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Autore: baby80    27/04/2010    14 recensioni
Ho provato a immaginare il primo giorno di André a palazzo Jarjayes, e il suo incontro con Oscar... Anche questa storia è stata iniziata tempo fa, e modificata di recente, ed anche in questo caso la "mia" Oscar è a conoscenza d'essere una bambina. Sono indecisa se concludere la storia in questo modo, come una one shot, o se continuare a raccontare di André... ci penserò. Si accettano consigli.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buio.
Sprazzi di luce accecante.
Buio.
Giorno e notte in un alternarsi di lampi dolorosi.
Il nulla sta prendendosi l'unico occhio rimastomi.
Il nulla pare essere divenuto un folle Dio.
Il nulla in ogni dove.
Il nulla in ogni cosa.
Il nulla su questa Francia straziata.
Il buio è calato su ogni luogo.
Il buio si è abbattuto su qualunque uomo, sia esso nobile o povero.
Il buio è in ogni dove.
Il buio, in questo giorno funesto.
Il buio, oggi, nonostante vi sia uno splendido sole.
Il buio e null'altro.
Siedo, accanto ai miei compagni, sulla fredda pietra al di sotto di un ponte.
Siedo accanto a coloro che sono sopravvissuti, oggi, con me.
Non vi sono parole, non vi sono pianti.
Solo respiri.
Il respiro è tutto ciò che fa, di noi, degli esseri vivi.
Il respiro ci ricorda, in questo giorno infausto, che vi è ancora della forza, in noi.
Il respiro è un doloroso masso sul petto, pronto a rammentare, a noi tutti, il peso della nostra sopravvivenza.
Buio ed omertà.
Siedo al di sotto di un ponte, ricercando la calma, che ha cullato, il mio cuore, qualche ora prima.
Siedo al di sotto di questo ponte, cercando di annientare, invano, i segni della rivolta Francese.
Urla.
Spari.
Fumo.
Sangue.
L'odore acre della morte penetra nelle narici, e giunge, con prepotenza, alla bocca dello stomaco.
Trattengo a fatica i conati.
Buio nei miei occhi.
Buio intorno a noi.
Buio in ogni dove.
La morte, in ogni luogo.
Luce.
Lei, la mia Oscar.
Solo lei è in grado di portare, in questa vita disperata, uno spiraglio di gioia.
Lei, la mia Oscar.
La mia donna.
La mia compagna.
Trattengo il respiro, allontanando, dal mio corpo e dal mio cuore, la battaglia.
Trattengo il respiro, tentando di riportare, in me, i ricordi di qualche ora addietro.
Ricordi che sono stati puro e semplice amore, come la quiete prima della tempesta.
Puro e semplice amore, il suo, per me.



L'alba dinnanzi a noi.
Noi, come lo siamo sempre stati.
Noi, così diversi.
Un Noi che racchiude, in sé, un'intera vita.
Noi.
Oscar e André.
Fratello e sorella.
Amico e Amica.
Servo e padrona.
Nobile e povero.
Uomo e donna.
Amanti.
Noi.
Compagno e compagna.
Cavalchiamo incontro al mattino, cavalchiamo verso un destino oscuro.
Galoppiamo, sui nostri cavalli, col fuoco della battaglia nelle vene, e l'amore nel cuore.
Galoppiamo, insieme, come abbiamo sempre fatto.
Aizzo il mio cavallo, esortandolo ad aumentare l'andatura.
Incito il mio cavallo, e quasi non mi rendo conto di ciò che, ora è più che evidente, al mio unico occhio.
Mi stupisco di non vedere Oscar, dinnanzi a me.
Mi sorprendo di non scorgere il crine bianco del suo cavallo, davanti al mio.
Un particolare insignificante per chiunque, un cambiamento evidente, per me.
Lei, che da sempre ha condotto le nostre vite.
Lei che tacitamente ha preso il comando della mia esistenza.
Lei che, da sempre, ha camminato dinnanzi a me.
Ora, lei, è al mio fianco.
Ora, lei, cammina sui miei passi.
Lei, la mia piccola donna, sta affidandosi a me, in tutto e per tutto.
Un sorriso sfiora impercettibilmente le mie labbra.
Galoppiamo, insieme, verso un futuro incerto.


