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Autore: Tsukuyomi    03/05/2010    3 recensioni
Death Mask e Aphrodite sono morti, trascorrono la loro esistenza ultraterrena nel Mekai, com'è giusto che sia.
Cancer cercherà di far passare un bel compleanno a Pisces, nella speranza di trovare qualcosa di diverso da una tortura. L'anno precedente il compleanno di Aphrodite era stato catastrofico, cosa sarebbe potuto succedere di peggio?
- Quarta classificata al concorso Birthday's contest e Vincitrice del premio "Miglior Trattazione del Personaggio" indetto da Himechan sul forum di EFP.
Genere: Generale, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cancer DeathMask, Pisces Aphrodite
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da morti è meglio
Quarta classificata al concorso Birthday's contest e Vincitrice del premio "Miglior Trattazione del Personaggio" indetto da Himechan sul forum di EFP.



Sto passeggiando tra le impervie e scoscese vie del Mekai, avvolto da quello che sembra essere un vecchio sacco: è consunto, logoro e puzza di morto o patate marce, ma non mi è d’aiuto sapere cosa contenesse in tempi migliori.
Non devo farmi vedere, a quest’ora dovrei essere a riscuotere la mia quotidiana dose di frustate, e tra le braccia stringo una cosa che non credevo avrei potuto trovare nel girone dei golosi – visto che fa schifo 
se venissi beccato probabilmente verrei obbligato a mangiarmi questa prelibata e maleodorante leccornia. Piuttosto mi farei prendere a randellate sulle palle.
Il problema è che non dovrei portare questo schifo fuori dal girone, o quest’inferno non sarebbe un inferno.
Non deve vedermi nessuno.
Devo prestare attenzione, solo un occhio indiscreto e finisco a spalare per l’eternità le tonnellate di letame che Cerbero ama sparpagliare in giro. Quella bestia ha grossi problemi intestinali, e credo che il tanfo che impregna questo posto sia da attribuire completamente a lui. A volte questa puzza nauseabonda tira fino al Cocito ed è terribile. Essendo bloccato nel ghiaccio con entrambe le braccia, le mie povere narici sono sottoposte alla tortura di quella puzza oscena. Non posso neanche dire di non meritarmelo.
A ogni ombra sussulto.
Io, Death Mask di Cancer, che sussulto… non sono più lo stesso da quando sono morto.
Quando vedo un’ombra sin troppo familiare sfiorarmi la punta del piede mi acquatto tra le rocce. Se mi vedessero sarei finito e il sadismo di Milo è niente in confronto a quello di questo piccione troppo cresciuto e nervoso. Maledetto Minos.
Decido di tornare indietro e prendere un altro sentiero, tanto tutte le strade portano al Cocito.
«Dove vai animella impaurita?» udii una voce alle mie spalle.
Beccato. Avrei voluto rispondergli: “Animella impaurita? A me? Al grande Death Mask di Cancer?” e poi sfilarmi via il mantello con disinvoltura e spedirlo all’entrata del regno dei morti, ma non so cosa sarebbe potuto accadere se lo avessi fatto uscire da lì per spedirlo all’entrata di quella che è la sua casa… sempre che sia per me possibile spedirlo fuori da qui.
Siamo tenuti sotto controllo e comunque alcuni di questi stronzi vestiti di nero sembrano provare simpatia nei miei confronti, magari questo ammasso di ferraglia è uno di quelli che apprezza il mio modo di fare. Anche se siamo nemici non vuol dire che non ci sia rispetto tra noi.
Alcuni mi rispettano, altri no.
Io non rispetto nessuno di loro, solo che non posso palesarlo.
Comunque il tizio aspetta una risposta.
«Death Mask di Cancer.» farfuglio da sotto la mia cappa maleodorante.
«Oh, il cavaliere di Atena! Fammi controllare nel registro.»
Aspetto che controlli il suo registro: una pergamena lunga un centinaio di chilometri.
Lo sento lamentarsi che non riesce a trovare la lettera D.
«Ma tu non ci sei!» mi dice dopo un’oretta di attenta analisi. Nel frattempo mi ero seduto e quasi addormentato.
«Cosa!?» mi alzo e gli strappo l’elenco di tutti i residenti degli Inferi dalle mani e inizio a controllare i nomi uno per uno.
Non esiste un numero che possa racchiudere tutti, siamo decisamente troppi. È inutile, non figuro semplicemente.
«Pretendo di essere inserito nell’elenco!» ordino perentorio. Devo figurare in quel dannato elenco, se non figuro in quell’elenco significa che non esisto e siccome esisto e non sono neanche tanto piccino da passare inosservato come Dohko, pretendo che tutte le mie gesta siano catalogate in ordine di data sotto il mio nome.
