Volevo dare un avviso a tutti i miei lettori:
Ho fatto il punto
della situazione pochi giorni fa, perché mi sembrava un po’ “sconclusionato”
scrivere ciò che mi veniva in mente al momento, senza neanche sapere quanto
sarebbe durata questa ff.. Quindi
vi comunico che secondo i miei calcoli la storia dovrebbe durare in totale, per
vostra fortuna o sfortuna (giudicate voi), 41 capitoli. (Prologo + 40
capitoli). Lo so che forse è un po’ troppo.. ma sono
talmente tante le cose che devo scrivere che condensarle in pochi capitoli
rovinerebbe la ff. Inoltre ho iniziato narrando pochi avvenimenti per capitolo
e iniziare a correre adesso rischierebbe di rovinare “la seconda parte”, che è
anche la più bella e certamente la più movimentata.
(Ora basta, se no anticipo troppe cose!!)
La storia quindi
procederà così, ossia ogni 5 capitoli vi sarà una song-fic. La storia è composta da:
Prologo, 6 song-fic, 34 capitoli. Gli ultimi 10
capitoli saranno tutti capitoli “normali” (se vogliamo chiamarli così..) mai interrotti da song-fic.
Visto che ci sono
ringrazio già subito i miei calorosissimi recensitori
(un grazie particolare a Liry, Zakurochan,
Sailormeila, Elyna91, lallotta12 che se continua a
dirmi che la mia ff la fa quasi piangere fa
commuovere me, Julietta_Angel, Kagomechan91, Ayla, Niki chan,
Fanny chan, Cry90, Valentina).
Ormai siete diventati
talmente tanti che prima o poi perdo il conto!
Veramente vi mando un grazie megagalattico, perché le
vostre recensione mi spingono a dare il massimo e ad aggiornare il più in
fretta possibile.
GRAZIEEE, SIETE UNICI!!!
Ora concludo e vi lascio alla lettura dell’11 capitolo di “Non
voglio perderti”.
Non voglio
perderti
Capitolo 11
Era ormai aprile. I primi segni della primavera iniziavano a farsi
vedere. Le giornate si allungavano, faceva meno
freddo. Gli alberi spogli iniziavano a “ripopolarsi” di gemme e piccole foglie.
Insomma, la natura stava rinascendo e non solo.
Persino le ore di scuola sembravano meno pesanti. C’era un’aria
allegra, gioiosa, felice. Gli studenti iniziavano a percepire l’avvicinarsi
dell’estate e di conseguenze delle vacanze. Tutto sembrava nuovo, diverso,
rinato.
E così anche Evie
quella mattina si sentiva spensierata. Era felice senza nessun apparente
motivo.
I jeans le arrivavano fino a
sotto le ginocchia, la maglietta a maniche corte lasciava intravedere un filo
di pancia: amava vestirsi così. Comoda e libera, senza essere costretta a indossare giubbotti pesanti, giganti golfini di lana che
la rendevano spesso goffa e impacciata. Adorava la primavera!
Quel giorno a scuola stava scarabocchiando distrattamente una pagina di
diario quando un bigliettino stropicciato le cadde sul banco. Continuò non
curante a disegnare un cuoricino sul suo diario.
- Evie? Dormi? – Arianna, la sua compagna di
banco, la risvegliò dai suoi pensieri, indicando il bigliettino che giaceva accartocciato
sul quaderno di inglese.
- Un attimo: ora lo leggo! – Bisbigliò, lanciando una frettolosa
occhiata al pezzo di carta.
Prese una penna e all’interno del cuoricino scrisse: “Matteo & Evie”. Ora era perfetto! Un po’ controvoglia raccolse il
bigliettino, curiosa di vedere chi “aveva osato” disturbarla e risvegliarla da
quello stato di trance.
Sul foglio a righe sorgeva la scrittura di Matteo. Il suo cuore si
fermò un attimo, per poi riprendere a battere mille volte più
veloce del solito. Lesse attentamente:
“Senti Evie, ti dispiace se lo chiedo a un’altra ragazza?”
Lo rilesse più volte, per essere sicura di
aver capito bene. Non si era sbagliata. Quello che c’era scritto era proprio
quello.. No, non poteva essere.
Non aveva mai pensato a un’ipotesi simile.
Matteo con un’altra ragazza.. L’aveva sempre visto
come una cosa “sua”, una cosa che nessuno avrebbe potuto portargli via. Lui l’aveva
rifiutata, ma insistendo forse avrebbe potuto riuscire
a conquistarlo.
Insomma il campo era libero. Era lei, solo lei, che andava dietro a
Matteo. Non c’erano altre ragazze, non c’erano
concorrenti. C’era lei e basta.
Perché Matteo doveva
distruggerle anche quell’ultimo filo di speranza che
le rimaneva? Perché?
Lui non poteva. Non poteva farle anche questo. Come avrebbe reagito lei
dovendo accettare per forza il fatto che Matteo era di un’altra? Che era un’altra ragazza che avrebbe potuto abbracciarlo,
baciarlo, tenerlo per mano, che si sarebbe sentita dire “ti amo”?
