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Autore: Neko9    01/05/2010    2 recensioni
Sayuri Misaki
Un nome pieno di fiori.
E, guardandola bene, non lo poté trovare meno appropriato.
Lei non sembrava la primavera. Pareva più l'autunno.
Se doveva rimanere nel campo dei fiori, la poteva paragonare a un piccolo giglio bianco sbocciato a fine estate e quasi appassito, calpestato, distrutto, da qualcosa più grande di lui.
Sì.
A mente lucida questa cosa gli parve fin troppo evidente.
Genere: Romantico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo è un capitolo un po' strano. Lo ammettoXD
Non so perchè mi sia uscito così, a suo tempo, quando l'ho scritto O.O So solo che mi piaceve l'ideaXD Suddetto secondo capitolo è dal punto di vista di lei ;)
Questa è una cosa che mi piaceXD Faccio ad intreccio, il prossimo infatti è da parte di lui!^^ La frase dentro all'immagine (come quella del capitolo precendente) le ho create io, ma non sono all'interno della storia!^^ Non ancora al momento per la prima e di sicuro no per la seconda ;) A chi imputarla questa seconda frase lo lascio a voi!^^
Sto scrivendo il terzo capitolo. E' una cosa davvero incasinataXD Mamma!^^ Però mi piace, quindi lo lascio così ;) Sperando che poi vi piaccia!^^
Ringrazio di cuore quelle anime buone che si sono prese la briga di cedermi cinque minuti del loro tempo e leggere il primo capitolo!^^
Grazie davvero!^^
BastaXD Mi fermo! ;) Buona lettura a tutti!^^

Neko9

PS: Ah! DimenticavoXD Ho aggiunto le traduzioni dei nomi del primo capitolo nel primo capitoloXD Non ci ho pensato la scorsa volta;) Scusate!^^

***


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Capitolo 2. - Solo tu.




“E questo invece era il club “Amici del Giardino”. Il nome è un po' stupido, ma coloro che ne fanno parte dicono di trovarsi molto bene. E' un club sul giardinaggio.”
Finì la ragazza – Momoko- rivolgendole un ampio e caldo sorriso “E con questo, credo di averti mostrato tutti i club che ci sono nella nostra scuola!” era la capoclasse e il compito le era toccato per dovere.
Fece una smorfia piuttosto comica, portandosi una mano alle labbra “Beh, a dire il vero non ti ho mostrato il Fan club di Miwako Arashi, quella nuova Idiol che imperversa adesso...” si lasciò andare a una risatina divertita “Anche perché ci troveresti solo un mucchio di maschi esaltati e con gli ormoni in subbuglio” le fece l'occhiolino e si scontrò per l'ennesima volta con l'espressione imperturbabile di Sayuri.
Momoko tossicchiò, lievemente a disagio. Guardò il proprio orologio e, aprendo la bocca in un circolino perfetto esclamò “Accidenti! Il tempo è volato! Sono già le cinque e mezza! Ormai sono praticamente finite anche le attività dei club! Possiamo anche tornare a casa!” sorrise – nuovamente – cercando di essere cordiale “Hai una settimana per decidere a quale club iscriverti...la domanda la puoi richiedere nella segreteria del primo piano...”
Sayuri chinò lievemente il capo, il movimento fu accompagnato dolcemente dai capelli che le scivolarono lungo la spalla destra “Grazie per l'aiuto, Momoko...farò come dici...ci vediamo domani...” e senza aggiungere altro, cominciò a dirigersi verso le scale, per uscire poi dalla scuola.
Quasi non si accorse dei ragazzi, lì fuori, che urlavano. Era immersa nel suo mondo. Come ogni giorno, all'uscita da scuola.
Ogni giorno che era come quel giorno.
Le gambe andavano da sole. Nonostante quella non fosse la solita strada, l'avevano imparata in fretta.
Era stata una cosa necessaria. Così come lo sforzarsi di dimenticare l'altra.
Cosa che ancora non era riuscita a fare.
Ricordava ancora perfettamente i particolari di quella strada. Le case, le vie, gli incroci e la gente.

Quel giorno, di gente in giro, ce n'era tanta.

Ricordava ancora i colori delle cose, i profumi dei fiori e gli schiamazzi dei bambini al parco.

Odore pungente di mimosa e tanto giallo. Sole. Calore. “Sacchan! Ridammi la palla!”

