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Autore: Dita    04/05/2010    1 recensioni
Questa è la mia prima fan fiction su True Blood. Anzi, questa è la mia prima fan fiction. E’ un racconto che all'inizio sembrerà sospeso... ma che poi troverà la giusta collocazione all'interno della saga. La fanfic è ispirata (più per la struttura, che per la trama) all'omonimo film "Before Sunrise - Prima dell'Alba" di Richard Linklater. La fan fiction non ha scopi di lucro ecc ecc, i personaggi appartengono a C. Harris, (a parte qualche piccolo personaggio di mia invenzione). Commentate senza pietà e buona lettura!
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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TB2 Dopo aver sgomberato il locale, io ed Eric ci ritrovammo da soli in quella sala dalle luci rosse. Aveva già spento la musica, e il silenzio mi stava mettendo a disagio.
Ralph-il-barista se ne era già andato passando dal retro, lasciandoci con un “Il resto lo sistema Ginger”.
“Non c’è Pam?!” chiesi guardandomi in torno, come se non ci avessi fatto caso prima.
“E’ a New Orleans, sta sbrigando delle cose da parte mia” disse dirigendosi verso il suo ufficio.
“Dove vai?!”
“A cambiarmi” disse indicandosi la tuta e le ciabatte infradito.
“Non pensavo che ti facessi questi problemi…” storsi un sorriso malizioso, mentre era già sparito dietro la porta. 
All’improvviso mi venne in mente di guardarmi allo specchio. Avevo i capelli sciolti sulle spalle, fortunatamente li avevo lavati quella mattina, e un semplice vestito color petrolio, senza maniche, stretto in vita e dalla gonna morbida. Molto simile a quelli che si usavano negli anni ’50. Mi diedi una veloce sistemata al trucco, togliendo con le dita le piccole sbavature di mascara che si erano formate vicino agli occhi durante la giornata. Forse ne avevo messo troppo. “No…”
Distogliendo l’attenzione dalla mia immagine riflessa, mi accorsi che Eric era già  dietro di me, e mi guardava con un sorrisetto compiaciuto, come volesse dire “ti ho beccato”.
“Che cosa c’è?! Non mi posso dare una sistemata?” sbuffai. 
Era molto casual, era raro vedere Eric tirato di tutto punto. Non ne aveva bisogno. Indossava dei jeans neri, e una t-shirt bianca con una grossa bocca rossa e una scritta tutta sbavata: suck my kiss. Niente infradito. I capelli, normalmente tirati indietro, gli cadevano sul viso, dandogli un aria più… umana?
“Possiamo andare?” mi chiese mentre chiudeva dall’interno la porta principale del Fangtasia. Uscimmo anche noi dal retro.
Mi aprì la portiera del passeggero della sua macchina, e con un gesto della mano mi invitò ad entrare. Appena mi sedetti chiuse la portiera. Nel secondo successivo, il tempo che impiegò Eric a sedersi alla guida, mi scorsero nella mente mille pensieri, e si conclusero tutti in uno: "spero che non lo venga mai a sapere Sam."
“A cosa pensi?” mi chiese mentre il motore iniziava a farci le fusa sotto il sedere.
“Oh nulla… al fatto che voglio tornare a casa viva” dissi, usando un tono che potesse sembrare superficiale “sempre che questo non ti rovini la serata.” 
Guardavo fuori dal finestrino.
Mi accarezzò di sfuggita il mento, inducendomi a voltarmi verso di lui. 
“No questo non mi rovinerà la serata. Stai tranquilla” rise, pizzicandomi la guancia. 
Accesi la radio, e un cd partì automaticamente. Eric se ne stava alla guida guardando la strada, tamburellando le dita sul volante a tempo di musica. Trovavo piacevole guardare il suo profilo, che di tanto in tanto veniva illuminato dai fari delle macchine che andavano in direzione contraria.
Mi aspettavo di sentire altra musica metal sulla macchina di un vampiro, invece mi trovai ad ascoltare un rock della fine degli anni ’70. Partì una melodia prevalentemente caratterizzata da forti bassi e batteria, il cantante aveva una voce greve, dall’accento inglese e triste. Piacevole. Eric gli andò dietro, lanciandomi delle frecciatine, come se si aspettasse che da un momento all’altro lo deridessi. Invece intonò la canzone imitando perfettamente il cantante, così mi limitai a sorridergli. 

