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Autore: SmartyPants    05/05/2010    0 recensioni
Una fuga disperata tra il verde di Calf Creek Forest.
Genere: Drammatico, Avventura, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Intro: Questa è l'altra storia che avevo scritto nel 2007. xD

 

Calf Creek Forest

 

Jennifer correva più veloce che poteva, i rami degli alberi le sfregiavano il volto e le braccia, i lunghi capelli biondi si impigliavano tra i cespugli ma a lei non importava; doveva fuggire, mettersi in salvo. Correva sempre più veloce, i polmoni le bruciavano, non poteva fermarsi perché a poche centinaia di metri sentiva i passi pesanti del suo inseguitore, lo sentiva sbraitare di rabbia, spostare i rami degli alberi con violenza.

 

“Kylaaaaaaaaaaaaa!” gridò Jennifer correndo ancora più veloce.

 

Kyla era con lei, erano scappate insieme dal loro assassino ma ad un certo punto non c’era più. Jennifer l’aveva chiamata, era spaventata, forse lui l’aveva già presa e uccisa; questo non poteva saperlo, per ora però doveva solo continuare a correre, mettersi in salvo.

 

La paura non poteva e non doveva prendere il sopravvento. Più correva e più si ripeteva quanto erano state stupide ad accettare un passaggio da quel uomo così affascinante da sembrare un divo di Hollywood; era stato così gentile con loro, le aveva anche offerto la cena in una tavola calda lungo l’autostrada, ma poi al rientro in macchina aveva cercato di violentarle con un sorriso maligno sul volto, loro si erano difese, erano riuscite a scappare ma ora lui voleva ucciderle, vendicarsi di non essere riuscito a fare ciò che doveva fare.

 

Jennifer aveva letto sul giornale proprio qualche giorno prima di un pazzo che violentava e uccideva le proprie vittime; più ci pensava, più le lacrime scendevano copiosamente, bagnandole le guance e bruciandole i graffi provocati dai rami degli alberi.

 

“Jennifeeeeeeeeeeeeeeer, Kylaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!” cantilenò l’assassino.

 

Jennifer cercò di correre sempre più veloce, più forte ma le forze la stavano abbandonando: le braccia erano ferite e le facevano male, i piedi erano pieni di graffi, escoriazioni e tagli dato che si era dovuta togliere le scarpe con i tacchi per correre meglio, la schiena era a pezzi e il petto le bruciava così tanto che lei voleva arrendersi, lasciarsi andare, magari nascondersi da qualche parte nella speranza che lui non la trovasse, che non le facesse del male, che non la uccidesse. Se solo Kyla fosse stata con lei, forse avrebbe avuto meno paura, si sarebbero fatte coraggio a vicenda.

 

Correndo avvolta dai suoi pensieri non si era accorta che il paesaggio attorno a lei stava cambiando; non si trovava più in piena foresta, ma in una radura che portava ad un bivio. Era notte fonda e Jennifer voleva solo trovare qualcuno che la aiutasse. Non sentiva più il suo inseguitore dietro di lei ma questo non significava che lui avesse rinunciato a loro.

 

Pochi passi dopo si ritrovò in piena radura, leggermente illuminata da una timida luna: la radura era grossa, circolare, davanti a lei uno strapiombo che calcolò essere alto centinaia di metri, a sinistra un tracciato che conduceva in un’altra zona del bosco e a destra una lunga corsia che dirigeva in autostrada. La ragazza quasi cadde dalla felicità: l’autostrada significava salvezza, avrebbe sicuramente trovato qualcuno anche se era notte fonda o almeno sarebbe riuscita a raggiungere qualche abitazione.

 

Si fermò un secondo a prendere fiato, si voltò un attimo e lo vide: Robert le saltò addosso, le tirò un pugno così violento da farle piegare la testa di lato. Cadde a terra, dolorante. Cercò di rialzarsi ma lui le fu addosso, le strappò la camicetta e iniziò a slacciarsi i pantaloni. Jennifer era terrorizzata e forse proprio grazie alla paura riuscì a sferrargli un forte calcio all’inguine che lo fece cadere di lato urlante; lei si rialzò e cominciò a correre lungo l’autostrada.

 

Sentì Robert gridare imprecazioni contro di lei e disse qualcosa a proposito di Kyla, qualcosa che però non riuscì a capire. Jennifer continuò la sua corsa disperata sul ciglio dell’autostrada ma di macchine non ce n’era neanche l’ombra così lei capì che si trattava di uno di quei tratti autostradali dietro le campagne, frequentati più che altro dai lavoratori.

 

Le lacrime scesero ancora più velocemente, ormai era stanca, sapeva che non avrebbe mai più visto sorgere l’alba e voleva solo addormentarsi per sempre. Rallentò il passo, ormai camminava quasi, le braccia strette incrociate attorno al petto per cercare, invano, di ripararsi dal freddo.

 

Continuò a camminare lungo il ciglio della strada quando ad un certo punto scorse una sagoma pochi metri avanti a lei: quella sagoma era alta e sottile, correva veloce e si guardava spesso a destra e a sinistra, ma mai indietro. Jennifer capì che era Kyla e riprese a correre senza chiamare l’amica per paura che Robert potesse sentirla. In pochi minuti la raggiunse e le si affiancò:

 

“Kyla” le sussurrò, facendola sobbalzare.

 

La ragazza si voltò e Jennifer era terrorizzata: la ragazza non era Kyla, da vicino era molto più alta della sua amica e assomigliava terribilmente a Robert.

 

Jennifer riprese a correre,  disperata ma l’altra ragazza l’afferrò per un braccio e la fece cadere.

 

L’ultima cosa che vide fu un grosso legno che si abbatteva contro la sua testa.

 

Quattro giorni dopo la polizia di Calf Creek, Utah, ritrovò i cadaveri di due ragazze lungo il fiume che attraversa la foresta della città: una era alta, la pelle scura, i capelli ricci e lunghi, i vestiti strappati e la pelle rovinata, un taglio netto alla gola; l’altra era di statura media, i capelli biondi e lunghi, gli occhi azzurri sbarrati dal terrore, un grosso livido all’altezza della fronte, portava solo il reggiseno e la gonnellina rossa strappata: le due ragazze erano Kyla Schechter e Jennifer McAdams.

  
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