamente verso le ultime file. Si guardarono brevemente intorno e subito si sedettero uno dietro all’altro. Sanji non aveva scelto il posto a caso. Aveva notato subito che quello di fianco era occupato da una ragazza decisamente carina. Rufy non ci fece troppo caso, era abituato alle scenate che il suo amico faceva ad ogni bella ragazza. Ed infatti, non appena il biondino ebbe preso posto, cercò subito di fare amicizia.

“Salve! Ti spiace se mi siedo qui, a fianco a te?”
La ragazza alzò gli occhi dal libro che stava leggendo. Fissò il giovane per qualche istante e poi, tornando alla lettura, disse semplicemente.

“Fa’ pure.”
La ragazza aveva dei rossi capelli lisci che le arrivavano alle spalle, sfiorandole appena. Da un lato teneva una ciocca dietro all’orecchio, dall’altra i capelli erano liberi. Gli occhi erano di un bel marrone chiaro e molto penetranti.

Nonostante non gli avesse prestato troppa attenzione, Sanji non si arrese.

“Beh, visto che saremo compagni di banco, mi presento. Io sono Baratie Sanji, ma puoi chiamarmi Sanji. Ho 18 anni.”

Capendo subito il tipo di persona che le era capitata di fianco, la rossa si rassegnò a lasciar perdere la lettura, e si arrese all’insistenza di Sanji, volgendo lo sguardo su di lui. In fondo non conosceva nessuno e fare amicizia con il proprio vicino di banco sarebbe stato utile.

“Un po’ tantini, per essere in prima.”

“Già. Beh, ecco, ho perso un paio d’anni, quando ero alle medie.”

“Capisco. Beh, comunque io sono Nami Cocoyashi. 17 anni. Piacere di conoscerti.”
“Anche tu sei ripetente, mi pare di capire…”
“No, però a metà anno della seconda media mi sono dovuta trasferire, quindi ho perso tutto l’anno.”
“Capisco. Beh, Nami, il piacere è tutto mio!”

“Nami?”
“Ma sì, dai! In fondo siamo compagni di banco, no?”
“E va bene…”

“Eh eh, brava! Allora, visto che ora ci conosciamo, ti presento il mio migliore amico! Ehi, Rufy!”

Il giovane si voltò, guardando i due che lo fissavano. Quando lo vide, il cuore di Nami mancò un battito. Per qualche istante i due si guardarono negli occhi. Poi lei, rendendosi conto di essere arrossita, abbassò lo sguardo.

“Rufy, lei è Nami Cocoyashi. Ha un anno in più di te.”

Rufy si sorprese per quell’atteggiamento, credendo di non starle simpatico. In effetti era sembrato piuttosto disinteressato dalla cosa. Per rimediare sfoderò un bel sorriso, di quelli che, generalmente, conquistavano chi gli stava di fronte. Poi, alzandosi e porgendole la mano, disse:

“Monkey D. Rufy. Gli amici mi chiamano Rufy. Molto piacere, Cocoyashi.”
Lei si riprese in fretta e, sorridendo a sua volta, gli strinse la mano.

“Piacere mio. E chiamami pure Nami.”

Quando Nami lasciò la mano del giovane, lui rimase per qualche istante imbambolato, fissando la sua mano ormai vuota. Poi guardò meglio la giovane, con uno sguardo piuttosto stupito. Quindi sorrise. Tornando al suo posto disse, tra sé e sé:

“Sì. Credo proprio che quella ragazza finirà col piacermi!”

E così, tra una chiacchiera e l’altra, cominciò la prima ora. Il banco in fianco a Rufy, quello dietro a Nami, era rimasto vuoto. Probabilmente a causa dell’aspetto del ragazzo, che faceva subito pensare ad un teppista. Il solito vecchio problema, insomma. A metà dell’ora, improvvisamente, la porta si spalancò di colpo. Sullo specchio della porta si disegnò la figura di un giovane dall’aspetto burbero, con la divisa sbottonata che lasciava intravedere il petto, solcato da una lunga cicatrice, e una panciera color verde scuro. Portava anche una bandana nera legata sul braccio. I capelli erano molto corti, quasi tagliati a spazzola, tinti di verde. Non ascoltò nemmeno i rimproveri dell’insegnante. Si guardò un po’ intorno in cerca di un banco vuoto e, individuatolo, vi si diresse con passo lento, non senza prima aver sbattuto la porta. Inutile specificare che il banco da lui individuato era proprio quello al fianco di Rufy.

Il giovane, Sanji e Nami fissavano il nuovo arrivato con sguardo stupito.

“Oh no! Mi ero dimenticata che c’era pure lui!”

“Ehi, Sanji, ma quello…”

Fu Nami a rispondere a Rufy.

“Quello e Roronoa Zoro. Il peggior delinquente della zona. E’ un teppista conosciutissimo e, soprattutto, temutissimo. Non ha una banda regolare, è un solitario, gira sempre solo.”

