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Autore: Akrois
- Titolo: die Krähe
- Titolo del Capitolo: 01 “Del corvo, del buon prete, della gelosia
e degli impiccati”
- Personaggi:
Nord Italia (Feliciano Vargas), Germania (Ludwig Beilschmidt) –comparsa-
Prussia (Gilbert Beilschmidt).
- Genere: Commedia triste si potrà dire?
Storico.
- Rating: Arancione.
- Avvertimenti: AU, yaoi, OOC.
- Conteggio
parole: 3.109
- Note: Una breve fic a capitoli
(due, credo, Tre al massimo) in cui vi beccherete tutti i parti della mia mente
malata.
Beh, sicuramente non malata come quello che ha
disegnato Hello Mussolini (Hello Kitty conciato a Mussolini. Roba da incubi
O.O). Ah, ho appioppato un grado a Gilbert, più che altro per distinguere tutti
quei “Herr Beilschmidt” ù.ù Non mi ricordo qual è la traduzione di quel grado.
Voi guardate su google. *non ho voglia di mettere notizie e link mode: ON*. Ah,
lo shirmuetze
è il cappellino standard che portavano nelle divise. Questo
tanto per capirci.
Ah, Feliciano è OOC. Mi sono spesso chiesta come
sarebbe Hetalia se lui non fosse così patologicamente
tonto. Se fosse più calcolato, falso, potremmo dire. Uno che ride allegro ma
può benissimo essere cattivo quando necessario. Boh, questo è quello che ne è
uscito: il mio personale Feliciano. Un filino più profondo di una pozzanghera,
almeno.
01
“Del
corvo, del buon prete, della gelosia e degli impiccati.”
Fissa gli occhi neri del corvo in silenzio. Lo segue
mentre muove quella testa di piume quasi bluastre sotto la luna.
I corvi non gli sono mai piaciuti. Si ricorda di
quando sua nonna diceva che i corvi portano sfortuna, che quando li vedi di
sicuro capitano le disgrazie. Non che ci creda, eh. È solo che si fida poco.
Cerca di distogliere gli occhi, ma un secco
gracchiare del corvo riporta la sua attenzione su di lui. Spera che nessuno lo
veda, anche perché osservare un corvo per più di venti minuti di fila è di
certo un rapido sistema per farsi deportare come malato mentale.
Il corvo gracchia di nuovo, ma questa volta un
leggero fischio accompagna quel suono disarmonico. Riconosce subito quel
motivetto allegro e stupidotto che proviene da dietro di lui. Si volta
lentamente, incontrando un ragazzo sorridente. Lo vede fischiettare mentre si
dondola sui piedi, con le mani dietro la schiena e la cartella di pelle marrone
che rimbalza sul sedere. Solo quando finisce il motivetto si ferma, lo guarda e
sorride.
-Herr Beilschmidt, cosa state facendo, di grazia?-
domanda il ragazzo avvicinandosi a lui con due rapide falcate, chinandosi a
osservare il corvo – Oh, cielo, sapevo di essere in ritardo, ma non credevo che
questa poca attesa vi avesse portato alla follia.- dice voltandosi verso di
lui. L’uomo sospira, togliendosi il capello e passandosi una mano fra i sottili
capelli biondi – Smettetela, Herr Vargas. Sapete benissimo che non sono pazzo.
Il ragazzo ride, passando le braccia sottili attorno
al braccio muscoloso del biondo, lanciando poi un’occhiata generale al suo
abbigliamento – Perdonatemi, Herr Beilschmidt, ma per quanto io creda nel
fascino dell’uomo in uniforme vorrei pregarvi di non venire da me con questa –
muove la testa dal basso all’alto e poi dall’alto al basso, storcendo la bocca
– err… Roba? Non saprei come definirla.
