Pov Sugar
Io ci avevo
provato a fare finta di niente, giuro che ci avevo provato.
Ma non c'ero riuscita e di quello in
fin dei conti non riuscivo a farmene una colpa troppo grande.
Il citofono aveva smesso di suonare dopo 10 minuti di
incessante scampanellio e nonostante il suono mi fosse arrivato attutito da tre
porte chiuse e dal cuscino che mi premevo sulla faccia, la presenza di Robert
in fondo al palazzo era così tangibile che riuscivo a sentire quasi il suo
profumo.
E mi mancava.
E spostando lo sguardo verso la
finestra mi ero resa conto che pioveva a dirotto, e me l'ero immaginato sui
gradini del portico, con le mani fra i capelli e il respiro affannato.
E non ce l'avevo fatta a mantenere
intatto l'orgoglio.
E per tutto il tragitto fino in fondo
al palazzo avevo tentato di convincermi in tutti i modi a voltarmi e tornare
indietro, a lasciarlo su quelle cazzo di scale e tanti cari saluti, ma il mio
stupido orgoglio evidentemente non era così tanto sviluppato, perchè non appena
scorsi la sua schiena dalla camicia già quasi completamente zuppa, il cuore
accelerò involontariamente i battiti, e nonostante la rabbia, la paura e
miliardi di altri sentimenti mi rimbombassero ancora nel cervello e mi
rendessero difficile dimenticare lo stato pietoso nel quale avevo versato per
tutta la sera, mi accorsi che lo volevo.
Che l'avrei sempre voluto.
In ogni circostanza, probabilmente.
Solo che quando me l'ero ritrovato ad
un centimetro da me e le sue mani mi avevano toccata, un sentimento che prima
d'ora non avevo mai provato nei suoi confronti era sorto improvvisamente.
Mai il suo tocco mi aveva costretta ad
indietreggiare, mai mi aveva lasciato quel certo senso di fastidio nel
profondo, eppure quella volta lo fece.
La sua mano era calda come al solito
quando aveva afferrato la mia, ma quel calore mi infastidiva.
Improvvisamente mi resi conto che un
sentimento che verso di lui non avevo mai provato si stava facendo largo dentro
di me e mi spaventava.
Perchè onestamente non sapevo a cosa
avrebbe portato.
Per quanto lo volessi con tutte le mie
forze, scoprii di provare quasi con la stessa intensità una sorta di repulsione
nei suoi confronti.
-Dormi sul divano per favore- gli
avevo detto, prima di chiudermi velocemente la porta di camera alle spalle e
buttarmi sul letto.
Non a piangere. Quello non l'avrei
fatto più per lui, e anche se l'avessi voluto non ci sarei riuscita, perchè non
avevo più lacrime da versare probabilmente.
Mi ero stesa semplicemente fra le
coperte a fissare il soffitto, sentendomi totalmente svuotata da ogni
sentimento.
Incredibile come solo qualche minuto
prima mi sembrasse di scoppiare dalla rabbia.
Adesso non provavo nient'altro che non
fosse un incessante mal di testa.
La stellina fluorescente nell'angolo
destro vicino alla finestra brillava nel buio della mia camera e nonostante mi
avesse sempre fatto sentire al sicuro, stavolta mi dava quasi la nausea.
Era stato lui a regalarmela, lui ad
appiccicarla là, lui a riempirmi la testa di stupide frasi è la stella polare, zuccherino. Così non perderai mai la strada.
Mi ero voltata dall'altra parte e
avevo serrato gli occhi, quasi per fare un dispetto al piccolo dischetto
luminoso che con la sua tenue lucina, mi ricordava fastidiosamente un tempo
dove le cose erano diverse.
E poi mi ero addormentata, con la
testa pulsante e stanca di pensare.
Aprii gli occhi dopo quello che a me
parse un secondo nella semioscurità di una giornata di pioggia fitta,
stupendomi quando me lo vidi sulla soglia della camera, la mano appoggiata allo
stipite e lo sguardo fisso su di me.
Mi tirai a sedere fra le coperte e
passandomi una mano fra i capelli mi decisi a guardarlo.
