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Autore: Meiko    24/08/2005    1 recensioni
E' nata per caso, e continuerà per caso, credo, questa storia che di base è Romantica, ma conoscendomi metterò anche del Dark e anche del Lemon, perciò siete avvisati. Non credo di poter descrivere in poche parole questa storia, perciò vi auguro una Buona Lettura ^_^
Genere: Romantico, Triste, Malinconico, Dark, Drammatico, Avventura, Sovrannaturale, Mistero, Introspettivo, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo 3

-Perché mi sono lasciata convincere da te?-
Rachele guardò sbuffando il ragazzo accanto a lei, che le sorrise con aria da angioletto, afferrandole il braccio e strusciandosi sul suo collo.
-Perché tu mi vuoi tanto tanto bene!-
-Dai Marco, smettila!-
il biondino ridacchiò, mentre Rachele si permetteva di dargli uno scappellotto sul braccio, a quell’ora di sera il Corso Principale della città era sempre affollato di gente, che soprattutto si riversava in strada, dato che le macchine non potevano passare a quell’ora.
Rachele si voltò a guardare le persone che passavano accanto a lei, erano molte le compagnie di amici, e anche le coppie le famiglie, molte di quelle persone le accennavano con la testa un saluto, conoscendola di vista o di persona.
La ragazza continuò a restare abbracciata a Marco, il ragazzo chiacchierava tranquillamente con qualche compagnia, quando si fermavano, mentre lei restava in silenzio ad ascoltare, guardandosi intorno.
Aveva come la sensazione che quel bimbo prima o poi sarebbe riapparso, ma per ora sembrava restare nascosto.
...e poi si diede per l’ennesima volta della cretina, doveva smetterla di pensare a quell’assurda storia, il fatto di aver dato la caramella ad un bambino con le ali rotte la stava distruggendo per il fatto che era una cosa senza senso!

I was just a silent girl
Always dreaming of a little angel
Close to my reality
Sing, la la la


Rachele sentì quelle parole come se avessero spazzato via tutti i suoi pensieri, quella canzone gli era tornata la per puro caso, però la trovava terribilmente adatta alla situazione che stava vivendo.
Intanto Marco la trascinò via con se, avviandosi verso la fine del Corso, per poi rigirarsi e risalire, era ancora presto per entrare in qualche bar, avevano appena finito di mangiare fuori.
La ragazza si guardò intorno, desiderosa di vedere qualche faccia amica, e anche spaventata all’idea di vedere la faccia di Sammy della compagnia, stringendo senza volerlo il braccio al biondo vicino a lei, che la guardò stupito.
-Ehi, tutto ok?-
-Eh? Ah, si. Spiegami però una cosa, come mai mi hai chiesto di uscire con te?-
-Così, volevo stare con la mia migliore amica-
Rachele guardò poco convinta il ragazzo affianco, limitandosi a prendere un profondo respiro a quello che le stava per toccare.
-Hai litigato di nuovo con Antonio, eh?-
-...si-
Rachele lanciò lo sguardo verso l’alto, rilasciando il respiro di prima, era incredibile quanto quei due litigassero, d’accordo che l’amore è bello se non è litigarello, ma ogni giorno c’era qualcosa!
Marco intanto si abbatteva affianco alla ragazza, che si passò una mano tra i capelli, ora si spiegava perché Marco avesse voluto uscire con lei di Domenica sera, cosa che il ragazzo non fa mai, anche perché quel giorno Antonio non aveva da lavorare quindi stava tutto il tempo con lui.
-Cos’è successo stavolta?-
-Non lo so, da un po’ di tempo è parecchio nervoso, e poi lo vedo spesso insieme ad una ragazza, e non è la sorella-
Antonio aveva il problema di non capire esattamente la sua situazione sentimentale, ammettendo si che era gay, ma anche guardando le ragazze, cosa che Marco non riusciva a sopportare, perché sapeva quanto il suo compagno poteva essere capace di tradirlo, era giù successo una volta.
Rachele aveva assistito a tutto lo svolgersi dei fatti, con la funzione di arbitro e consolatrice, anche se lei si riputava l’ultima persona a cui chiedere consigli in fatto di ragazzi, anche perché lei stessa era un po’ sfigatella in amore, aveva avuto si qualche storia, però le aveva detestate tutte.
E poi si era anche innamorata...
-Non so cosa pensare, che poi Antonio ed io abbiamo litigato sul fatto che io non gli dico mai niente, però anche lui si rifiuta di rivelarmi i suoi segreti-
allora, c’è da dire che all’inizio lo scoprire che Marco fosse gay stupì tantissimo Rachele, tanto che all’inizio la ragazza si trovava imbarazzata nel commentare ragazzi e ragazze quando restava con il biondino, ma alla fine si era trovata un amico ancora più divertente del solito, il che era davvero una bella scoperta.
Inoltre ci poteva parlare anche dei suoi casini amorosi, era incredibile quanto un’omosessuale fosse sensibile, una parte del ragazzo che a Rachele fece piacere scoprire, almeno così non avvertiva troppo la solitudine.
Però i casini vennero gia quando Marco confessò di essersi innamorato di Antonio.
Gia la differenza di età era sensibile, in quanto Marco aveva 18 anni e Antonio 27, inoltre Antonio all’inizio non era nemmeno gay, anzi, gli piacevano da morire le ragazze, infatti ci provava con tutte, ci aveva provato anche con Rachele stessa, che lo aveva messo nella lista delle persone antipatiche, per poi diventare sua amica.
Poi vabbeh, il come sono finiti a stare insieme è una lunga storia.
Ora però la ragazza si trovava di fronte al fatto che Marco stava per l’ennesima volta male per colpa di Antonio.
-Non so cosa dirti Marco, perché non hai provato a parlarci stasera?-
-Perché è uscito da oggi pomeriggio e non mi ha detto niente-
ahia.
Rachele fece un’espressione che voleva dire “ahia, mo so guai”, mentre i due si giravano, risalendo di nuovo il Corso, non erano voluti andare al Cinema anche perché non c’era nessun film interessante.