- Divisa credo sia il termine più appropriato, Herr
Vargas.- il biondo si sistema lo shirmuetze
sul capo, facendo scivolare le dita sulla pelle nera della visiera – Questa
divisa rappresenta il mio orgoglio di nazionalsocialista, Herr Vargas,
chiedermi di privarmene sarebbe eccessivo. Inoltre ho appena finito il mio
turno e non sono riuscito a cambiarmi.- aggiunge con un sorriso. L’italiano
ridacchia coprendosi la bocca con la mano (e il biondo deglutisce perché adora
quel gesto, delicato e femminile ma che non stona assolutamente sul ragazzo.
Sarà per il viso delicato o le mani piccole, ma sembra un gesto perfetto per
lui.), stringendosi appena di più al suo braccio – Benissimo, Herr Beilschmidt,
ma cosa ne direbbe se io trovassi un modo molto convincente di farle togliere
questo funereo abbigliamento?- l’uomo arrossì leggermente – Oppure preferisce
star qui a fissare il corvo?- l’italiano si volta per cercare il corvo, ma il
volatile sembrava aver deciso di non gradire d’essere bellamente ignorato e si
era dileguato mentre loro parlavano –Oh, perfetto! Vede, ora non c’è neanche il
corvo- cinguetta l’italiano, dondolandosi di nuovo – quindi siete costretto a
venire a casa con me, Herr Beilschmidt!~♥- l’uomo sorride, poggiandogli
una mano sul capo, arruffando i capelli castani.
Parlano piano, i due uomini nella notte, scivolando
di ombra in ombra, mescolandosi con esse. Il ragazzo sorride e chiacchiera,
raccontando la sua giornata al locale, raccontando della gente che ha
incontrato, di quello che ha fatto e sentito. Specialmente di quello che ha
sentito.
- Credo che se voi della Gestapo mettesse le vostre
spie nei bar, nei ristoranti e dalle parrucchiere risparmiereste un sacco di
tempo e denaro, non credete?- dice cercando le chiavi di casa nel fondo della
cartella, ruspando con le mani fra gli oggetti di vario tipo abbandonato nella
borsa. Fazzoletto, portafogli, cerini, orologio da taschino dell’Herr
Beilschmidt (un furto d’amore, si
potrebbe dire), un mestolo…
Un secondo, cosa diavolo
ci faceva un mestolo nella sua borsa?
Mah, una delle tante domande alla quale non è
necessario dare risposta. – Credo che spenderemmo molto più tempo e denaro solo
per filtrare le chiacchiere inutili da quelle utili.- dice il biondo,
osservando il ragazzo infilare la chiave nella toppa – Ma anche no!- esclama il
moretto sorridendo e aprendo la porta – Sapete cosa diceva la signora Schmidt
che vive in fondo alla via? Che la sorella della vicina del suo fornaio
nasconde degli ebrei. Insomma, fossi in voi controllerei, Herr Beilschmidt, non
si sa mai che non vi diano un aumento di paga o una bella vacanza.- dice
l’italiano chiudendogli la porta alle spalle. L’uomo sorride – Una bella
vacanza da passare dove?- domanda avvicinandosi al ragazzo – E con chi,
soprattutto?- sussurra sul suo viso, sfiorando le labbra carnose con i
polpastrelli – Con te, Feliciano?
L’italiano sorride, allacciandogli le braccia
attorno al bacino – Il posto… mio fratello dice che la Sicilia è meravigliosa
in questo periodo, Ludwig- chioccia sorridendo – e la compagnia… Oh, io
chiaramente! E si andrà in un paese
lontano da quello di mio fratello, vorrei che si mettesse in mezzo il meno
possibile ~.- ridono assieme, Feliciano che gli sale sui piedi (è troppo
leggero per fargli male) e si stringe più a lui, lasciandolo guidare come fanno
i papà quando ballano con le figlie.
