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Autore: __Evelyn__    30/04/2010    4 recensioni
È facile pensare che una festa non sia niente di male, solo dopo ti rendi conto che oltre ad essere il luogo perfetto per un attacco di Akuma, potrebbe essere una zona trafficata anche di Noah.
Genere: Romantico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Coppie: Kanda/Allen, Tyki/Rabi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Vorrei ringraziare di cuore tutti quelli che mi hanno lasciato una recensione! ^__^ mi ha fatto davvero piacere. Un altro ringraziamento è per quelli che seguono la mia ff! spero continuiate a leggere i miei capitoli e che vi piaccia la storia! Au revoir!

 

CHAPTER FOUR

 

Ero migliorato moltissimo negli ultimi tempi. Sapevo maneggiare una katana piuttosto bene e in particolare avevo preso più destrezza con la mia arma anti – Akuma. Puntualmente mi presentavo da Kanda alle ore prestabilite e in due giorni avevamo già fatto a botte più di tre volte.

Ci avevano assegnato una missione in comune e per la prima volta nessuno dei due si era lamentato. Forse perché si trattava di una questione importante.

Con noi avrebbe partecipato anche il Vecchio Bookman, se Kumui non avesse ritenuto la missione troppo pesante.

Sospirai infelicemente e mi infilai l’uniforme scura. Era decisamente bella, ammisi. Johnny aveva un ottimo lavoro.

Link non si separava da me, anzi sembrava ogni giorno più appiccicoso. In questa missione, però avevo intenzione di sbarazzarmene per un po’, non a caso avevo trafficato nell’ufficio del supervisore appena ero stato sicuro che il biondo dormisse profondamente.

Lassativo, sogghignai. Niente di meglio per mettere fuori gioco un nemico. Efficace ed imbarazzante, direi.

L’avevo nascosto nella tasca della mia uniforme, in un punto a prova di combattimento.

Quella mattina mi lavai i denti lentamente, mentre mi stupivo ancora una volta del silenzio dei bagni. Era strano non sentire gli insulti di Lavi al “Signor Due Nei”.

«Che faccia stralunata, mammoletta.»

«Allen …» Bofonchiai, ricordandogli inutilmente qual era il mio nome.

«Fa lo stesso.»

 Appunto.

Dovevamo partire di lì a qualche minuto, quindi mi risciacquai e poi diressi verso l’uscita principale. Un Finder ci aspettava pazientemente, a cavallo della solita piccola barchetta di legno. Salutai Linalee e poi l’uomo che ci avrebbe accompagnato.

Mi stupii immensamente quando all’imbarcazione mi raggiunse solo l’esorcista dal carattere burbero.

«Link non si è sentito molto bene, l’hanno portato in infermeria. Mi ha detto di tenerti d’occhio, ma io non sono il tuo babysitter quindi non sperare che ti pari il culo come quel tipo là.»

Decisamente chiaro e diretto. Sospirai di sollievo, almeno non dovevo portarmi sulla coscienza il fatto di averlo avvelenato con gli strani intrugli di Kumui.

Kanda guardò costantemente attorno a sé. Non incrociammo mai gli sguardi, anche se io continuavo a non togliergli gli occhi di dosso. Era da qualche tempo che mi accadeva e non riuscivo a spiegarmi quell’orribile e stupenda sensazione.

Lui probabilmente percepiva il peso del mio sguardo, perché la sua posa era rigida ed innaturale.

Passammo anche delle lunghe ore su un treno, dove finii per addormentarmi. Per una volta fu mia la sensazione di essere osservato, ma dalla reazione del mio occhio, l’altro Esorcista non centrava proprio nulla.

Mi sollevai di scatto e come previsto, trovai Kanda con l’arma sfoderata, pronto a distruggere qualsiasi cosa gli si parasse contro. Per un attimo restai imbambolato a guardare la fiamma assassina che illumina i suoi occhi. Se ne accorse e si voltò.

«Pivello, dove sono quei bastardi?!»

«Sopra.» Dissi infilzando il soffitto della nostra cabina e saltando sul tetto del treno, subito seguito dal giapponese.

