Scrivi.
[Se ti perdi, prima o poi ti ritroverai]
Non
scrivo per me.
Non
scrivo per chi legge.
Scrivi
perché senti il suono del silenzio.
Scrivi:
dai forma a fatti, sensazioni, sentimenti, persino; dai spazio a slanci,
voglie, stecche e risate.
Rendi
reale, ordinato e duraturo ciò che per antonomasia è astratto, sconclusionato
ed effimero più di: la vita.
Non
si tratta di rovesciare situazioni, denunciare ingiustizie, rivoluzionare
universi, scioccare epoche.
Non
si tratta di perdurare nell’oltranzismo o fluttuare nel limbo dell’accidia per
più del dovuto.
Tutto
sta nel sentire quanto un pomeriggio di noia, una notte di corse in macchina,
un anello di fumo sbavato, una sbronza triste e una sgattata liberatoria,
un’amicizia sul punto di morire, una lunga litigata coi genitori abbia voglia
di essere scritta.
Scrivi
scioccando una società già scioccata dal rendersi conto che la pace nel mondo
la vuole davvero, compiacendo i socialisti benpensanti già compiaciuti dal
fomentarsi della loro clonazione. Ma non scrivi per scioccare o compiacere.
Scrivi
delle esigenze di questa generazione medio stanca, medio stronza, medio fessa,
medio depressa, medio guerrigliera, medio e basta; scrivi di coloro che si
rifiutano di credere che esiste un punto a metà strada da qualsiasi
destinazione in cui ti si apre una rosa di infinite possibilità azioni pensieri
modi di esistere anche solo. Scrivi di collane di parole dalla chiusura rotta,
immagini che ti bruciano la retina, frasi scritte col rossetto sullo specchio
del bagno del ragazzo di turno, foto che ti ritraggono piccolo e goffo alle
prese con un mondo ancora da scoprire.
Scrivi
di queste cose perché senti che vogliono essere scritte.
E
c’è una traccia, che vuoi trasmettere, perché non ti ricordi il nome del nonno
di tuo nonno ma sai che è vissuto un certo Aristotele molto prima di lui perché
la regola se vuoi sopravvivere è proprio trasmettere quella traccia aspettare
sperare che sia più forte del DNA.
C’è,
questa traccia, ma non scrivi per essa.
Scrivi
perché senti il richiamo delle cose che vogliono essere scritte.
Senti
la loro voce nel fondo di un caffè nella barzelletta di un amico nella forma di
una nuvola nel silenzio - prendi Moleskine e matita e cominci ad intessere una
poesia una canzone un romanzo.
Se
scrivi sei dotato dell’orecchio interiore e non è necessariamente una fortuna
perché non perdi occasione per ricordarti che vivere non è fare un terno al
lotto del soldi-amore-salute che in un baleno c’è un fantastiliardo di
sfumature di cui se ne captano una decina al massimo e niente convenzioni
condizioni convinzioni e allora lasciati inghiottire dalla girandola
psichedelica centrifugare e poi risputare più diffidente disilluso deluso forse
ma libero liscio e rock come un chitarrista dopo un buon assolo anche
Quanto
a me, scrivo perché non so far altro.