Lo porta fino alla stanza da letto, baciandolo senza
sosta. Lo butta sul materasso, odiando quel rumore di molle assordante. Vede le
mani di Feliciano infilarsi tra le pieghe della divisa, sbottonando
magistralmente bottoni e aprendo cinture in poche rapide mosse. Osserva rapito
il volto suo delicato, l’aria serena e il sorriso sulle labbra rosee - Te
l’avevo detto che avrei trovato un metodo per farti togliere la divisa,
Ludwig.- dice l’italiano, aiutandolo a sfilarsi la giacca. Ludwig si toglie lo shirmuetze, buttandolo con poca attenzione in giro per la
stanza, stesso destino tocca poi alla giacca, alla cravatta e alla camicia.
Feliciano lo fissa sorridendo e si lecca le labbra,
pregustando il piacere che quello spettacolo di ariana bellezza gli donerà da
lì a poco.
- Mi maledisse.
- Chi?
- Il buon prete.- Feliciano si stringe le gambe al
petto, osservando fuori della finestra socchiusa. Ludwig riesce a percepire i
suoi movimenti solo per il volteggiare della luce della sigaretta accesa nel
buio. Lo vede avvicinare il bocchino al
viso e aspirare lentamente (quel bocchino glie lo ha regalato lui. È d’avorio e
argento cesellato. Ci sono anche il suo nome e quello di Feliciano incisi,
abilmente nascosti fra i ghirigori) – Mi maledisse, chiamandomi demonio e
depravato. Mi disse anche che non mi voleva mai più vedere a messa per tutti i
motivi già elencati e altri che non ricordo esattamente.
- Quando? E perché?- Ludwig si puntella con il
gomito, allungando una mano per chiedere un tiro. Feliciano gli porge la
sigaretta, poggiandogliela direttamente sulle labbra. – Avevo- si ferma,
tamburellandosi sul ginocchio con le dita – quattordici, quindici anni, credo.
Ero ai tempi delle prime esperienze. E lui mi beccò proprio in mezzo ad una di
queste prime esperienze.- si porta di nuovo la sigaretta alla bocca. Ludwig si
sistema fra le coperte, sistemando il cuscino in modo tale da potersi voltare
verso Feliciano senza sforzare il braccio (è stanco, in fondo) – Prime
esperienze?-, - Esattamente. Insomma, mi portò in chiesa per un orecchio,
minacciandomi di dirlo ai miei genitori.- ridacchia – Dovresti sentire come
piangevo, come lo supplicavo di non dire nulla ai miei genitori! Povera madre e
povero padre, che choc sarebbe stato per loro. - butta un po’ di cenere nel
lucido posacenere di cristallo (altro regalo di Ludwig) e inspira di nuovo.
Ludwig resta in silenzio, ascoltando attento – Mi sbatte davanti al crocefisso
e mi urla di pregare, pregare, pregare per la mia sordida anima di peccatore.-
gli porge la sigaretta, permettendogli un altro tiro – E io che potevo fare?
Prego, prego e prego e non mi accorgo mica che quel buon prete; bada, il prete
che mi ha battezzato, comunicato e cresimato! Mica uno qualunque; mi sta
spingendo con la testa contro il pavimento.- Ludwig quasi si strozza col fumo –
Tutto bene Ludwig? Aspira piano, altrimenti ti va di traverso il fumo. - dice
Feliciano prima di aspirare a sua volta, notando con uno sbuffo che la
sigaretta sta per finire – Comunque, il prete mi sbatte a terra, gridando che
ci avrebbe pensato lui a purificare la mia anima e se volevo che non dicesse
nulla ai miei genitori dovevo stare zitto e fare quello che mi diceva.
Ludwig apre e chiude la bocca, gli occhi strabuzzati
e il viso cereo. Feliciano prede un’altra sigaretta dal pacchetto, spegnendo
quel poco che restava di quella appena fumata nel posacenere.