«Sono otto, sette meno questo.» Affondai la spessa lama nell’addome di un Akuma.

«Tsh, secondo livello. Lascia fare a me.»

«Non vorrai divertirti solo tu!»

Nuovamente uno contro l’altro. Li abbattemmo uno ad uno, fino a giungere all’ultimo, che venne tagliato in quattro dalle nostre armi.

«L’ultimo era mio!»

«Scusa, ma non c’era scritto mica il tuo nome, poi lo abbiamo distrutto insieme. Di che ti lamenti, ancora?» Gli sorrisi ingenuamente

«Giuro che …»

«Onorevoli Esorcisti? Vi prego di tornare nella cabina a voi assegnata, prego. Il capotreno vorrebbe parlarvi.»

 * * *

«Ancora una volta … è una questione di fondamentale importanza! Non potete farci questo! Degli Akuma …»

«Me ne frega si e no degli Akuma! Avete distrutto mezzo vagone, quindi vi supplico e ordino di scendere!»

«Ma signore, ascoltatemi …»

«Stupido vecchio cocciuto. Io me ne vado.»

«M – Ma Kanda!»

L’Esorcista si allontanava a passi svelti, senza nemmeno guardare se lo seguivo.

Lo raggiunsi velocemente, pur restando a debita distanza per evitare i suoi sguardi pieni di rabbia. Anch’io ero decisamente di cattivo umore, quindi mi ritrovai ancora più sollevato di non avere tra i piedi “Due nei”.

Mi ricordai della boccetta di vetro che avevo rubato e tastai la tasca per accertarmi ci fosse ancora. Sentii il piccolo rigonfiamento sotto la stoffa, mi tranquillizzai e iniziai ad escogitare il modo più ecologico possibile per sbarazzarmi di quella sostanza altamente tossica.

Era già pomeriggio quando raggiungemmo un piccolo villaggio tra le colline basse della regione.

«Io guardo in giro, tu vai a prenotare due camere in qualche locanda decente. Voglio passare la notte in un posto caldo.»

Detto ciò cominciò ad allontanarsi, probabilmente per controllare che non ci fossero pericoli in vista. Non aspettò la mia risposta, forse troppo sicuro del fatto che non avrei obbiettato.

Varcai il grande portone che dava accesso alla città e rimasi stupito dalle poche persone che girovagavano per le strade. Erano tutti pressoché uomini, la maggioranza con indosso divise militari.

Un villaggio in guerra a quanto pare. Questo mi riportò coi piedi per terra, ricordandomi che io non ero diverso da loro. Un soldato con la sua bella divisa, inviato ad uccidere i nemici, per recuperare compagni preziosi per lo stesso scopo.

Era dura la vita, quando dovevi stare sempre sull’attenti, nel bel mezzo delle battaglie.

Fatti pochi passi sulla strada lastricata, due guardie mi bloccarono.

«Dovete dare i vostri dati personali, così vi registreremo. Il vostro nome?»

Uno impugnava un’arma, mentre l’altro aveva un piccolo taccuino consumato e strappato.

«Allen Walker.»

«Età?»

«Quindici anni.»

«Siete solo?»

«No, con un compagno.»

«Nome ed età.»

Iniziavo ad irritarmi.

«Yu Kanda.» Dissi timoroso che potesse arrivare e farmi lo scalpo per aver pronunciato il suo nome. «Diciotto anni.»

«Deve accedere alla città?»

Sbuffai. «Sì.»

«Allora sarà meglio che si sbrighi, dopo le sette scatta il coprifuoco e agli estranei si spara a vista.»

Non credo solo agli estranei, pensai. Salutai e mi allontanai. Poi inviai Tim ad avvisare il giapponese. Lui schizzò via, ubbidiente e sparì oltre l’alto muro che circondava le abitazioni. Qua e là notai delle sentinelle.

Cercai insistentemente una locanda disponibile; finalmente trovai un albergatore disposto ad accoglierci. A quanto pare a quell’ora era già tutto occupato. Dovetti accettare una camere per due persone, letti separati e bagno incluso. Sinceramente per me era meglio così. Lo trovavo uno spreco di denaro e camere occupare due stanze quando si poteva benissimo stare in coppia.

