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Autore: Meiko    22/08/2005    1 recensioni
E' nata per caso, e continuerà per caso, credo, questa storia che di base è Romantica, ma conoscendomi metterò anche del Dark e anche del Lemon, perciò siete avvisati. Non credo di poter descrivere in poche parole questa storia, perciò vi auguro una Buona Lettura ^_^
Genere: Romantico, Triste, Malinconico, Dark, Drammatico, Avventura, Sovrannaturale, Mistero, Introspettivo, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 2

Era riuscita a trovare in internet quella bellissima canzone di sottofondo.
E se la stava ascoltando con gusto, continuando a scrivere.
Scrivere, scrivere.
Le dita si muovevano veloci sulla tastiera, mentre il suo sguardo era incatenato ad ogni singolo tasto, per poi alzarsi solo qualche istante per vedere se il tasto presentava degl’errori di grammatica o con i verbi.
Aveva sempre avuto qualche problema con i verbi, fin da piccola, infatti ancora adesso aveva qualche sfuriata con i Gerundi.
Sorrideva nel pensare alle tante volte che sua madre cercava di aiutarla nel culcarsi in testa quei maledetti verbi.
...gli unici ricordi che ancora adesso uscivano fuori dalla sua testa...
Da un po’ di tempo se ne stava rendendo conto, adesso che la sua mente era spesso sgombra da inutili problemi e preoccupazioni.
Di quando era piccola, lei, non si ricordava tanto, poco, pochissimo.
La sua vita, i suoi ricordi iniziavano da quando era stato all’estero in poi, e non erano pochi, erano quasi dieci anni di vita, undici.
Ma degl’altri sei-sette? Perché vi era il vuoto?
Il potente richiamo del pianoforte nella melodia la distrasse, riconcentrandola al suo testo, il rumore della tastiera si ripropose con più energia.
Non si doveva fermare.
Non doveva, o sarebbe finita per lei.
Avrebbe ricominciato a pensare.
A pensare alla paura che l’aveva portata fino a casa, una paura strana, che mai aveva provato. E dire che prima aveva provato solo un’intenso calore.
...la sua paura...
Lei era terrorizzata dall’idea di essersi sognata tutto, tutto! Da quando aveva visto quell’angelo sulla soglia dell’arcata, a quel bambino, alla pioggia, alla chiesa, ai sotterranei, al bacio, a tutto!
E lei non voleva che fosse un’illusione.
Perché se no...avrebbero avuto ragione...quelle urla...quelle maledette voci che spesso tornavano nella sua mente.

“PAZZA!!SEI SOLO UNA PAZZA SCHIZZOFRENICA!!”

Facevano male...
Lacrime, lacrime sulla soglia degl’occhi, mentre continuava a scrivere, spinta dalla furia, spinta dalla paura, spinta dalla tristezza.
Tristezza, che nasceva su quegl’occhi, scivolando lungo le guance, mentre gli occhiali si macchiavano di lacrime, mentre le dita proseguivano nella loro frenetica corsa, mentre quelle urla sembravano raggiungerla e ucciderla.

-Ma sei totalmente fuori di testa?-
-Ehi pazza, adesso pulisci, anzi, lecca tutto-
-Forza, puniamola!-
-Ehi, signorina fuori di testa?-
-ahahahah!!-
-PAZZA!!-


Si fermò nello stesso istante che si fermò la melodia, prendendo fiato, era come se non avesse respirato fino a quel momento, con le lacrime che scivolavano giù dagl’occhi, il mal di testa che era tornato a pulsarle.
Prese dei profondi respiri, controllando il testo, aveva smesso di lacrimare, e si tolse gli occhiali, asciugandosi gli occhi e le lenti, leggermente rovinate per l’uso indiscriminato e a volte un po’ barbaro.
Salvò il testo nel computer, e fece ripartire una serie di brani, mentre chiudeva tapparelle e spegneva la luce, mettendosi sdraiata sul letto, fuori il tempo era grigio, minacciava di nuovo di piovere.
Pioggia...pioggia...
Lentamente, la melodia le entrò in testa, mentre cercava di rilassarsi, nel buio della stanza.

