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Autore: cartacciabianca    03/05/2010    3 recensioni
L’attivazione del Frutto dell’Eden durante e dopo lo scontro finale ha cosparso Masyaf di una maledizione. Avvenimenti insoliti turbano la quiete della sua gente. Altaїr e Malik, imbrigliato il governo della cittadina, si troveranno ad affrontare le stranezze di una città caduta nelle polveri del tempo e sprofondata nelle paludi della deficienza. Non sono concesse debolezze: il popolo ha bisogno di loro, ma ignorare i propri istinti diventa impossibile quando si ha più bisogno l’uno dell’altro. Un misterioso battaglione armato sta razziando le terre attorno alla roccaforte e minaccia di circondare la base dell’Ordine degli Assassini. Che siano nuovi Templari? Pronti a riaprire vecchie ferite e disposti a sgozzare innocenti pur di annientare una volta per tutte i loro epocali avversari? Oppure è qualcosa di molto più grande dei Templari stessi? Magari una forza sovrannaturale che ha cosparso germogli di guerra e si presenta come la reincarnazione della Potenza Divina...
Per scampare alla morsa della pazzia e risolvere questo mistero, i nostri assassini dovranno tenere a mente due cose soltanto: che niente è reale e che tutto è lecito.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Malik Al-Sayf
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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II

Le imposte alla finestra erano aperte, le tende un poco dischiuse per lasciar transitare un filo di vento. Il paesaggio che si apriva all’esterno era il solito limpido cielo stellato, qualche fiaccola accesa in mano alle guardie che pattugliavano la cittadella, e un mostruoso silenzio, rotto solo da un lontano canto di gufo.
Altaїr aprì la porta ed entrò nella stanza per primo, dove l’assassino mosse due passi sul tappeto per poi sentire Malik sciogliere la presa del braccio attorno al suo collo. Il ragazzo si trascinò sul letto a baldacchino e si abbandonò su di esso, prima seduto poi disteso e appoggiato allo schienale. –Grazie- disse in un flebile sussurro, guardando l’amico. –Per avermi portato via di lì, intendo, prima che qualcuno si arrabbiasse sul serio-.
Altaїr gli sorrise sincero, andando a sedersi tra i cuscini in un angolo della stanza e dando le spalle all’amico. Lì aveva adocchiato un piccolo mobiletto sopra al quale c’era una brocca di ceramica piena d’acqua, che l’assassino versò in un catino improvvisando qualcosa con cui pulirsi il viso, ancora sporco d’inchiostro.
-Guai a te se mi combini un altro scherzo del genere. L’inchiostro costa, Malik- lo rimbeccò catturando dell’acqua tra le mani chiuse a coppa, per poi gettarsela in faccia.
A Malik sfuggì una risatina. –Su questo non posso darti torto- sospirò lasciando cadere la testa all’indietro. –Sono stato uno stupido… avrei dovuto prevederlo-.
-No,- lo interruppe Altaїr. –Non prevederlo. Controllarlo- lo corresse.
Malik annuì convinto, ma allo stesso tempo dispiaciuto, senza distogliere lo sguardo dal soffitto della camera. –Perdonami se una parte di me cede a queste stupide tentazioni-.
-Sei un uomo, Malik. Non considerarti un Dio- lo ammonì, divertito dalla sua stessa affermazione.
Il falco tacque per nulla allegro.
Trascorse un lungo minuto di silenzio, durante il quale Altaїr continuò a lavarsi la faccia aiutandosi con lo specchio da terra posto al suo fianco. Ad un tratto, come risvegliato dai propri pensieri, Malik si voltò e aspettò che, attraverso la sua immagine riflessa nello specchio, Altaїr si accorgesse della sua espressione terribilmente pentita.
L’aquila corrugò la fronte, perplesso. –Cos’hai?- chiese incatenando gli occhi di Malik nei propri dentro lo specchio.
-C’è ancora tanto che non capisco, e che forse non capirò mai, di te-.
Altaїr si girò del tutto verso di lui, ma, sembrando più confuso di prima, rimase ad ascoltarlo.
-Per esempio, mi piacerebbe sapere se sono stato io il debole che si è lasciato vincere dal Frutto, oppure tu l’idiota che mi ha permesso di tenerlo in mano-.
La cicatrice si tese assieme alle sue labbra, che sorrisero. –Devi sempre dare la colpa a me, vero?-.
Malik si strinse nelle spalle. –Nel corso di quest’ultimi anni ho capito che riusciresti a scaricare le tue pene su altri, in qualsiasi caso-.