«Se non figuri significa che non devi stare qui.» mi dice. «Forza, seguimi, ti porterò dal nobile Rune che provvederà a trovarti un posto.»
No, no, no e ancora no.
Non voglio andare da quella carogna. L’ultima volta, ovvero al mio arrivo in questo posto, mi ha stritolato per un’oretta buona, elencandomi tutti i miei peccati. Gongolavo nel sentir narrare le mie gesta eroiche, ma quella frusta divenne un po’ fastidiosa.
«Non potresti chiudere un occhio?» gli domando, con lo stesso tono con il quale gli avrei chiesto se aveva un fazzoletto.
Non tollero queste cose, io, Death Mask di Cancer, non chiedo la pietà di nessuno. Non l’ho mai fatto, eppure ora eccomi qui, quasi costretto a prostrarmi ai piedi di un insignificante specter solo per far passare una bella giornata a quello stronzo di Aphrodite.
Non che sia semplice nel Mekai fare qualcosa che non preveda una tortura medievale, sia un momentaneo allungamento di arti sia spostare massi enormi su per un costone roccioso con lo specter di turno pronto a spingerti giù quando sei quasi in cima e dover ricominciare tutto da capo. La cosa bella è la bestemmia libera, peccato in più o in meno non fa differenza. Ho tutta l’eternità per rimediare, anche devo ammettere che allungo la lista ogni giorno di più.
Comunque vorrei che Aphrodite riuscisse a passare una giornata tranquilla, magari tra una tortura e l’altra o se possibile senza nessuna tortura.
«Ma non volevi comparire a tutti i costi nell’elenco?» mi chiede guardandomi in modo strano. Dev’essere nuovo del girone.
«Sì, ma magari potremmo rimandare tutto a domani, vedi, ho una cosa importante da fare oggi e non ho tempo per andare da Rune e farmi giudicare di nuovo. So già che sarò condannato al Cocito e non so perché ho come l’impressione che si aggiungeranno altri peccati alla lista e non verranno menzionati i patimenti affrontati, per cui preferisco ricevere la mazzata di nuove punizioni domani, quando avrò espletato il mio compito.»
Lo ammetto, spero di rincoglionirlo a suo di giri di parole.
«Non posso. Cosa mi accadrebbe se uno dei giudici dovesse scoprire che ho rilevato un’irregolarità burocratica e non l’ho denunciata?»
«Tu farai finta di trovarla domani l’irregolarità.»
Ringrazio Atena di avermi fatto incontrare lo spectre più stupido della storia degli spectre stupidi.
«Ma domani sono di turno al girone degli avari.»
Questo fantasmino è noioso quasi quanto Mu.
Cerco di convincerlo promettendogli un sacco di fesserie e lui sembra stare al gioco. Parlo, parlo e parlo, come Mu. Forse ho capito il perché di tantissimi blabla da parte del pecorone. Alla fine il nemico si stufa di ascoltarlo e si fa sconfiggere, non c’è dubbio. Ho imparato la strategia vincente a quanto pare.
Lo specter alla fine mi lascia andare. Domani dobbiamo incontrarci qui. Ha detto che si sarebbe fatto cambiare turno di guardia da non ricordo chi e quindi si sarebbe fatto assegnare allo stesso girone.
Credo che non sappia che neanche oggi sarei dovuto essere qui, ma non è un problema mio, a me interessa solo raggiungere Aphrodite che dovrebbe essere quasi arrivato al Cocito dopo la seduta di bastonate.
Continuo a camminare, non posso fare altro e soprattutto questa volta devo fare in modo che nessuno mi veda. Non credevo che quest’anno il compleanno di quell’idiota svervegese potesse somigliare tanto al precedente.

Dopotutto il pesce è il mio migliore amico e il fatto che sembri una donnetta non mi esime da questo. Con lui ho condiviso moltissime cose: un tradimento, un’ammissione di colpa, un pentimento, due o tre dipartite, due o tre ritorni, un fantastico annullamento come fuochi d’artificio per abbattere un muro apparentemente impenetrabile. Per la cocciutaggine di alcuni di noi, me compreso, avrei detto che avremmo potuto benissimo abbatterlo a testate ottenendo lo stesso risultato ed evitandoci la segregazione in un sassone brutto come la morte per asfissia e poi uscirne misteriosamente fuori seza motivo apparente.
Il problema principale era la mancanza di tempo, Atena rischiava di salutarci per sempre e a contrario di ogni nostra legge, ovvero che il bene di molti è maggiore di quello del singolo, ci siamo praticamente suicidati perché cinque sbarbatelli potessero salvare la dea. Anche il mondo, ma resta il fatto che noi siamo morti, il fatto che io e altri lo fossimo già non conta, in dodici per salvare una ragazzina.