Attraversiamo il corridoio, ancora avvolto nella penombra, delle camerate.
Camminiamo uno di fianco all'altra.
L'ennesimo evidente cambiamento.
Camminiamo e non vi sono parole tra di noi.
Non vi sono sguardi.
Un'infantile paura mi pervade il cuore.
La  paura dell'abbandono, quel primordiale terrore che giace in me da sempre.
Paura, di ritrovare al mio fianco, il fantasma del soldato.
Cerco rassicurazione nelle azzurre iridi di Oscar, ma vi trovo solo uno sguardo sfuggente.
Il cuore pare impazzire nel petto.
Paura, vi è solo paura a riempire le mie vene.
Rimprovero me stesso, come fossi un estraneo, per questi insensati pensieri.
Non può, colei che mi ha amato, un respiro fa, ridiventare l'essere di un tempo.
Non può, la Mia Oscar, essersi sbagliata.
Non può essersi pentita.
Provo vergogna per questi folli timori.
Come posso, anche solo sospettare, che lei possa smettere di amarmi, così repentinamente.
Rido di me stesso.
Rido di te, André Grandier.
Rido di me, un irrazionale, folle, innamorato.
Rido di supposizioni che non hanno basi, rido di un'idea che non ha fondamento.
Rido di ciò che non esiste.
Rido, e confesso a me stesso, di non poter immaginare un giorno senza di lei.
Non posso concepire, la mia vita, senza il suo amore.
Privarmi dell'amore di Oscar, sarebbe come strapparmi il cuore dal petto, a mani nude.
E non vi è vita senza cuore.
Riconduco, in me, la ragione.
Giungiamo nella camerata, Oscar siede al tavolo attirando l'attenzione dei soldati.
La sua voce, quella di un tempo.

“Soldati della guardia è necessario che io vi parli. Come sapete il nostro reggimento domani sarà a Parigi. L'ordine che abbiamo ricevuto è di collaborare con le altre truppe e soffocare la rivolta armata con ogni mezzo, questo vuol dire sparare sulla folla.”
La voce del soldato.
Fredda.
Autoritaria.

“Probabilmente ci saranno i vostri amici, i vostri parenti, tra la folla. Se vi dessi l'ordine di aprire il fuoco sono certa che alcuni di voi non lo farebbero, ed io questo lo capisco.”
La voce del soldato perde d'intensità.
La voce di quella che fu, un tempo, la vecchia Oscar, si affievolisce quando le ultime parole le scivolano lungo le labbra.
“ed io questo lo capisco”
Una nota di dolcezza, un retrogusto di donna.

“Vi parlerò con molta franchezza, vi dirò quello che farò io, ma è una scelta personale. Ho deciso di rinunciare all'uniforme e di non essere più il vostro comandante, e questo perché l'uomo che io amo, l'uomo della mia vita, forse mi chiederà di battermi con il popolo in rivolta, e io lo farò. Amici, io ora sono la compagna di André Grandier e come tale seguirò il mio uomo, qualunque cosa faccia. Tutto sommato la mia è una scelta facile, forse per voi non lo sarà altrettanto. E giuro che mi dispiace.”

Questa voce.
La sua voce.
La mia Oscar.
Solo mia.
Nel cuore.
Nel corpo.
Nell'anima.
Ed ora, mia, agli occhi di tutti.
Le sue parole, così inattese.
Le sue parole, così dolorosamente dolci.
Quanto coraggio ti è servito, Oscar, per dichiarare, dinnanzi a tutti, il tuo amore per me?
No, non si tratta di coraggio, non ho udito incertezza nelle tue parole.
Bisogno, è stato semplice bisogno, il tuo, così simile al mio.
Un naturale bisogno di manifestare, ciò che l'anima non è più in grado di trattenere, in sé.
Io, il tuo uomo.
Tu, la mia compagna.
La compagna di una vita, pronta a seguirmi ovunque.
Pronta a seguire me, senza esitazioni, senza alcun minimo dubbio.
Mi seguiresti, senza proferir parola, per il semplice fatto che mi ami.

“Oscar...”
Tutto quello che mi riesce di dire.
Il suo nome racchiude un mondo intero.
Come ho potuto pensare, anche solo per un istante, che si fosse pentita?
Come ho potuto dubitare di lei?
L'ho fatto, stupidamente, per troppo amore.
Prometto a me stesso di cancellare, dal cuore, la paura.
Prometto a quella parte di me, irrazionale, folle, infantile, di non cadere, mai più, nell'inganno di vecchie ferite.
Non vi saranno più ferite d'ora in poi.
Non vi sarà  più il vuoto che, per anni, ha dimorato nella mia anima.
Io, orfano di padre e di madre, ora possiedo nuovamente una famiglia.
Lei.
Oscar.
Noi.
Oscar ed Io.
Una famiglia.