“But love, love will tear us apart again…” 

“Non ti piacciono i Joy Division?” mi chiese, distogliendo gli occhi dalla strada.
“E’ triste…”
“Beh, non ti puoi aspettare altro da uno che è morto suicida...”
“Lo conoscevi?”
Rise.
“No! E' dagli anni '40 che sono qui, negli Stati Uniti, e si impiccò prima di iniziare il tour americano, per cui...”
“Com’è l’Europa?” chiesi davvero incuriosita. Non ero mai andata molto lontano dalla Louisiana, e questa cosa mi faceva sentire come un topo in gabbia.
“Beh, bellissima! Un po' mi manca. Parigi all’inizio del 900 era strepitosa.”
“Parlami in francese!” gli chiesi piena di frenesia, mi sentivo davvero una bambina.
“Que puis-je dire?” disse ridendo. Poi mi guardò, penetrandomi con gli occhi “Puis-je boire ton sang ce soir? Laissez-moi… laisse-moi être ton sang, laisse-moi essayer…" 
Non capii una parola di ciò che aveva detto, ma sembrava una cosa bellissima. 
“Non ho capito un accidente…” dissi trasalendo dall'aria sognante. 
Tornò a guardare la strada. “Meglio così” rise di nuovo. 

Per un po’ ce ne stammo in silenzio, ad ascoltare una canzone che continuava a ripetere che “lei aveva perso il controllo di nuovo” 
Faceva un caldo pazzesco, era estate, ed ovviamente Eric aveva il condizionatore spento. 
“Ti dispiace se accendo l’aria fresca? Fa caldissimo” gli chiesi facendomi aria con la mano. 
“Fai pure…” 
“Scommetto che non l’hai mai acceso” dissi puntandomi tutta l’aria addosso. 
“Si in effetti è vero.” 
“Morto o no, non l’avresti mai usato comunque, per risparmiare sulla benzina!” risi al solo pensiero. 
“Guarda che non sono tirchio, sono avido. E' differente” rise anche lui.
Godendomi quel momento sdraiata sul sedile, con tutta quell’aria che mi picchiava contro, immaginai di essere Marilyn Monroe in Quando la moglie va in vacanza. 
“Così però mi invadi la macchina del tuo odore” disse lanciandomi un occhiata. 
“Ho un brutto odore?!” ero molto imbarazzata. 
“No, tutt’altro” disse spegnendo il condizionatore e abbassando il finestrino dalla mia parte. 
“Ma dove stiamo andando?” mi venne in mente solo allora, di non aver la minima idea di dove mi stesse portando. 
“C’è un posto carino appena prima del Red River Bridge” disse non distogliendo lo sguardo dalla strada. 
“Spero solo che il tuo posticino non sia uno di quelle solite bettole per vampiri” 
“No, è un locale piccolino, che dà sul fiume. E’ gestito da una vecchia maga voodoo, non è un posto creato apposta per i Supe. Non è di quel tipo, è carino ti piacerà. Ogni tanto ci vado perché fanno ottimi drink per vampiri” 
“In che senso fanno drink per vampiri?!” 
“Mischiano cose, tipo erbe o spezie ai vari tipi di sangue, ne hanno di tutti i tipi…” 
“Non lo voglio sapere” mi affrettai a dire. 
Potevo già vederlo il Red River Bridge, il ponte che collegava Shreveport a Bossier City. Il fiume era tutto illuminato, di giorno non era un granché, ma di notte era decisamente tutta un’altra cosa.





Per chi non avesse letto i libri, Supe, sta per "creature soprannaturali".
Spero che le frasi in francese siano corrette:
("Cosa posso dire?"  disse ridendo, poi mi guardò, penetrandomi con gli occhi "Posso bere il tuo sangue stasera? Permettimelo... Lasciami essere il tuo sangue, lasciami provare...")

Ne approfitto per ringraziare chi ha già commentato il primo capitolo, dato che l'ho pubblicato stamattina!
Spero vivamente che la storia sia di vostro gradimento.
 
 
 

 
  
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