-Ho preparato la colazione- disse dopo
un po', sorridendo a malapena.
Era stanco e voleva farsi perdonare in
tutti i modi, i suoi occhi me lo dicevano chiaramente.
Dentro di me volevo davvero ignorare
tutto quanto ed essere felice, volevo abbracciarlo e volevo più che altro poter
tornare ad avere quello che avevamo fino a pochi giorni prima, ma per qualche
ragione non potevo, non era così che doveva essere.
Così annuii e basta e mi alzai dal
letto.
Quando gli passai vicino lui mi fermò
per un braccio ed io avvertii di nuovo la sensazione della sera precedente
tornare a farsi sentire.
Non dissi niente però e lasciai che la
sua mano diminuisse gradualmente l'intensità della presa fino a che da solo non
si accorgesse che non avevo nessuna intenzione di guardarlo.
Rimase in silenzio e quando mi lasciò
andare passai oltre e mi diressi in cucina, dove una tazza di thè fumante
insieme a un vassoio di muffin al cioccolato aspettavano sulla tavola
apparecchiata.
Mi sedetti e cominciai a bere il thè.
Non mi sentivo neanche più arrabbiata,
solo tanto triste.
Perchè nonostante alla fine non avesse
fatto niente di che, avvertivo che qualcosa di diverso era calato fra di noi,
nel nostro rapporto.
Indipendentemente dalla nostra storia
d'amore, quella era una cosa che riguardava anche la nostra amicizia. Perchè
improvvisamente mi ero accorta che dai suoi occhi era sparita la luce con la
quale mi aveva sempre guardata, fin da quando eravamo bambini.
Ed era per quello che stavo male e che
mi sentivo impaurita. Perchè all'improvviso una delle pochissime certezze della
mia vita si stava lentamente sgretolando sotto di me.
-Non mangi?- alzai lo sguardo e mi accorsi che si era seduto accanto a me, tentando di nuovo di sorridere.
-No, non mi va.- scossi la testa.
-Sugar- la sua voce autoritaria mi
fece alzare istantaneamente lo sguardo su di lui.
-Mi dispiace.-
Continuai a guardarlo finchè non
riprese a parlare -Hai tutte le ragioni per avercela con me e per non volermi
parlare, ma voglio che tu sappia che quando avrai finito di odiarmi io sarò
qui-
-Io non ti odio.- scossi la testa
-Vorrei farlo, ma non ci riesco.-
Lui annuì e sorrise un po' tristemente
-Forse avrei preferito. L'odio è comunque un sentimento...-
-Mi dispiace, Rob. In questo momento
vorrei solo che il mio migliore amico mi dicesse di non preoccuparmi, che tutto
sarà ok e che c'è una nuovissima giornata che ci aspetta e chissà cosa ci
riserva...-
Lo guardai e non riuscii a sorridere
nemmeno un po' -E' questa l'unica cosa che vorrei adesso e sai cos'è che più mi
distrugge?-
Mi guardò sempre più spiazzato.
-Il fatto che quell'unica persona che
riusciva ad aggiustare tutto non ci sia più. Perchè me lo dici adesso da chi
dovrei andare per far sì che il mondo mi faccia meno schifo?-
Non disse niente, probabilmente perchè
non c'era proprio niente da dire ed entrambi ne eravamo consapevoli.
Finii di bere il mio thè e iniziai a
sparecchiare.
-Vuoi che me ne vada?- fece dopo un
po'.
Mi voltai e lui era in piedi accanto
alla porta.
Improvvisamente mi resi conto che se
se ne fosse andato non avrei mai saputo rimettere a posto i pezzi di me stessa
che sarebbero inevitabilmente andati in frantumi l'istante dopo a che l'avessi
visto scomparire dalla soglia.
-Fai come vuoi- esclamai pregando che
non lo facesse.
-Forse è meglio che vada...-
Socchiusi gli occhi e ricacciai
indietro le lacrime, e appoggiandomi al bancone dietro di me annuii.
-Sì è meglio.-
Lui abbassò lo sguardo e indugiò
qualche attimo ancora sulla porta, poi si voltò e senza aggiungere altro sparì
dalla mia vista.