Close your eyes, it’s so clear

Obbedì al testo, chiudendo gli occhi, e se ne pentì.
Lo vide di nuovo, in lacrime, le ali che grondavano acqua da tutte le parti, il volto ferito.
L’angelo...poi...
Il bambino dalle ali rattoppate...
La pioggia...

In the eye of storm you'll see a lonely dove
The experience of survival is the key
To the gravity of love


La gravità dell’amore…
L’amore…
Inaspettatamente si portò a ricordare le lezioni di filosofia di Platone, e sul suo testo che parlava dell’amore, definendo l’amore figlio della Miseria e dell’ Espediente.
Espediente...
Miseria...


Come figlio di Poro e di Penia, ad Amore è capitato questo destino: innanzitutto è sempre povero, ed è molto lontano dall’essere delicato e bello, come pensano in molti, ma anzi è duro, squallido, scalzo, peregrino, uso a dormire nudo e frusto per terra, sulle soglie delle case e per le strade, le notti all’addiaccio; perché conforme alla natura della madre, ha sempre la miseria in casa.
Ma da parte del padre è insidiatore dei belli e dei nobili, coraggioso, audace e risoluto, cacciatore tremendo, sempre a escogitar machiavelli d’ogni tipo e curiosissimo di intendere, ricco di trappole, intento tutta la vita a filosofare, e terribile ciurmatore, stregone e sofista


Look around just people, can you hear their voice
Find the one who'll guide you to the limits of your choice


Le parole della canzone si susseguirono ai ricordi di Rachele, la ragazza in qualche modo era riuscita a ricordare quella parte del testo di Platone che l’aveva sempre attratta: la spiegazione dell’Amore, il fatto che Socrate definiva l’Amore in una visione del tutto estranea a ciò che si pensa dell’amore in generale.
Praticamente Amore era un furbastro, un tipo scaltro e senza un soldo in tasca che se ne andava in giro ad incantare ricchi e poveri con la sua magia.
Rachele ridacchiò immaginandosi un bambino pieno di graffi e con i vestiti stracciati che però sorrideva allegro e furbo come una vecchia volpe.
La canzone terminò con quella simpatica immagine, facendosi sostituire da un’altra che provocò un forte senso di tristezza e malinconia a Rachele, che però continuava a sorridere.
Era la sua canzone preferita, la sapeva a memoria, poteva dirla tranquillamente in italiano dall’inizio alla fine, però in inglese era semplicemente unica.
Partiva sempre con la batteria, per poi addolcirsi all’inizio della strofa.

This romeo is bleeding
But you can't see his blood
It's nothing but some feelings
That this old dog kicked up


It's been raining since you left me
Now I'm drowning in the flood
You see I've always been a fighter
But without you I give up


Era un flusso continuo di pensieri, in cui lei smetteva del tutto di pensare, troppo attenta ad ascoltare quella musica, quelle parole, mentre la tristezza, come sempre, le toccava il cuore in una gentile carezza.

I can't sing a love song
Like the way it's meant to be
Well, I guess I'm not that good anymore
But baby, that's just me

And I will love you, baby - Always
And I'll be there forever and a day - Always
I'll be there till the stars don't shine
Till the heavens burst and
The words don't rhyme
And I know when I die, you'll be on my mind
And I'll love you – Always


La mormorava tra le labbra, assaporandosi ogni pausa, ogni istante di quella canzone, come se quella fosse l’ultima volta che se l’ascoltava.
E ancora una volta avvertiva la tristezza invadere il suo corpo, mentre un’immagine sfuocata si faceva avanti nella sua mente.

When he holds you close, when he pulls you near
When he says the words you've been needing to hear
I wish I was him
With these words of mine
To say to you till the end of time


Rachele si bloccò per qualche istante, mentre l’immagine sfuocata si rivelava come la figura del ragazzo che aveva visto sotto la pioggia, ora la batteria era la pioggia, e la melodia creava sottofondo intorno a lui, mentre la guardava in silenzio, con quell’occhio verde socchiuso, che faceva scivolare della lacrime.

If you told me to cry for you
I could
If you told me to die for you
I would
Take a look at my face
There's no price I won't pay
To say these words to you


Adesso erano le labbra del giovane che sembrava mormorare la canzone, quel labbro spaccato, che però cantava con dolcezza, mentre Rachele rimaneva immobile ad osservare lui che cantava.