“Già. E’ davvero in gamba. Non sapevo fosse finito in classe con noi…”
“Ehi, Sanji. Hai visto che ti sbagliavi? A quanto pare un tipetto che piace a te l’abbiamo trovato pure qui!”
“Scherzi? Io quello non lo sopporto! Non ho ancora dimenticato…”

Nami fissava i due nuovi amici senza capire.

“Ma voi due lo conoscete?”
“Abbiamo avuto modo d’incontrarlo, in passato…”

Zoro, nel frattempo, era arrivato al banco. Spostò la sedia molto rumorosamente e vi si gettò sopra di peso, grugnendo un “ci si rivede” in direzione di Nami. Poi, come se nulla fosse accaduto, e mentre ancora tutti tenevano gli sguardi fissi su di lui, si addormentò.

A questo punto fu Sanji a porre la stessa domanda a Nami.

“Ma allora anche tu lo conosci.”

“Sì…Eravamo…Eravamo nella stessa classe, in seconda e terza media…”
La ragazza si mantenne sul vago, e Rufy non poté fare a meno di avvertire una nota di allarmismo nella sua voce.

Le lezioni si susseguirono in fretta, fino a che non si arrivò alla pausa pranzo. Zoro stava ancora dormendo nella grossa.

“Ehi, Nami, tu pranzi in mensa o ti sei portata il cestino da casa?”
“Ah, mi sono portata il cibo.”

“Davvero?! Che coincidenza, anch’io! Che ne dici se andiamo a mangiare insieme?!”
“Va bene. Anche perché non conosco nessun altro. Rufy…”

Nel tono della ragazza c’era un velo di indecisione. Lui si voltò a guardarla.

“Vieni anche tu?”
“Ecco…Io vi raggiungo tra poco. Devo sbrigare una faccenda.”

“Ok. A dopo, amico. Ci trovi sulla terrazza.”

“Sì.”
In classe, ormai, non erano rimasti che Rufy e Zoro. Il moro si sedette a cavalcioni sulla sedia di Nami e prese a fissare l’altro con insistenza e con un sorriso dipinto sul volto. Come immaginava, Roronoa avvertì quello sguardo, e si svegliò infastidito.

“E che diavolo c’è da guardare?!” – aggredì Rufy senza nemmeno guardarlo.

“E’ un pezzo che non ci si incontra.”

Zoro lo guardò meglio. Poi sgranò gli occhi.

“Monkey D. Rufy?!”
“In persona. Complimenti. Ti sei seduto di fianco a me e nemmeno te ne sei accorto.”
“Tsk, ero assonnato!”

“Sì, sì…Allora…Non mi aspettavo che il famigerato Roronoa Zoro frequentasse anche la scuola…Pensavo passassi tutto il tuo tempo a gettarti nelle risse.”
“Sinceramente nemmeno io credevo che Monkey D. Rufy facesse lo studentello modello…Cos’è, hai deciso di smettere con le risse?”
“Oh, no. Assolutamente. Le risse rimangono tutt’oggi il mio divertimento preferito. Purtroppo, però, non posso farlo di professione. Dovrò pur mantenermi, in qualche modo, no?”
“E pensi che andare a scuola ti aiuterà?”
“No. Però avrò qualche speranza in più.”

“Tsk! Comunque, a quanto pare la scuola si fa più interessante. Ricorda, Monkey D. Rufy. Io non ho ancora mandato giù quella sconfitta. Tu sei stato l’unico a battermi.”
“Me lo ricordo. D’altronde, io e te siamo i più famosi e temuti teppisti della zona. Era inevitabile che, un giorno o l’altro, ci saremmo scontrati.”

“E destino ha voluto che fossi tu a vincere.”
“Beh, però tu avevi prima battuto il mio amico. E, per la cronaca…nemmeno lui ha ancora mandato giù la sconfitta…”
“Non mi dirai che è qui pure quel biondino!”

“Banco davanti al mio…”
“Eh eh…AH AH AH!! Sì! La scuola si sta davvero facendo interessante! Quel biondino non era niente male, quella volta ho fatto davvero una gran fatica a batterlo! Tira calci micidiali!”
“Sono la sua specialità…Beh, ora ti lascio. Volevo solo presentarmi come si deve. E ricordarti che io sono sempre dell’idea di volerti con me.”
“Te l’ho già detto, Monkey D. Rufy. Io sto da solo.”

“Lo so. Comunque, ricorda che se cambi idea…Ciao, ci vediamo più tardi…”

E uscì dall’aula con il sorriso sulle labbra. Intanto, Zoro, rimasto solo, sorrise sarcasticamente.

“Eh, sì. Sarà davvero interessante, la scuola, quest’anno…”

E così la vita dei quattro al liceo Fusha cominciò. I giorni passavano e l’amicizia di Sanji e Rufy con Nami diventava sempre più solida. Ben presto anche il resto della classe aveva capito il carattere del moro, e cominciava ad avvicinarsi. Zoro restava sempre isolato, tranne quando, sporadicamente, scambiava due parole con Rufy. Inoltre infastidiva spesso e volentieri Nami. A lezione, per esempio, si divertiva a stuzzicarla tirandole i capelli o cercando di distrarla.