- Quindi mi abbassa i pantaloni, dicendo che in
fondo era un favore che faceva a me, piccolo peccatore, lui che era
l’intercessore di Dio. - accende la sigaretta, aspira un po’ di fumo e sorride
– Capirai, neanche capivo cosa stava succedendo. Insomma, saranno anche state
le mie prime esperienze, ma non ero mai arrivato sotto il collo di nessuno io.
- Ludwig allunga una mano e stringe il suo gomito. Gli occhi azzurri luccicano
nell’oscurità per il furore e l’indignazione – Insomma, il buon prete fa quello
che vuole con tutta la calma del mondo, per giunta riempiendomi d’insulti e poi
se ne va. Giuro, pensavo di morire in quel momento.- Feliciano sorride, come
divertito da se stesso – Stavo perdendo un casino di sangue, il buon prete non
mi aveva neanche preparato decentemente! Mi alzo in piedi, tirandomi su i
pantaloncini ed esco barcollando dalla chiesa. Pochi metri dopo incontro lui. -
- Lui chi?
- Il francese.
- Quale francese?
- La mia prima esperienza.- dice Feliciano – Un
francese alto e biondo, sui ventitré. Molto bello e gentile. Un turista,
diciamo, sfondo di soldi.- la stretta di Ludwig si fa’ appena più forte –
All’inizio voleva solo che stessi con lui per chiacchierare. Mi offriva la
merenda, un succo, un gelato… Cose così. Quando mi chiese qualcosa di più mi
dissi che andava bene, che lui era gentile che inoltre mi piaceva molto. - la
lucina della sigaretta si muove in qua e in là – Era qualcosa tipo il mio primo
amore, sai? Un turista francese pieno di soldi, gentile, mangia donne e colto
come pochi. - Ludwig lo guarda storto, forse irritato dall’aria nostalgica
della sua voce – Comunque, torniamo alla storia. Allora, questo francese mi
viene incontro, chiamandomi: non mi dimenticherò mai come mi chiamava “Felisén, Felisén!” con quell’aria spaventata sulla faccia. Mi prende in
braccio e mi bacia sul viso, mi carezza i capelli, mormora il mio nome. Mi
chiede cosa mi ha fatto il buon prete ed io scoppio a piangere. - soffia una
nuvoletta di fumo perlaceo nel buio – Non gli ci vuole molto per capire cosa mi
è successo. Mi dice che mi vendicherà, che ammazzerà quel prete schifoso per
quello che aveva fatto. Io gli dico di no, no, per carità! Ora era tutto a
posto, dovevo solo stare zitto e il buon prete non avrebbe detto nulla. Poi...-
- Poi?
- Oh, mi portò nel suo albergo.
- E cosa fece?
- Mi mise sul letto- dice Feliciano sorridendo,
passandogli una mano fra i capelli – mi baciò sulle labbra- Ludwig
s’irrigidisce – e mi lasciò dormire per quanto tempo volevo. Quando mi svegliai
trovai gelato e dolci per venticinque e un gattino bianco tutto per me. –
Ludwig si rilassò lentamente.
- Ti voleva bene quel francese.
- Oh, mi voleva bene come se ne vuole a un
animaletto carino e fragile trovato sulla spiaggia. Solo che in quel momento
ero un animaletto ferito, da curare. Chissà quanto si divertì per tutto quel
mese, curandomi e vezzeggiandomi.-
- Che fine ha fatto?
- Stava in Francia quando voi tedeschi avete
dimostrato che la Linea Maginot come difesa è utile come un filo per stendere
il bucato. Credo che abbia fatto una brutta fine. Non ho più ricevuto sue
lettere.
Feliciano poggiò la sigaretta e relativo bocchino
sul posacenere, infilandosi nelle coperte con la fronte poggiata a quella di
Ludwig – Ti voglio bene.
- Sì, anch’io.
- No, non come credi tu. Ti voglio bene molto di
più.
- Cioè?
- Ti amo, Ludwig.
