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Autore: Wild Dragon    27/04/2010    1 recensioni
Una lieve brezza calda smosse la sabbia rossiccia dell’arena. Sugli spalti, la gente si guardava intorno, ansiosa di assistere al crudele massacro infame. Al centro dell’arena, il torero si mordeva nervosamente il labbro; già la sua fronte era imperlata di sudore; già le sue viscere annegavano nell’ansia al sol pensiero dell’imminente spettacolo di cui lui era protagonista. Lui ed il toro.
Genere: Triste, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dalla Parte del Toro

 

Una lieve brezza calda smosse la sabbia rossiccia dell’arena. Sugli spalti, la gente si guardava intorno, ansiosa di assistere al crudele massacro infame. Al centro dell’arena, il torero si mordeva nervosamente il labbro; già la sua fronte era imperlata di sudore; già le sue viscere annegavano nell’ansia al sol pensiero dell’imminente spettacolo di cui lui era protagonista. Lui ed il toro.

 

Mentre l’imponente porta di legno che mi sovrasta si schiude mostrandomi uno spiraglio dell’arena, scalpito nervosamente battendo gli zoccoli al suolo alzando nuvole di polvere. Le mie orecchie si muovono a scatti in ogni direzione, cogliendo ogni minimo fruscio, ogni impercettibile sospiro del vento incostante.

Tengo la testa bassa, le immense corna puntate davanti a me. Ogni fibra della mia imponente mole freme d’agitazione e ansia. Una strana elettricità vibra palpabile nell’aria. L’istinto mi suggerisce di prepararmi allo scontro e mi sento invadere dalla ferocia della mia natura più selvaggia.

La porta si apre mostrando il mio manto lucido e nero alla luce calda e abbagliante del sole. Le mie zampe si muovono istintive e mi ritrovo nell’arena.

Mi sento improvvisamente come…piccolo, nel notare l’immensità di ciò che mi circonda. Sugli spalti la gente urla e applaudisce senza moderazione, incitando qualcosa che io non comprendo.

Mi sento disorientato e confuso. Mi guardo nervosamente attorno, tentando di collegare fra loro immagini, suoni, odori.

Volgo il capo alla mia destra e comincio a correre per il perimetro dell’arena, guardandomi freneticamente attorno, cercando una via di fuga da quel posto estraneo che mi mette così in agitazione.

Faccio rapidamente un giro completo. Nulla. Una strana ansia mi pervade accompagnata da un pesante nervosismo. Il mio respiro è incostante; il cuore mi galoppa nel petto.

Solo ora mi accorgo di una figura minuta al centro dell’arena. Studia attenta i miei movimenti seguendomi costantemente con lo sguardo.

Sbuffo irrequieto grattando il suolo con uno zoccolo e retrocedendo di qualche passo. Gonfio il petto con un profondo respiro muovendo la testa a scatti, lo sguardo puntato sulla figura, la quale rimane immobile e attenta.

Faccio qualche breve falcata verso di lei per poi arrestarmi sulle zampe alzando nuvole di polvere. Non una reazione. Prendo a sbuffare ed a scalpitare nervosamente, muovendo la coda e agitando il capo. Sento l’irritazione insinuarsi in me assieme al desiderio di caricare.

Improvvisamente, entrano nell’arena degli uomini a cavallo vestiti da spesse protezioni ed armati di lunghe lance, catturando la mia attenzione.

Li scruto attentamente, guardingo e sulla difensiva, individuandoli all’istante come una minaccia.

I cavalli mi aggirano e si avvicinano, seguiti dal mio sguardo inquieto, tuttavia sembrano nervosi quasi quanto me.

Fu in un attimo. Mi ritrovo con una lancia conficcata nella schiena.

Mi volto di scatto verso l’assalitore, improvvisamente furioso e spaventato. Ogni fibra del mio corpo è in allarme mentre la mia mente viene avvolta da un’istintiva aggressività. Sento l’avvicinarsi dello scontro, lo percepisco con tutto me stesso mentre ogni razionalità scivola via.

Sto per caricare il mio assalitore, quando mi ritrovo con una nuova lancia vicino al garrese. Il dolore è poco, ma la mia furia è facilmente istigabile e mi divampa nel petto mentre il nervosismo diviene paura per ciò che mi circonda.

Giro su me stesso, scalpitando nervosamente e mostrando le corna ai cavalli come ammonimento. Uno retrocede spaventato di qualche passo.