-Anche quando il caso vuole una dozzina di guardie molto arrabbiate- rise tra sé e sé Altaїr, tornando a strofinarsi il viso.
-Te lo ricordi- constatò l’altro, commosso.
-Come dimenticare le nostre prime indagini?-.
-Al Mualim non è stato affatto corretto nei tuoi confronti-.
-E quando mai lo è stato?-.
-Certo, ma almeno avrebbe potuto darti un’arma con la quale difenderti-.
-Eravamo bambini, Malik! E poi… avevo queste- Altaїr mostrò le mani, ma quando le immerse di nuovo nell’acqua del catino, si accorse che questa si era tinta completamente di nero.
Malik notò la smorfia che comparve sul suo volto e si alzò dal letto. –Vuoi che te ne prenda dell’altra?- chiese.
-No, grazie- si apprestò a rispondere Altaїr. –Non ce n’è bisogno, penso di aver finito- disse alzandosi e ammirandosi allo specchio.
-Veramente hai saltato un punto-.
Altaїr aggrottò le sopracciglia. –Dove?- domandò avvicinando di più il viso alla lastra di vetro.
Malik gli posò delicatamente due dita sul collo, indicando un punto preciso.
Sulla pelle erano ancora visibili, ma prima di tutto palpabili, i resti dello scontro di poco prima, si disse Malik, percependo il suo calore sui polpastrelli come se avesse appena messo le mano sopra una candela accesa.
Accorgendosi della macchiolina d’inchiostro incrostatosi a metà tra la gola e l’osso sporgente della clavicola, Altaїr lo ringraziò. Si spogliò della maglia per non rischiare di macchiarla con dell’acqua già abbastanza sporca e tolse anche quell’ultimo residuo d’inchiostro secco.
Malik, alle sue spalle e per metà nascosto dietro la sua immagine riflessa nello specchio, indugiò allungo su quest’ultima, soffermandosi specialmente sul braccio sinistro dell’amico, lo stesso che da quel fatidico giorno gli invidiava più di qualsiasi altra cosa. Dalla muscolatura sviluppata del bicipite alla spalla possente: divorò con gli occhi quel che a lui era negato rimpiangere tutte le volte che, accorgendosi di non potersi allungare sulla sinistra, era costretto a voltarsi e portare avanti la mano destra per afferrare gli oggetti più comuni.
Quand’ebbe finito di sottrarre alla sua pelle ramata anche quella macchiolina bastarda, Altaїr era già pronto a portare fuori dalla stanza il catino sporco, ma per qualche strano motivo rimase immobile, con gli occhi fissi sullo specchio, a guardare l’immagine di Malik tornare seduta sul bordo del letto.
Il ragazzo si posò l’unica mano in grembo e gettò lo sguardo fuori dalla finestra, accompagnato da uno stanco sospiro.
Altaїr si schiarì la voce per attirare la sua attenzione, ma Malik non si voltò. –Ti serve altro? Vuoi che faccia qualcosa per te, oltre a sbarazzarmi di questa schifezza?- chiese alludendo all’acqua nera nel catino.
Malik sorrise con malinconia. –Per quello che sei abituato a fare per me, può bastare-.
Altaїr tremò.
Un Malik così abbattuto, soprattutto dopo aver appena assistito alla sua “apocalisse” personale, rendeva Altaїr schiavo di un qualche temuto sentimento di pena mai provato in precedenza. La compassione, in tutte le sue forme, era una brutta bestia che lo divorava dall’interno dello stomaco.
Altaїr voleva molto bene al suo migliore amico. Avrebbe fatto davvero come si era promesso di fare qualsiasi cosa pur di leggergli sulle labbra un sorriso accettabile. Era stanco di tutto quel cinismo almeno quanto Malik non voleva darlo a vedere. Sarebbe stato bello tornare ai vecchi tempi, ai solari ricordi che Altaїr aveva di tutta Aleppo che inseguiva due minute figure incappucciate di bianco come piccoli uccelli. In quei agrodolci momenti in cui battaglioni di guardie erano sulle loro tracce, Malik e Altaїr avevano saputo ritrovarsi e aiutarsi a vicenda anche quando la distanza tra loro raddoppiava, durante la fuga. Se uno dei due era in pericolo, l’altro accorreva a dargli man forte guidato da un richiamo silenzioso che oltrepassava muri, giardini, fiumi e palazzi. Ma come Altaїr temeva di aver compreso, i capitoli legati a quel tenore di vita si erano conclusi, non lasciando altro che rancore, astio e tormento in attesa di un epilogo che doveva ancora essere scritto.