I'm living with false hope, and my eyes
Just wanna see a ray of light
I'm gonna find it in my fairy tale


La ragazza sentì di nuovo quella canzone dentro la sua testa, in qualche modo le era tornata in mente la prima strofa, e se la stava ripeendo mentalmente, mentre Marco cercava di cambiare tema della conversazione, optando per qualcosa di più delicato, tanto erano in vena stasera da quel che si capiva.
-I tuoi litigano ancora?-
Rachele annuì, prendendo per l’ennesima volta un profondo respiro, il fiato si condensava per la serata fredda, erano in pieno autunno.
-Anche stamattina si sono messi a litigare, mamma ha sbattuto la porta e si è messa a piangere, mentre mio padre ha preferito lavorare al computer.
La tua telefonata è arrivata giusto in tempo, così stasera non mi sono dovuta sorbire quell’aria elettrice-
-Ormai ci siamo, vero?-
-Già-
Marco si strinse di più a se la ragazza, che sorrise un po’ amareggiata, lasciandosi crogiolare nel calore del suo amico, mentre questo si guardava intorno, alla ricerca di un bar dove prendere una cioccolata calda.
Rachele si voltò un attimo, per poi fare una faccia sconvolta ed entrare frettolosamente nel bar, mentre Marco si stupiva del suo atteggiamento, voltandosi poi a guardare Sammy che in quel momento si fermava un attimo dal ragazzo a parlare con lui, mentre la ragazza dai capelli neri restava in silenzio, cercando di evitare di farsi vedere.
La canzone, soprattutto il primo ritornello le tornò in testa, mentre si voltava a guardare Marco, che parlava tranquillamente con Sammy e le altre ragazze.

I was just a silent girl
Always dreaming of a little angel
Close to my reality
Sing, la la la


Sapevano benissimo che lui era gay, e per questo spesso parlavano molto male di lui alle sue spalle, mentre Rachele restava in silenzio, anche se l’avrebbe difeso non avrebbe fatto altro che stimolarle ancora di più a parlare male di Marco.
“Non sono capace di difendere nemmeno il mio amico”
-Ehi, andiamo?-
la ragazza alzò lo sguardo verso gli occhi azzurri di Marco, annuendo, seguendolo verso un tavolo vicino alla vetrata del bar, osservando Sammy e le altre che ridevano, Rachele si limitò a non parlare, appoggiando il viso sulla mano aperta, osservando il mondo di fuori che si muoveva.

The summer is here, we kiss and fall in love
I wanna share the memories of long forgotten love


Si era dimenticata la frase in mezzo, e al momento non le veniva in mente, mentre ordinava una cioccolata calda con panna, Marco invece un Marocchino.
La ragazza osservò l’amico, i genitori erano del Nord, ed aveva ottenuto da loro un bel colore azzurro d’occhio mentre il suo biondo era scuro, tendente al castano, e non era per niente un ragazzo brutto.
I due iniziarono a chiacchierare del più e del meno, lasciando che tutte le cose ridicole che passavano nelle loro testa diventassero parole, pur di distrarsi un po’ dai loro casini, divertendosi, sorseggiando le loro bevande calde e scaldandosi un po’ il sangue e il cuore.
Quando stavano per uscire dal bar erano le dieci, e Rachele si stava rimettendo il cappotto mentre Marco cavallerescamente pagava il conto, quando la ragazza sentì qualcuno bussare al vetro.
Sotto il suo sguardo pietrificato, c’era...il bambino...che la guardava con aria un po’ triste, per poi scappare via, sotto lo sguardo perplesso e un po’ sconvolto della ragazza.