Punto lo sguardo su uno. Sbatto uno zoccolo al suolo e abbasso il capo, puntando le corna verso il suo petto. Con un sonoro sbuffo, parte la mia carica.

Il cavallo si volta, tentando di sfuggire alle mie corna micidiali, ma presto lo raggiungo con la mia furiosa carica e tento un’incornata, ma trovo solo la spessa protezione dell’equino. Allora faccio scattare lateralmente il mio collo, facendolo inciampare, ma non faccio in tempo a colpirlo nuovamente che mi ritrovo una nuova lancia nella schiena.

Furioso e ormai incontrollabile, mi volto di scatto, pronto a caricare il nuovo assalitore, ma le mie corna trafiggono il vuoto.

Mi guardo intorno con respiro affannoso, pieno di rabbia e paura.

Un cavallo mi affianca da sinistra e il suo fantino mi conficca l’ennesima lancia nella schiena. Il mio contrattacco è fulmineo, istantaneo.

Con uno scatto del collo punto le corna al petto dell’equino e lo investo con l’intera potenza della mia mole e della mia rabbia. Alzando il capo di scatto, gli faccio perdere l’equilibrio e rovinare nella polvere tra nitriti colmi di paura.

Retrocedo di qualche passo, sbuffando furiosamente, e lo carico nuovamente incornandogli la groppa bardata.

Il cavallo scatta in piedi nitrendo terrorizzato e prende a scalciare ed a scalpitare mentre il fantino si regge instabile sulla sua schiena. Quest’ultimo impugna una lancia.

La vista di quella punta mi infuria invadendomi con la paura di un nuovo colpo, di nuovo dolore. Improvvisamente, sento che mi sto battendo per la vita.

Puntando direttamente all’uomo, avanzo nell’ennesima carica mentre il cavallo impazza galoppando per l’arena, gli occhi colmi di paura. Invece di incornarlo, spicco un breve balzo e prendo in pieno il fantino, facendolo rovinare nella polvere, mentre il cavallo fugge galoppando terrorizzato da me, libero da ogni costrizione.

Pieno di rabbia, punto l’uomo con occhi ardenti d’odio e lo carico, pronto a finirlo. Un altro cavallo mi taglia tuttavia la strada mentre il suo cavaliere mi minaccia con la sua temibile lancia.

Un uovo colpo da dietro; un’altra punta nella schiena.

Ormai il dolore mi fa perdere completamente il senno. Mi avvolge la schiena in una terribile morsa, mentre la paura mi ghermisce le viscere.

Con movimenti meno scattanti e rapidi di prima, mi rivolto e colpisco con le corna il muso del cavallo, il quale retrocede nitrendo.

Mi preparo ad una nuova carica quando vedo i cavalli allontanarsi da me per uscire dall’arena. Parto al loro inseguimento, ma sono stanco e dolorante, e me li lascio sfuggire per un soffio.

Furioso, prendo a scalpitare sbuffando, alzando nuvole di polvere e agitando la coda.

Il mio sguardo viene catturato da quella figura minuta al centro dell’arena che se n’era rimasta in disparte. La fisso a lungo, grattando la sabbia con uno zoccolo.

Fanno il loro ingresso nell’arena tre uomini con in mano due bandierine colorate con una lunga asta terminante con una punta ciascuno. Seguo ogni loro movimento con gli occhi, sulla difensiva.

Uno di loro si avvicina. Mi volto di scatto verso di lui a faccio per incornarlo, quando da dietro un mi conficca una bandierina nella schiena, ove rimane instabile e danza ad ogni mio movimento. Il dolore non è neanche comparabile a quello provocato dalle lance poco fa, tuttavia accresce significantemente la mia rabbia.

Stanco del dolore e di essere ripetutamente trafitto, retrocedo e mi allontano rapidamente da loro, il fiato affannoso.

Finta, carica, dolore.

Continua così per diversi minuti, mentre le forze mi abbandonano e la mia mente è come avvolta dalla nebbia per il dolore e per la furia cieca che mi invade, La mia rabbia è quella di un vulcano in eruzione, ma purtroppo non ne ho più la potenza. Sono stanco, provato, ma continuo a lottare per la mia vita. Perché non mi lasciano in pace? Cosa li ho fatto?