Le cose si erano messe male, non potevamo pensare a una strategia decente. Io ero anche morto e a rigor di logica non potevo morire, invece sono morto lo stesso, di nuovo. Dettagli, dettagli.
Come me eravamo morti in tanti: c’era Aphrodite che era diventato mio vicino di casa nel Cocito, c’era Shura che era si era distanziato da noi di qualche passo per non sentirci litigare, ma faceva un freddo porco e un po’ di calore umano, o spirituale, non mi sarebbe dispiaciuto, ma comprendere fino in fondo l’animo di Shura è impossibile. C’era Aldebaran vicino a lui.
Sono venuti a trovarci Milo, Mu e Aiolia, ma Atena li ha riportati in vita, lasciando noialtri lì e ci siamo potuti liberare per soccorrere la dea solo quando il controllo sul Mondo dei Morti si è allentato. È venuto a trovarci anche Seiya, ma era vivo e così com’è venuto se n’è andato lasciandoci lì a morire di freddo, ma ci ha lasciato anche un cadavere con cui coprirci. Bastardo.
Atena, la nostra dea, ha vinto contro il signore degli Inferi, ma visto che il mondo dei morti non si può annullare, qualcuno ha preso in mano le redini del comando di questa terra e la manda avanti come se niente fosse accaduto. Gli specter eseguono i loro compiti, come se il loro Signore fosse ancora vivo, ma non possono assolutamente uscire da qui. È come se anche loro stessero scontando qualcosa. Ma fottesega di loro.

Il modo in cui Atena ha vinto è stato davvero una botta di culo. Devo però ammettere che come dea della Giustizia ogni tanto fallisce, ma è ancora giovane. È anche colpa mia se non ha potuto prendere il suo ruolo di dea quando avrebbe dovuto, io ero favorevole a toglierla dai giochi, ero dalla parte di Saga, che non reputo più tanto forte o intelligente. Forse ero affascinato dal suo lato oscuro che tanto mi ricordava me.
Non che io sia mai stato cattivo, cattivo, cattivo. Mi piaceva sottolinearlo ai nemici e me lo ripetevo spesso, forse per convincermi più che altro. Più che malvagio direi di essere stato sadico bastardo privo di scrupoli. In battaglia scagliavo i miei colpi con gioia, mi è sempre piaciuto combattere e misurarmi con gli altri, dopotutto sono sempre stato abbastanza competitivo, ma non completamente idiota. Quando ebbi l’opportunità di combattere due cavalieri d’oro assieme me la diedi coraggiosamente a gambe, sapevo come sarebbe finita: io morto e quel troll di Dohko assieme a quell’agnellone di Mu a saltare sul mio cadavere.
Va bene, magari non avrebbero proprio saltato sul mio cadavere, cosa che invece avrei fatto io, ma non volevo diventare cadavere. Proprio no. E mi diedi coraggiosamente alla fuga. Ah, bei tempi andati.
Ricordo ancora con piacere le battaglie contro i titani, quando tutti si fecero un mazzo tanto e io e Aphrodite rimanemmo a fancazzare qui e lì. E sì che mi sarei sentito a casa nell’affrontare i Titani, ma magari Aphrodite non tantissimo.
Comunque ora sono morto, sono nell’Ade a rodermi il culo per rimediare a tutti i peccatucci commessi e come se non bastasse dovrebbe essere il dieci marzo (tenere il conto dei giorni da morti è un po' difficile, eh), quindi il compleanno di Nemo. Shura c’ha abbandonato al nostro triste destino, salutandoci con la manina mentre ascendeva all’Elisio… e io ricordavo che quella mano gliel’avessero cioncata via. Anche Aldebaran c’ha lasciato da soli, così come Sion che sembrava un uomo tutto d’un pezzo, ma ho scoperto delle cose riguardo alla sua giovinezza che mi hanno lasciato di stucco. Non credevo che fosse umano, avevo sempre pensato che fosse nato così come l’ho conosciuto, senza considerare che la saggezza che aveva probabilmente era stata acquisita nei suoi millenni di vita precedenti.
Quello che adesso mi tormenta senza ragione è capire come il Mekai continui ad andare avanti nonostante la dipartita di Hades, non riesco proprio a capire la meccanica di funzionamento. Ma dovrei smettere di pensarci, tanto fottesega, non c'è pericolo che qualcuno decida di trasferirci tutti ai piani alti, devo solo fare in modo che Aphrodite passi una bella giornata, non perché me ne freghi qualcosa di lui, ma gli devo la mia salvezza spirituale, nel senso che grazie a lui che mi ha fatto ragionare non ho dato del finocchio a Minos e non sono stato violentemente marionettizzato. Offendere una delle figure più alte del Mekai è come andare di propria volontà contro un treno in corsa oppure convogliare dodici cosmi espansi al massimo sulla punta di una freccia per poi molecolarizzarsi dopo l’esplosione. E avendo già fatto qualcosa di simile è meglio evitare, considerando che Minos è un pelo più sadico di me.
