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Autore: vannagio    26/04/2010    7 recensioni
Spesso le creature più malvagie e sadiche sono anche quelle che hanno sofferto di più.
Nascondono dietro un ghigno crudele un passato fatto di ingiustizie e dolori.
E a volte basta poco per far riaffiorare i brutti ricordi…
[Jane, Alec e Demetri]
[Quarta classificata al contest °°°piccoli gesti°°° indetto da harrytat]
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alec, Demetri, Jane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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"Quando vannagio vaneggia!"



Il conforto di un bacio



L’odore dei cadaveri in putrefazione la disgustava e la nauseava, anche se solo in senso figurato, poiché, essendo un immortale, Jane non poteva accusare malesseri di quel tipo. Quel lezzo nauseabondo la riportava sempre indietro nel tempo, all’orfanotrofio in cui aveva vissuto per alcuni anni da umana. Scosse la testa, come a voler scacciare quei pensieri e si guardò intorno: due corpi straziati giacevano scomposti nell’erba già da qualche giorno, a giudicare dal loro aspetto.
Aro aveva affidato a lei e Demetri una missione di poco conto. Si era sentita quasi offesa da quella richiesta: Jane, uno dei membri più potenti della Guardia, costretta a dare la caccia a una coppia di neonati fuori controllo? Per di più, affiancata da quel arrogante, pallone gonfiato, che rispondeva al nome di Demetri? Tuttavia, contestare le decisioni del suo Maestro sarebbe stata una mossa a dir poco avventata, così aveva obbedito senza fiatare.
Una folata di vento caldo attraversò il campo di grano, adagiato accanto ad una casetta fatiscente, portando con sé un nuovo odore, forte e invitante.
“Sangue fresco…”, pensò, mentre un sorriso maligno si dipingeva sul suo volto.
«Sì, lo sento anch’io», aggiunse Demetri, che cercava di individuare la fonte di quel profumo tanto allettante. Fu Jane a trovarla per prima.
La porta della casa era aperta. All’interno, rannicchiati contro la testiera di un piccolo letto, c’erano due bambini: un maschio e una femmina. Tremavano come foglie di autunno e cercavano conforto, l’uno nelle braccia dell’altro.
La bambina, che non dimostrava più di cinque anni, singhiozzava disperata, invocando la madre e il padre. Il fratello, che appariva di qualche anno più grande, la stava abbracciando e rivolgeva occhiate terrorizzate ai due vampiri.
«Guarda, guarda…», esclamò Demetri, sogghignando soddisfatto.
“Hanno visto troppo”, pensò Jane. Il suo volto non lasciava trasparire alcuna emozione.
«Vorrà dire che uniremo l’utile al dilettevole», rispose lui al quel pensiero.
Forse intuendo le loro intenzioni, la bambina cominciò a piangere più forte.
“Che suono orribile”, pensò Jane con una smorfia infastidita.
Detestava i cuccioli umani... li detestava con tutta se stessa e non vedeva l’ora di zittire quel lamento pestilenziale. Il suo odio era profondo e radicato nel passato. Risaliva al periodo in cui, rinchiusa nell’orfanotrofio con il fratello Alec, aveva subito ogni tipo di sopruso per anni. Ogni volta che incrociava lo sguardo di un bambino spaventato, rivedeva se stessa: umana, terrorizzata, fragile, indifesa, inerme, debole... e se c’era una cosa che Jane non sopportava, era sentirsi indifesa e debole. Per questo motivo aveva accolto con entusiasmo l’idea di diventare una vampira.
Nulla avrebbe potuto ferirla… mai più!
«Uno ciascuno?» chiese Demetri, i cui occhi si erano trasformati in due buchi neri.
Jane stava fissando intensamente la femmina e non diede segno di aver udito le sue parole.
«Potresti al meno far finta di prendermi in considerazione, non credi?», domandò il vampiro, irritato.
Improvvisamente egli cominciò ad urlare. Cadde per terra, contorcendosi come se fosse stato colto da attacchi epilettici.
«Tale considerazione ti è sufficiente?», domandò Jane ridendo.
La piccola femmina umana, terrorizzata dalle urla del vampiro, cominciò a gridare a sua volta.
Colta alla sprovvista, Jane smise di esercitare il suo potere sul vampiro. Ad occhi sgranati osservava il ragazzino, che stava baciando il viso della sorella, tentando invano di calmarla.
Istintivamente Jane si toccò la guancia e i ricordi che aveva cercato di reprimere riaffiorarono prepotenti.