Mi ritrovo con ben cinque bandierine instabili conficcate piuttosto superficialmente nella schiena. Due dei tre uomini sono usciti dall’arena, ma io non me ne sono neanche accorto. E’ solo dolore, rabbia, paura, niente più. Tutto annega in essi e in me non c’è nemmeno un barlume di emozioni positive. E’ il soffocane, insistente, terribile dolore, l’adente rabbia ed il distruttivo odio che mi divampano nell’anima, il puro terrore di ogni cosa riflesso nei miei occhi. Sono confuso dall’ingannevole nebbia che circonda il mio essere, spaurito e disorientato, e neanche me ne rendo conto quando l’ultimo uomo si avvicina a me. Spietato e rapido, mi conficca l’ultima bandierina fra le scapole. Adesso è troppo.

In un lampo di pura ira, le mie energie residue si raccolgono e vengo acceso dalla rabbia e dal terrore. Mi volto verso il mio assalitore guardandolo con occhi folli e carichi d’odio. In un attimo compio qualche rapida falcata verso di lui, il quale non fa neanche in tempo a muoversi. La mia testa scatta e gli conficco furiosamente le corna del petto colpendolo terribilmente e con ferocia, animato dal fuoco che mi divampa dentro.

Lo sbatto a terra e faccio una piccola impennata per piantargli gli zoccoli nel torace. Sento le sue costole spezzarsi sotto le mie zampe, e ciò mi spinge e colpirlo ancora, e ancora, incontrollabile ed inesorabile, mentre l’urlo dell’uomo riempie l’arena, la sua richiesta d’aiuto carica di dolore e terrore.

Faccio un mezzo giro su me stesso e lo calcio con forza in aria, facendolo volare di un metro e mezzo, per poi voltarmi di scatto e colpirlo con la ferocia delle mie corna allo stomaco, mozzandogli il fiato. Ricade sulla terra rossiccia dell’arena esalando un ultimo gemito di dolore, poi nulla, non si mosse più. Così rimane, accasciato a terra, il volto ancora deformato dal dolore e dal terrore. Tutto in appena un minuto.

La soddisfazione mi coglie appagante, ma fanno il loro ingresso degli altri cavalli, i quali galoppano insicuri verso di me spingendomi ad indietreggiare, allontanandomi dall’uomo. Li accontento: ormai è morto, lo sento, non mi importa più di lui.

Delle persone lo soccorrono e lo adagiano su una barella, per poi uscire di corsa dall’arena seguiti poco dopo dai cavalli. La folla è ammutolita.

Mi guardo intorno con una nuova sfumatura di sicurezza nello sguardo, sfidando qualcuno a farsi avanti, restando tuttavia costantemente sulla difensiva, il respiro ancora carico d’affanno e pesante. Nonostante il mio ultimo successo, ho ancora paura, e temo terribilmente altro dolore.

Per qualche minuto, tutto rimane fermo tranne la terra smossa da un lieve e caldo sbuffo di vento. Poi lo vedo.

La figura minuta che avevo visto all’inizio di quell’incubo camminare cautamente verso di me con passi misurati e lenti. Mi guarda dritto negli occhi, come se volesse vedermi dentro. Porta adagiata ad un braccio, una mantella rossa. Lo squadro con diffidenza in un misto di timore e sfida negli occhi. Sbatto uno zoccolo a terra. Sento che è il mio ultimo nemico, sento che dopo che me ne sarò sbarazzato sarà tutto finito. Devo solo piantare le mie corna nel suo corpo, devo solo ucciderlo. Ucciderlo. E’ la mia priorità. So di non poter sfuggire ad altro dolore, so che non vi è altra strada. Inoltre sento che lo odio. Lo odio con un’intensità stravolgente, lo voglio fare a pezzi. Lo voglio uccidere, lo voglio con tutto me stesso. Ogni fibra del mio corpo vuole il suo sangue, e non so perché, ma non mi importa. Avrei dato voce alla mia ira ed al mio dolore rendendolo un muto cadavere freddo.

Il torero mosse la sua mantella rossa nell’aria; abbasso la testa saggiando la terra con uno zoccolo e puntando le corna verso di lui. Una lieve brezza cala per un attimo su di noi accarezzandoci calda; la folla comincia ad incitarci rumorosamente, impaziente. E’ come se tutto il mondo volesse lo scontro.