Ma volevo parlare del compleanno di Aphrodite, e lui detesta compiere gli anni, anche da morto.
La sua leggera fissazione per la bellezza, e la sua continua ricerca per queste cose un po’ frufru lo porta spesso a dare in velate escandescenze. Prima di morire come pesci rossi gettati nel cesso, il suo ultimo compleanno fu terribile. L’idea di invecchiare lo ossessionava, credo che preferisse morire. Infatti ora è morto, quindi non dovrebbero esserci più problemi.
Da morto non compaiono rughe o capelli bianchi e non capisco di cosa diavolo si lamenti, io ci sono nato con i capelli bianchi e devo dire che mi stanno divinamente. Ma tendo sempre a parlare di me, sarà che mi piaccio.
L’ultimo compleanno da vivo di Aphrodite è stato peggio di venti guerre sacre assieme. Non solo una settimana prima del fatidico giorno è rimasto segregato nel suo tempio a convincersi che compiere ventidue anni non fosse una cosa particolarmente tragica, che in fondo era ancora nel fior fiore della giovinezza e che finché i ventinove anni sarebbero stati abbastanza lontani da non pensarci tutto sarebbe andato bene. Io temevo il ventinovesimo compleanno del Pesce, ma fortunatamente non ci sarà dato che è morto.
Il timore maggiore, un anno fa, era quello di averlo isterico e intrattabile per mesi. Aphrodite è un guerriero stupendo, si muove come un idiota durante gli attacchi e lancia roselline a destra e a sinistra, poi osa perculare me che mi muovo come un granchio, ma io sono coerente. Sono Cancer e mi muovo come un dannato crostaceo, lui è Pisces e si muove come una ballerina, qualcosa non torna.
Eppure è terribile.
Abbiamo, avevamo, le stesse idee riguardo al concetto di forza, anche lui, come me, pensava che la giustizia potesse solo essere imposta con la forza, dopotutto se mancano i controllori tutto rischia di andare in malora e l’ho capito, ma solo perché Atena è più forte di noi (messi insieme oserei aggiungere). Solo che il pensiero di Aphrodite era leggermente più sofisticato, lui non cercava solamente la forza in battaglia, ma anche la bellezza, intesa come purezza di sentimenti e stronzate del genere. Credo che per bellezza in battaglia non intendesse vedere ettolitri di sangue da tutte le parti, benché il rosso sangue sia un colore che apprezza parecchio, ma più che altro la passione. In fondo non c’è niente di più bello che combattere per il giusto.
Solo che ha frainteso il concetto di giusto: ammazzare la dea non è giusto.
Comunque, secondo Aphrodite, l’unica cosa per cui vale la pena vivere è la bellezza e la ricerca di questa. Immagino che non avere più un corpo che invecchia lo renda particolarmente felice, dopotutto può mantenere il suo faccino d’angelo per l’eternità. Magari un giorno ci sarà concesso l’Elisio e non vuole sfigurare, se fosse rimasto in vita e quindi invecchiato, magari si sarebbe riscattato in vita arrivando al piano superiore con l’aspetto di un novantenne.
Ma volevo raccontare del suo ultimo compleanno.
Casualmente cercavo di evitarlo, dopo quello che mi aveva fatto passare durante il penultimo. Compiere ventuno anni era stato un trauma per lui. Ma i ventidue sono stati equiparabili alla castrazione tramite tenaglie arroventate.
Ricordo ancora la meravigliosa giornata che fu il dieci marzo dell’anno scorso. Ero intento a concentrarmi sul suo cosmo, pronto ad allontanarmi il più velocemente possibile nel caso lo avessi percepito uscire dal suo tempio, esattamente come facevo ogni anno.
Shura, aveva imparato a fare lo stesso. Si rifugiava da Aiolos, prima che morisse, e questa volta il bastardo non si pone il problema visto che è riuscito a prendere l’ascensore per la pace eterna. So già che passerà il tempo a ciarlare con l’amico Robin Hood di quanto è felice di scampare il compleanno di Nemo.
Stare all’inferno è già un inferno, ma con Aphrodite che compie gli anni riesce a essere peggio. Quella nacchera mangiafagioli ha tutto il mio odio e la mia invidia. Voglio parlare anche io con Aiolos, magari mi contagia in bontà.

