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Autore: Lord Ace    02/05/2010    1 recensioni
Il progetto al completo comprende la scrittura di una biografia per ogni capitano del Gotei 13, partendo da Byakuya e terminando con Aizen. Questa prima Fiction percorrerà l'infanzia del piccolo Byakuya, passando per il suo allenamento con Yoruichi, attraversando lo scandalo di Urahara e la successiva nomina a capitano di Aizen. Premessa fondamentale è che ogni biografia si interromperà nel momento in cui il capitano Yamamoto darà ordine a Kuchiki di andare a recuperare Rukia. Per questo queste biografie esplorano i personaggi di bleach prima della venuta di Ichigo. Sostenetemi con recensioni, sia buone che cattive, sono aperto ai suggerimenti per rendere grande questo progetto.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un pò tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Biografie del Gotei XIII'
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Lasciate che mi presenti. Io sono Shigekuni Genryusai Yamamoto, Comandante Generale delle tredici brigate e capitano della prima di esse. Durante l’ultima assemblea dei capitani, ho dato ordine di scrivere un autobiografia a ciascuno dei presenti. Nonostante molti non capiscano le mie scelte, credo che la pubblicazione delle storie dei loro superiori, possa aiutare tutti gli Shinigami nel loro compito fungendo da esempio di vita dedicata alla rettitudine. Nonostante sia convinto che la mia biografia sarà l’ultima ad essere finita, a causa della sua complessità e lunghezza, prometto di impegnarmi a terminarla. Esiste anche un altro motivo per cui desidero che tutti i capitani riflettano sul passato. La Soul Society sta attraversando tempi bui e quando le risposte non si riescono a trovare nel presente, sono convinto che cercarle nel passato possa essere molto utile. Vi ringrazio per la pazienza avuta in questa prima introduzione, adesso passiamo alla mia storia.

Sono nato il 21 Gennaio di molti anni fa in una casa ai confini della città. Mia madre, era l’ultima esponente della famiglia Yamamoto, caduta in disgrazia durante un incendio che aveva coinvolto l’intero edificio principale della residenza Yamamoto, nel quale mia madre era stata ferita gravemente. Nonostante le fosse chiaro l’imminenza della sua morte, mia madre decise di non arrendersi e di rifugiarsi nella prima casa più vicina, dove una coppia di contadini la aiutò nel travaglio, che per altro era iniziato la sera stessa. Fu la mia venuta a portarle vie la vita e di questo ancora me ne rammarico. Mi sarebbe piaciuto conoscerla. La coppia di contadini mi allevò come se fossi stato loro consanguineo, ma mai mi negarono la mia vera identità. Mi dissero che mia madre aveva scelto il nome e che io dovevo portarlo con tutta la fierezza e l’orgoglio di un nobile. Fin da piccolo, il mio adorato padre adottivo mi avviò verso la vita contadina, insegnandomi tutto quello che sapeva sulla semina, sul raccolto, su come si coltivava e su come si tenevano gli strumenti del mestiere adeguatamente. A differenza di quello che si può credere, la vita contadina e il lavoro che ne consegue non infanga la dignità di un uomo ma al contrario la nobilita temprando il corpo e lo spirito. Ricordo di aver dato a quei campi tutto l’amore che potevo provare, come se fossero parte di me e come tali andassero protetti. Ho portato la zappa con fierezza sotto il sole, sotto le nuvole e sotto la pioggia, senza mai arrendermi alle difficoltà che la vita mi presentava. Sfortunatamente, mentre il mio corpo si irrobustiva, quello dei miei genitori adottivi, logorato dall’età e dalla fatica, si indeboliva sempre di più. Cercai con tutte le mie forze di farli desistere dal continuare a lavorare, ma nonostante i miei sforzi, le più care persone che io abbia mai conosciuto morirono di lì a qualche mese per il troppo lavoro. Fu una grave perdita che ancora oggi, dopo millenni, pesa sul mio cuore. Ricordo che quando lo venni a sapere avevo ormai raggiunto i diciassette anni. Il dolore mi travolse come un onda in grado di abbattere palazzi. Non riuscivo a crederci. Non potevo crederci. Non era possibile! Dopo così tanto tempo avevo imparato a conoscere quelle due persone e il pensiero di non poterle rivedere più mi devastava.

Accadde tutto in pochissimo tempo, il mio squilibrio portò alla manifestazione di una fiamma, che in men che non si dica diede alle fiamme parte del raccolto, nonostante alcuni valorosi uomini fossero riusciti a spegnerlo per evitare che i danni si propagassero. Al mio dolore, che già travolgeva il mio animo, si aggiunse una fortissima sorpresa. Come era possibile che da una persona si manifestassero delle fiamme? E soprattutto come era possibile che io non ne fossi stato danneggiato? Raccontai la mia piccola disavventura a coloro che vennero ad indagare, per sapere se l’incendio era doloso o meno. Non dimenticherò mai quelle persone. Erano alte e vestivano di nero, al fianco portavano una spada e nei loro occhi il colore che vedevo era sicurezza. Quelle persone, che si definirono membri Gotei, mi spiegarono che probabilmente il potere che avevo emanato era dovuto alla mia naturale predisposizione a diventare uno Shinigami, e che quello che avevo manifestato era il mio potere. Mi dissero che, adesso che non avevo più niente da perdere, potevo scindere i legami col passato e venire con loro ad arruolarmi, in quel modo avrei potuto imparare a controllare i miei poteri. Guardandomi indietro, vidi la devastazione che avevo causato con una singola fiammella e giurai che avrei imparato ad usare al meglio i miei poteri per proteggere e mai più per distruggere. Diedi una sepoltura modesta ai miei genitori, in mezzo ai campi ai quali avevano donato la vita. Sono tutt’oggi convinto a non modificare quella tomba, nonostante ne abbia i mezzi, perché credo che sia più onorevole per loro riposare per sempre immersi nel loro ambiente naturale, in una parte di loro. Questi furono i fatti che mi portarono ad arruolarmi nel Gotei. All’epoca, non esistevano tredici divisioni ma soltanto una, in quanto le persone che venivano accolte come Shinigami erano solamente una piccolissima parte, ossia coloro che manifestavano apertamente i loro poteri e venivano così inseriti nel Gotei, che all’epoca aveva il compito di proteggere le terre dei nobili ed eseguire gli ordini della camera dei 46. Non esisteva l’Accademia, di cui io sono stato il fondatore, e non esistevano neanche il Kidoshu e le forze speciali. Quelli erano altri tempi e proseguendo col racconto ve ne renderete conto anche voi.

 

  
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