Il torero fa un breve passo verso di me ed io agito la coda liberando un pesante sbuffo dalle narici. Inizia la danza della morte. Quel ferocie spettacolo che tutti attendevano e che ora si sarebbe consumato aggressivo e concluso in un bagno di sangue.

Il torero sventola la sua mantella rossa ed io carico senza alcuna esitazione, bramando lo scontro, ma allo stesso tempo la fine di quell’incubo colmo di dolore e paura.

Le mie corna trovano il vuoto mentre lui solleva la mantella sopra la testa. Intravedo una spada assicurata alla sua cintura.

Giro su me steso e torno alla carica sbuffando furiosamente, ma il mio tentativo diviene nullo nello svolazzare del telo scarlatto. La rabbia monta ad ogni mio fallimento. Le mie cariche divengono piene di frustrazione, animate dall’ira, ma sono terribilmente stanco, ed esserlo mi mette paura, perché so che un nemico stanco è una vittoria quasi assicurata. La consapevolezza di ciò mi rinvigorisce ogni tanto grazie al mio straziante desiderio vincere quello scontro, anche perché da sempre il mio istinto mi dice di avere terrore della morte, di quella mano nera che ti ghermisce trascinandoti nell’oblio. No, io volevo vivere, ed era per questo che non mi fermavo e continuavo a caricare dopo ogni fallimento.

Sento il dolore alla schiena diffondersi per il mio corpo intero scatenato dalle ferite sanguinanti e dalla fatica. Dolore, rabbia, paura. Vi è solo questo, tuttavia continuo implacabile il mio ruolo di protagonista in quell’infame spettacolo, mentre la folla incita quel terribile scontro denso crudeltà, una crudeltà che però lì non coglie l’animo di nessuno. Mi guardano cedere carica dopo carica abbandonato dalle forze e saturo di dolore mentre la disperazione è la sola cosa che guida le mie zampe a muoversi, tuttavia non vedono quanto sia infame ciò che si sta consumando sotto i loro occhi. La crudeltà di quello scontro e la spietatezza di ognuno di loro. Mi vedono terrorizzato e disperato senza che la loro coscienza ne rimanga intaccata. Non si rendono conto di quanto sia terribilmente mostruoso tutto ciò. Ed io sto per crollare. Il grande toro è sfinito, e sente di non avere più alcuna speranza. Ma può davvero finire così? In un crudele bagno di sangue? Non lo so, sono solamente terrorizzato. Le mie zampe ormai tremano per la stanchezza; il mio petto si alza ed abbassa irregolarmente mosso dall’affanno mentre il cuore galoppa instancabile. Ma non può finire così…!

Quando per l’ennesima volta le mie corna si vanno a conficcare nel vuoto accanto allo svolazzare della mantella, sento che è finita e vengo sopraffatto dal terrore. Non ce la faccio più a reggere quella danza spietata. E’ il tramonto di ogni mio residuo di energia, l’abbandono di ogni determinazione. Sono solo, la mia corsa non è più accompagnata da quelle emozioni ardenti che mi avevano sostenuto fino a quel momento. Soffocata dalla stanchezza e dal dolore, la rabbia non è più che una sfumatura rossa nel fondo del mio essere. La mia forza aveva sempre brillato come un fuoco divampante, ora è la tremula fiamma di una candela che rischia di estinguersi al minimo sbuffo di vento.

Le zampe anteriori cedono, e mi ritrovo inginocchiato sulla terra rossa dell’arena. Improvvisamente, tutto tace.

Il torero mi guarda trionfante dall’alto in basso, scatenando la mia rabbia, anche se flebile. Con un gesto teatrale, sguaina la sua spada e la porta sopra la testa. Guardo terrorizzato l’acciaio risplendere alla luce del sole cocente. La mia vita può davvero finire così? Perché? Cosa ho mai fatto per meritare tutto ciò? Morte. Non ne comprendo appieno il significato, ma so che bisogna temerla più di tutte le altre cose esistenti nel mondo. Vengo scosso da un fremito.

Il torero fa per calare la sua lama feroce su di me.

No! La mia vita, tutto, non può estinguersi in quel modo; io voglio vivere! Non voglio morire, ne ho troppa paura e sento che non è giunta la mia ora. Ogni animale lo sa, è l’istinto a dirgli quando è ora di andarsene, e ciò era terribilmente ingiusto. Perché mai sarei dovuto morire, ora? Quale crudele legge della natura aveva detto che l’uomo poteva calpestarmi e segnar la fine della mia esistenza quando pare a lui? Chi mai gli aveva conferito tal ingiusto potere?