Now wake up, my silent girl
Take to flight, like a foolish angel
Sing me your fantasy
Sing, la la la


-Ehi, Rachele, andiamo?-
la ragazza si voltò verso Marco, finendo di aggiustarsi il cappotto e seguendo il biondino, uscendo dal bar con ancora uno stato di agitazione addosso, di nuovo quell’ansia che era riuscita a mandare via tornava prepotente, mentre guardava la strada che andava a diventare deserta, quando tra la gente passò il suo secondo stupore.
L...L’angelo!
Un ragazzo dai capelli castano rossicci un po’ costruiti con il gel si stava avviando verso un rumoroso bar verso la fine del Corso, la ragazza lo osservò a lungo mentre passava li davanti a lei, un po’ distante.
Era lui, l’aveva riconosciuto! Ma...ma dov’erano le sue ali?
-Rachele, mi vuoi dire cos’hai?-
la ragazza si risvegliò da quello stupore, voltandosi verso Marco, per poi guardare il ragazzo, che era scomparso, e cercando di risvegliarsi sgridandosi mentalmente.
Che idiota, credeva davvero che fosse lui, sarà stata un’altra volta una sua illusione, di sicuro era qualcuno che ci assomigliava parecchio!
Però...quel bambino con le ali rattoppate...non era stata una sua illusione.
-Niente Marco, mi sento un po’ giù-
-Beh, allora andiamo a folleggiare!-
la ragazza lo guardò stranita, il ragazzo sembrava molto più tranquillo di quello che era, o che doveva essere.
-Ma domani abbiamo scuola!-
-E dai, che ti frega! Per stanotte c’è lo possiamo permettere! Tanto a casa ti ci porto io!-
Rachele non era molto sicura dell’idea dell’amico, ma ricordandosi che Marco era astemio e detestava con tutte le sue forze l’alcool, cercò di convincersi che forse si sarebbe perfino divertita.
La puzza di fumo era qualcosa di allucinante in quel locale, le sarebbe rimasta impregnata addosso per parecchi giorni!
L’aria era anche calda e soffocante, e la musica dopo un po’ l’aveva assordata, mentre Marco la trascinava verso un buco libero dove mettersi a sedere, appoggiare i cappotti ed iniziare a scatenarsi con la danze, oggi il ragazzo sembrava intenzionato a divertirsi.
Vederlo così sorridente e così voglioso di ballare le fece venire una gran tristezza, stava scappando dall’ansia di scoprire che Antonio magari lo tradiva con una ragazza!
E mentre il dj di turno nel bar si divertiva a fare il suo lavoro con la musica di “What Is Love”, vecchia canzone di Haddaway, Rachele con una risata si faceva trascinare nell’allegra di Marco, iniziando così a ballare in mezzo alla gente, il locale era lungo e stretto, per arrivare la bar bisognava passare per la folla di quelli che ballava, e da li veniva molto fumo, nonostante fosse proibito.
Rachele intanto aveva iniziato a ballare, restando attaccata a Marco, avvertendo la sensazione selvaggia di muoversi abbracciarla e infondendole una grande energia che la faceva danzare, ritrovandosi anche ad unirsi ad altre ragazze che come lei si stavano divertendosi.
Era come in un ostato di estasi mentre ballava, poteva solo avvertire la musica, i respiri di chi gli stava accanto, il calore di Marco che l’abbracciava con fare possessivo, il suo amico aveva comunque la responsabilità che non gli accadesse nulla, anche se i genitori della ragazza si fidavano di lui.
Il respiro era diventato impercettibile tanto la musica le faceva vibrare il corpo, era talmente alta che entrava dentro di lei fin nelle viscere, scuotendola, mentre la ragazza tendeva a chiudere gli occhi per estraniarsi ancora di più.
Quando riaprì gli occhi anche Marco copiava il suo modo di fare, continuando con un braccio a tenerla stretta a se, quando la ragazza, voltandosi, si bloccò.
Il...il ragazzo...l’angelo!
Era molto più vicino a lei di prima, e stavolta poteva vederlo bene, era davvero lui, il taglio sulla guancia non era possibile da copiare, i capelli castano rossicci un po’ rovinati...e stava flirtando con un’altra ragazza!!
Era una con i capelli castani, sciolti sulle spalle, che si muoveva un po’ a tempo di musica, tenendo le sue braccia sulle spalle di lui, che le sorrideva, per poi parlarle all’orecchio facendola sorridere ancora di più, aveva una minigonna a vita molto bassa e molto corta, con una canottiera aderente per far vedere il fisico magro, e non si poteva dire che fosse brutta, anzi...
Rachele avvertì un profondo dolore, come se una macchina le fosse passata sopra, mentre vedeva lui avvicinarsi, iniziando a baciarle il collo.
Davanti agl’occhi di Rachele si riproposero le immagini di quella giornata di pioggia, di quel ragazzo, di quel bacio...
La ragazza si allontanò da Marco, che gia si era fermato per vedere cos’aveva Rachele, quest’ultima corse verso il bagno, scoprendo però che era chiuso, e si appoggiò sul muro li accanto, sconvolta, non aveva un posto dove nascondersi, dove arrabbiarsi, dove riprendersi, dove...dove piangere...
CHE RAZZA DI CRETINA!!
Quell’assurda storia di quelle ali, di sicuro se l’era sognate! Si era sognata tutto!