Sbatté un paio di volte le palpebre, confusa, ritrovandosi quasi d'improvviso davanti alla porta di quella che era la sua casa.
Una porta bianca, come tante porte.
Tante porte tutte vicine e anche così distanti.
Odiava vivere in quel posto e allo stesso tempo sentiva di non poter stare in nessun altro luogo. Di non voler stare in nessun altro luogo. Nemmeno . Soprattutto non .

Non più, non ora, non domani.
Solo un tempo.
Un tempo che non tornerà, perché dalla morte non si ritorna.

Era una casa vuota.
Come tutte le case in cui vive una persona sola, per scelta, situazione oppure entrambe le cose.
Una casa vuota e piccola, di appena tre stanze.
Poggiò la cartella nella sua camera, poi si diresse al bagno.
Piccolo e freddo, come tutto il resto.
La vasca bianca lungo una parete, il lavandino e il gabinetto – bianchi anch'essi – opposti a quella e poi lo specchio accanto alla vasca, in fronte a una piccola e angusta finestra, posta in alto.
Era uno specchio grande. Grande e altissimo, in modo da comprenderla tutta.
Cominciò a spogliarsi lentamente, quasi seguendo un rito.
Sbottonò la camicetta bianca, sfilandosela e gettandola a terra mollemente.
Lentamente tolse anche la gonna nera, a balze, facendola scivolare a terra e levando anche le calze, avendo già lasciato le scarpe all'ingresso.
Aveva la pelle candida. Bianchissima come quella di un fantasma. L'intimo di cotone bianco quasi si confondeva con la chiarezza del suo incarnato.
Rimanevano quelle.
Le fasce di pelle nera.
Respirò a fondo, cercando di calmare i tremiti che si impossessavano di lei ogni giorno, in quel dannato momento.
Però...però doveva farlo...

"Ricorda per superare. O rimarrai sempre bloccata nel passato. Guarda indietro e quando lo farai senza più lacrime, allora potrai andare avanti."

Impose alla propria mano di non tremare mentre slacciava la fibbia della fascia sul collo e la scopriva.
Sentì la vista offuscarsi, non appena avvertì l'aria fredda solleticarle la pelle. La sfiorò con due dita e stavolta i tremiti non li riuscì a contenere mentre le sfuggiva un singhiozzo e scivolava a terra, contro il muro.

Giallo, verde, e un immenso blu.
L'odore di mimosa.
“Mamma sono a casa!”
Rosso, tanto rosso.
Argento brillante, quasi bianco.
Rosso e Nero.
Poi solo il silenzio e l'annullamento confortante del buio.

Sentiva le lacrime bruciarle la pelle, percorrendole lente le guance e la linea della mascella.
La sfiorò ancora, quella cicatrice, quel ricordo, quel dolore.
E piangeva, annientata – ancora – da quel passato che non la voleva lasciare. Da quel passato così recente e così bruciante.
Annientata dalla propria immagine fragile, nello specchio, da quella striscia di pelle nera che ancora le cingeva il polso. E che nascondeva, o almeno tentava di farlo senza poi molto successo, la sua immensa debolezza.
La tolse con un gesto fluido, la vista ancora offuscata dalle lacrime.
Osservò, di nuovo, quella linea netta – bianca, bianchissima, ancora di più della sua pelle – che le segnava il polso.
Quella linea che conosceva a memoria.

Yume e la mamma. Rivoglio Yume e la mamma.
Rivoglio stare con voi.
Portatemi con voi, vi prego.
Arrivo, mamma.
Aspettami anche tu... Yume.

No, non lo avrebbero voluto.
Non l'avevano voluto.
Ed era ancora lì.
Ancora lì, davanti a uno specchio.
Ancora lì, da sola eppure viva.

***

Suonò la campanella che annunciava l'inizio della pausa pranzo.
Sayuri rimise tutte le cose all'interno della propria cartella e fece per alzarsi quando Yoichi la bloccò, afferrandole un braccio.
S'irrigidì al contatto, volgendosi verso quel ragazzo che l'aveva, nonostante tutto, colpita fin dalla prima volta che l'aveva visto.
Con quel suo nome, quel suo aspetto che le davano l'idea di un Angelo un po' cattivo o di un Diavolo troppo buono. Ancora non sapeva decidersi.
“Vieni con me sul terrazzo? C'è una cosa che devo dirti...”
Il ragazzo pronunciò queste parole con un tono basso, che le fece venire i brividi. Annuì, seguendolo un po' titubante.
Si sentiva a disagio, un brutto presentimento le si era annidato nel petto. E poi, sul tetto, lui le disse le parole che non avrebbe mai voluto sentirsi dire.

Cosa ti è successo, per farti diventare così?

   
 
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