Well, there ain't no luck
In these loaded dice
But baby if you give me just one more try
We can pack up our old dreams
And our old lives
We'll find a place where the sun still shines

And I will love you, baby - Always
And I'll be there forever and a day - Always
I'll be there till the stars don't shine
Till the heavens burst and
The words don't rhyme
And I know when I die, you'll be on my mind
And I'll love you – Always


“E io ti amerò, piccola
Sempre
E sarò li per sempre e un giorno
Sempre
Sarò li fino a quando le stelle smetteranno di splendere
Fino a quando il paradiso esploderà e le parole non avranno più ritmo
So che quando morirò, tu sarai nella mia mente
E ti amerò sempre”

-Mi amerai per sempre...-
Rachele non ottenne alcuna risposta, la canzone trascinava via con se l’immagine del ragazzo, mentre una lacrima scappava via dal suo controllo.
Stava impazzendo...sognava che quell’angelo l’amasse per sempre, mentre ancora in quel momento si stava chiedendo se non era stata tutta una folle illusione, un parto della sua mente.
Sospirò esausta, con la testa che non aveva ancora smesso di fargli male, quando il telefono vibrò con forza, creando un rumore basso, ma continuo e fastidioso.
Rachele andò a vedere il display
“MaryRose”
-Pronto?-
-Ciao Ra. Stavi dormendo?-
-No, tranquilla, dimmi Mary-
-No niente, io e le altre siamo in città per una pattinata alla stazione degli autobus. Vieni?-
Rachele sorrise, meno male che Mary era arrivata al momento giusto.
-Certo, cinque minuti e sono da voi-

Era seduto sul letto, alle spalle aveva la finestra, mentre fissava un punto vuoto li fuori, verso il mondo esterno, dallo stereo usciva fuori una melodia con il pianoforte, che cercava di svuotargli la testa.
Appena lo aveva visto Sam aveva fatto una scenata pazzesca, tutto rovinato e per giunta con le ali bagnate fradice.
Sorrise divertito nel ricordare la faccia sconvolta del cameriere appena lo aveva visto, subito lo aveva allontanato da quel luogo, se lo avrebbe visto il padrone...
Gia...il padrone...
Adesso aveva l’occhio meno gonfio, e il labbro era stato ripulito dalle mani del suo cameriere, che gli diede un buffetto in testa, sospirando.

“Un giorno di questi mi farai morire!”