Ed adesso voleva svegliarsi da quell’orrendo incubo, svegliarsi e sapere che la sua vita di merda sarebbe ricominciata come al solito, con i suoi bassi e i suoi pochi alti, senza che fosse accaduto mai nulla, senza che quel bambino fosse mai apparso nella sua vita.
Il bambino dalle ali rattoppate, che era li, in piedi davanti a lei, e la guardava triste, anche lui stava piangendo come la ragazza, sembrava piangere per lei, per quello che le stava accadendo.
Rachele rimase pietrificata nel vederlo, era veramente spaventata nel vedere quel bambino la, in quel locale, per poi voltarsi e notare che nessuno lo aveva visto, nessuno lo stava vedendo, nemmeno le persone che passarono davanti a Rachele.
Vedeva quel bambino...quel bimbo solo lei...ed era terrorizzata...
Stava impazzendo, stava totalmente impazzendo!
In quel momento stava crollando a terra, con le lacrime agl’occhi, spaventata, arrabbiata, triste, il ragazzo stava baciando il collo a quella tipa, il fumo la stava soffocando, stava ballando in mezzo a degli sconosciuti, e per giunta quel bimbo che nessuno vedeva, solo lei, stava piangendo!!
“BASTA!! FATEMI USCIRE DA QUESTO INCUBO!!”
-Rachele! Ehi piccola!-
la ragazza alzò lo sguardo, incrociando gli occhi azzurri di Marco, il ragazzo si era inginocchiato verso di lei spaventato dall’atteggiamento dell’amica, che si limitò ad abbracciarlo sul collo, stringendosi a lui, parlandogli a voce normale per farsi sentire, anche se quello sarebbe apparso un sussurro.
-Portami via-
il ragazzo la strinse, facendola rialzare in piedi.
-Ok, vieni, andiamo via da questo posto, sono stanco anch’io-
lei annuì, asciugandosi con la manica della maglia a collo alto le lacrime, voltandosi a guardare il bimbo.
Era scomparso, come al solito.
Rachele si lasciò scappare altre lacrime mentre veniva trascinata da Marco, quando egli stesso si fermò, facendo cozzare la ragazza sulla sua schiena, stupendola.
-Marco cosa...-
la ragazza spalancò lo sguardo, mentre vedeva Antonio baciare con tanto di lingua una sedicenne, appoggiato vicino alla porta, con in mano un bicchiere mezzo pieno di birra.
Doveva essere ubriaco...
Rachele afferrò in fretta e furia i cappotti, per poi prendere Marco e tentare di trascinarlo via, urtando inavvertitamente contro qualcuno, che si voltò a lamentare, mentre lei teneva lo sguardo basso, trascinando con se il ragazzo.
-Ehi!-
-Mi scusi!-
urlò quelle scuse, continuando a portare via con se Marco, che osservava con aria sconvolta il bacio appassionato del moro, che solo quando Marco gli passò accanto lo vide, quel viso chiaro era dipinto in un’espressione di puro orrore, per poi svanire fuori dal locale, attirando su di se l’attenzione di Antonio che si staccò dalla sedicenne, che si lamentò ubriaca.
-Ehi idiota!!-
intanto il ragazzo dagl’occhi rossicci aveva guardato la ragazza che l’aveva urtato uscire dal locale, riconoscendo quella ciocca blu elettrico e i corti capelli neri.
...
-Marco! Dai Marco andiamo!-
-Quello...quel maledetto STRONZO!!-
Marco lanciò un’urlo di rabbia, facendo mollare la presa alla ragazza, che lo guardò iniziare a piangere, arrabbiato, furente, e triste, terribilmente triste.
Rachele gli abbracciò il capo, stringendolo a se, per poi guardare con paura Antonio, ubriaco che usciva dal locale, che si guardava intorno, per poi avvicinarsi ai due ragazzi.
-Oddio!-
Antonio afferrò una spalla di Marco, facendo voltare il ragazzo.
-Ehi Marco senti io...-
-Non mi toccare!!-
il biondo fece partire una sberla che colpì in faccia il moretto, mentre Rachele si allontanava, avvertendo la paura ghiacciarle il sangue, in quei momenti si sentiva troppo debole per poter fermare Marco, e il fatto che lui fosse furente la fece rabbrividire, quando il ragazzo si arrabbiava diventava davvero pericoloso, e pochi riuscivano a calmarlo.
-Ti odio brutto pezzo di merda! Sei solo uno schifoso bugiardo!-
-Marco, senti, quella era solo uno svago...-
-UNO SVAGO?! Coglione, allora anch’io sono solo uno svago, sono uno stupido con cui ti diverti a fare un nuovo tipo di sesso, vero?!-
-Marco...-
la voce di Rachele tremava leggermente, mentre reggeva in mano i due cappotti, avvertendo il freddo entrargli dalla maglia a collo alto fin nella pelle sudata, verso le ossa, mentre Marco all’ennesimo tentativo di Antonio di parlare mollava un cazzotto buttando a terra il ragazzo, questa volta il ventisettenne si arrabbiò, scaraventando via la bottiglia di birra che si era portato appresso.
-Adesso mi hai fatto davvero incazzare marmocchio!!-
Antonio afferrò Marco, scaraventandolo a terra, a quell’ora la strada era deserta, e i tre si erano allontananti a sufficienza da non farsi sentire, mentre Rachele si nascondeva nel buio, osservando scioccata la sfuriata tra i due, adesso la paura le aveva gelato completamente il sangue insieme alle vene.
Era spaventata...spaventatissima...
Marco e Antonio ormai si stavano pestando in maniera di sangue, tanto che ci scappò persino del sangue.