Sbuffai al pensiero che l’altro Esorcista si sarebbe sicuramente arrabbiato.

Tornai al portone principale e trovai il mio irritante compagno di viaggio intento a litigare con la guardia che mi aveva fatto le domande.

«Vi ho detto: NESSUNA ARMA!»

«Non lascerò mai Mugen nelle vostre luride mani, razza di …»

«Scusatemi? Scusatemi!» Interruppi quello che stava per trasformarsi in uno spargimento di sangue, a sfavore del militare, però.

I due si voltarono dalla mia parte.

«Moyashi, come osi dare i miei dati personali!»

«Erano necessari per alloggiare. Comunque, sentite signore, non è proprio possibile fare uno strappo alle regole?»

Kanda si voltò indispettito. Mi sistemai Tim sulla spalla ed attesi una risposta. La guardia non stacco gli occhi un secondo dallo stemma della Darck Religious.

«Voi siete … oddio, sia lodato il cielo!» Sussurrò. Feci per chiedere spiegazioni, ma la sentinella si volatilizzò di corsa col sorriso sulle labbra.

Kanda mi guardò stupito, poi il suo sguardo tornò impassibile.

«Allora, dov’è l’albergo?»

 

Avevamo spento da poco la luce, non per dormire ma per obbligo. Avevamo cenato nella mensa affollata della locanda. Io avevo divorato ogni pietanza del posto, lasciando felicemente compiaciuto il cuoco. Kanda non aveva praticamente toccato cibo.

«Buona notte.»

Dissi dal mio letto, poco distante dal suo.

Nessuna risposta, come mi aspettavo. Rimasi comunque in attesa. A lui piaceva essere sempre l’ultimo a dire la sua, nelle discussioni, magari …

Il mio respiro lentamente si stabilizzo e il sonno cominciò ad avvolgermi.

«Buona notte …»

Non so come feci a percepire quel flebile sussurro, ma per alcuni secondi trattenni il fiato e repressi l’istinto di voltarmi e guardarlo. No, avrei rovinato tutto.

Durante la notte lo sentii alzarsi un paio di volte, raggiungere il piccolo bagno e poi tornarsene lì, seduto sul materasso con il viso tra le mani. Lo guardavo indisturbato, mentre la poca luce della luna faceva brillare la pelle appena sudata per i continui incubi che lo avevano fatto girare e rigirare tra le lenzuola.

Non ero pienamente cosciente quando, dopo averlo visto in piedi di fianco al letto mi ero messo a sedere. Stropicciandomi gli occhi avevo sbadigliato rumorosamente, lui era rimasto immobile con lo sguardo di chi è stato colto in fragrante in qualche atto illegale.

«Come mai …»

«Torna a dormire, mammoletta!» Le sue parole non risuonarono dure come avrebbe voluto, quindi mi alzai e mi chiusi nella piccola stanza allegata. Feci un bagno caldo. Finito quello rimasi seduto sul bordo vasca, avvolto nella salvietta candida, cercando di percepire un qualche suono nella stanza accanto.

Mi rivestii e sgusciai nella camera buia. Stavo per infilarmi nel mio letto, quando vi trovai un intruso a scaldare le mie coperte.

Stava dormendo pacificamente, senza il solito sguardo minaccioso.

Gli spostai delle lunghe ciocche dal viso e avvicinai le labbra alla sua pelle. Aveva un buon profumo. Quando mi resi conto di averle appoggiate alla sua guancia mi ritrassi di scatto.

Consapevole del mio gesto mi dissi che era l’effetto del sonno, anche se ero più cosciente che mai.

A quel punto gli rimboccai le coperte e mi intrufolai nel letto accanto.

L’odore dei suoi capelli ricordava tanto la fragranza che si sentiva nei corridoi della Sede. Mi aiutò a sprofondare lentamente nel sonno, mentre poco distante da me, percepii nuovamente il fruscio delle coperte.

Non fu quello, però a risvegliarmi del tutto.

Il mio occhio aveva percepito un gran numero di Akuma e anche Kanda sembrava sull’attenti, pronto all’imminente scontro.

  
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