“Ehi, rossa! Dopo mi passi gli appunti?”
“Vai al diavolo, Zoro! Tanto non te ne fai nulla.”
Nami non aveva paura di lui. Lo trattava con superiorità, come se fosse stato una persona qualunque. Tutti gli altri, Rufy e Sanji a parte, si stupivano molto di quell’atteggiamento, e le chiedevano se non aveva paura. Ma lei rispondeva sempre che lo conosceva da tempo e che sapeva che era un buono a nulla, in realtà. Man mano che il tempo passava, il rapporto tra Rufy e Nami si faceva sempre più intimo. Il giovane rispettava molto la ragazza. Fino ad allora non aveva mai preso in considerazione l’altro sesso, considerando le ragazze degli essere deboli. Ma da quando aveva conosciuto lei si era ricreduto. Fin dal momento in cui le aveva stretto la mano e lei aveva risposto con una stretta decisa quanto la sua. Tutte le altre ragazze che gli avevano stretto la mano, in vita sua, si erano poi lamentate per il dolore. Lei invece non aveva avuto nessun problema. Inoltre, Nami riusciva a tenere testa sia a lui che a Zoro, e questo era prova di un gran carattere. Aggiungendo poi che riusciva spesso a farlo ridere e che era decisamente carina, si poteva dire che ormai Rufy non avesse occhi che per lei. Sanji aveva smesso subito di provarci, dopo aver ricevuto un deciso rifiuto ad una possibile uscita. Ma restavano comunque amici, senza problemi né rancori. Per quanto riguardava Nami, invece, era praticamente persa per Rufy fin dal primo momento in cui l’aveva visto. Tuttavia lei non voleva farsi avanti e Rufy avvertiva in lei una certa reticenza, quasi una distanza posta di proposito. E non sapeva perché, ma era convinto che in tutto quello c’entrasse pure Zoro.

Un giorno, quattro mesi dopo l’inizio della scuola, Rufy e Sanji passeggiavano per il cortile dell’istituto.

“Ah, che pacchia. Ehi, Rufy. Sai che pensavo? E’ un sacco di tempo che non facciamo un giro per il centro.”
“Hai ragione. Credo che siano passati due mesi dall’ultima volta che ho partecipato ad una rissa. Non vorrei rammollirmi.”
“Che ne diresti di rifarci sabato prossimo?”
“Grande idea, amico mio! Sai, non vorrei che, con la scusa della mia assenza, qualche bulletto pretendesse di prendere il mio posto…”
“Che ci provi soltanto…”

Improvvisamente, mentre ridevano, udirono una voce familiare a entrambi.

“Smettila, Zoro! Ti ho detto di no!”
Si fissarono per un istante, poi si diressero in direzione della voce. All’improvviso, Sanji strattonò Rufy per la camicia e lo spinse dietro un albero, facendogli segno di tacere. Mentre l’amico lo interrogava con lo sguardo, lui indicò con il dito un punto poco distante. Quando Rufy si voltò in quella direzione, provò una strana sensazione di fastidio, mai provata prima. Vicino ad un grosso albero c’erano Zoro e Nami, con espressioni molto serie sul volto.

“Ma perché non vuoi nemmeno ascoltarmi?”
“Perché non ce n’è bisogno. Ormai è un discorso concluso, non c’è bisogno di riprenderlo!”
“Questo lo dici tu. Se voglio parlarti è proprio perché, secondo me, non c’è nulla di concluso.”

“Dici bene, Zoro. Secondo te.”

“Non ci credo. Sono certo che sei ancora innamorata di me!”

“Ti sbagli. Ti sbagli di grosso. Anzi, se proprio vuoi saperlo, non sono mai stata innamorata di te. Forse infatuata…non lo so. Mi affascinavi, quello sì. Ma è passato tutto, da molto tempo. L’amore, quello vero, è una cosa che sto scoprendo solo ora. E ti assicuro che non è per te.”

Zoro rimase pietrificato. Fissò Nami con occhi e bocca sbarrati. Poi serrò i pugni, tirò un cazzotto sull’albero e se ne andò, lasciandola sola. Nami sospirò, poi si appoggiò all’arbusto, chiudendo gli occhi.

Rufy e Sanji uscirono dal loro nascondiglio.

“Cavolo…E chi l’avrebbe mai immaginato…A quanto pare, alle medie, Nami e Zoro stavano insieme. Poi si sono lasciati ed ora Zoro è ancora innamorato di lei e vorrebbe un’altra possibilità, mentre lei prova lo stesso per qualcun altro. Almeno, io il loro discorso l’ho interpretato così. E tu, Rufy?”
Ma il giovane non rispose. Stava ripensando a ciò che aveva appena sentito. Quindi i suoi sospetti erano fondati!