Qualche passo nel corridoio e il
rumore della porta mi dettero la conferma che tutto ciò che avevamo si era
rovinato.
*
Arrivai sotto casa di Tom in non so bene quale stato fisico e mentale.
La testa mi scoppiava per le troppe lacrime versate e quelle che ancora volevano uscire, lo stomaco ce lo avevo attorcigliato su se stesso e la tremenda sensazione che ormai avevo imparato ad odiare più dell’olio di fegato di merluzzo, mi faceva sussultare il cuore ad ogni passo.
Per fortuna non dovetti aspettare molto prima che la sua voce allegra mi intimasse di salire su.
Lo trovai ad attendermi sulla soglia, il sorriso da perfetto uomo britannico stampato in volto.
-Zuccherino!- esclamò, scostandosi e lasciandomi entrare.
Trixie era sotto la doccia perché c’erano gli Arctic Monkeys sparati a tutto volume al di là della porta del bagno.
Mi voltai a guardarlo e sospirai. In quel momento non c’era un altro posto al mondo nel quale volessi essere.
Tom era l’unico in grado di poter distruggere definitivamente il mio piccolo universo perfetto o aiutarmi a riacquistare la sanità mentale.
Perché ero sicura che mi sarebbe bastato uno sguardo per capire se mentiva per coprire le spalle del suo amico o se ero solo io a costruirmi i castelli immaginari.
-Che brutta cera, Sugar- continuò invitandomi a sedere sul suo comodo divano in pelle e fissandomi intensamente negli occhi.
-Già- mi limitai a sussurare, cercando di sostenere il suo sguardo.
Lui annuì leggermente e si accomodò meglio sul divano.
-Sai ne ho conosciuti di coglioni nella mia lunga vita, ma il tuo fidanzato li batte tutti quanti-
Sorrisi e mi passai una ciocca ribelle dietro l’orecchio destro.
-Ho bisogno di sapere come stanno le cose, Tom-
-Come stanno le cose?- chiese lui dopo un momento.
Sapevo che Tom gli avrebbe sempre retto il gioco, ma io non ero propriamente una sconosciuta e sapevo quanto tenesse anche a me.
Magari scioccamente, però speravo che in nome dell’amicizia che ci aveva da sempre legato, almeno lui avrebbe avuto il coraggio di dirmi la verità.
-Lui è cambiato Tom. Lo capisco, lo sento…è così palese. E non riesco a capire perché. O meglio…non voglio dover capire il perché, perché non so se riuscirei a reggere il colpo di una cosa simile…-
Lui mise una mano sul mio braccio che aveva iniziato a muoversi frenetico su e giù per il divano e io alzai lo sguardo, cercando di cogliere una qualsiasi sfumatura di verità nel blu dei suoi occhi.
-Sugar, devi tranquillizzarti innanzitutto. Non credo di averti mai vista così allucinata.-
La faceva facile lui.
Neanche a farlo apposta lo sguardo mi cadde su una vecchia istantanea che Tom aveva appiccicato con lo scotch sul muro del salotto.
C’erano lui e Rob a 16 anni nel garage dei Pattinson, in una delle loro frequentissime jam sessions pomeridiane.
Gliel’avevo scattata io.
-Eddai non ti muovere, Pattz-
-Ti vuoi sbrigare a scattare questa cazzo di foto? E poi perché dobbiamo farci delle foto?-
Aveva sbuffato, battendo le mani insofferente sulla chitarra davanti a sé.
-Perché quando sarete famosi la gente pagherà per avere le vostre foto. Autografate per giunta!-
Tom mi aveva guardato di traverso.
-Un giorno mi ringrazierete-
-Cos’è esattamente che pensi?-
–Oddio…mi sento così stupida anche solo a pensare una
cosa simile.-
Presi un enorme sospiro e lo guardai –Mi sta tradendo,
Tom?-
Adesso più che mai era fondamentale che non perdessi
contatto con la sua espressione, perché ero certa che sarei stata in grado di
coglierlo in fallo.
Lui scoppiò a ridere.
Non sapevo se esserne infastidita o sollevata o
terrorizzata.