No, sperò ardentemente che Sam non morisse mai...altrimenti...la sua vita sarebbe stata ancora più terrificante di ora...
Con l’onnipresenza de padrone che lo spiava...per poi ucciderlo...
Si strinse a se le gambe, mentre ricordava la pioggia sul corpo e sulle ali, era stata una sensazione fresca e leggera.
Poi... quella ragazza...
Se Sam avesse saputo quello che aveva combinato, lo avrebbe di sicuro scorticato vivo.
Ridacchiò al pensiero, mentre la musica si ripeteva, portandolo via da quella stanza, mentre guardava il giardino esterno, una bambina stava giocando con un grosso cane, il pelo candido e lungo del cane attirava l’attenzione del ragazzo, così come la figurina della bambina, vestita pantaloni rossi e una maglietta con sopra una giacca a vento.
I capelli erano lasciati andare, erano a caschetto fino alle spalle, di un bel castano chiaro, solo un cerchietto per la frangetta ormai troppo lunga.
Quella bambina...sua sorella...doveva proteggere sua sorella da quell’uomo...
Quell’essere abominevole...che si divertiva ad usarlo come una marionetta...
Una marionetta...
Strinse il pugno, mentre continuava a guardare quella bambina, ad inseguirla c’era una ragazza bionda, che dava le spalle al ragazzo, che preferì ignorarla, mentre gli tornavano in mente quei due occhi scuri che cambiarono sfumatura quando furono abbastanza vicini al suo volto.
Occhi cangianti, che nascondevano chissà quali segreti...
Capelli neri cortissimi...e quella ciocca blu tra le dita...
L’aveva baciata...ma che cosa gli era passato per la testa?
...aveva visto quel bimbo...che lo stava inseguendo...
Il bimbo povero...il bimbo dalle ali rattoppate...
Lo aveva inseguito fino a li...
Doveva ucciderlo...
Non voleva che lo seguisse più, non lo voleva più accanto a se.
-Maledetto...-
-Vedo che sei sveglio-
alzò la testa di scatto, sorpreso di vedere quella figura sorridergli con ipocrisia.
Odio.
Un lampo che attraversò i suoi occhi, mentre lo vedeva chiudere dietro di se la porta, i capelli grigi sconvolti e il viso orrendo, però aveva giacca e cravatta, doveva essere tornato da poco dal lavoro, infatti aveva abbandonato la cartella vicino alla porta, che aveva chiuso a chiave.
Come se avesse possibilità di scappare...
-Così mi potrò divertire, ho avuto una giornata molto pesante.
Sei pronto, Raffaele?-
Il ragazzo lo guardò, annuendo in silenzio, mentre avvertiva la paura, lo schifo, e la rabbia avvelenargli il sangue, l’uomo intanto si slacciava la cravatta, avvicinandosi al ragazzo.
Avrebbe chiuso gli occhi, e avrebbe visto il buio come al solito.
...il buio...era scalfito da due occhi cangianti.
Voleva vederla di nuovo...
...il bambino...
Il bambino che l’aveva seguito fino a li...doveva ucciderlo...
Cercò di pensare a questo e altro, mentre avvertiva il peso del vecchio uomo sopra di se, la bocca sul collo, la lingua accarezzava la pelle, fino al pomo, mentre le mani toccavano fameliche quel corpo, per poi a volte stringerlo con violenza.
...che schifo...
Preferiva soprattutto stringergli le natiche, con forza, le mani erano ruvide sulla pelle, mentre la bava tracciava una scia lungo il collo, raggiungendo i capezzoli, gia rigidi per l’orrore, la bocca se li gustava, mentre il ragazzo continuava a tenere gli occhi chiusi, la maglietta gli era stata tolta con la forza, mentre le sue dita furono obbligate ad aprire i pantaloni.
Una delle mani ruvide lo strinse con forza sul braccio, facendogli male.
-Sei...troppo lento...-
l’altra mano afferrò i jeans, cominciando a levarli di prepotenza, mentre Raffaele digrignava i denti, tenendo lo sguardo verso l’alto e permettendosi qualche lacrima che scivolava verso le tempie, mentre avvertiva il tessuto sfregare sulle sue gambe, che venivano allargate dalla mano che stava prima sul braccio, liberandolo, mentre lui si copriva gli occhi, per vedere il buio.
Sussultò e soffocò un’urlo di paura quando le mani gli accarezzarono il membro, per poi avvertire dei movimenti sopra di lui, probabilmente si stava togliendo i pantaloni eleganti.
Non doveva pensare...non doveva pensare...
Le mani ricominciarono a toccargli il membro, creando un moto di nausea nello stomaco, mentre la bocca si riempiva di amaro, in una smorfia di dolore, mentre i boxer scivolavano giù con delicatezza, gli piaceva guardarlo, per poi sorridere con fare bieco.
Non doveva pensarci...non doveva pensarci..
Come una sorta di luce fioca, gli tornarono in mente i due occhi cangianti, quel viso lievemente rotondo, quel volto, quella ragazza che lo aveva seguito fino a li.
Avvertì il dolore improvviso, e strozzò un lamento, mentre continuava a versare lacrime, una mano sulla bocca, l’altra a stringere con forza il lenzuolo ormai rovinato, mentre il dolore vecchio era raggiunto da uno nuovo.
Ogni volta faceva terribilmente male.
E quegl’occhi...che apparivano di varie sfumature...sembrarono una consolazione, mentre avvertiva i rumori gutturali di quell’uomo, chiudendo gli occhi e lasciando scorrere via le lacrime.
Basta vi prego
Vi prego...

BAAASTAAA!!!

La bambina alzò lo sguardo verso la finestra, mentre la ragazza bionda davanti a se la vide compiere il gesto, il cane bianco scodinzolava li vicino a lei.
-Tutto ok Chiara? Qualcosa non va?-
la bambina guardò la ragazza, scuotendo la testa, riprendendo a giocare, mentre da quella stanza, Sam, appoggiato alla parete, poteva sentire chiari i rantoli di piacere del suo padrone, mentre violentava Raffaele.