“Senti, Sanji. Tu torna in classe. Io devo fare una cosa.”
Sanji lo fissò un attimo. Poi, accendendosi una sigaretta, sorrise.

“Ok. Io andrò a farmi un giretto, sperando di riuscire a fumarmi questa sigaretta in santa pace, senza che qualche rompiscatole di prof. mi becchi…”
E si allontanò. Rufy attese qualche istante, poi tornò indietro, dirigendosi verso di Nami. Lei, sentendo dei passi, alzò lo sguardo, e si stupì non poco di trovarselo davanti, con un gran sorriso.

“Ciao! Si sta bene qua, eh?”
Lei rimase zitta per un momento. Poi, ricambiando il sorriso, rispose:

“Sì, hai ragione. Direi che è il posto migliore di tutta la scuola!”
Rufy si sedette ai piedi dell’albero, mentre Nami rimaneva in piedi, appoggiata al tronco, con le braccia dietro alla schiena. Stettero in silenzio per alcuni interminabili minuti. Poi Rufy disse:

“E così…tu sei stata la ragazza del famigerato Roronoa Zoro, terrore della zona.”

Nami voltò di scatto la testa verso di lui, fissandolo con occhi sgranati.

“Come…?”
“Scusami. Prima passavo di qua e vi ho sentiti parlare…”
Il volto della giovane divenne rosso acceso.

“Oh…Capisco…”
“Ehm, non era mia intenzione origliare i vostri discorsi…”

“Non ti preoccupare. A dire il vero, avrei voluto dirtelo…Però non sapevo come affrontare il discorso. E poi, era storia vecchia…”
“Non per lui, a quanto pare…”
“…Già. Non credevo che lui ci tenesse ancora, a me.”

“So che non sono affari miei…Ma perché vi siete lasciati?”
“Esatto. Non sono affari tuoi.”

Rufy la fissò, sconvolto. Poi assunse un’aria mortificata. Allora lei ridacchiò.

“Dai, non fare quella faccia! Stavo solo scherzando…Tu sei mio amico, e mi fa piacere che ti interessi anche alla mia vita passata.”
“Certo che mi interessa!”

“Bene. Vedi, come già sai, io mi sono trasferita in questa zona a metà della seconda media. Dove stavo prima, facevo anch’io parte di un gruppo di teppisti…”
“COSA?!”
“Eh eh, non te l’aspettavi, vero?”
“Beh, un po’ sì, a dire il vero. Infatti, non riuscivo a spiegarmi come tu riuscissi a tenere testa a gente come me e Zoro.”

“Come te?”
“Sì…beh, ora vai avanti, dai.”
“Beh, quando mi sono trasferita nella nuova scuola, l’anno successivo, in classe con me c’era anche Zoro. Quando lo vidi, rimasi subito affascinata da lui. E, a quanto pare, lui sentì lo stesso per me. In breve tempo ci mettemmo insieme e la nostra storia durò all’incirca un anno. Beh, se di storia si può parlare…”
“Perché?”
“Lui non è molto bravo, con le ragazze. Anche quando uscivamo, stava sempre in silenzio e sembrava avesse sempre il muso. Non era minimamente romantico. Spesso accadeva addirittura che, mentre eravamo insieme, all’improvviso mi lasciasse sola per andare a picchiare qualcuno.”

“Ed hai resistito per un anno?”
“Sì. Più che altro, temevo la sua reazione. Però, a un certo punto, ero davvero stufa. Anche perché, dato che stavo con lui, tutti si tenevano alla larga da me, ed io non avevo amici. Così, un giorno, mentre eravamo a scuola, gliel’ho detto chiaramente. L’ho mollato.”
“E lui come ha reagito?”
“C’è rimasto di sasso. Poi se n’è andato senza dire una parola. E’ mancato da scuola per un po’ di giorni e quando è tornato era come adesso. Si divertiva a punzecchiarmi, ma non sembrava portarmi nessun rancore. Comunque, restavo praticamente l’unica persona con cui parlava.”
“E invece, dentro di sé, sperava che tu cambiassi idea…”
“Esatto. Solo che l’ho scoperto solo oggi.”

“Capisco. Beh, una bella storia.”
“In che senso, una bella storia?”
“Boh, non sapevo che dire, così ho sparato la prima cosa che mi è venuta in mente…”
Nami scoppiò a ridere, seguita da Rufy. Poi si calmò.

“Beh, visto che io ti ho raccontato del mio passato, perché ora non mi racconti tu, di te?”
“Io?”
“Esatto. Insomma, dimmi la verità…Anche tu e Sanji siete teppisti, no?”
“Teppisti è una parola grossa…Più che altro, siamo amanti delle risse.”

“Ah, mi pareva! E’ per questo che già conoscevate Zoro!”

“Già. Entrambi, in passato, ci siamo scontrati con lui.”
“Ed avete perso.”

