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Autore: Slits    02/05/2010    1 recensioni
1st Phase: Denial « Una chiazza blu emergeva quasi dolorosamente fra i rivoli della corrente. »
2nd Phase: Anger « La vista dei primi fuochi accesi, a lungo andare, aveva iniziato a logorargli lo stomaco, rimestandogli le viscere a poco a poco fino alla gola. »
3rd Phase: Bargaining « Lo aveva preso con sé, datogli un’arma in mano e credendolo un uomo lo aveva mandato a combattere. »
4th Phase: Depression « Ad accentuare le orme dei suoi commilitoni vi erano spesso i caricatori vuoti dei fucili, riempiti a malapena poche ore prima. »
5th Phase: Acceptance « Ci si guardava negli occhi e decideva a vista chi fosse malato a sufficienza da poter andare avanti e chi, invece, restando fermo in quell’assurda voglia di imbracciare le armi, nonostante lo sterminio, nonostante le morti ed il piombo, destinato a soccombere. »
Accostarsi al dolore rende meno umani di quanto si possa immaginare.
[Roy-centric]
[!Angst]
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Roy Mustang
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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2nd Phase: Anger
[Silence drives me crazy]


Il sommesso grattare delle armi rendeva ancora più irrequiete le silenziosi notti di Ishbal.
Si accavallavano sopra i giorni, senza fatica, addensandosi con le ombre che smembravano i pensieri dei soldati ed i fischi indistinti delle pallottole che ancora li tenevano svegli.
Nessuno dormiva durante le silenziosi notti di Ishbal, nonostante la guardia serrata delle sentinelle ed il calore dei fuochi disposti tutt’intorno all’accampamento, soffocati da pesanti teli, per non disperdere troppo fumo.
I compagni d’armi camminavano insieme durante le ore di buio, a due a due, stretti l’uno accanto all’altro per ripararsi dal freddo. Sorvegliavano le case vuote e scalciavano lontano i cadaveri, di uomini con cui avevano marciato e di nemici che avevano smembrato con un solo, preciso colpo in fronte.
Putrefatti facevano davvero poca differenza.
Roy Mustang non aspettava mai il farsi della sera per incominciare la delicata perlustrazione dei campi.
La vista dei primi fuochi accesi a lungo andare aveva iniziato a logorargli lo stomaco, rimestandogli le viscere a poco a poco fino alla gola.
Partiva allo scoccare del tramonto, con un soldato al fianco e due dita tenute premute l’una contro l’altra, pronte a schioccare e squarciare il silenzio della notte.
Camminava rasente i confini della città, gettando di tanto in tanto un’occhiata all’interno dei granai e facendoli brillare al suono di un semplice schiocco alla vista dei tenui bagliori delle armi.
Certe notti, quelle appena un po’ più fortunate, gli unici rumori che riusciva a sentire nel crepitare delle fiamme erano soffocati dall’ardere del fieno e non duravano mai abbastanza da sfiorare quella voragine che aveva in petto.
Erano le notti più silenziose, quelle in cui l’illusione di una fine riusciva ancora ad infondere una flebile speranza.
La guerra le elargiva con estrema parsimonia; preferiva il gusto amaro delle urla, lei, del resto.
Le notti dei massacri la saziavano, la facevano crescere e sentire più forte, sostenendosi alle spalle dei soldati che lentamente conduceva alla follia.
Roy la temeva, follemente, la pazzia.
Ne aveva vista tanta, troppa, durante quei mesi lunghi come anni per non rispettarla a sufficienza da averne paura.
Succedeva alla rabbia, quella folle e sconsiderata che ti spinge a puntarti la canna della tua stessa pistola in gola e premere il grilletto. Non si faceva forza con la voce, non si accompagnava alle urla.
Dovevi soltanto aspettare che arrivasse in silenzio e ti portasse via.
Fu durante una notte silenziosa, una di quelle gravide di speranza, che gli capitò di sfiorarla con mano.
I ricordi che Roy conserva di quella volta sono ancora frastagliati, annebbiati ed anneriti come cenere.
Un uomo, un ribelle che lascia cadere il fucile, si stringe contro una parete ed alza gli occhi, vuoti appena più dei loro. Tace ed osserva i propri carnefici, in silenzio.
Il silenzio di una di quelle notti silenziose, gravide di speranza.
Lo sparo, che sibila accanto all’orecchio di Roy ed ancora ha il potere di farlo sussultare.
Ed infine nuovamente il silenzio, uno di quelli che antecedono la pazzia.
L’eroe di Ishbal conobbe in questo modo la follia, con il vuoto a smembrargli lentamente i pensieri e le dita strette attorno alla giugulare del proprio compagno d’armi, ancora sporco di polvere da sparo.
Immerso fino alle caviglie nel vermiglio bollente, senza più alcun ideale, senza più un briciolo di razionalità a ricordargli chi o cosa fosse diventato.
Lo avrebbe ucciso, davvero, senza esitazioni, anche soltanto per dare alla notte un rumore di cui saziarsi.
Lo avrebbe fatto se un pugno non l’avesse fermato ed il tintinnio acuto, impercettibile, di due lenti rotte non gli avesse lanciato un saldo appiglio a cui aggrapparsi.
Perché nessuno, in fondo, dormiva durante le notti irrequiete di Ishbal, quelle in cui i compagni d’armi camminavano assieme fianco a fianco.
Il silenzio, pronto a portarti via con la sua pazzia, era del resto un nemico troppo grande per potersi permettere di abbassare la guardia.
Anche per una volta soltanto.


---
N
o, non sto facendo la maratona. Anche se la cosa, a ben pensarci, non mi spiacerebbe affatto.
Con questa raccolta ho deciso semplicemente di muovermi ad ispirazione; viene, la colgo, la scrivo in qualche modo e poi posto.
Credo che sia uno dei modi migliori per lavorare su di Roy, soprattutto adesso, che il fattore "Guerra" è riuscito a toccarmi particolarmente.
Conoscendomi, è probabilissimo che svanisca così, d'un tratto, per lasciare poi spazio a qualche altra sfaccettatura del Colonnello.

Colgo l'occasione per ringraziare la Vale che, come sempre e dio solo sa come, è giunta a sostenermi in quest'improbabile crociata.
* si affoga con il pasticcino

P.S. Per il particolare delle "due lenti" non ci ho potuto fare niente, mi dispiace.
Amo fin troppo Maes per non metterlo in un modo o in un altro.
   
 
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