Per tornare al discorso che avevo deciso di intraprendere, l’anno scorso Aphrodite mi ha trovato mentre tentavo di attraversare la casa dei Gemelli. Ero deciso a passare una settimana in Sicilia e magari rivedere il mio maestro e tirargli due pugni sul grugno o farmi massacrare. Sarà stato vecchio e io sarò stato un cavaliere d’oro, ma è a lui che devo il me attuale, o meglio, il me dell’epoca, ero così dannatamente crudele.
Improvvisamente sentii vibrare l’aria attorno all’orecchia destra e vidi una rosa rossa piantarsi nel marmo davanti a me.
“Che ti si possa conficcare su un piede ed inchiodarti a terra” pensai e mi voltai mostrando un sorriso sincero, soprattutto sincero.
«Aphrodite! Ti stavo giusto cercando!» tante smielatezze dette con la speranza che se le bevesse, ma far fesso Nemo è difficile se non lo si distrae con uno specchio, ma se è incazzato non funziona.
«Death Mask di Cancer!» mi disse.
Quando è nervosetto tende a usare il nome completo, compresi onorifici e altro, ma ho scoperto qualche giorno fa che è una perculata. Quando inizia “Oh nobile cavaliere d’oro del tempio del Cancro” è perché è incazzato come una volpe finita con la zampa nella tagliola dopo aver saltato per prendere un grappolo d’uva davvero acerbo. Ma dicevo: dopo il gentil richiamo, con tanto di faccia corrugata – che poi lo avrebbe fatto disperare per timore rughe – mi invitò ad accompagnarlo in Groenlandia.
Senza motivo apparente, Aphrodite aveva deciso di passare il giorno del suo compleanno alla ricerca del maestro, probabilmente sperduto sulla cima di qualche ghiacciaio del polo nord.
All’inizio fui titubante nel seguirlo, anche perché nessuno conosce meglio di me quell’infingardo giardiniere.
A vederlo non sembra pericoloso, ma anche dei piraña si dice la stessa cosa.
“Non sembra pericoloso con tutti quei denti che sporgono, poi guardalo, è lungo cinque centimetri, che male potrà mai fare?” e tutto questo prima di ritrovarsi con le ossa esposte.
Per convincermi ad accompagnarlo nel lungo cammino usò degli argomenti validissimi: occhiata fredda, materializzazione di rosa rossa, poi nera e infine bianca, ricatto “non mi hai fatto gli auguri e allora fatti perdonare lurido schifoso”. Con queste motivazioni non ho potuto non accettare con un sorriso a novantotto denti dipinto in faccia.
«Appena saremo in Groenlandia, per ringraziarti della tua gentile offerta, ti porterò a mangiare qualche tipica leccornia del luogo, altro che cucina italiana, Cancer, ti leccherai i baffi!»
Non ho avuto il coraggio di fargli notare che mi obbligava ad accompagnarlo e che io avrei passato la giornata a contarmi i peli delle braccia con entusiasmo maggiore, ma in fondo era il suo compleanno, che cosa sarebbe potuto accadere di tanto negativo?
Niente, pensai. Che grossa cazzata.
Partimmo immediatamente per le calde e assolate coste della Spagna.
Volevo fermarmi un po’ a guardare i sederi dondolanti di qualche donzella del luogo, ma eravamo lì solo di passaggio e il mio cicerone non mancò di ricordarmelo, dicendomi che in Groenlandia avrei potuto trovare donne molto più belle.
Non me lo feci ripetere due volte e in un battito di ciglia fummo in Inghilterra. Poi in Irlanda.
Quando cominciai a pensare che Aphrodite mi stesse prendendo per il culo mostrandomi tutta l’Europa, ci recammo in Islanda.
Lì si volle fermare perché non so che ricordo avesse legato a quell’isoletta, allora lo accontentai e lo seguii annuendo in continuazione a ogni sua parola, ovviamente non ascoltai, per cui mi accinsi ad assaggiare la prima leccornia senza sapere che accidenti stessi per trangugiare.
Fu bellissimo, credo di non aver mai vomitato tanto in vita mia: ebbe il coraggio di farmi assaggiare una cosa chiamata sorsidn qualcosa[1]. Il sapore a dire il vero era delizioso, ma scoprire di che accidenti si trattava mi uccise, quasi.
Dopo aver rivisto nuovamente i testicoli di montone pressati e averci bestemmiato contro, lo vidi ridere.
«Tu non li hai mangiati.» notai con arguzia.
«Piccola vendetta, Cancer. Hai detto che erano buoni, no?» mi perculò a dovere.
«Sono buoni finché non se ne conosce l’origine, vorresti che qualcuno mangiasse i tuoi testicoli pressati?» domandai da strenuo paladino di tutti i rappresentanti di sesso maschile dell’intero mondo animale.