-Che hai fatto di bello ieri?-
-? Sono rimasta a casa come al solito, perché?-
MaryRose saltò giù dal marciapiede, a volte Rachele si stupiva che quella ragazza potesse fare cose simili, mentre Memole si avvicinava, sfrecciando con un’eleganze che vedeva solo Rachele.
La ragazza dai capelli a cresta VERDI (un’altra delle sue follie) si voltò a guardarla.
-Perché ti ho vista in giro per il motorino, mentre andavi verso il Cinema Civico-
Rachele rimase per qualche secondo spiazzata, per poi voltarsi verso Mary Rose, continuando a pattinare.
-E tu cosa ci facevi fuori a quell’ora, con un temporale del genere?-
-Non cambiare argomento!-
Maria si avvicinò a Rachele, prendendole le spalle con le mani, guardandola con aria abbattuta, quella ragazza era davvero troppo alta per i gusti della ragazza dai capelli neri.
-Non mi dire che hai dato uno strappo a Samantha-
Rachele abbassò lo sguardo, inconsciamente si tastò la spalla, li dov’era rimasta la cicatrice di una grave ustione.

-Vediamo se le fa male! Secondo me prova piacere, svitata com’è!-
-SII! Magari il dio del fuoco le ha dato la grazia di non bruciarsi!-
-Ah, questa è bella! Facci vedere il dio del fuoco Rach!!-
-Dai dai!!-


Il dio del fuoco, neanche lei sparava cazzate simili...
La ragazza si limitò a non rispondere, mentre Maria l’abbracciava da dietro e MaryRose la guardava male.
-Avevi promesso che non l’avresti più fatto-
-Già. Comunque adesso io sono qui-
Rachele si staccò dall’affetto di Maria, girando intorno alle altre cercando di recuperare un po’ di sorrise.
Memole la seguiva, per poi farsi venire un’idea.
-Andiamo alla vecchia fabbrica?-
-Ok-
-Ok cosa, Mary? Ti ricordo che la stanno smontando, e non è sicuro-
-Ma oggi è Domenica, quindi!-
Mary partì senza nemmeno dare il tempo a Rachele di controbattere, la ragazza poté solo seguirla, copiata da Maria, mentre Memole cercava di raggiungerla, in modo da sfidarla a chi correva di più, per fortuna in quel giorno la strada verso la fabbrica era deserta, quindi potevano correre più che potevano.
-Comunque Rachele, secondo me dovresti dirlo a tua madre...-
Rachele prese un profondo respiro.
-Dirgli cosa? Che vengo giornalmente maltrattata da almeno quattro anni?
O che ho cercato di far smettere questa serie di maltrattamenti con un bel taglio netto?-
Rachele alzò il pugno sinistro a Maria, che si limitò a pattinare, mentre la ragazza la supplicava con lo sguardo di non pensare più a quella storia.
Non voleva dirlo a sua madre, non voleva!
Chissà che casino sarebbe scoppiato in casa, adesso che lei e suo padre si erano calmati, dopo l’ennesima sfuriata.
Era certa, presto uno dei due se ne sarebbe andato di casa...per la seconda volta...
Oppure tutti e due, lasciandola sola, così si sarebbe fatta la sua vita.
Si...da sola...contro tutti...

-Devi imparare ad ignorarli! Tu ignori loro e loro ignorano te, è facile!-

...si...dannatamente facile...tanto che ci aveva rimediato un bel calcio.