“No, non esattamente. Sanji ha combattuto bene, ha perso proprio per un soffio. L’ha ammesso lo stesso Zoro. Io, invece, ho vinto.”
“COSA?!”
Questa volta fu Nami a rimanere decisamente stupita.
“Perché ti stupisci tanto?”
“Come, perché? Zoro è il più forte di tutta la zona, da quel che ne so io, nessuno è mai riuscito a batterlo!”
“Nessuno eccetto il sottoscritto.”
“Cavolo! Non credevo fossi così forte!”

“Diciamo che me la cavo. Il mio sogno è formare un bel gruppo di persone…Non ne voglio tante, anche solo tre o quattro…Però voglio che siano i migliori…E far sapere a tutti che noi siamo i più grandi di questo quartiere. I numeri uno. E, un po’ alla volta, aumentare la nostra fama. Arrivare, un giorno, ad essere i numeri uno di tutta la regione.”
“E Sanji sarebbe uno dei tuoi?”
“Esatto. Dopo aver sconfitto Zoro, avevo chiesto anche a lui di unirsi a me in questo progetto, ma non ha accettato, dicendomi che lui sta da solo. Io, però, conto di riuscire a fargli cambiare idea, un giorno.”
“Mi sa che è fatica sprecata…Non ce lo vedo proprio, Zoro, a prendere ordini da qualcuno…”
“Non è questione di prendere ordini. Ma di amicizia. Un gruppo invincibile, legato da un’indissolubile legame d’amicizia. Ecco cosa desidero davvero. E forse, Zoro ha soltanto bisogno di un piccolo aiuto da parte mia. Sono convinto che, in realtà, anche lui si rivelerebbe un amico affidabile. E insostituibile.”

Nami fissò Rufy, affascinata. Un po’ dal discorso, un po’ dalla sua espressione determinata. Arrossì lievemente, rendendosi conto di quale effetto facesse al suo cuore la vista di quell’espressione.

“E dimmi…Anche se non fosse poi così forte…accetteresti nel tuo fantastico gruppo una ragazza? Se ti promettesse, ovviamente, di essere sempre fedele all’amicizia indissolubile che vi lega…”

Rufy si alzò in piedi, sorridendole.

“Veramente, io ti consideravo già membro ufficiale del gruppo. Anche se, forse…sarei io a non riuscire ad assicurarti un’indissolubile amicizia…”
“Eh?”
Il sorriso era scomparso dal volto di Nami. Non riusciva a comprendere quelle sue parole. E nemmeno Rufy sorrideva più. Anzi, aveva un’espressione cupa mai vista prima.

“Scusa, Nami. Ora devo andare…”

E corse via, lasciando la ragazza decisamente demoralizzata.

Nei giorni seguenti, l’atmosfera della classe cambiò molto. Zoro non si presentò a scuola, mentre sia Rufy che Nami si comportarono stranamente. Nami sembrava triste, ma anche un po’ arrabbiata con Rufy, per non averle dato altre spiegazioni. Rufy, invece, era insolitamente silenzioso. Stava per i fatti suoi, o al massimo con Sanji, senza riuscire ad essere di alcuna compagnia.

Circa una settimana dopo, mentre stava passeggiando da solo, nel cortile della scuola, Rufy fu raggiunto da Zoro. Aveva un’espressione davvero decisa, sul volto. I suoi occhi sembravano lanciare fulmini.

“Ehi, Monkey D. Rufy!”

“Zoro. Ciao. Era un po’ che non ti facevi vedere qui a scuola.”

“Non sono venuto per le lezioni. Ma per te.”
“Per me? E che vuoi da me?”
“Una sfida.”
“Oh, bella! Qui a scuola? Mi spiace, non mi va di farmi espellere.”
“Non qui, babbeo! Seguimi, ti porto io nel posto adatto. Voglio prendermi la rivincita che mi spetta!”
Rufy, in un qualsiasi altro momento, avrebbe accettato di buon grado. Era l’occasione per convincerlo a entrare nella sua “banda”. Ma in quei giorni era troppo giù per riuscire a divertirsi con una scazzottata. Si voltò da un’altra parte, liquidando la proposta con un “non ne ho voglia”.

Zoro sembrò innervosirsi ancora di più. Lo afferrò per la camicia e lo strattonò.

“Avanti! Non mi dirai che hai paura di batterti con me?! Allora sei solo un codardo, le tue sono solo belle parole…Altro che numero uno del quartiere…Sei il numero uno dei vigliacchi!”
A quelle parole, i nervi già tesi di Rufy cedettero. Si voltò di scatto e con un gesto rapido della mano fece lasciare a Zoro la sua camicia.

“E sia. Andiamo a combattere. Ma ti avverto…Questa volta non ci andrò leggero!”

“Questo dovrei essere io a dirlo. Seguimi.”

E s’incamminarono, entrambi più agguerriti che mai, uscendo dalla scuola.

Intanto, Sanji e Nami avevano assistito al tutto da una finestra dell’istituto.