“André, ora dimmi quello devo fare, lo sai che sono pronta a seguirti comunque.”
Tu pronta a seguire me?
Fatico ad abituarmi a tali parole.
Fatico a credere che tutto ciò sia reale.
Io, un tempo, come ora, l'avrei seguita comunque ed ovunque.
Io, un tempo, come ora, la sua ombra.
Un'ombra mai scorta.
Un'ombra che veglia ma non si cela.
Ombra che giubila anche solo di tallonare la propria luce.
Ombra che soccombe, costretta a strisciare, al seguito della propria luce.
Ombra, ora, divenuta luce.
Cosa devo fare, mi domandi.
Amami, amore mio, per l'eternità.
Null'altro.

“Ecco vedete, credo che possiate benissimo restare il nostro Comandante, prima che arrivaste abbiamo discusso a lungo, e abbiamo deciso che se qualcuno ci darà l'ordine di sparare noi lasceremo i soldati della guardia, e ci uniremo, al popolo. E dato che lo farete anche voi possiamo restare insieme. Si, voi continuerete a comandarci e ci batteremo al fianco del popolo, sono certo che molti altri soldati si uniranno a noi.”
Il caro, buon, Alain.
Sapevo che sarebbe finita in questo modo, sapevo che prima o poi, anche lui, l'avrebbe vista.
Sapevo che col tempo, anche lui, sarebbe andato oltre la veste del soldato.
Ero certo che questo giorno sarebbe giunto, così come sapevo che Alain avrebbe accettato.
Lei, Oscar.
Noi.
Da tempo avvertivo, in lui,  l'odore della comprensione.
Alain, uomo grande e grosso.
Alain, temuto soldato.
Alain, burbero e rozzo uomo del popolo.
Alain, un semplice uomo che ha compreso più di tanti altri.
Ha compreso il valore di una donna vestita da uomo.
Ha compreso, l'essenza della donna, celata al di sotto di vesti maschili.
Ha capito, forse prima di lei, ciò che Oscar ha tramutato, in gesti e parole, solo questa notte.
Ha capito, prima di lei, e di tutti noi, ciò che Oscar ha confessato, qualche minuto fa.
Lui sapeva.

“Tu cosa ne dici?”
Mi guarda, Oscar, con gli occhioni azzurri.
Mi guarda con il medesimo sguardo di questa notte.
Uno sguardo che profuma d'amore e fiducia.
Uno sguardo, talmente amabile, da solleticare la mia follia.
Un paio di occhi che hanno il potere di rapire la ragione, fomentando la mia pazzia.
Abbandonerei tutto, ora, senza ripensamenti.
Abbandonerei i miei compagni, la mia Francia sofferente, il popolo.
Abbandonerei questa giusta, eppure insensata, guerra.
I suoi occhioni azzurri.
Ed io sono perduto.
Mi guarda, la mia Oscar, senza più maschere, ignorando gli uomini che vi sono attorno a noi.
La guardo e vorrei stringerla tra le braccia.
Vorrei poter baciare le sue labbra, così piene, ancora irritate dalla mia voglia.
Quelle labbra che non hanno perduto un impertinente rosso scarlatto.
I suoi occhi.
Il suo amore così evidente.
Lascerei tutto, ora, in questo istante.
Abbandonerei questo luogo, freddo e maleodorante.
Scapperei, senza vergogna, come il più spregevole dei codardi.
Scapperei, senza rimorso, lontano da questo presente di morte.
Scapperei con lei, l'amore della mia vita.
Vorrei prenderla per mano, e condurla, senza parole, al di fuori di questa tomba.
Desidero indossare le vesti d'egoista e pensare a me, a noi, e a null'altro.
Desidero immaginare un futuro migliore.
Vorrei lasciarmi alla spalle tutto il dolore che pesa su ognuno di noi.
Vorrei poter sognare, il futuro, senza il terrore nel cuore.
Un futuro che ha il volto di Oscar.
Vorrei prenderla per mano, in questo istante, e condurla verso quel domani che ha la felicità nel cuore.
Quel domani che la renderebbe mia moglie.
Vorrei ma...
I suoi occhi, colmi d'amore.
I suoi occhi, in egual modo, colmi di un fuoco che porta, in sé, il nome della battaglia.

“Dico che va bene, Alain ha ragione, Oscar.”
Parole vere, sentite, sgorgate dalla ragione, dal sangue, dall'origine del mio essere.
Parole differenti da quelle che, realmente, avrei voluto pronunciare.
Altri verbi, concepiti dal cuore, avrei desiderato enunciare.
Scappa con me Oscar, diventa mia moglie, fai di me un uomo, se fosse possibile, ancora più felice.
Oscar, amore mio.
Divieni sorda.
Divieni cieca.
Misconosci questa terribile rivolta.
Copri, i tuoi bellissimi occhi azzurri, dinnanzi a questa Francia avvolta in vesti funerarie.
Respingi, amore mio, il fuoco che ti infiamma le vene.
Scappa con me Oscar, senza voltarti indietro.
Concedimi il gaudio.
Concedici un futuro.
Concedi, ai nostri figli, la vita.
I tuoi occhi.
Il tuo ardore.
Non potrei posare, sulla tua anima, tali parole.
Non potrei chiederti questo sacrificio.
Non potrei, perchè, ora so, accetteresti senza un fiato.
Sorrido mentre osservo, nell'azzurro delle tue iridi, la passione del soldato.
Sorrido, mentre muoio, tra il fuoco del tuo amore.