-Tradendo?- fece dopo un attimo.
-Tom ti prego. Non farmi sentire ancora più idiota di
quanto già mi senta. Sai quanto mi stia costando tutto questo.-
-Scusa zuccherino, scusa..è che andiamo! È assurdo. Rob
che ti tradisce? E con chi dovrebbe tradirti?-
-Non so magari con la sua ritrovata ex fiamma Elena
Gibson?-
Tom smise all’istante di ridere e si schiarì la gola.
-Elena?-
-Tom guardami ti prego.-
Mi accorsi di avergli afferrato la stoffa della maglia
e di stare stringendogliela convulsamente solo quando la porta del bagno venne
spalancata e I Bet That You Look Good On The Dancefloor si diffuse per tutta la
casa ad un volume così alto che avrebbe fatto impallidire gli Arctic Monkeys
stessi.
-Zuccherinoooooo! Sei qui!- Trixie mi corse incontro
con i capelli bagnati e l’asciugamano stretto attorno al petto che rischiava di
scivolarle ad ogni passo.
-Dimmi immediatamente cos’è successo.-
Spostò lo sguardo su Tom e gli dette una botta sul
braccio –Cosa le hai fatto?-
Lui alzò le mani e si mise a ridere –Io assolutamente
niente.-
-Allora è stato quel grandissimo coglione del tuo
amico. Oddio lo sapevo che prima o poi avrebbe scazzato di brutto.-
-Trixie, è tutto a posto. Più o meno…-
-Sì certo. A posto come è stato a posto in questi
ultimi giorni.-
Si venne a sedere in mezzo a noi sul divano e mi guardò
dritta in volto –Perché ieri sera non siete più venuti con noi?-
Io abbassai immediatamente lo sguardo e Trixie capì di
aver fatto centro.
Gli raccontai tutto, compreso il tristissimo risveglio
e la certezza che le cose fossero definitivamente cambiate fra me e Robert.
Tom rimase in silenzio, Trixie offese Robert in tutti i
modi possibili immaginabili.
Io avevo solo voglia di vomitare.
-Ditemi voi perciò cosa devo pensare perché io non lo
so…-
-Non l’hai più sentito da stamani?- mi chiese Tom.
Scossi la testa. –Non ho neanche acceso il cellulare,
ma sinceramente non credo che mi abbia chiamato.-
Trixie mi passò un braccio attorno alle spalle e mi
accarezzò una guancia.
-Comunque se vuoi il mio modestissimo parere, non credo
che Rob vada in giro a farsi altre donne. Figurati se voglio giustificarlo,
però non è il tipo Sugar.-
Tom annuì immediatamente –Ce lo vedi? Dai su…sappiamo
tutti quanto schifo faccia a mentire. Come farebbe a mandare avanti due
relazioni allo stesso tempo?-
-Chi ha mai parlato di relazioni?- esclamai
all’improvviso, punta dalla consapevolezza che Tom fosse a conoscenza di
qualcosa.
-Va beh facevo per dire!- si affrettò a correggersi
–Rilassati, Sugar. Per favore torna con i piedi per terra e guarda le cose come
stanno. Rob è stato assente, sbadato, anche un tantino stronzo te lo concedo,
ma sono cose che capitano in una relazione, no?-
Mi guardò confortante –Solo perché fra voi c’è sempre
stata questa sorta di grandiosa magia, la fiaba del principe e della
principessa eccetera eccetera, non significa che siete immuni dai normali alti
e bassi di qualsiasi coppia.-
-E tu lo sai bene eh, Sturridge?- fece Trixie ed io mi
trovai a sorridere improvvisamente.
-Già- fece lui prima di baciarla velocemente.
-Lo so che tu hai una brutta sensazione e non ti dico
di ignorarla completamente, ma guarda le cose in maniera tranquilla. Avete
soltanto bisogno di lasciare perdere tutto quanto e focalizzarvi su di voi.-
Trixie non aveva per niente torto.
Dovevo lasciare perdere qualsiasi altra cosa che non
fosse quello che provavo per lui, che avevo sempre provato per lui e che era
indubbiamente così forte da non poter venire cancellato con un colpo di
spazzola come niente fosse.