“Ma che gli è saltato in mente a quei due? Sfidarsi durante l’orario di lezione! E poi i loro sguardi non mi piacevano. Questa volta ci andranno giù veramente pesante! Nami, ascolta. All’uscita da scuola, portati dietro anche le cartelle mia e di Rufy. Verrò a prenderle dopo aver controllato che quei due folli non si massacrino…”

“Vengo anch’io con te!”
“No. Non è uno spettacolo adatto ad una ragazza.”
“Ci sono abituata, Sanji! Per un anno ho visto Zoro picchiare chiunque lo sfidasse! E poi sono preoccupata per Rufy!”
Sanji ci pensò su. In realtà temeva che sarebbe stato pericoloso. Era abbastanza certo del fatto che la causa di quella sfida fosse proprio Nami. Zoro l’amava ancora, ed era evidente che tra lei e Rufy stava nascendo qualcosa. Probabilmente Zoro aveva capito a chi si riferiva Nami quando aveva detto di aver scoperto l’amore. In quel caso per la ragazza sarebbe stato un grosso rischio restare lì. E per Rufy sarebbe stata una distrazione.
“Senti, è inutile che ci stai a pensare. Io vado. Se vuoi, vieni con me. Altrimenti, ognuno per conto proprio. Non ho intenzione di intromettermi nello scontro, Sanji! Voglio solo vedere!”
“E va bene! Basta che non mi costringi a farti da balia!”

Così, dimenticandosi anche le cartelle, corsero fuori dalla scuola, seguendo la direzione presa poco prima dagli altri due.

Quando li raggiunsero, li trovarono uno di fronte all’altro, in un cantiere in disuso. Un insidioso vento alzava nuvole di polvere, molto fastidiose per occhi e gola. Ma i due non sembravano farci caso. Continuavano a fissarsi in silenzio. Poi Zoro, togliendosi la giacca della divisa e rimanendo a petto nudo, disse:

“Monkey D. Rufy. Questa volta ti batterò. E voglio fare un patto, con te. Se vincerò, tu dovrai stare alla larga da Nami per il resto dei tuoi giorni!”

L’espressione del moro non mutò, mentre Nami era rimasta shockata. Che diavolo voleva ancora da lei, Zoro? Perché non la lasciava libera di trovarsi un altro ragazzo? E poi perché era così stupido da dire quelle cose a Rufy? In quel modo lui avrebbe capito i suoi sentimenti!

Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalle parole di risposta.

“E perché mai dovrei? Nami non è di tua proprietà, è libera di essere amica di chiunque lei voglia! Così come lo sono io!”
“Hai capito benissimo cosa intendo, idiota! Se vincerò dovrai stare alla larga da lei!”
“No! Non ho intenzione di utilizzare Nami come un oggetto!”
“Ma che belle parole…In realtà dici così perché sei sicuro che perderai! Se fossi certo della tua vittoria, non avresti problemi a giocarti questa carta! SEI UN VIGLIACCO!!”
“NO! IO NON SONO UN VIGLIACCO! E TE LO DIMOSTRERO’!!”
Sanji e Nami li fissavano, sconvolti.

“No, Rufy…Non accettare…Non rovinarti con le tue stesse mani, amico…Così la perderai…”
“Accetto, Zoro. Però, se sarai tu a perdere, dovrai accettare le mie condizioni!”
“Ossia?”
“Primo, lascerai libera Nami.”
“E va bene…”
“Secondo, entrerai a far parte del mio gruppo di amici!”
Zoro ghignò, divertito. Nami, invece, si sorprese.

“Ma com’è possibile? Dopo tutto questo, lo vuole ancora come amico? E’ ancora convinto che Zoro potrebbe essergli davvero fedele?”
“Rufy è fatto così. Piuttosto che dubitare di una persona, preferisce rischiare. E’ uno stupido, lo so…Ma forse è proprio per questa sua caratteristica che chi decide di seguirlo non lo abbandona mai più. E’ stato così per me…e, credo, anche per te…”

“…Sì…”

Sul campo, Zoro si legò la bandana in testa. Lo faceva sempre, prima di un combattimento.

“E va bene. Ci sto. Ora, preparati.”
Rufy tolse la camicia dai pantaloni, sbottonandola. Tirò su le maniche e si mise in posizione. Poi, come se entrambi si fossero dati il via, scattarono contemporaneamente uno verso l’altro. E lo scontro ebbe inizio.

I due combatterono senza esclusione di colpi. Entrambi erano determinati a vincere, la sconfitta non rientrava nei loro programmi. Si battevano come due leoni, e incassavano i colpi quasi con indifferenza. Dopo cinque minuti, se le stavano ancora dando di santa ragione. Entrambi erano ormai distrutti, e stavano in piedi a fatica. I loro volti e le loro mani erano ricoperte di sangue. Già da un paio di minuti Nami si era accasciata al suolo, sconvolta nel constatare tanta violenza in entrambi. Ad un certo punto, i due prepararono un pugno, scagliandolo sull’avversario nello stesso istante. In termini di boxe si poteva definire un diretto d’incontro incrociato. Zoro cadde a terra, stremato. Rufy lo guardò e disse:

“E con questa ti ho dimostrato che non sono un vigliacco…”
Dopodiché crollò sulle ginocchia. Zoro, disteso a pancia in su, con le braccia spalancate, sorrise, nonostante le numerose ferite sul volto.