“Adesso vorrei stringervi la mano. Ed è anche il caso che mi congratuli con voi, ragazzi.”
Alain.
Il caro buon Alain.
Un sorriso beffardo gli dipinge il volto.
E, su quel volto, vi leggo stima, per Oscar, affetto, per me.
Sorride, il caro vecchio Alain, mentre felice come non mai stringe, tra le sue enormi mani, quella di Oscar.
Maschera un insolente sghignazzo, il caro Alain, dietro un falso, innocente, sorriso.
Un irriguardoso sorriso che racconta più di mille parole.
Alain narra, senza verbo, una storia che soltanto io, posso udire.
Una storia spudorata.
Volgare.
Rude.
Dilettevole.
Inenarrabile.
Sorrido, a mia volta, a quello che è diventato il mio migliore amico.
Sorrido, di rimando, ad Alain, rispondendo, tacitamente, alla sua storia.
Mi piacerebbe conversare ancora con lui.
Mi piacerebbe udire, di nuovo, le parole di scherno, riservatemi ogni giorno.
Vorrei poterti rivelare, amico mio, tutto quello che ora, forse, intuisci nel mio unico occhio.
L'ho amata.
Ho amato la mia Oscar come mai, neppure tra i miei sogni più segreti, ho mai fatto.
Mi ha amato, amico mio.
Mi ha amato, la nostra Oscar, con una tale intensità da desiderare la morte, per il troppo piacere, divenuto insopportabile.
È bellissima, Alain.
Una bellezza indescrivibile a parole, una bellezza che toglie il fiato.
Una bellezza innocente, da aver timore di infierirle dolore, da temere di violarla, con un semplice sguardo.
Una bellezza femminile e spudorata.
Una bellezza maliarda che conduce all'oblio.
L'oblio dei sensi.
Una bellezza che istiga la passione.
L'ho amata, Alain.
L'ho amata con quella bramosia che possiedono gli animali.
Ho amato ogni lembo del suo essere.
Ho amato il suo cuore.
Ho amato la sua anima.
Ho amato la donna e il soldato.
Ho amato ogni cosa, di lei.
L'ho amata, amico mio, laddove il  mio cuore non era ancora giunto.
Ho amato, quella parte di lei, pura e innocente.
L'ho sporcata, amico.
L'ho macchiata, indelebilmente, col mio amore.
Ne è valsa la pena, Alain.
Tutta la sofferenza, il dolore, ogni singola lacrima versata.
Ne è valsa la pena.
Oscar è una donna da ammirare, come ben dicesti tu, un tempo.
Ma credimi, amico, Oscar è sopratutto una donna da amare.
Una donna che ha in sé un amore smisurato.
Un amore dolce e innocente.
Un amore passionale e doloroso.
Un amore che scivola sottopelle come una carezza.
Un amore che scorre nelle vene come sangue.
Un amore che ti entra dentro, fin nelle viscere.
Un amore che diviene vita.
Sorridi, mio caro Alain, sorridi per me, per lei, per noi.
Sorridi, di questo amore, che anela l'eternità.



Una pioggerellina, fitta come fossero spilli, riporta il mio essere al presente, strappandomi ad un neonato passato.
Siedo sotto ad un ponte, circondato dai miei compagni.
Siedo sotto ad un ponte che funge da barriera, tra noi e una Francia ormai morente.
Fumo.
Grida.
Sangue.
Puzzo di morte.
Trattengo il respiro, lasciando, al di fuori di me, il presente.
Trattengo il respiro per non dover dar di stomaco.
Trattengo il respiro, tentando di riportare, sui miei occhi, la follia.
Quella follia che mi darebbe la forza, e il coraggio, di progettare il futuro.
Un futuro che mi appare distante.
Quella stessa distanza che vedo, sento, odo, tra me ed Oscar.
Una distanza fisica che mi è divenuta insopportabile.
Trattengo il respiro e prego Dio di fermare il presente.
Imploro Dio di abortire il presente, e di concepire, per noi, per me ed Oscar, un piccolo futuro.
  
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