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Autore: _Mary    27/04/2010    8 recensioni
Sirius si era buttato sul letto ancora vestito, mentre i fantasmi di quei giorni passati gli facevano compagnia. Li odiava, li odiava tutti. [...] Ma come avrebbe potuto farne a meno, quando quei granelli della sabbia della memoria erano tutto ciò che gli restava di ciò che era stato?
~ Storia che ha partecipato al contest 'Songs&One Shot', indetto da vogue su EFP forum.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: se mi appartenesse qualcosa di questa storia non sarei certo qui, ma a rilassarmi e a godermi la vita in una bella villa in montagna. O al mare. O in riva ad un lago, molto pittoresco. O in tutti e tre i posti, non sono mica tanto schizzinosa. Ma al momento sono in una minuscola stanza di un qualunque appartamento di Roma, senza un soldo e con nient’altro da fare.

Insomma, niente in questa fic è mio, neanche i soprannomi che si danno i personaggi. Appartiene tutto a JK Rowling, io ho solo giocato senza scopo di lucro. Buona lettura!

 

Nota: ho utilizzato i soprannomi in inglese (Prongs=Ramoso e Padfoot=Felpato) perché quelli in italiano non mi piacciono per niente >.<

 

 

Fantasmi

 

 

 

Sei vecchio, Prongs!

Le parole pronunciate in quella lontana mattina di aprile nel dormitorio maschile delle torre di Grifondoro, quando James si era rifiutato di seguirlo per organizzare uno scherzo, echeggiavano nella camera di Sirius, a Grimmauld Place.

Non sono vecchio, sono solo diventato più responsabile di te, Padfoot” aveva risposto James, non raccogliendo la provocazione.

Dovresti deciderti a crescere anche tu, sai?” aveva proseguito. “E poi, penso proprio che Lily mi ucciderà se oggi non esco con lei” aveva concluso il ragazzo con un ghigno.

Sirius sorrise passandosi una mano tra i capelli, seduto sul suo letto a baldacchino. “Lily ti sta facendo invecchiare, James” mormorò, lo sguardo nel vuoto. Gli sembrò di sentire la risata cristallina di Lily da qualche parte lì intorno, vicina come non mai, prima che la luce dorata di quella mattina scomparisse insieme a James, e che tutto tornasse buio e sporco, nella sua stanza.

La notte avvolgeva Londra con il suo manto di nubi. Nella piazza deserta, visibile dalla finestra, un lampione continuava solitario ad illuminare la strada, con la sua fioca luce giallognola. In lontananza, ogni tanto, si sentiva l’eco del rombo di un’automobile.

Sirius si era buttato sul letto ancora vestito, mentre i fantasmi di quei giorni passati gli facevano compagnia. Li odiava, li odiava tutti. Odiava quei ricordi così dolci, così spensierati, così tremendamente irreali. Odiava sentire la risata di Lily, vedere il ghigno di James, lo sguardo divertito ed esasperato di Remus. Ma come avrebbe potuto farne a meno, quando quei granelli della sabbia della memoria erano tutto ciò che gli restava di ciò che era stato? Quando quei ricordi gli sembravano più dolci di qualsiasi altra cosa e dieci volte più appaganti della realtà?

Non avrebbe potuto. Ecco perché era diventato un relitto, uno di quei galeoni sconfitti ed affondati che venivano raffigurati nei libri di favole babbane, destinati a giacere per sempre sul fondo dell’oceano verde, mentre la vita intorno a loro, incredibile a dirsi, continuava.  Proprio come quei galeoni, Sirius giaceva sul fondo di un mare senza speranze, trasportato lentamente ed inesorabilmente dalle correnti. Azkaban non gli aveva permesso di crescere, ma solo di invecchiare, di diventare un fallito che viveva di idiozie e di ricordi, quando non aveva che poco più di trent’anni.

La voce di James risuonò di nuovo nella sua mente. “Avanti, Padfoot, non fare quella faccia schifata!” disse, divertita.

Sirius ricordò il tocco gentile della mano di Lily sul suo braccio, ed il suo sussurro. “Prometto che te lo restituirò intero prima della fine della giornata, Sirius”.

Sirius sentì di nuovo la risata di Lily, e decise che per quella sera poteva bastare. Era troppo vigliacco per ubriacarsi, e troppo debole per difendersi dalla tentazione del ricordo. A questo si era ridotto, a fuggire dai suoi fantasmi. Da quei fantasmi bellissimi e terribili, dalla loro presenza, dai sogni che, ingannatori, potevano offrirgli come riscatto da una vita che era diventata buia e cieca.