Mi congedò con una risatina da vero bastardo, senza darmi la soddisfazione di una risposta.
È un suo comportamento tipico, riesce a essere tanto ambiguo da spiazzarti, e quando si tratta di gabbasisi voglio che tutto sia chiaro e soprattutto che stiano dove devono stare. Almeno i miei.
In quel momento cominciai a pensare alla salma di Aphrodite orrendamente deturpata, con centinaia di persone lottare per arrivare a strappargli via le uova con lo scopo di mangiarle.
Ricordo esattamente che feci una smorfia di puro disgusto e sputai il residuo del sapore acido che avevo in bocca. Mi ero ustionato la gola, accidenti ad Aphrodite. Giurai che me l’avrebbe pagata. Mi fece assaggiare anche una strana cosa bianca, morbida e dal sapore quasi gradevole, ma non volli sapere né l'origine né il nome.
Mentre gli facevo notare che era il caso di muoversi, mi fece notare a sua volta che in fondo anche gli spagnoli mangiavano i testicoli del toro.
Dal giorno ho iniziato a guardare Shura con occhi diversi.
Il freddo della Groenlandia mi fece dimenticare in fretta l’abbuffata di testicoli di montone.
Davvero un bel posto. Pensare che quello stronzo aveva imparato a usare il suo cosmo in quelle ghiacciate lande mi lasciò turbato. Non cresceva niente in quel posto, lungo le coste potei osservare qualche forma di vita, ma poi niente che non fosse tanto piccolo da non poter essere visto.
Fiori e ghiaccio, tsk, bell’accoppiata del cazzo.
Camminammo per chilometri, chilometri, chilometri e ancora chilometri di nulla.
Gli speroni dell’armatura ogni tanto si incastravano nel ghiaccio e non solo mi dovetti sorbire le perculate di Aphrodite che mi dava dell’incapace, ma dovetti lottare strenuamente contro il ghiaccio che cercava di inghiottirmi.
Tentai di spiegargli, con la calma che mi contraddistingue, che lui era abituato a fare pattinaggio sul ghiaccio, io no. In Sicilia ero ben lontano da ogni forma di acqua solida, a meno che non mi si portasse a fare qualcosa nei pressi della gola del vulcano.
Ma non feci altro che far aumentare le perculate.
Riuscii a liberarmi per poi incastrarmi di nuovo al passo successivo. Quella situazione iniziava a darmi fastidio, non potevo continuare a camminare come se avessi un secchio attorno al piede.
«Togliti l’armatura» mi disse. «Così riuscirai a camminare.»
Credo che non avesse ben chiaro il fatto che sarei morto senza armatura. O forse era un velato tentativo di farmi fuori, non lo saprò mai, ma ora sono morto e non ho certo paura di morire. Mi è già capitato di morire da morto, non credo che possa succedere ancora.
Spero, almeno.
Procedemmo ancora, diretti a Nord, quando mi venne un’idea che definire brillante è poco.
«Visto che siamo approdati fin qui spostandoci alla velocità della luce, pensi che sia da idioti continuare a farlo? Voglio dire: perché camminare a passo d’uomo se si può procedere a passo di fotone?»
«Perché non ti godresti il paesaggio.»
Paesaggio.
Sì, ha detto proprio paesaggio. Guardai alla mia destra, poi alla mia sinistra, alle mie spalle e di fronte a me.
L’unico paesaggio che potevo scorgere lo avevo davanti, e Aphrodite non è un paesaggio. È uno stronzo.
«Lungi da me contraddirti, ma c’è solo fottuto bianco qui intorno.»
«Cancer, sei lagnoso. Comunque siamo arrivati, vedi laggiù?»
Guardai nel punto indicatomi. Peccato che non vedessi niente che non fosse ghiaccio.
«Guarda meglio.»
Continuavo a non vedere nulla.
«Stai cercando di dirmi che non vedi quella colonna di fumo?» mi disse stizzito, piccato e anche un filo incazzato.
«Certo che la vedo.» risposi, scatenando una lunga serie di borbottii.
Camminammo verso il punto in cui si innalzava quel fumo. Era bianco, esattamente come tutto il resto.
Dopo poche centinaia di migliaia di centinaia di migliaia di passi arrivammo a una casetta, ovviamente bianca, perché credo che al polo nord la mimetizzazione sia tutto.
Aphrodite bussò un paio di volte, finché non venne alla porta un uomo con una lunga barba bianca. Altro che terra verde: terra bianca semmai. Non c’è niente di colorato in Groenlandia, eccetto le coste, le coste pullulano di persone[2].