Lei era più di un anno che lo desiderava, che lo sognava. Era un anno
che gli correva dietro senza mai mollare. Sopportando i suoi
scherzi idioti e ogni tanto le sue prese in giro. Cercando di conquistarlo
poco alla volta. E ora arrivava un’altra che non aveva
fatto niente di tutto questo e glielo portava via. Le strappava tutto quello
che aveva fatto fino a quel momento.
Chi era questa, dannazione? Chi era questa ragazza che poteva farle
questo?
E poi lui. Lui..
Con che grande faccia tosta aveva avuto il coraggio di chiederle una cosa
simile? Era chiaro che le dispiaceva, no? Chiedere a
lei se le dispiaceva e chiedere a un uomo che vaga per
il deserto da quattro giorni senza bere se ha sete era più o meno la stessa
cosa. Una domanda stupida, che aveva già una risposta
chiara.
“È un anno che ti vengo dietro.. è un anno che ti dico che ti amo.. E tu mi
viene a chiedere se mi dispiace se ti metti con un’altra? Ma
mi prendi in giro? Ti diverti a fare così? Ti diverti a veder annientarsi anche
le mie ultime speranze? Ti diverti a vedermi soffrire?” Pensò
furiosa, triste, confusa.
Avrebbe potuto almeno fare finta di niente.
Mettersi con un’altra e basta. Non dirglielo in faccia, magari. Lasciarla così:
illusa.
Scarabocchiò un: “Chi è?”. Doveva saperlo. Doveva conoscere il nome della
“fortunata”. Di quella che appariva dal nulla e glielo
portava via. Chi era?
Non sapeva descrivere il suo stato d’animo in quel momento. Non era in grado di
dire se quello che provava era più rabbia verso lui che l’aveva distrutta , verso “lei” o più tristezza perché doveva rendersi conto
che lui non era “suo”. Era troppo confusa, troppo spiazzata da quella stupida domanda che era stata capace di rovinarle una mattinata. Una
mattinata in cui sentiva felice, gioiosa e che pensava che niente e nessuno
avrebbe potuto rovinare.
Il bigliettino le ricadde sul banco. Si fece coraggio, respirò
profondamente e lo prese tra le mani. Mille le domande le vorticavano nella
testa: chi era? Come si chiamava? Maria, Jessica,
Roberta, Sabrina, Silvia o come? Dove l’aveva conosciuta? Era alta? Bionda o
castana?
Lo aprì nervosamente. “Giulia”. Così c’era scritto. Giulia.
Stava scherzando, vero? Non poteva essere lei..
Lei era la sua migliore amica. Non poteva mettersi con la sua migliore amica. È
diverso chiedere “Ti dispiace se mi metto con un’altra?” e “Ti dispiace se mi
metto con la tua migliore amica?”. Avrebbe perso lui e avrebbe rischiato di
perdere lei. Non sarebbe riuscita a reggerlo. Era due persone importantissime
per lei, le due più importanti tra tutti i ragazzi e le ragazze che conosceva; in qualità di buona amica avrebbe dovuto desiderare la
felicità di entrambi e invece che discorsi si trovava a fare? Era solo un’egoista.
Pensava solo a se stessa. Ma non riusciva ad accettare
di vederseli insieme, felici davanti a lei. Vederli mano nella mano,
abbracciati durante l’intervallo. Non sarebbe riuscita a far loro le
congratulazioni, a sorridere falsamente, a fare finta
di essere contenta. Era vero: era egoista.
Si sentiva esausta, distrutta, triste. Aveva voglia di urlare, di
piangere per sfogarsi.
Aveva bisogno di farlo. Non poteva tenersi tutto dentro.
Un altro bigliettino le piombò sul banco. Basta! Non ne poteva più di
quei bigliettini. Qualche mese prima lo scherzo di Matteo e
ora quelli di quella mattina di primavera. Lo aprì. “Allora? Rispondi.. Ti dispiace o no?”
Scrisse con rabbia, quasi senza controllare la mano: “Fai quello che
vuoi.”
Si rifiutava di rispondere a quella domanda. Lei gli aveva dato l’ok. Gli avevo detto che non gli dispiaceva, che poteva fare
come meglio credeva. Ma se per caso avesse detto la
verità, ossia che ci restava male, cosa sarebbe cambiato? Matteo avrebbe forse
rinunciato? Che cosa avrebbe fatto?
La campanella dell’intervallo suonò. Appoggiò la penna sul banco e si
avvicinò al cestino. E proprio lì in quell’angolino
perse il controllo. Una lacrima le scivolò lungo il viso. Prima una e poi
sempre di più. Katia si avvicinò e cercò di asciugarle
le lacrime ripetendo: - Evie, Evie.. Che cosa è successo? Ancora lui? -. E
poi la solita mandria di compagni curiosi. Di quelli a cui non gliene fregava
niente che lei stesse effettivamente piangendo, ma volevano solo farsi quattro
risate alle sue spalle. Poi c’erano le sue amiche sempre disposte a consolarla.