“Eh, e con questa ci siamo tolti ogni dubbio…Il numero uno sei davvero tu, Monkey D. Rufy…”
“Però con ben poca differenza, rispetto al numero due, Roronoa Zoro…”
Ancora ansimanti per lo sforzo, si misero entrambi a sedere. Poi si strinsero la mano.

“Hai vinto, amico. Da oggi, Roronoa Zoro è dei tuoi. E ti giuro che lascerò in pace Nami. D’ora in avanti mi comporterò come un comune compagno.”
“No. Tu non sei un compagno. Né per lei, né per me, né per Sanji. Da oggi tu sei un amico, Zoro.”
“Grazie…Rufy.”
Era la prima volta che Zoro lo chiamava semplicemente Rufy e non con il nome completo. Ed il moro ne fu più che felice.

Sanji e Nami, intanto, li osservavano, sollevati.

“Dai, Nami. Torniamo a scuola. Questi due erano così presi dal loro scontro che non si sono nemmeno accorti di noi. Meglio sparire, prima che ci facciano caso.”
“Sì, andiamo.”
Ma mentre stavano per andarsene, Nami si bloccò, udendo una domanda di cui voleva assolutamente sapere la risposta.

“Dimmi solo una cosa, Rufy. Se questa sfida l’avessi vinta io…Avresti davvero rinunciato a Nami?”
Per qualche istante solo silenzio. Poi, con il volto serio, Rufy rispose:

“Io sono un uomo di parola. Se faccio un patto, poi lo mantengo, anche a costo di rimetterci la vita. Quindi…Sì. Sarei stato alla larga da Nami…”

La ragazza ricominciò a camminare, mentre cercava inutilmente di deglutire quel groppo che le serrava la gola, e che aveva un nome: delusione.

“Ma solo se l’avesse voluto anche lei!”

Nami si voltò di scatto. Rufy stava sorridendo di cuore, sincero.

“Sì. Lo immaginavo, capo.”

“Beh, non serve mica che mi chiami capo, eh!”
“Però ti confesso che mi è sempre piaciuta l’idea di chiamare qualcuno capo!”
“E allora sia. Andiamo, figliolo!”
“Eh no! Figliolo no, altrimenti ti gonfio!”
“L’hai già fatto, amico mio! L’hai già fatto!”
E scoppiarono a ridere, mentre si aiutavano a vicenda ad alzarsi.

Nami e Sanji, intanto se n’erano andati. Camminando, la ragazza non riusciva a nascondere la gioia, e Sanji, sorridendo ed accendendosi una sigaretta, le chiese:

“Allora, contenta?”
Lei lo guardò, sorrise di cuore, proprio come poco prima aveva fatto Rufy, e rispose:

“Sì!”

 

Quando, quel giorno, Rufy e Zoro si ripresentarono a scuola, non dissero nulla del patto e del resto. Dissero solamente che avevano voluto verificare, una volta per tutte, chi dei due fosse il più forte. Nami e Sanji fecero finta di nulla, tenendo per loro la verità. Si limitarono ad aiutare i loro due amici a curare le numerose ferite che avevano sul volto e sulle mani. Un paio di giorni dopo, quando tutto era tornato alla normalità e Zoro era finalmente diventato parte integrante del gruppo, rivelandosi un buon amico, Rufy decise che era arrivato il momento di fare chiarezza anche con Nami. Le fece trovare sul banco un bigliettino, con scritto:

 

Ti aspetto sotto all’albero dell’altro giorno. Vieni durante la pausa pranzo, da sola. Devo parlarti.

Rufy

 

Lei si stupì molto, e passò le ore prima della pausa senza riuscire a concentrarsi, con il cuore che le batteva all’impazzata. Giunto il momento, si diresse verso l’albero, emozionata. Lui la stava già aspettando.

“Bene. Eccomi qua.”
“Sì. Grazie per essere venuta.”
Per un po’ rimasero in silenzio. Entrambi erano vistosamente imbarazzati e Rufy sembrava cercare disperatamente le parole per cominciare il discorso. Mentre il giovane passeggiava irrequieto avanti e indietro, Nami si appoggiò con la schiena al tronco. La faceva sentire, in qualche modo, più protetta. E lei, in quel momento più che mai, sentiva il bisogno di un appoggio sia fisico che morale.

All’improvviso, Rufy smise di camminare. Con passo e sguardo decisi si portò di fronte a Nami e prese a fissarla negli occhi.