-GUARDAMI QUANDO TI PARLO!-

Era iniziato tutto da li.
Era diventata l’immondezza del loro stress, il loro sfogo preferito, maledetti stronzi...
Rachele vide oltre gli alberi la figura vecchia, arrugginita, ma comunque maestosa della vecchia fabbrica apparirle nel grigio del cielo, era uscita di casa con il rischio che piovesse, poco male, tanto aveva il cappello e in più la giacca con il cappuccio.
La vecchia fabbrica di chiodi era ormai da parecchi anni in disuso, però nell’ultimo periodo si era pensato di smontarla per sostituirla con un centro commerciale.
Fino al momento del cantiere, però, la fabbrica era un luogo perfetto dove pattinare ed esibirsi in varie acrobazie.
Oltre infatti ad alcuni punti smontati, c’erano travi, muri, curve pericolose, piani che si raggiungevano con un balzo, e altro ancora, un vero parco di divertimenti per gli appassionati di skate e roller blade.
Infatti le ragazze non si stupirono nel vedere qualcuno che si stava gia mettendo all’opera, ovviamente tutto quanto di nascosto, la polizia infatti aveva sancito multe molto salate a coloro che entravano nella fabbrica di nascosto.
Rachele entrò nel buco della rete nascosto tra i cespugli, li dove il marciapiede incontrava una macchia di verde piena di spazzatura, il buco l’avevano fatto i primi che avevano avuto l’idea di entrare in quel luogo.
“Com’è scomodo entrare con i pattini!”
Rachele seguì Maria, seguendo le altre due, per poi soffermarsi, alzando lo sguardo verso le arrugginite canne da dove era uscito il fumo per molto anni, adesso in disuso.
...e li, davanti a quella fabbrica, a Rachele sembrò di diventare sempre più piccola, fino a diventare una bambina, quella bambina a cui piaceva visitare la città, soprattutto la parte antica con il nonno, che la teneva per mano, e a volte in braccio.
...gli tornò in mente il vecchio carillon di suo nonno, ora rotto, custodito in camera sua...
...gli tornarono in mente tante cose...
...ma soprattutto, in quel momento...
“Ho la sensazione di aver scordato qualcosa”
un’ansia strana l’attanagliò nello stomaco e nel cuore, agitando Rachele, che si concentrò sulle ciminiere della fabbrica, sforzandosi di ricordare, con il risultato di niente, solo una goccia d’acqua che le cadeva in fronte.
Oh, non di nuovo?!
-Rachele, vieni?-
la ragazza obbedì a Maria, raggiungendola, zigzagando tra i pezzi che erano aumentati, c’erano molti mucchi di mattonelle rotte, ferri vecchi, vetri e finestre rotte e altro ancora.
La sensazione di ansia non l’abbandonò nemmeno quando iniziò a fare qualche semplice acrobazia, anche cadendo e facendosi male, mentre osservava Mary Rose e Memole scatenarsi in tutti i modi, soprattutto l’ultima.
Memole, o meglio Filomena.
“Che cos’ho dimenticato?”
la ragazza si mise seduta su un vecchio ed enorme tubo arrugginito, forse si sarebbe sporcata un po’ i jeans.
Osservò in silenzio il cielo sopra di lei, molte nuvole se ne stavano andando via, lasciando dietro di scie il cielo che sfoggiava una serie di colorazioni che andavano dall’arancione, al rosa scuro al rosso, fino al viola.
Presto sarebbe calata la sera.
Prese un profondo respiro, l’aria puzzava un po’ di gas e fogna, ma sotto sotto c’era un sentore di fresco che si levava verso il tramonto, da dove veniva il vento, freddo.
La tramontata avrebbe portato via le nuvole...
Rachele si mosse verso il tramonto, salendo un piano, sedendosi sui resti di un muro, con le gambe nel vuoto, tra lei e il terreno c’erano parecchi metri di altezza.
Restò in silenzio ad osservare il tramonto, ammirando il sole che ormai affondava nella linea di orizzonte, con il vento che le portava via la ciocca blu.
Li l’odore era di polvere e stantio, ma il vento trascinava con se un profumo strano, che però le piaceva, prendendo una bella boccata.
Gli tornò in mente il ragazzo...quel ragazzo dagl’occhi verdi...
L’ansia si fece più forte, cosa aveva dimenticato?

“Where...or when?”