“C’era sangue, si stavano picchiando con violenza, e lui le tirava i capelli, mentre lei si sbracciava, tirandogli ceffoni e pugni per difendersi, mentre lei, piccolina, si rifugiava dentro lo sgabuzzino, tappandosi le orecchie e chiudendo gli occhi, non voleva sentirli, non voleva sentirli...”

-EHI! SMETTETELA!!-
la ragazza si risvegliò, vedendo una terza figura iniziare a separare i due, Marco era a terra, asciugandosi del sangue che colava dalla bocca, mentre Antonio era placcato da una figura più piccola di lui, urlando.
-LEVATI DI MEZZO ROMPICAZZI!-
-IDIOTA! COSI SPAVENTI LA RAGAZZA!!-
-NON ME NE FREGA UN CAZZO!-
-INVECE FREGATENE PERCHE’ COSI FACENDO AMMAZZERAI QUALCUNO!!-
Antonio venne bloccato dalle parole del ragazzo che lo placcava, mentre Rachele osservava Marco mettersi lentamente in piedi, notando che era stato ben pestato, il viso era ridotto in brutte condizioni, come quello di Antonio.
Ma si erano fermati...si erano fermati...
Rachele si permise un singhiozzo, lasciandoselo scappare, attirando così su di se l’attenzione di tutti e tre i ragazzi, la ragazza si tappò la bocca, cercando di bloccarsi, ma i singhiozzi cominciarono ad aumentare, alcune volte facendosi frenetici, il corpo si smuoveva, mentre altre lacrime cominciavano a calare sul viso, fortunatamente non si era truccata, se no sarebbe apparsa orribile in quella situazione.
Marco cercò di avvicinarsi alla ragazza, ma il ragazzo che placcava Antonio fu più veloce, abbracciandola con forza, iniziando a sussurrare.
-Shh, è tutto finito, calmati...calmati piccola-
la ragazza piangeva, lasciando che quel corpo caldo la coccolasse gentilmente, mentre gli altri due ragazzi si guardarono un attimo, per poi rivolgersi a quello che stava parlando.
-Bello spettacolo, i miei complimenti, l’avete spaventata a morte!-
la ragazza alzò lo sguardo verso il suo consolatore, e ci rimase di sasso scoprendo che era...l’angelo...
Questo si voltò verso di lei, accarezzandole affettuoso la testa, sorridendogli con aria gentile.
-Adesso calmati, è tutto a posto piccola-
lei lo guardò stupita.
-Ma...tu...-
-Rachele, scusami-
lei si voltò verso Marco, e si staccò decisa dall’abbraccio di quello sconosciuto, avvicinandosi all’amico biondo, che l’abbraccio colpevole, mentre Antonio si limitava a tenere lo sguardo basso, rivolto da un’altra parte.
-Marco, risolveremo la faccenda più tardi, intanto torna a casa-
il biondo si limitò ad annuire, lasciando che l’altro se ne andasse, per poi prendere il suo cappotto, ed aiutare Rachele a sistemare il suo.
-Torniamo a casa?-
-...-
Rachele stava per annuire, ma la lotta le aveva ricordato troppo la situazione in famiglia, e scosse decisa la testa, era ancora un po’ spaventata.
Alzò lo sguardo verso Marco, però lui doveva chiarirsi con Antonio...come faceva?
-Se vuoi ti accompagno io dopo a casa-
Rachele si voltò verso il ragazzo dagl’occhi verdi, che si fece avanti, mentre la ragazza era tentata di dire di no, la scena di prima l’aveva colpita come uno schiaffo.
L’idea di stare sola però non le andava molto.
...
-Per me non c’è problema. Torna pure a casa Marco, devi anche medicarti-
-Non mi fido molto a lasciarti con questo estraneo-
Rachele scosse la testa, sorridendo, asciugandosi l’ultima lacrima che era scappata via.
-Vai-
Marco sbuffò, allontanandosi, facendosi promettere che appena lei sarebbe arrivata a casa gli avrebbe fatto uno squillo, il biondo velocemente sparì nel buio, mentre la ragazza si voltava verso il ragazzo dagl’occhi verdi.
-Comunque io sono Rachele-
-Piacere, Raffaele-
i due si strinsero la mano, poi lui apparve visibilmente imbarazzato ed impacciato, stupendo la ragazza.
-Allora, hai detto che non volevi andare a casa, ed io non voglio tornare nel locale. Che facciamo?-
Rachele osservò in silenzio il comportamento del ragazzo, non si fidava per niente di lui, poi avverti ancora il freddo, rabbrividendo leggermente, Raffaele la guardò tremare, e sorrise, offrendogli il braccio.
-Prendiamo qualcosa di caldo al bar-
lei annuì, anche se non lo prese sotto braccio, affiancandolo e seguendolo mentre risalivano il Corso.