“Nami…L’altro giorno, mentre parlavamo…Io ti ho detto delle cose strane…Cose che forse…anzi, sicuramente tu hai frainteso. Quando ti ho detto che probabilmente non sarei in grado di assicurarti un’indissolubile amicizia…non intendevo dire che non voglio restare tuo amico.”
Nami lo fissò per qualche istante. Non era facile ragionare con il volto del ragazzo a pochi centimetri dal suo…

“…Se è così…perché, allora, nei giorni seguenti mi hai evitato? E perché quel giorno te ne sei andato senza nemmeno una spiegazione?”
“Ecco, il problema è che quelle parole…ne ho compreso il senso solo dopo averle pronunciate. E quando questo è accaduto, mi sono ritrovato decisamente spiazzato, perché era la prima volta che mi accadeva una cosa del genere!”
“Era la prima volta che ti accadeva…cosa?”
“Provare una cosa del genere per qualcuno! Io non sono abituato…Prima di conoscerti, non avevo mai incontrato nessuna ragazza che mi desse da pensare così tanto. Nessuna che io riuscissi a considerare davvero “parte del gruppo”. Tu sei completamente diversa da qualsiasi ragazza io abbia mai incontrato finora. Mi fai provare cose che non ho mai provato prima in vita mia. E questo mi lascia confuso, molto. Però di una cosa sono certo. Quando mi è stato chiesto di starti lontano…Io mi sono opposto. E ho lottato con tutte le mie forze per poter continuare a restarti vicino. E questo è importante, significa molto, no? Ed è anche il motivo per cui non credo di riuscire a garantirti un’indissolubile amicizia…Perché già ora tu sei più di un’amica, per me. E in futuro, probabilmente, diverrai sempre più importante. Fino a raggiungere un punto tale, dal quale sarà impossibile, per me, tornare a vederti…o COMINCIARE a vederti come una semplice amica.”

Rufy riprese fiato, appoggiando le mani sul tronco, e imprigionando quindi la ragazza tra le due braccia. Lei teneva il capo chino. Gli occhi erano coperti dai capelli, e non si poteva scorgere la sua espressione. Poi, alzò lentamente le mani tremanti, appoggiandole sul petto di Rufy. Avvertendo quel tocco, Rufy sentì il cuore balzargli in petto. La fissò, mentre pian piano sollevava la testa, per guardarlo negli occhi. Ma quello sguardo reciproco durò ben poco, perché subito dopo lei chiuse gli occhi e poggiò le labbra su quelle di lui. Dopo un secondo di puro stupore, lui chiuse gli occhi a sua volta, e l’abbracciò, ricambiando il bacio con estrema gioia. Quando si furono separati, lei lo guardò negli occhi, le guance leggermente arrossate, e gli disse:

“Ti amo, Rufy.”
Allora lui sorrise e, posandole la fronte contro la sua, disse:

“Forse non si era capito, ma…Anch’io ti amo, Nami. Era questo, tutto ciò che volevo dirti. Ti amo.”

E si baciarono di nuovo.

Intanto, da una finestra, due individui li osservavano, sorridendo.

“Allora…Ti dà tanto fastidio, Roronoa?”
“Oh, no. In fondo, se si mette con lui ne sono felice. Certo, se si fosse messa con un babbeo, allora me la sarei di sicuro presa…Ecco, se si fosse messa con te, Baratie…sarebbe stato tutto un altro discorso!”
“Ah. Eh?! Cosa?! Sbaglio o mi hai appena dato del babbeo?!”
“Pin pon! Risposta esatta! Bravo!”
“Ma sentilo, ora è pure diventato spiritoso! Ma se fino a un paio di giorni fa eri sempre zitto! Chi ti credi di essere, deficiente?!”
“Beh, intanto il numero due. Me l’ha detto Rufy. Mi spiace, piccolo Sanji…il suo braccio destro ora sono io…”
“E non chiamarmi piccolo Sanji, scemo! Guarda che, se vuoi, ti batto anche subito!”
“Sì, sì…Oh, guarda, che ragazza carina!”
“Eh? Dove, dove?! L’ho vista prima io, è mia!”
“AH AH AH!! CHE SCEMO!!”
“Maledetto, me la pagherai cara! Un giorno ti spodesterò dal secondo posto!”
“Sì, aspetta e spera…”
E così, finalmente, era nato la tanto sognata “BANDA DI RUFY”, che contava, per il momento, quattro membri. Ma a nessuno di loro importava di essere così in pochi. Perché per loro, tutto ciò che contava, era essere i più forti. E soprattutto essere tutti ottimi amici.

 

 

Dall’autrice: questa nuova AU non c’entra nulla con BEST FRIENDS e MORE THAN BEST FRIENDS. L’idea mi è stata suggerita da una mia amica, appassionata di One Piece e sostenitrice della coppia Zoro/Nami (purtroppo). Quindi, cara Nami/Marina, questa fanfic è dedicata a te. Grazie per i suggerimenti e soprattutto per i splendidi disegni che fai solo per me! Un grazie, ovviamente, anche a tutti coloro che recensiranno questa ff! – Ryuen –

  
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