Perché le tornava in testa quella frase? Non aveva senso!
Avvertì uno scricchiolio dietro di se, e si voltò.
...il bambino...
Quel bambino dell’altra volta, i capelli scuri un po’ sporchi, così come il volto, era molto vicino a lei, ora poteva vederlo meglio.
Aveva i capelli neri, spettinati e un po’ sporchi, come il viso, rotondo e leggermente sporco, come i bambini che si divertivano a giocare nella polvere.
I vestiti erano grandi per lui, e sapevano di vecchio, mentre le scarpe da ginnastica dovevano essere all’inizio bianche, ma ora erano grigie, con qualche strappo e buco, slacciate, evidentemente non sapeva allacciarsi le scarpe.
Tornò sul volto, osservando gli occhi, erano grandi, di un colore nero che appariva piacevole, aveva una luce brillante, allegra.
E dietro la schiena...quella piccole ali, ali da bambino, bianche, con le piume un po’ scarmigliate e rovinate, c’erano persino delle toppe in alcuni punti, piccole toppe colorate con varie fantasie, ce n’era persino una a fiori.
Rachele osservò quel bambino, che la guardava tranquillo, il viso sereno, però non sorrideva. Appariva serio.
La ragazza si tolse i roller più velocemente che poté, rimanendo in calzini, i pattini dietro la schiena.
-Ehi, piccolo, mi dici chi sei?-
la ragazza s’inginocchiò verso di lui, che la guardava, per poi scuotere la testa, scatenando un moto di affetto nella ragazza.
-Sei timido, eh?-
il bimbo annuì.
-Beh, io sono Rachele, piacere.
Ti ho gia visto al Borgo, vero?-
Annuì.
-Non sai parlare?-
negò.
-E allora perché non mi parli?-
il bimbo indietreggiò di un passo, a prima vista doveva fare al massimo la seconda elementare, quindi era davvero piccolo.
La ragazza cercò qualcosa in tasca, tirandone fuori una caramella, ne aveva sempre qualcuna con se.
-Vuoi una caramella?-
il bimbo annuì, avvicinandosi lentamente, mentre Rachele si limitava ad allungargli la mano, lui la prese lentamente, per poi allontanarsi, assaggiandola, mostrando un sorriso di gradimento, chinando la testa in segno di ringraziamento, mentre Rachele se ne mangiava anche lei una.

Un gran demone, o Socrate: infatti, tutto ciò che è demoniaco è intermedio fra dio e mortale

...
Rachele scosse leggermente la testa, quella frase apparsa così, nel bel mezzo del nulla, l’aveva lasciata un po’ spiazzata.
...si parlava sempre di amore...che veniva definito per la sua condizione un po’ mortale e un po’ demoniaco...
Era però comunque figlio di due dei, anche se non molto conosciuti, ed in effetti il fatto che non venissero considerati molto faceva pensare.
Rachele si stupì nel pensare a questo, mentre il bambino si gustava la caramella, mettendosi seduto, le ripiegate dietro la schiena, mentre le scarpe mostravano la suola consumata.

Ha il potere di interpretare e di portare agli dèi le cose che vengono dagli uomini e agli uomini le cose che vengono dagli dèi

Come poteva pensare ad una cosa del genere ADESSO??
-Vuoi un’altra caramella?-
il bambino scosse la testa, rialzandosi in piedi, mentre Rachele lo fissava seria.
-E allora, cosa vuoi?-
il bimbo la guardò, per poi voltarsi, e scappare via, mentre Rachele scattava in avanti, cercando d’inseguirlo, scalza, per il pavimento impolverato.
Il bimbo correva veloce per gli scalini che reggevano ancora, quindi non poteva usare i pattini.
Corse fino al pian terreno, cercando dappertutto, ma del bimbo non trovò traccia.
A terra c’era solo la carta della caramella, come a ricordarsi che lui c’era stato...e che stavolta non se l’era sognato.
La ragazza si mise una mano in tasca.
Non aveva più caramelle...dunque...
-Rachele!-
la ragazza si voltò verso Maria, che la raggiunse.
-Ti ho cercato dappertutto, ma che ci fai scalza?-
-Oh beh...-
-Comunque dobbiamo andare, pare che stai arrivando la polizia- la ragazza s’infilò velocemente i pattini, per poi con Maria sgusciare via dalla fabbrica, in tasca aveva ancora la carta della caramella.

-Sam, io esco-
Raffaele scese rapidamente le scale, sistemandosi la giacca nera, prendendo le chiavi dalla ciotola bianca in soggiorno, mentre l’uomo sbucava da una porta, annuendo.
Il ragazzo si voltò verso il vecchio, lanciandogli un lungo sguardo.
-Augurami buona caccia-
-Buona fortuna-
il ragazzo uscì dalla stanza, mentre sulle scale Chiara era rimasta in silenzio a guardare, nascosta dall’elegante balconata, con in mano il suo peluche, mentre una cameriera la raggiungeva per riportarla a dormire.

Fine Capitolo 2
  
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