Quando arrivò nell’appartamento che divideva con Antonio, il salotto era al buio, e la finestra spalancata per lasciar entrare l’aria fredda, rendendo l’atmosfera fredda, e facendo rabbrividire il biondo, che si affrettò a chiudere, per poi fermarsi di fronte alle luci che c’erano fuori dall’appartamento, la via dov’erano era tutta illuminata dai lampioni, erano proprio nel Centro, vicino a loro il centro commerciale ancora illuminato.
Avvertì la sua presenza quando si mosse sul divano, attirando su di se l’attenzione di Marco, che si era tolto il cappotto, sotto aveva una giacca della tuta giallo accesso e sotto ancora una maglietta senza maniche bianca, con i jeans che scivolavano sui fianchi mostrando un pezzo di boxer bianchi.
Nessuno dei due parlò, Marco perché aveva il terrore di sentirsi dire che era finita, che non potevano più stare insieme, che magari Antonio si era stancato!
Anche la prima volta si erano lasciati perché Antonio non era sicuro del fatto di voler avere una relazione con un ragazzo, mentre Marco gli aveva detto chiaro e tondo in faccia che lo mollava perché preferiva scoparsi una troietta che amarlo.
Era così incazzato quella volta...
I due rimasero a lungo in silenzio, poi Marco sospirò, deciso a prendere in mano la situazione, piuttosto che farselo dire preferiva prendere lui l’iniziativa.
-Se non hai niente da dirmi io vado a preparare le valigie, me ne vado-
-E dove pensi di andare?-
-Forse tornerò dai miei, o magari mi farò ospitare da qualche amico-
in effetti non aveva idea di dove andare, e non voleva disturbare Rachele, però di restare li non se la sentiva, anche perché quell’appartamento era pieno di ricordi, di immagini, di cose che ogni volta portavano Marco a pensare a lui e ad Antonio insieme.
Quel posto era terribile...
Voleva andarsene da li...
Antonio osservò il profilo del ragazzo, cercando di ricordare il perché si era messo con lui, il perché ancora adesso il pensiero che lui se ne andasse lo faceva stare male, il perché adesso aveva voglia di abbracciarlo ed implorarlo di non andarsene.
Non gli veniva.

Venire ad incontrarti, chiederti scusa
Se non so quanto sei adorabile

Io devo trovarti
Dirti che ho bisogno di te
Dirti che ti ho messo da una parte


Sapeva solo che in quel momento aveva un’urgenza di abbracciare quel ragazzo che con il viso tutto arrossato gli aveva detto che lo amava, che si era innamorato di lui, e che non si vergognava di essersi innamorato di un’uomo.
Quel ragazzo era di sicuro molto più maturo di lui, che continuava a flirtare con le ragazze, mentre in realtà pensava solamente a quel biondino di diciotto anni, omosessuale.
Si vergognava, si vergognava a dire che anche lui era innamorato di Marco, si vergognava e aveva paura di essere deriso, di essere rifiutato da tutti solo perché si era innamorato di un ragazzo, un ragazzo che però gli appariva molto più bello di tutte le ragazze che vedeva ad incontrava.

Correndo in cerchio
Vengono fuori le storie
Capi di una scienza apparte

Nessuno ha detto che sarebbe stato facile
E’ solo una vergogna per entrambe le parti
Nessuno ha detto che sarebbe stato facile
Nessuno ha mai detto che sarebbe stato così duro


Marco si spostò dalla finestra, tenendola aperta, il vento muoveva leggermente la tenda bianca, mentre il biondo si spostava verso l’altro divano del salotto, davanti allo sguardo di Antonio che si era messo seduto, Marco cadde sprofondando nel divano, lasciando andare un respiro stanco, massaggiandosi gli occhi, oggi portava le lenti a contatto, gli occhiali li aveva lasciati in camera.
Restò zitto ad ascoltare il silenzio presente della stanza, interrotto solo dallo sbuffo di Antonio, che fece riaprire gli occhi al ragazzo, non si era addormentato, non aveva più sonno da un po’ di tempo.
-Almeno dimmi perché Antonio-

O, riportami sulle stelle

Il moro non rispose, passandosi una mano tra i capelli corti, nerissimi, mentre entrambi avvertivano il forte odore di fumo nel locale che aveva impregnato i vestiti uscire fuori, facendo puzzare la stanza, per fortuna la corrente d’aria lo allontanava un po’.
-Perché stavi flirtando con quella sedicenne? Perché non mi dici cosa ti passa per la testa, perché da quando ci siamo rimessi insieme non facciamo altro che litigare?-
Marco stava lasciando andare tutte le domande che lo stavano torturando in testa, lasciando anche che una lacrima facesse quello che gli andava, era troppo stanco per muoversi, per pensare, sperava che parlando la sua testa si sarebbe sgonfiata, avrebbe cancellato via tutto quelle domande, quelle paura, quell’ansia che lo attanagliava.
Antonio invece stava zitto ad ascoltare, si vergognava...come si vergognava del fatto che era innamorato di quel ragazzo, che gli piaceva lui e non, come normalmente si suppone, una bella ragazza, ma un ragazzo biondi, di diciotto anni.
Il silenzio di Antonio fece innervosire Marco, che strinse il pugno, lasciando che le lacrime se ne andassero.