Si alzò dal letto, di nuovo in sé. Sirius sapeva che sarebbero tornati. Lo sorprendevano di notte, di solito, quando tutto taceva ed era troppo stanco per opporgli resistenza. Lo raggiungevano promettendogli dei momenti di serenità, prima di lasciarlo di nuovo, all’improvviso. Lo tentavano con i loro sussurri, e poi lo abbandonavano fino alla notte successiva.

Sirius doveva fare qualcosa, doveva scacciarli.

Le assi del pavimento scricchiolavano sotto i suoi passi, come grilli che avrebbero voluto mettere in allarme tutta la casa. All’ombra del grande letto a baldacchino, fogli sparsi di un giornale di qualche giorno prima sembravano catturare e riflettere tutta la luce nella stanza, col loro bianco sporco. Le ragazze babbane in bikini immortalate in un poster affisso sulla parete sembravano deridere la stanza spoglia, un sorriso finto stampato in faccia, mentre Sirius si avviava alla porta e la apriva.

Sirius non era altro che un’ombra stropicciata, in quella vestaglia trovata nel vecchio armadio, mentre scendeva le scale. Se gli altri avessero potuto vederli, avrebbero notato che i fantasmi che lo accompagnavano non erano poi molto diversi da lui. La casa sembrava piena di sentinelle invisibili pronte a denunciarlo: le teste mozzate degli Elfi Domestici, gli scricchiolii delle scale, i tonfi dei suoi stessi passi sembravano poterlo tradire. Lui, un vecchio ragazzo seguito dai ricordi.

Sirius decise di andare in cucina per bere qualcosa. Preferiva non ubriacarsi, anche se a volte pensava che sarebbe stato molto facile farlo, per trovare almeno un po’ di sollievo nell’oblio dell’alcool. Ma farlo avrebbe significato ammettere di non avere speranze, di avere completamente perso il controllo della propria vita, di preferire che fosse l’alcool ad avere la possibilità di guidarlo, piuttosto che la sua stessa testa. Avrebbe significato comunicare al mondo che sì, era davvero un fallito. D’altro canto, pensò amaramente, non avere il coraggio di ubriacarsi non avrebbe significato essere comunque un fallito?

Pensò che questi erano i cosiddetti erano i cosiddetti ‘ragionamenti da Remus’: se faccio una cosa sono un mostro, se non la faccio lo sono ugualmente. Accidenti, pensò con un ghigno, Remus mi sta influenzando fin troppo con le sue ansie da vecchio, da quando sono tornato.

Tornato. Non certo a casa. Quella non era mai stata casa sua, e non lo sarebbe mai diventata. Non certo dai suoi amici, che, pensò con una lugubre risata, erano quasi tutti morti. Non certo nella società magica, per la quale era colpevole di un delitto atroce. Se c’era qualcuno per cui era valsa la pena tornare, quel qualcuno era Harry.

Sirius richiuse la bottiglia e la rimise a posto meccanicamente. Era tutto buio in cucina, un altro avrebbe barcollato ed imprecato, non capendo dove dovesse appoggiare la bottiglia. Lui stesso lo avrebbe fatto, in un altro momento. Ma in quella notte in cui i fantasmi sembravano ancora più insistenti e reali del solito, in cui sembrava che tutti i ricordi dovessero riaffiorare per non decidersi mai più a sparire nelle acque profonde della memoria, quella notte in cui tutti i suoi rimorsi avevano deciso di dargli la morte, era James a guidargli la mano, o forse Lily, questo Sirius non lo sapeva con esattezza.

Salì di nuovo le scale, un po’ più velocemente di quanto avesse fatto mentre scendeva. Il rumore del russare sommesso di qualcuno si faceva più vicino. Le teste degli Elfi Domestici proiettavano ombre allungate sulle pareti, colpite dalla flebile luce proveniente da chissà quale finestra. La camera di Harry era vicina, Sirius lo sapeva.

Esitò, prima di entrare.

Piano piano, più lentamente che poté, aprì uno spiraglio della porta. I ragazzi l’avevano chiusa a chiave per paura di Kreacher, ma per Sirius non fu un problema entrare.

Era la luna ad illuminarlo. Non era ancora piena, ma la sua luce perlacea era sufficiente a far scorgere i contorni della stanza ed i suoi occupanti. Harry era profondamente addormentato, in una posizione contorta che fece venire subito in mente a Sirius James.