Ero felice che Aphrodite mi avesse obbligato ad accompagnarlo a conoscere il maestro, mi faceva davvero piacere, come l'orticaria. Poi scoprii che quell’uomo non era il maestro: era il fratello del maestro, che comunicò al mio parigrado la prematura dipartita dell’uomo a cui doveva la formazione e l'investitura a cavaliere alla tenera età di novantaquattro anni.
Nemo si dispiacque. Io fottesegai.
Dopo pochi minuti di silenzio, Aphrodite parlò.
«Va bene, tocca a tutti morire. Pazienza.» E pensare che credevo di essere io quello cinico e leggermente misantropo. Ma anche Pisces non scherza.
Sinceramente a me cominciarono a vorticare in modo spasmodico le gonadi. Significava semplicemente che avevamo macinato tutti quei fottuti chilometri per niente. Niente maestro da salutare, un compleanno rovinato, e io che avrei dovuto ascoltare le paturnie di Nemo senza potermi sottrarre.
Salutammo il vecchio rincoglionito che propose ad Aphrodite di candidarsi come Miss Groenlandia e seguimmo l’idea di Aphrodite di passare il resto della giornata a Nuuk, incontrastata capitale del divertimento sfrenato e del gioco d’azzardo.
«Non possiamo andare al ristorante con le armature.» suggerì brillantemente Nemo.
Tornammo al Santuario, ci cambiammo e in tre secondi (in realtà meno, ma stare lì a cronometrare i millesimi è lungo e noioso) eravamo di nuovo nella splendida metropoli che è Nuuk. Mi portò nel primo ristorante che ci capitò sottotiro e mi disse con tranquillità:
«Questo è uno dei pochi ristoranti di tutta l’isola che serve il kiviak anche dopo il Natale. Sai, è un piatto tipicamente natalizio, ma sono sicuro che lo adorerai.»
Annuì con poca convinzione nel guardare il menù, chiedendomi se lo stessi tenendo al dritto.
Mentre pensavo, Aphrodite me lo strappò di mano, lo girò e mi diede dell’ignorante.
«Ordina tu per me.» gli dissi, visto che ci teneva. Il menù avrei sempre potuto dedurlo brillantemente in seguito ordinando tutto. «Visto che è il tuo compleanno, ti do il permesso di pensare al mio sostentamento.»
Rise.
Ebbi paura.
Rise ancora.
Mi guardai intorno. Il ristorante era semi deserto, io risaltavo in particolar modo per la mia abbronzatura e una ragazza mi fece l’occhiolino. Gongolai finché non mi venne servito questo famoso kiviak.
Ebbi l’impressione iniziale di trovarmi davanti a un pezzo di formaggio stagionato almeno per tre-quattro secoli. Guardai il mio piatto e poi quello di Aphrodite.
Aveva ordinato la stessa cosa per entrambi.
Lo vidi chiaramente leccarsi i baffi e strofinarsi le mani pronto a tuffarsi in quello che sembrava l’incrocio tra un pezzo di carne putrefatta e un pessimo formaggio andato a male.
«Buon appetito, Cancer!» trillò lo stronzo.
Lo imitai, afferrando coltello e forchetta.
«Tagliagli via la testa, è un po’ velenosa.» disse mentre rompeva con delicatezza quello che credo fosse una spina dorsale. Ebbi, in quel momento, la certezza di trovarmi davanti a un ex essere vivente.
Almeno mi avvertì della tossicità di qualunque cosa stessi per mangiare.
«Ah, assicurati che assieme alla testa vengano via le budella.»
Strabuzzai gli occhi e me lo feci pulire da lui.
«Posso mangiarlo ora o devo tagliargli via qualche altra parte potenzialmente pericolosa?» chiesi storcendo la bocca al pessimo tanfo che quel piccolo cadavere emanava.
«Mangia e saziati, cavaliere!»
Obbedii disgustato. Pensavo di aver già mangiato la cosa peggiore del mondo in Islanda, ma sbagliavo.
A contrario, Aphrodite sembrava contento e degustava con somma gioia ogni singolo pezzetto di carne. Solo quando uscimmo dal ristorante, lui massaggiandosi la pancia soddisfatto e io desideroso di infilarmi due dita in gola, ebbi il coraggio di domandare cosa fosse esattamente il kiviak e, grosso, grossissimo errore, con quale procedura si preparasse.
«È carne di un uccello molto simile al pinguino, la preparazione è semplicissima ma lunga.» iniziò. Ringraziai che non parlasse con le mani come facevo io, anche le movenze nella descrizione sarebbero state troppe da digerire, soprattutto assieme a quella pessima pietanza.
«Vedi, è molto semplice: acchiappi l’uccello, lo ammazzi, lo avvolgi nel grasso di foca e lo metti sotto terra con un peso sopra per sette mesi. Poi si presenta esattamente come hai visto.»