E tra di loro c’era Giulia. Che
non capiva, non sapeva il perché di quelle lacrime. Non poteva neanche
immaginarsi che lei centrava, centrava eccome.
- Che è successo, Evie?
Che c’è? – Ripeteva Katia
continuamente.
- Matteo… Matteo.. – Balbettò un attimo
incerta. Tanto valeva sputare il rospo.
- Matteo?? –
- Matteo l’ha chiesto a Giulia.. – disse con
la voce ancora confusa, con le lacrime che ancora le rigavano il volto. Giulia
allora si fece avanti. Si avvicinò. L’abbracciò. Cercò di consolarla. Le
ripeteva:
- Primo non me l’ha ancora chiesto.. Secondo
io non gli dirò mai di sì.. –
- Non è giusto però, Giuly..
Tu hai il diritto di metterti con chi vuoi.. Io non devo essere d’intralcio
alla tua vita, alla sua vita.. –
- Evie, piantala con
questi discorsi.. Lui a me non piace. E non mi
metterei mai con chi non mi piace. Non è per colpa tua,
capito? E ora smettila di piangere. – Le disse
con voce ferma e sicura. Evie si asciugò gli occhi
rossi e l’abbraccio bisbigliando: - Grazie, Giulia. –
Sembrava tutto concluso per il meglio. Ma
qualcuno, vedendo Evie in lacrime, si era preso la
briga di andare a rimproverare Matteo. Gli avevano detto che era un insensibile
ad andare a dire alla ragazza che sapeva benissimo che gli andava dietro da tempo ormai, che lui si voleva mettere con un’altra. Gli
avevano detto che era cattivo, che era riuscito a farla piangere ancora.
E Matteo? No, non aveva fatto
finta di niente. Non aveva risposto: “Che cose me ne frega”. No. Non aveva
fatto niente di quello che Evie si sarebbe aspettata.
Anzi aveva fatto la cosa più insensata, inaspettata.
Si era messo a piangere. Sì. Lui.
Era scoppiato in lacrime. Perché? Ed era proprio quello che si chiese Evie
quando si girò dopo essersi asciugata le lacrime. Lì seduto sul banco vicino
alla finestra c’era Matteo con la testa volta verso il basso. Matteo con le lacrime che gli rigavano il volto. Perché lui piangeva? Perché? Prima
la sfidava e ora faceva il dispiaciuto?
Ma nessuno in quel momento l’aveva
capito. Nessuno l’aveva compreso. Tutti si erano accaniti contro di lui senza l’opportunità
di spiegarsi. Nessuno aveva capito che quella volta Matteo aveva cercato di
fare la cosa giusta. Che aveva fatto la cosa giusta.
Già.
Tutti aveva subito giudicato lui colpevole e Evie vittima. Ma nessuno aveva capito.
E ci volle veramente tanto tempo prima che lei
riuscire a comprendere.
Solo un giorno quando, dopo parecchie settimane, Evie
si ricordò di quel avvenimento finalmente riuscì a
capire. Quella volta Matteo si era comportato
giustamente. Aveva deciso di dirgli la verità, di non tenerla all’oscuro. Come
avrebbe reagito se avrebbe saputo poi da qualche
pettegolo che il ragazzo che amava e la sua migliore amica si erano magari
messi insieme? Non si sarebbe ancora più sentita presa in giro? Non si sarebbe sentita tradita due volte, non sarebbe stato ancora
peggio? E invece lui aveva deciso di dirglielo. Glielo
aveva detto a lei prima che a chiunque altro. Prima che alla diretta interessata
addirittura. Aveva cercato di andarle incontro. Le aveva chiesto se soffriva, se ci sarebbe rimasta male. Glielo avevo detto
innanzitutto perché a lei ci teneva.
Ma quella volta nessuno lo aveva
capito. Perché ormai tutti erano abituati al fatto che lui
fosse “il cattivone” della situazione. Quella
volta Matteo aveva pianto, perché aveva cercato di
andarle incontro ma nonostante ciò tutti si erano rivoltati contro di lui. Lui
aveva il diritto di vivere la sua vita. Di innamorarsi come chiunque altro. Di potersi fidanzare con chi voleva. Ma a
Evie ci teneva comunque. E
allora aveva cercato di farglielo capire. Quella domanda non era una sfida, era
la domanda di un amico che si preoccupa. Perché Evie per lui era importante.
Come amica, niente di più. Ma le voleva bene. Tanto.
FINE CAPITOLO 11
Ok, ok.. Ora ammetto che vi ho fatto aspettare veramente
tantissimo per questo capitolo. Ma sono partita per le vacanze e questa volta
non avevo un portatile con me e quindi non ho potuto continuare.. Sono tornata solo ora!! E appena tornata mi sono messa al lavoro per farmi perdonare!!! Chiedo scusa,
quindi, a tutti i miei lettori!! Grazie come al solito
a chi legge e recensisce la mia ff. Che ne pensate di questo capitolo?? Fatemi
anche sapere che ne pensate di quello che ho scritto sopra, prima dell’inizio
del capitolo..
Grazie a tutti (anche per la pazienza!)
Bacioni
Diddly