Così mi ritrovai ad annuire, decisamente più serena di
quanto non lo fossi stata nelle ultime ore.
Non volevo più perdere tempo.
-Avete ragione ragazzi!- mi alzai di scatto dal divano
e mi precipitai verso la porta.
-Dove vai??- mi chiese Trixie, alzandosi a sua volta.
-Da Robert.- sorrisi, prima di spalancare la porta e
correre giù per le scale.
*
Robert fece giusto in tempo ad aprire la porta di un
misero spiraglio che io mi precipitai dentro e gli saltai al collo.
Lo sentii barcollare leggermente sotto il mio peso e
soprattutto sotto l’inaspettatezza del gesto, ma ci mise un secondo prima di
stringermi a sé in una maniera così determinata che mi fece quasi male.
Nascosi il volto nell’incavo della sua spalla e
inspirai il suo profumo.
Io non potevo vivere senza di lui.
Neanche per un giorno, figuriamoci una vita intera.
Non disse niente e si limitò ad abbracciarmi, a
stringermi i capelli, a farmi capire che in quelle ore non aveva fatto altro
che odiarsi perché anche io gli ero mancata.
Lo capivo da come non voleva più lasciarmi andare.
-Rob…- provai a dirgli, sollevando di poco la testa ma
lui non mi fece continuare baciandomi con così tanta energia da mandarmi il
cuore dritto in gola.
-Quando stamattina ti ho detto che era meglio se te ne
andavi…- feci poi, staccandomi dalle
sue labbra e guardandolo in volto.
-Non avrei mai dovuto andarmene, lo so. Sono stato
pessimo, Sugar. Lo sono sempre stato con te, perciò scusami. Scusami, scusami,
scusami.-
Mi prese il viso con entrambe le mani e tornò a
baciarmi, con meno foga di prima, ma con più passione, con più desiderio.
Lo sentii mio, nel vero senso del termine.
Mi spinse sul divano e nel giro di un battito di ciglia
fu sopra di me.
-Ti amo Sugar- mi sussurrò sulle labbra, e l’intensità
del suo sguardo mi colpì forte.
-Ti amo anche io, Robert-
Lo strinsi contro di me, allacciando le gambe dietro la
sua schiena e in un secondo ci trovammo catapultati sul pavimento.
-Questo mi ricorda qualcosa…- gli dissi e il suo sorriso
mi incendiò il sangue nelle vene.
-Un bel ricordo?-
-Sì anche se doloroso- stavolta fui io a sorridere –La
schiena mi ha fatto male per una settimana-
-Allora smettiamo- fece per alzarsi e io lo strinsi
ancora più forte.
-Penso che riuscirò a sopportarlo un po’ di mal di
schiena-
Quella volta fu diversa da tutte le altre.
Quella volta fu come se ci fossimo ritrovati dopo tanto
cercare, come se tutti e due fossimo tornati a casa.
Fanciulle
salve!!!! Scusate per il penosissimo ritardo, è tutta colpa mia (RG, ovvio e di
chi sennò?)
Come
state???
Io
ho un sonno assurdo, mi sta per ciondolare la testa sulla tastiera da un
momento all’altro. Volevo finire di scrivere domattina infatti, ma poi mi sono
ricordata che in pratica non ci sono per tutto il giorno e non potevo restare
un altro giorno intero senza postare, per cui ecco qui. Perdonate perciò lo
schifo ç___ç
Spero
inoltre che mi perdonerete se non vi ringrazio tutte adeguatamente, ma appunto
a parte il sonno davvero atroce, mi devo anche svegliare fra 6 ore O__O
Sappiate
che vi amiamo e che i vostri commenti come al solito ci hanno fatto
piacerissimo, siete tutte fantastiche, sia che siate Team Elena, Team Sugar,
Team Rob, Team Adam e chi più ne ha più ne metta XD
Va
beh vado davvero, o mi addormento qui! Spero vi sia piaciuto comunque questo
pov Sugar e spero che le Elenine non me ne vogliano troppo per il finale :D
Vi
amoooooooooooooo <3 <3 <3
(Il
prossimo è un Pov Rob :D)