Harry dormiva tranquillamente. Sirius gli si avvicinò, guidato dalla luna. Sarebbe stato indistinguibile da suo padre, se non fosse stato per la cicatrice sulla sua fronte. Un segno indelebile lasciato dal passato che avrebbe sempre ricordato a Sirius ciò che aveva fatto. Il destino a cui aveva condannato i suoi migliori amici.

Harry era sereno. A Sirius non era mai sembrato più indifeso che in quel momento, avvolto in un bozzolo di coperte in quella stanza ammuffita. Mai, neanche quando aveva ancora pochi mesi e Lily glielo metteva in braccio per farlo giocare. Sirius si sporse verso di lui e, piano, posò le dita all'orlo della sua fronte. I vecchi quando accarezzano hanno il timore di far troppo forte.

Harry, nel sonno, si mosse. Sirius temé di averlo svegliato, e si preparò a lasciare la stanza, ma Harry si voltò solamente dall’altra parte, dandogli le spalle ed aggrovigliandosi ancora di più tra le lenzuola. Sirius lo osservò, mentre ricordava un’altra mano, molto più piccola della sua, che accarezzava lo stesso ragazzo che ora aveva di fronte, quando stava ancora nella culla. Ma il ricordo svanì così come era apparso, lasciando solo Sirius in quella stanza. Solo, per una volta, con Harry e Ron. L’ombra di un uomo con due ragazzi dormienti.

Quando Sirius si chiuse la porta alle spalle, una volta uscito, si stupì di poter sentire il silenzio. Le scale sembravano non scricchiolare più. I suoi passi sembravano più leggeri, quando non erano trattenuti dalle catene dei giorni dorati. Nessun ricordo l’avrebbe più disturbato, quella notte. Nessun passato avrebbe detto la sua, mentre Sirius si coricava. Nessuna immagine l’avrebbe accompagnato nel sonno, tranne quella di un ragazzo dormiente ed incredibilmente arrotolato tra le coperte, illuminato dalla luna.

FINE

 

 

Questa fanfiction ha partecipato al contest Songs&One Shot, indetto da vogue sul forum di EFP (http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9164100 per il bando), e si è piazzata quinta.

 

Ne approfitto per ringraziare vogue, che ha indetto un contest fantastico, e per ri-complimentarmi con tutte le altre partecipanti: ho letto le fic pubblicate e sono bellerrime *_*

 

Qui il giudizio, se interessasse a qualcuno:

 

Grammatica e Sintassi: Grammatica(4.5); Sintassi (5)
Non ci sono dei veri e propri errori grammaticali. Unici appunti sono una ripetizione (“erano i cosiddetti”) ed un utilizzo delle virgole che in alcuni punti è spropositato. Per il resto, la storia è curata, il lessico è appropriato e non scade mai nel banale, usi delle espressioni che sono davvero piacevoli da leggere.

Stile: 8.5/10
Lo stile non è affatto male. Tuttavia, quell’eccesso di virgole di cui ti parlavo prima, rende il discorso poco lineare in alcuni punti, appesantendo la tua fic. In altre parti invece è abbastanza scorrevole, manca solo di una certa omogeneità.

Originalità: 8/10
I pensieri di Sirius sono un argomento che è stato più volte preso in considerazione. Si sa quello che pensa, si sa quello che prova nei confronti del suo passato, e di come Harry abbia dato una svolta alla sua vita, di come sia rimasto l’unica ragione della sua esistenza. Originale è tuttavia il contesto in cui hai inserito queste emozioni, e l’atmosfera generale della storia, quasi evocativa.

IC: 10/10
Sirius non potrebbe essere più IC di così. Ha i suoi momenti di sconforto, di rimpianto, quasi di agonia. E poi, quella dimostrazione di incondizionato affetto nei confronti del figlioccio, che è assolutamente tipica del suo personaggio. Non avresti potuto fare di meglio, complimenti.

Attinenza alla citazione: 13/15
La citazione c’è, e seppur sia nelle battute finali della storia, i riferimenti precedenti la giustificano in un certo senso. È inserita bene, ma non alla perfezione. Tuttavia, il momento in cui “compare” è decisamente azzeccato, come se fosse una conclusione a quanto esposto nella parte anteriore, quasi come uno sfogo di quanto Sirius provava, quel suo sentirsi vecchio, inadeguato.

Giudizio personale: 4.5/5
È una bella storia, non ci sono dubbi. Il modo in cui hai saputo esporre quanto prova Sirius... è pregevole, davvero. Sembra quasi surreale, quasi un sogno. Hai saputo mettere su “carta” delle emozioni, che non è mai una cosa facile. Ti faccio dunque i miei complimenti. Davvero significativa.

   
 
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