Io stavo solo tirando ad indovinare
Numeri e figure
Spingendo da una parte i tuoi rompicapi

Domande di scienza
Scienza e progresso
Non parlare così forte come il mio cuore


Antonio mormorò quelle parole, tenendo il capo basso, doveva dire qualcosa, o Marco avrebbe pianto con ancora più forza, diventando lamentoso.
-Io e te non siamo normali Marco-
il biondo rimase colpito da quelle parole, mentre le lacrime continuavano a scorrere imperterrite, la mano che prima si era stretta a pugno si era bloccata, il respiro si era mozzato, per poi tornare lentamente, per un attimo il biondo aveva pensato di morire li.
Antonio invece continuava a parlare, a voce bassa, cercando di dare un ragionamento logico alle sue idee.
-Io e te siamo due maschi, e ci amiamo a vicenda, e questo non è normale.
L’omosessualità...è una malattia...
Ed io e te siamo malati-
Erano malati di quell’amore reciproco, era totalmente insensato e fuori di testa che due ragazzi si potessero innamorare, si potessero amare, potessero vivere insieme come se niente fosse.
-Quando ho visto quella ragazza che ci provava con me, ho pensato che con lei potevo guarire da questa malattia, invece ha peggiorato solo le cose.
Mentre la baciavo, infatti, ho pensato a te, a come la gente ti guarda, al fatto che avevi ammesso che eri omosessuale.
Ed io...sono spaventato...dal fatto che io come te lo sia...-
Marco teneva gli occhi spalancati, avvertendo il corpo fargli male, il cuore fargli male, la testa che gli faceva male, quelle parole erano come sassate, gli stavano entrando nel cervello come sassate, quelli erano i pensieri della gente...Antonio stava pensando come l’altra gente.
E dire che sembrava che non fosse così quando si erano rimessi insieme per la seconda volta, sembrava tutto andare bene, invece Antonio...Antonio in quel momento gli stava spiegando che li faceva schifo perché era un gay! O come simpaticamente la gente lo chiamava un finocchio!

Dimmi che mi ami
Torna indietro e infastidiscimi
Oh, ed io salirò sulla partenza

Correndo in cerchio
Incastoniamo le storie
Tornando indietro a come eravamo


-Ogni volta che vedo una bella ragazza mi viene voglia di parlarci, ma ogni volta penso a te, alla nostra relazione, al fatto che io e te stiamo insieme.
E al fatto che non è assolutamente normale insomma...io e te potremmo essere amici, ma noi due stiamo insieme!-
Lo pensava ogni volta che vedeva una ragazza, ed insieme a lui pensava che era malato, che essere omosessuale era la cosa più sbagliata che poteva esserci, che gli altri non li accettavano, perché erano diversi.
Eppure Marco amava Antonio, si era innamorato di lui...

Nessuno ha detto che sarebbe stato facile
E’ solo una vergogna per entrambe le parti
Nessuno ha detto che sarebbe stato facile
Nessuno ha mai detto che sarebbe stato così duro

O, riportami sulle stelle


-Insomma...-
-Smettila, ho capito-
Marco si rialzò in piedi, più che altro perché la sua mente gli stava urlando di alzarsi, di smettere di lesionarti inutilmente, che ormai si era capito.
Antonio era disgustato dal fatto che Marco lo amava, era disgustato dal fatto che era omosessuale come quel ragazzo, era schifato dal fatto che ogni volta che vedeva ad una bella ragazza gli veniva in mente l’immagine del biondino.
Aveva capito, lui era stato chiaro, e Marco era stanco di farsi del male.
Non potevano tornare indietro, non potevano andare avanti.
Allora era meglio fermarsi li.
Marco continuava a piangere, ma la sua voce era ferma e tranquilla come al solito.
-Dormirò qui stanotte.
Cercherò al più presto un posto dove andare, non ti preoccupare.
Mi dispiace per il disturbo che ti ho causato fino adesso.
Perdonami Antonio-
Il moretto ascoltò quelle parole in silenzio, avvertendo in ognuna di questa una sorta di lama che lo trapassava, perché aveva parlato, perché aveva dato voce alla sua ragione.
Marco si allontanò da Antonio avviandosi in bagno e chiudendo a chiave la porta come al solito, aprendo l’acqua della doccia, senza neanche un lamento, un urlo, qualche protesta, qualcosa che potesse smuovere il ventisettenne, obbligarlo ad alzarsi da quella poltrona, a bussare alla porta del bagno, ad abbracciare Marco e a dirgli che tutto quello che aveva detto erano solo una marea di cazzate.
Niente, Marco si fece la doccia, mentre Antonio andò a dormire, doveva svegliarsi presto l’indomani, doveva andare al lavoro...