Altaїr rimise il catino al suo posto e raggiunse Malik, sedendosi accanto a lui. –Sento che hai ancora bisogno di aiuto, Malik, e se le mie ulteriori scuse possono farti sentire meglio, prendile- disse.
Malik accennò un lieve sorriso. -Apprezzo la tua compassione: pentirtene in questo modo, di fronte a me, ti costa un grande sacrificio che sembri disposto a compiere- cominciò per poi prendersi una pausa. –Ho vissuto i giorni successivi alla morte di Al Mualim in un costante aggravarsi della mia mente. Mi capitava sempre più spesso di pensare a Kadar, alla missione nel Tempio di Salomone, ma soprattutto a te e a come avrei dovuto continuare a trattarti nel modo che meritavi, invece che perdonarti con poche parole. Attimo dopo attimo, mangiavo un pezzo sempre maggiore della mia misericordia senza accorgermi di quanto stessi cadendo in errore. I miei timori si sono condensati assieme solo questa notte, quando ho commesso lo sbaglio più grande della mia stessa vita, che non ripeterò. Il destino ci ha scelti, Altaїr, perché divenissimo le nuove guide del nostro popolo, i pastori di un gregge che ha smarrito la via, ed io non voglio tirarmi indietro a quella che ci è stata assegnata come nostra nuova missione. Tu sembri aver superato ogni ostacolo, diventando l’uomo che pensavo non avrei mai visto nascere in te dopo la morte di mio fratello. Mi hai stupito, e molte volte, anche quando non volevo mostrartelo, e ignoravo gli insegnamenti che tu stavi offrendomi. Sono rimasto troppo a lungo nell’ombra sprecando il mio tempo a criticarti, piuttosto che aiutarti a comprendere ciò di cui io stesso stavo diventando parte comportandomi in quel modo; parte del piano che Al Mualim stava architettando per distruggerti, per distruggerci tutti, e che avrebbe visto realizzato se io non avessi aperto gli occhi in tempo. Adesso sono il primo a doverti delle scuse, il primo a dover accettare le cose come stanno e il primo a dover dimenticare per sempre il passato. Dopotutto, le menti più sagge tra noi non dicevano altro- sospirò Malik.
Altaїr sorrise sincero. –Dicevano anche: niente è reale-.
-Tutto è lecito- concluse Malik guardando l’amico negli occhi.
I pastori di un gregge smarrito… si ripeté Altaїr, ammaliato dal carattere profetico che solo Malik sapeva dare alle sue sentenze. La nostra nuova missione, pensò anche, proteggere il popolo. Già, ma da cosa? Qual è la minaccia che affligge il mondo, ora? I Templari insistono col braccare la nostra terra alla ricerca del Frutto che custodiamo avidamente… ma sono nulla in confronto alla forza che serbiamo. Malik, che l’accaduto ti abbia turbato non lo metto in dubbio, ma avverto che come la vittoria si avvicina, tu ti allontani…
La Guerra è appena cominciata, pensava invece Malik, sconsolato. Presto i nostri nemici torneranno, più agguerriti che in passato, e solo se il destino lo vorrà saremo forti abbastanza per difenderci da loro. Quel che possiamo fare, nel frattempo, è combattere una battaglia ancor più antica, celata nel nostro spirito di esseri umani: non cedere alla tentazione, resistere alle invitanti promesse del Frutto. Questa è l’unica sfida che dobbiamo porgerci, affrontare e vincere, ma che io ho perso in partenza…
Tacquero entrambi per un tempo che parve infinito, rincorrendosi con lo sguardo attraverso lo specchio che rifletteva all’uno l’immagine distorta dell’altro.
-Scusa se te lo dico in faccia con tanta naturalezza, ma non posso saperti in questo stato. Se ti lasciassi solo, il minimo che potresti fare sarebbe buttarti dalla finestra- constatò Altaїr ad un tratto e con una nota scherzosa.
Era divertente come battuta, Malik non rise, ma l’aquila aveva previsto che non l’avrebbe fatto.
Altaїr cominciò a temere che il suo amato falco ci stesse davvero pensando…
-Malik- lo chiamò, adombrandosi. –Stavo scherzando, lo sai, vero?-.
-Certo, proprio come scherza un bambino- arrise quello voltandosi finalmente verso l’amico, ma con un’aria da fantasma che lo rendeva meno credibile. –Un bambino ignorante, viziato e presuntuoso che gioca con i giocattoli degli adulti-.