Fumo, fuoco, fiamme… un inferno!
Nonostante fossero passati diversi giorni dall’incendio che le aveva portato via i genitori, Jane non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine della sua casa che bruciava.
Degli estranei avevano portato lei e suo fratello in un orfanotrofio.
Inizialmente, la puzza di quel posto era insopportabile: un misto di ratti morti, fogna, vomito vecchio ed escrementi. Passato qualche tempo, però, ci aveva fatto l’abitudine e adesso quel fetore era diventato parte di lei.
Immersa nell’oscurità, raggomitolata sotto le lenzuola del letto, Jane piangeva accompagnata dai lamenti delle altre bambine, che dormivano nella stessa stanza. Non faceva altro da giorni e il fatto che non avesse più lacrime in corpo da versare, non era una scusa sufficiente per farla smettere.
«Jane», la chiamò qualcuno a bassa voce.
Era suo fratello Alec. Ogni notte sgattaiolava fuori dal dormitorio maschile per farle compagnia. Una volta era stato beccato, ma neanche le frustate lo avevano dissuaso dal tornare la notte successiva.
«Sono qui», rispose lei tra i singhiozzi.
Alec la raggiunse velocemente e si distese sul letto accanto a Jane. Si abbracciarono con tutte le loro forze, come se da questo dipendesse la loro stessa vita. La guancia di Alec, a contatto con quella di Jane, era bagnata. Anche lui passava il suo tempo a piangere.
Rimasero in silenzio per molto tempo. Le parole erano inutili. A loro bastava essere vicini. La lontananza li faceva soffrire quasi quanto il ricordo dei loro genitori vivi e felici.
Quel pensiero costrinse Jane a rompere il lugubre silenzio che li circondava.
«Mi mancano», sussurrò.
Alec prese un respiro profondo, come a voler trovare il coraggio per parlare e tentando di mantenere la voce ferma, disse: «Anche a me… ma stai tranquilla, andrà tutto bene».
Con delicatezza estrema e una certa titubanza, il ragazzo posò le sue labbra sulla guancia della sorella. Quel bacio caldo e bagnato riuscì a calmarla un po’, anche se il dolore era ancora vivo e faceva sanguinare il suo cuore, come se avesse ricevuto una stilettata in pieno petto.
Poi, gli argini crollarono e Alec si lasciò andare ad un pianto disperato.
Benché fossero gemelli, Alec soleva interpretare la parte del fratello maggiore, che si occupava della sorellina più piccola, consolandola e sorreggendola.
Ma a volte, anche i più forti tra noi cedono ai momenti di debolezza e in quei casi era Jane la sorella maggiore.
La ragazzina accarezzò il viso del fratello, asciugando con il pollice ossuto le lacrime, che gli riempivano gli occhi. Infine, baciò Alec più volte sulla guancia, sperando che questo potesse tranquillizzarlo un poco, proprio come era stato per lei.
Continuando a stringersi reciprocamente sotto il lenzuolo sudicio, trascorsero tutta la notte insieme, alternando lacrime, a gesti di affetto e parole di conforto.


Jane fissava quelle due insignificanti creature con odio e disprezzo. Come osavano ridestare in lei certi ricordi, costringendola a sentirsi ancora una volta inerme e debole?
Non sarebbe riuscita a tollerare quei lamenti patetici e strazianti un secondo di più.
Così, muovendosi con lentezza calcolata, la vampira si avvicinò ai due bambini, i quali si ammutolirono all’istante.
Accennando la stessa nenia che secoli prima sua madre aveva cantato per farla addormentare, la vampira concesse loro un bacio… un bacio che avrebbe messo fine alle loro sofferenze, che avrebbe dato loro un po’ di conforto… il conforto di un bacio e del riposo eterno.





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Nota autore:
Questa one-shot ha partecipato al contest °°°piccoli gesti°°° indetto da harrytat
Scopo del contest era scrivere un racconto che descrivesse un momento di tristezza di un personaggio e il conforto offertogli da un'altra persona, attraverso un piccolo gesto. Ogni partecipante ha ricevuto in sorte una coppia di personaggi e il gesto di consolazione: a me sono toccati Jane e Alec e il bacio sulla guancia.
Per scrivere questa one-shot ho cercato di documentarmi il più possibile sulla storia di Jane e Alec.
In rete non c’è molto, ma ho trovato delle informazioni che riguardano la loro vita da umani. I genitori erano morti in un incendio e i due gemelli erano stati affidati ad un orfanotrofio, dove venivano maltrattati.
Penso che il periodo successivo alla morte dei loro genitori debba essere stato molto difficile e doloroso per i due ragazzini e credo che proprio lì vada ricercato il perché della loro indole maligna e sadica. Per questo motivo ho deciso di ambientare in quel periodo il momento di tristezza richiesto dal contest.
Ringrazio Ulissae, OttoNoveTre e Sachi Mitsuki, per l’aiuto che mi hanno dato nel cercare notizie utili su Jane e Alec, attraverso il forum di efp. Grazie a anche a tutti coloro i quali leggeranno questa piccola ff.
Spero che sia stata di vostro gradimento.
Vannagio

P.S.: dalla recensione che ho appena ricevuto, mi sono resa conto che, forse, la parte finale di questa ff confonde un po' le idee...
Evidentemente è colpa mia: non sono riuscita ad esprimermi al meglio!
Alla fine della storia, Jane non bacia i due bambini, ma li morde, uccidendoli.
"...la vampira concesse loro un bacio… un bacio che avrebbe messo fine alle loro sofferenze, che avrebbe dato loro un po’ di conforto… il conforto di un bacio e del riposo eterno..."
Nella letteratura, spesso vengono usati i termini "bacio", "bacio eterno", "bacio immortale" per riferirsi al morso del vampiro.
Pensavo che fosse una cosa risaputa.
Faccio mea culpa! Usando questa metafora volevo alleggerire una scena, che altrimenti sarebbe risultata troppo forte...
   
 
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