Ludwig arrossisce, sorride, lo abbraccia. Affonda il
viso su quella spalla, inalando l’odore forte di colonia e stringe a se il corpo
magro (vedendolo nudo aveva capito perché diceva di essere stato riformato per
insufficienza toracica.). Si sposta sopra di lui, puntellandosi con le braccia,
osservando il viso sorridente. Feliciano gli passa le mani dietro al collo
(sente qualche granello di cenere che gli cade sulla pelle, ma non ci fa troppo
caso), si solleva e lo bacia sulle labbra – Abbiamo tempo?- sussurra l’italiano
strofinando il naso sul suo collo – Sì. Ancora un’oretta prima delle quattro.-
- Sarai distrutto domani al lavoro.- dice Feliciano
sorridendo, cercando a tentoni il posacenere e poggiandoci la sigaretta – Ah,
aspetta, ho un’ultima cosa da dire. Poi possiamo divertirci.
- Cosa?
- Che in fondo sono grato a quel francese-, gli
carezza i capelli con gentilezza, muovendo le gambe sotto di lui – che mi ha
insegnato ad amare senza pensare. Soprattutto mi ha insegnato a ridere sul
ricordo buon prete.
Ludwig annuisce e lo bacia. Se Feliciano è così per merito di quel francese, pensa spingendosi
dentro di lui, allora anch’io lo
ringrazio.
Si chiede sempre perché quando c’è suo fratello il
loro tavolo si riempie di belle ragazze (e anche qualche ragazzo, ma più che
altro sono interessati alle fanciulle). Forse perché una divisa graduata dei
servizi segreti attira, ma due sono come carne fresca per gli squali e non è
che il fratello faccia molto per cacciare via le ragazze.
Anche perché ormai quasi nessuno ha più voglia di
ascoltare le meravigliose avventure di suo fratello, quindi questo ha bisogno
sempre di pubblico fresco: e quelle ragazzine sembrano credere veramente alle
sue bugie, tipo quando ha salvato il Führer o quando Himmler in persona gli ha
stretto la mano (“e mi ha dato questa
croce di ferro qua. Già, proprio
questa, presa direttamente dalla sua divisa,
signorine!”.) Magari quella della croce di ferro è vera (anche se dubita
che Himmler gli abbia dato la sua) ma quella sul Führer sa di balla a
chilometri di distanza.
- Largo, mie belle ochette, il vostro barista deve
consegnare il carburante per questi bei fanciulli ~♥- chioccia la vocina
allegra di Feliciano, mentre la sua figura snella si fa largo fra le
giovincelle in abito da sera. Ludwig si ferma incantato a osservarlo (per la
cento milionesima volta, probabilmente), mentre sorridendo si avvicina a loro,
fasciato da un gilet nero e con le lunghe gambe coperte dai pantaloni neri. –
Herr Vargas!- esclama suo fratello, dipingendosi un sorriso a trentadue denti
sul viso (Ludwig sa bene che il suo caro fratello non nasconderà mai un certo
debole per l’italiano. Sebbene la cosa lo faccia rosicare un po’.) –
Buonasera!Venite, venite, sedetevi con noi!- Feliciano sorride, poggiando i due
bicchieri e la bottiglia di acquavite sul tavolo – Sono spiacente, Herr
Hauptsturmführer Beilschmidt, ma il dovere mi chiama, mi reclama e mi ama.-
dice Feliciano ridacchiando, lasciando che suo fratello gli stringa la mano fra
le sue e baci le dita bianche – Mi sentirò offeso, sappiatelo Herr Vargas.-
dice Gilbert sorridendo – La prossima volta vi voglio tutto per me per una
bella bevuta. Non avete neanche finito di tradurmi il 5 Maggio!- Feliciano sorride – Ma Herr Hauptsturmführer
Beilschmidt, ci vorranno ancora ore per tradurlo tutto. E comunque, ho bisogno
un attimo di vostro fratello. – dice tirando leggermente Ludwig per un braccio
– Cosa? E a cosa potrà esservi utile mio fratello, Herr Vargas?- esclama
Gilbert, ridendo allegro – È buono solo per aprir barattoli!-.