In quel momento Malik parlava di se stesso, e Altaїr impiegò qualche istante a capirlo. Inizialmente aveva pensato che si stesse riferendo ad un altro avvenimento della loro infanzia, o peggio ancora, di pochi mesi prima. Nonostante i suoi pensieri, Altaїr preferì tacere, studiando nei particolari l’immensa tristezza che come un’aurea grigiastra avvolgeva la figura del suo compagno. –Se ti è rimasto dentro qualcosa che vuoi dirmi, fallo adesso, e non pensiamoci più- disse con serietà. –Qualsiasi cosa, Malik, dai peggio insulti a tutto il resto…-.
Finalmente Malik sprigionò un vero sorriso. –Non ce n’è bisogno, anch’io penso di aver finito-.
Si fissarono allungo negli occhi, l’uno a caccia dei sentimenti dell’altro attraverso le impenetrabili barriere delle loro menti, un tempo state così unite, ora così distanti.
Altaїr ripensò alle volte di quand’erano ragazzi. Confrontandosi a duello, non c’era mai stata via o modo col quale l’uno riuscisse a prevalere sull’altro. All’inizio avrebbero potuto dirsi tanto uguali quanto diversi, ( come i gemelli opposti in tutto ) ma opposti a tal punto da riuscire a toccarsi dalle due estremità. Bastavano ancora pochi centimetri, ed effettivamente si sarebbero toccati, congiunti, tornando a possedersi com’era successo molto, troppo, tempo prima…
Ma ora sapevano entrambi che non c’era più spazio per quelle sciocchezze. La vita, i doveri e le responsabilità erano crollati loro addosso con la potenza di un macigno, ispessendo la barriera che li aveva divisi per mesi, creatasi precisamente alla morte di Kadar. Tutto il resto veniva prima di loro: la città, il popolo, il Frutto. Schiena a schiena, senza mai voltarsi per guardarsi (come quand’erano ragazzi, nei duelli con le guardie saracene) Malik e Altaїr dovevano portare fede ad un cammino stato imposto loro dallo stesso destino che, tempo addietro, li aveva uniti e poi divisi.
Troppo orgogliosi per cedere alle semplici tentazioni, troppo impauriti dalle conseguenze: chiedersi, volersi, desiderarsi erano verbi scomparsi dalle loro labbra. Eppure, lo sapevano entrambi: sarebbe bastata una scintilla, un flebile sfregamento di due pietre, una delicata piuma per far scattare l’ingranaggio. Come le lame celate che era stato concesso loro di portare ai polsi: nascoste nell’oscurità ad attendere un impercettibile sussulto, scattano sull’ultimo affondando un unico colpo, netto, preciso, letale.
-Veramente c’è un’ultima cosa che potresti fare per me- Altaїr osservò Malik alzarsi in silenzio dal letto e andare verso il centro della stanza.
-Dimmi- acconsentì l’aquila, disponibile.
-Ti sarei grato se…- s’interruppe, iniziando a sfilarsi la casacca da solo.
Altaїr balzò in piedi all’istante, captando da subito le sue intenzioni senza che aggiungesse due parole di più, e lo aiutò a spogliarsi prima di quell’abito e poi del resto, sempre in un religioso silenzio carico di tristezza, ma soprattutto, di rispetto.
-Sono mesi ormai che convivo con questa mancanza, ma ancora, come vedi…- cominciò Malik tradendo un minimo di confusione nelle parole dovuto a quello che in lui si manifestava, raramente, come un timido imbarazzo.
-Non serve che tu dica nulla- lo interruppe Altaїr, dolce, slacciandogli la cinta col tessuto color porpora che gli circondava la vita.
-Ti ringrazio- scappò di bocca a Malik, sedendo nuovamente sul bordo del letto perché l’amico gli sfilasse i calzari.
Altaїr ripiegò ordinatamente ciascun abito al suo posto e posò a terra, in un angolo, gli stivali di Malik. –Ti viene in mente altro?- chiese senza voltarsi, per il mero timore che la vista del compagno semi-vestito potesse arrecargli più dolore di quanto ne sopportasse già.
Non era solo il braccio amputato a dargli fastidio, nel perenne ricordo dei suoi sbagli, ma anche ciò che restava.
L’immagine di Malik si rifletteva per intero sulla superficie di quel dannato specchio, sul quale Altaїr posò sbadatamente gli occhi giusto mezzo secondo, prima d’inclinare il capo tutt’altra parte con una smorfia. Per calmare i violenti battiti del cuore nel petto, l’assassino prese un considerevole numero di respiri profondi.
-No, nient’altro, ma… Altaїr, tutto bene?- osò domandare Malik, con innocenza e apparente confusione.
No, non va tutto bene! avrebbe voluto rispondere.