-Ti volevo chiedere scusa-
Rachele si fermò, stupita, mentre vedeva Raffaele sorridere con aria mesta, guardandola colpevole.
-Volevo chiederti scusa se ti ho fatto star male quando mi hai vista con quell’altra ragazza, non era mia intenzione-
la ragazza spalancò leggermente gli occhi, rimanendo colpita da quelle parole, era strano ricevere delle scuse ora, dopo aver preso una cioccolata per distendersi i nervi, dopo la passeggiata con quelle chiacchiere e quelle risate.
Tutta la sua rabbia era scemata via, seguendo il vento, come una fiamma che muore senza aria da bruciare.
Lei ci pensò su, per poi scuotere la testa e sorridere.
-Non fa niente. In fondo, io e te non siamo fidanzati.
Per caso quella era la tua ragazza?-
Raffaele ridacchiò all’idea, mentre affiancava la ragazza, riprendendo a camminare.
-No, non lo è. Era solo...una distrazione...-
-Anch’io lo sono stata?-
Raffaele si voltò di scatto a guardare il profilo di Rachele, la ragazza non aveva voglia di guardarlo in faccia, limitandosi a guardare il mare, erano arrivati verso la spiaggia, sotto il Corso, il mare era calmo, il suo rumore placido e continuo era ipnotizzante per la ragazza, che fissava il buio del cielo confondersi con il nero dell’acqua.
Il ragazzo si voltò anche lui verso il mare, fissandolo per poter capire se lei era stata veramente uno svago passeggero.
L’aveva visto sotto la pioggia, ferito, e poi lo aveva seguito fin la sotto, e lui l’aveva abbracciata...l’aveva baciata...seguendo la sua tristezza...per poi ricordarsi quegl’occhi cangianti, che lo avevano aiutato a dimenticare ciò che era successo con quell’uomo, in quegl’istanti.
...no...
-No, tu non sei una distrazione-
lo disse con un tono triste, quasi abbattuto, spingendo Rachele a voltarsi verso di lui, il vento che soffiava sollevava leggermente la sua ciocca colorata, attirando lo sguardo del ragazzo, che se la prese tra le dita, giocandoci, mentre gli occhi di lei si erano tinti di un nero brillante, come il mare che rifletteva il cielo di quella sera.

Love is a simbol of eternity...

Rachele avvertì di nuovo quella frase ritornarle in testa, come un sussurro, stavolta aveva l’impressione che se la sarebbe ricordata, mentre Raffaele si aera avvicinato a lei, appoggiandole il capo sulla spalla, la loro differenza di altezza non era tanta, mentre Rachele rimaneva immobile, avvertendo di nuovo quella sensazione avvolgerla con delicatezza, come se il tempo, in quegl’istanti, si stesse fermando, tutti i suoi pensieri erano svaniti, nella sua testa c’era solo il calore del ragazzo, mentre le sue mani si muovevano da sole, abbracciandolo.

Love is a simbol of eternity...that wipes away all sense of time…il resto…

Le braccia di Raffaele la strinsero a se, mentre sotto lo sguardo sbalordito di Rachele apparivano di nuovo, candide, luminose, pure.
Le...le ali...d’angelo...
Le sue energie erano svanite, mentre una mano di allungava verso quelle ali, tentando di accarezzare le piume, avvertendone una tra le dita, sotto il suo sguardo sconvolto, una lacrima faceva capolino dagl’occhi.
-Tu...tu hai...-
Raffaele era rimasto immobile avvertendo quelle dita sulle sue piume, per poi stringerla di più a se, mentre lei si lasciava racchiudere in quell’abbraccio, nascondendo il volto in quel petto, sconvolta.
-Oddio...sto impazzendo...-
-Perdonami...-
Rachele alzò lo sguardo verso il ragazzo, gli occhi verdi fissi su quelli al momento neri di lei, che lasciava scappare qualche lacrima, che lui si affrettò ad asciugare via, abbracciandola di nuovo e stringendola a se, come se da un momento all’altro la ragazza sarebbe svanita via, lei rimase immobile, lasciandosi cullare da quelle braccia.
Bastava quell’abbraccio, ora, bastava così...
Quando Raffaele la lasciò andare, Rachele sembrò più sollevata, stringendo comunque con una mano la maglietta del ragazzo sotto il cappotto.
-Potresti riportarmi a casa per piacere?-

Il carillon lasciava una musichetta sottile, che però si faceva sentire per tutta la grande sala, mentre lei appoggiava sulla scala la scatolina, era notte tarda, e tutti ormai stavano dormendo, lei era sgaiattolata via dalla sua stanza, insieme a quell’oggetto, che ora rilasciava la sua musica, dopo averlo caricato per bene, ed ora lei si metteva comoda, seduta su quello scalino, ad osservare il buio, aspettando il fratello, i capelli castani erano leggermente spettinati, mentre tra le braccia stringeva il suo pupazzo, un coniglietto di pezza con gli occhi a bottone. Il buio dell’enorme sala sembrava inglobare quella figurina con il rumore del carillon, che continuava a rilasciare quella musichina, mentre la bimba si guardava intorno, come se avvertisse qualcuno.
Alzò lo sguardo verso l’alto, per poi lentamente spostarlo, fino a fermarlo al buio accanto a se, limitandosi a guardarlo con aria innocente, muovendo poi la manina in un gesto di saluto, tornando poi a guardare la scala e la porta d’ingresso, mentre il carillon continuava a suonare, lentamente la musichetta andava a finire, mentre la bimba restava sulle scale, fino ad addormentarsi li, con il pupazzo di pezza e la scatolina che non emetteva più alcun rumore.

Fine Capitolo 3
  
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