Sentii le guance gonfiarsi, ma mi trattenni. Ero nel bel mezzo della pubblica via, un italiano che vomita in un angolo non è una buona pubblicità.
«Aphrodite…» rantolai tenendomi lo stomaco vibrante. «Mi hai fatto mangiare carne decomposta?»
«Sì. Buona, eh?» Sorrise.

Solo quando tornammo al Santuario ebbe il buon gusto di svelarmi che quell’altra pietanza che mi aveva fatto mangiare in Islanda assieme ai testicoli di montone altro non era che carne putrefatta, poi affumicata, di squalo. Credevo fosse urina condensata a giudicare dall’odore. Ma il sapore non era male.
Giurai di evitare tutti i compleanni a venire di quel pesce nordico, poi Atena venne a reclamare il Santuario e morimmo.
Ora, nel Mekai, siamo rimasti solo io e lui. O almeno, qualcuno ogni tanto si vede, ma prevalentemente io e lui siamo stati quelli che si son pentiti meno degli altri. Anche Saga lo incrociamo spesso. Kanon è fisso da noi, così impara a perculare due divinità.
Finalmente sono di nuovo al Cocito, la mia nuova casa. Aphrodite sta blaterando con Kanon, aspettavano me per mettersi nuovamente sotto lo strato di ghiaccio e aspettare l’alba del giorno dopo (non c’è sole nel Mekai, vorrei sapere di che alba si tratta) tra una parola e i denti che sbattono.
Mi libero del mantello che ora so di che puzza e chiamo Aphrodite da una parte.
«Cosa c’è?»
«Auguri, buon compleanno, questo è per te.» gli dico lanciandogli addosso il suo regalo.
Lo afferra al volo e sorride.
«Non ci credo!!» esclama annusando quella prelibatezza. «Come hai fatto a procurartelo?»
«Credo che ci sia qualche goloso che viene dalle parti tue ghiotto di questa porcheria. Sottrarlo non è stato difficile, però vorrei che lo mangiassi in un posto preciso.» gli dico, facendo finta che non mi interessasse averlo fatto felice.
«Dove vuoi che lo mangi?»
«Seguimi.»
In tutto l’inferno c’è solo un posto dove crescono i fiori ed ero deciso a portarcelo.
«Qui ti sentirai a casa.» sussurro appena schiaccio il primo fiore.
«Ma in fondo mi sento a casa anche nel Cocito, il freddo della Groenlandia è simile.» dice guardandosi attorno. Non vuole darmi la soddisfazione di averlo sorpreso.
«Sì, ma non ci crescono questi aborti colorati che tanto ti piacciono. Non ci sono rose ma accontentati.» gli dico sedendomi in mezzo a quel turbinio di puzze strane.
Aphrodite mi si accuccia accanto, stacca con minuzia certosina la testa del pennuto e sfila via le budelle con maestria, come aveva fatto al ristorante, anche se immagino gli dia fastidio mangiare con le mani.
Appena preparato l’abominio, me lo porge.
«Ne vuoi un pezzo?»
«Neanche morto!!» esclamo schifato.
Ho già trattenuto quell’abominio nel mio stomaco una volta, e non ho intenzione di ripetere.
«Ehm, Cancer, non per contraddirti… sei morto.» mi dice serio. E ha ragione. «Poi è il mio compleanno, potresti anche sforzarti.» e mi guarda con quegli occhi da triglia appena pescata che solo lui è in grado di fare. Atena, quanto lo odio.
Mancano poche ore a domani. Se resisto abbastanza non potrà più costringermi a ingurgitare pinguini decomposti.
«Ma hai visto che non crescono neanche i tulipani in questo posto? Chissà come mai.» dico, nel tentativo di distrarlo.
«Ehi, faccia da culo, non cambiare discorso e accetta l’invito.»
«Guarda! Le margherite!» dico, indicando un punto casuale di quel postaccio.
Solo poche ore, ancora poche ore…


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[1] Súrsaoir hrútspungar. Non ho la minima idea di come si pronunci, e a quanto pare lo stesso vale per Cancer.
[2] Death Mask parla a vanvera come sempre, e nel caso che a qualcuno fregasse qualcosa: Nuuk è la capitale della Groenlandia e conta più di 17.000 abitanti. Non moltissimi di più, eh.



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Belli i bannerini, vero? Li adoro.

Tanto per lasciare due righe, è un po' in continuity  e un po' no, è abbastanza surreale anche per il mondo di Saint Seiya e... e niente, non lo so. L'idea mi è venuta guardando un documentario che vedeva protagonisti tutti i piatti più immangiabili di sempre.
Grazie a tutti coloro che leggeranno e vorranno lasciare un parere.

   
 
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