Il suono della sua voce improvvisamente troppo vicina e squillante nelle orecchie, risvegliò in Altaїr una fame insaziabile dettata dal solo desiderio umano, al quale era impossibile sottrarsi. Si voltò e andò incontro all’amico sussurrando la parola “perdonami” nella propria mente, anche se, immaginando la reazione di Malik, non sarebbe stato necessario. Gli bastò muovere pochi passi silenziosi nell’oscurità della camera, che giocò a suo vantaggio quando l’aquila accompagnò il falco disteso sulle lenzuola assieme al proprio corpo. Lo baciò premendo avidamente le labbra sulle sue, percependo il calore ma anche la rigidezza del suo incarnato.
Dietro quell’unico gesto azzardato e presuntuoso si nascondeva un groviglio di sentimenti impossibile da descrivere diversamente.
Fargli del male era l’ultima delle sue intenzioni e quindi, per quella notte, Altaїr non avrebbe osato di più. L’amore per Malik si limitò a qualche semplice carezza sul suo corpo, sul suo viso, perché capisse quanto affetto celassero i suoi occhi che giorno dopo giorno avevano divorato la sua immagine solo attraverso (ecco…) uno specchio. Le ginocchia dell’altro gli avvolsero i fianchi, mentre questi sollevava il bacino beandosi della virilità di Altaїr tra le proprie gambe.
Imprigionato dal bisogno di essere amato dopo tanto tempo, Malik non tentò nemmeno di sottrarsi a quella lenta agonia dei sensi e della ragione. Permise alle labbra del suo compagno di violarlo ogni dove preferisse, ogni dove s’irradiasse una nuova scossa di piacere. Era inutile negare a se stessi quale immensa soddisfazione veniva alla luce ora che quei muscoli tonici lo riscaldavano come un fuoco nei punti a lungo stati freddi. Malik strinse tra le dita dell’unica mano i capelli del compagno e permise alla sua lingua di varcare il confine dei propri denti. Nella mente continuava a ringraziare Altaїr di essere lì, di aver osato e poi intrapreso quella strada, perché Malik era l’unico tra i due ancora troppo orgoglioso per chiedere.
Il falco perse ciò che restava del suo piumaggio e se ne fece del nuovo col tessuto delle lenzuola. L’aquila, dal canto suo, vegliò su di lui tutta la notte infagottandolo tra le proprie ali soffici e calde. Se era cosa andante contro natura che due uomini si amassero così, Altaїr e Malik avevano imparato ad ignorarlo molto prima di allora. Nella gioventù era accaduto più volte, quando le fatiche di un giorno di allenamento e le gloriose vittorie in missione concedevano loro del tempo per consolarsi a vicenda, con quell’unico ed ultimo desiderio, prima di coricarsi, di amarsi e ricordarsi l’un l’altro che niente avrebbe potuto dividerli.
Forse era stupido comportarsi ancora come ragazzini, serbando gli stessi sogni e le stesse paure di quel tempo. Ma era anche vero che agli uomini non può essere tolto senza arrecar danno ciò di cui sono stati viziati. Può essere un giocattolo, può essere un oggetto, come può essere una persona.








Scappo con un piccolissimo Angolo d’Autrice, ringraziando innanzitutto RebyEMiko per aver commentato (ma soprattutto apprezzato) il primo capitolo, ovvero quell’Antefatto che può sembrare porti un po’ fuori strada nella trama, ma in realtà…
Insomma, pensate davvero che sia capace di riempire 20 capitoli di sole scene... eh-ehm… c’è! Non ne sarei mai capace, anche perché il mio affidato compagno di scrittura si defila nei momenti più… <.<
Come stavo dicendo: la vicenda romantica a carattere AltMal è solo lo sfondo di questa storia! Scusate, ma io senza un po’ di sana azione (sangue, spade, e… ho già detto sangue? <.<) non riesco a scriverla! XD Quindi mi sono davvero inventata di… hmmm! Hmmm! Hmm! Hmmmm!!! HMMM!
*Una mano misteriosa tappa la bocca all’autrice prima che sveli un graaaaande spoiler*
Hmmm! Hmmm!!!! Hm! Ma che modi!
Un medesimo ringraziamento a PotterWatch – Elisa, senza la quale un microscopica parte di questo capitolo avrebbe contenuto più errori di quanti se ne possano trovare nel tema di un ragazzino di II elementare! XD
Grazie anche ai lettori silenziosi ^^
Eh, vi ho beccato! Sì, voi! Proprio voi! Sì, esatto, tu! Vedi di lasciare una recensione se non vuoi che venga lì e hmmm!! Hmmmm! Hm! HMMMMM!

LOL

   
 
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