- Esatto Herr Hauptsturmführer Beilschmidt- annuisce
Feliciano – non aprire barattoli, ma una cosa simile: ho delle casse da
spostare, ma sono deboluccio e non ci riesco, quindi mi chiedevo se vostro
fratello potesse aiutarmi. -. Feliciano non fa’ neanche in tempo a finire la
frase che Ludwig è già in piedi. Il tedesco lo segue rapido, dopo aver lanciato
un saluto al fratello.
Lo vede scomparire e ricomparire tra la folla in
abiti variopinti e divise, andando in palla di tanto in tanto.
Alla fine riesce ad arrivare al magazzino e,
guardandosi attorno, nota che non ci sono casse là dentro – Herr Vargas - prova
a dire (voleva veramente chiedergli perché l’aveva chiamato là se non c’erano
casse), ma l’italiano lo porta contro il muro, afferrandolo per la nuca e
baciandolo con foga. Resta spiazzato per un po’, ma risponde al bacio,
infilando poi una gamba muscolosa fra le sue, riuscendo persino a sollevarlo
leggermente verso di sé.
- A cosa devo quest’irruenza, Herr Vargas?- domanda
prima di leccarsi le labbra con un sorriso. Feliciano mette su il più grazioso
dei bronci – Quelle ragazzette- bofonchia – mi dà fastidio che vi stiano a
volteggiare attorno come uccelli nel periodo degli amori.- Ludwig ridacchia,
baciandolo sulla fronte e sugli zigomi – Quindi è per questo che mi avete
sequestrato dal tavolo del mio povero fratello?
- Uhm, credo che il caro Gilbert non si sentirà
affatto solo, con tutte quelle belle gallinelle che pendono dalle sue labbra.
- Anche se credo che lui avrebbe gradito avere la
vostra compagnia.
- Ma io sono qui con voi. Vi dispiace?
- Per niente. - Ludwig sente le mani dell’italiano
scendere ai suoi pantaloni, infilandosi rapide sotto la stoffa – Ne avete
voglia?-, Feliciano annuisce – Sì.
- Qui?
- Qui.
- Adesso?
- Adesso.
- Contro il muro o là sul tavolino?
- Tavolino, direi.
- In fretta?
- Non troppa.
Gilbert grida qualcosa, intimando ai due di
seguirlo. Né Ludwig né Feliciano lo sentono o se lo filano di pezza, ma Gilbert
è troppo ubriaco per rendersene conto. È troppo ubriaco per rendersi conto di
qualunque cosa, in fondo. Feliciano stringe la mano di Ludwig nella propria. Lo
guarda e sorride, poi torna a guardare Gilbert che balletta dieci metri avanti
a loro.
- Feliciano~- chiama Gilbert, indicando con la mano
non molto stabile un punto non ben precisato della piazza – guarda, ci sono dei
fichi maturi!
C’è da chiederci cosa mai abbia convinto Gilbert che
quelli davanti a lui siano proprio fichi maturi. Feliciano si volta, e il
sorriso muore all’istante sulle sue labbra. La stretta sulla mano di Ludwig si
fa appena più forte.
- Ludwig?
- Sì?
- Perché quegli uomini sono stati impiccati?- Ludwig
lo guarda, notando che trema al suo fianco. La sua mano si stringe
convulsamente alla sua, mentre il viso si tende in una leggera smorfia.
- Perché se lo meritavano.- dice cercando di
calmarlo, mentre Gilbert bercia più in là.
- Se lo meritavano. Già. – Feliciano lascia la sua
mano e corre vero Gilbert. Ludwig guarda lui e poi gli impiccati, facendosi
scivolare nuovamente sulla lingua “Se lo meritavano”.
Segue di corsa Feliciano, ritrovandosi a chiedersi
per quale motivo se lo meritavano.