Io voglio vivere, sono troppo aggrappato alla mia esistenza. Pura furia, rabbia, esplode in me scatenata dal mio ardente desiderio di vivere.

Fulmineo, scatto lateralmente sollevandomi appena in tempo sulle zampe per sfuggire alla crudele spada dell’assassino. Ma la lama trova comunque la mia carne lacerandomi la spalla e rimanendo lì conficcata in un profondo squarcio grondante di sangue. Il dolore esplode travolgente ed insopportabile consumandomi da dentro. E’ forse ancor peggio della morte quella lama conficcata nelle mie carni urlanti. Un penoso muggito mi esce dalla gola carico di dolore mentre indietreggio stordito da esso il quale mi perseguita come un’implacabile maledizione. Dolore. Dolore. Dolore…Rabbia. Rabbia cieca ed incontrollabile.

Non so dove trovo la forza di avventarmi sul torero incornandolo al petto. Lo faccio sbattere contro il bordo di legno dell’arena e continuo a spingere furente e colmo di un dolore dilaniante ed insopportabile finché non sento le corna addirittura affondare nella carne del mostro. Sento lo scricchiolio di ossa infrante.

Continuo a sbatterlo spingendo il mio capo contro di lui, il quale si dimena tra urli raccapriccianti e terribili. Una macchia di sangue va pian piano ad espandersi dietro la sua schiena, sui suoi vestiti.

Lo sbatto a terra e gli monto letteralmente sopra calpestandolo e conficcandogli gli zoccoli nell’addome spezzandogli le costole, animato dalla furia della mia disperazione.

Continuo a colpirlo implacabile con zoccoli e corna, ma ormai lui ha cessato di muoversi. In una rosa di sangue, esala l’ultimo respiro. La morte invade l’arena. Dagli spalti si levano urli colmi di terrore. Che ipocrisia. Nessuno aveva urlato nel vedermi trafiggere da mille lame diverse.

Faccio un profondo respiro ed indietreggio. Le mie zampe sono tremanti, il mio intero corpo è scosso da violenti fremiti; sono stravolto dalla stanchezza, ho appena la forza di respirare e non so dove trovo quella di rimare in piedi. Le mie innumerevoli ferite sanguinano copiosamente, per non parlare della spada che mi ritrovo conficcata nella spalla. Il mio corpo urla e protesta, incapace di sopportare dolore tanto intenso mentre il sangue scorre copiosamente e macchia la terra. Sono stremato, stravolto, moribondo, ma, contro qualsiasi aspettativa, vivo.

Delle persone entrano di corsa nell’arena adagiando il cadavere sfigurato dai miei colpi su una barella e correndo subito via, ma io non le degno neanche di uno sguardo. Ho vinto. Sono il vincitore di quello scontro feroce e crudele. Eppure, contro ogni razionalità, arriva una lama che io non vedo e mi viene conficcata nella testa, in mezzo alle corna. Crollo al suolo alzando una nuvola di polvere, morto anch’io.

Morto…morto, morto? Morto! Sono morto! Ho combattuto come un disperato per tenermi stretta la vita, ho ucciso, ho vinto! Come possono farmi questo? Io ho vinto! Ho vinto eppure mi hanno ucciso, dopo la mia stremante lotta per la mia vita, dopo tutto il sangue che ho versato senza mai però arrendermi per la mia sopravvivenza, per continuare a vivere, dopo tutto questo sangue e questo dolore loro mi hanno ucciso! Tutto fatica gettata al vento, così come ora il mio spirito indomito.

Io avevo vinto, perché sono dovuto morire? Ma prima di ogni altra cosa, perché ho dovuto combattere per la mia vita? Perché quel raccapricciante scontro sanguinolento si è dovuto ferocemente consumare?

Nulla. Solo altre domande, ma niente risposte.

Perché di risposte non ce ne sono, e forse non vale la pena parlare. Inutili massacri generati dalla crudeltà dell’uomo che vanno a concludersi in un bagno di sangue, sempre, e siamo sempre noi a perire alla fine. Non loro, gli assassini, noi.

Noi…ma dov’è scritto che dobbiamo esser vittime della crudeltà e del sadismo umano?

Una domanda urlata al vento, ma mai nessuna risposta.

 

  
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