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Autore: Lupus    05/05/2010    6 recensioni
Raccolta disomogenea di undici fanfiction (una per ogni brano dell'ultimo album dei Muse, The Resistance, che dà il nome allo stesso lavoro) di vario pairing e genere.
Ultimo capitolo:
#4. United States Of Albion [Merlin/Will] - [What if/Drammatico/Angst/Guerra]
[...]Non si arrendono. Continuano imperterriti il duello contro la vita, fino a morire. Negli occhi non c’è disperazione: dolore forse, causato dalle ferite sul corpo, ma è forza quella che anima le loro azioni. Eroi.
Merlin capisce che non bisogna essere speciali per diventarlo… basta vivere la propria vita intensamente, pensando che ogni attimo che scorre potrebbe essere l’ultimo.
[...]La loro è una vita fatta di corse contro il vento, di giochi allegri, di sorrisi e abbracci sinceri. Sono troppo giovani, per sentire il lamento del tempo. Sono troppo giovani, ma non lo saranno per sempre.
«Amici?» la mano protesa in avanti, pronta a stipulare, con un gesto, la promessa di una vita. E l’ingenuità che possa davvero essere per sempre.
«Finché avrò fiato in gola per respirare» due mani esili che si stringono, cercando l’una conforto nell’altra. Alla fine non ci credono neanche loro, che possa essere davvero per sempre. Ma sarebbe bello, se fosse possibile.

[...]E’ tremendo. Fa male, dentro e fuori. Ma, poi, ad un certo punto, si smette di soffrire. Tutto sparisce, in una nuvola di fumo, e resta solo aria. Irrespirabile.
È ancora buio. Buio pesto.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Morgana, Principe Artù
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Uprising - Rivolta



Rivolta.
Un pretesto, un conflitto, una guerra.
Il rumore del metallo sul metallo è assordante, forti frazioni di suono che si smorzano nell’aria intrisa di sangue. Quasi come se la morte riuscisse, in una maniera del tutto irrazionale, ad appesantire l’atmosfera, coprendola con il suo manto nero.
Rivolta.
Un uomo, una famiglia, una storia.
La spada di Arthur sferza il vuoto una, due, tre volte, prima di affondare nel corpo di un altro uomo e privarlo della vita. I suoi occhi non si posano neanche per un secondo, sulle membra lacere di quel cavaliere senza nome e senza storia. Eppure, quello stesso uomo, un tempo li aveva avuti, un nome ed una storia.
Rivolta.
Un sussurro, un suono, un urlo.
Detriti. Detriti di metallo e di uomini, mischiati insieme su uno scenario aberrante di morte e distruzione. Il sangue a far da cornice, mentre le lacrime invisibili dei cavalieri che combattono sono l’unica traccia di poesia nella disperazione di quell’inferno.
I soldati urlano, neanche loro sanno cosa. È come se volessero ribellarsi alla guerra stessa, che li ha resi schiavi e colpevoli, relegandoli ad un destino che porta il nome della patria ma ha il sapore della morte.
Rivolta.
Un numero, un corpo, una tomba.
Incantesimi. Incantesimi sussurrati a fior di labbra e con sguardo vigile e attento. Merlin non ha alcuna intenzione di farsi scoprire, ma deve comunque trovare il modo per difendere il suo padrone e assolvere il suo compito. Gli uomini portano con sé il proprio destino fin dalla nascita. Poi conoscono la danza, il vino e le donne e si illudono di essere liberi.
La guerra è la prova tangibile della loro schiavitù.
Rivolta.
Una goccia, una lacrima, un oceano.
Arthur fende l’aria con la sua spada. Quando lo fa, può sentirne il lamento. Piange. Piange il tempo tutte le lacrime che non versano gli uomini per un onore che hanno già perso, nel momento in cui hanno imbracciato uno scudo e stretto nel pugno l’elsa della propria arma. Arthur non si ferma mai a chiedersi se quello che sta facendo sia giusto. La curiosità è per i filosofi, a lui interessa solamente combattere. Non si perde tra le pieghe oscure della ragione, arrivando ad accarezzare, col pensiero, l’intimità stessa del mondo. Quell’unico interrogativo che è, contemporaneamente, risposta e domanda, legate dai fili del destino.
Chi sono?
Rivolta.
Una speranza, un sogno, un ideale.
Merlin finisce di sussurrare al vento il proprio segreto e un uomo, dall’altro ciglio della strada, viene scaraventato lontano, come per magia. Tiene un’ascia in mano, un aggeggio rudimentale con cui aveva intenzione di colpire Arthur. Nel cuore, invece, porta ricordi di una vita vissuta in nome di un ideale, per poi morire, arido, tra le braccia del tempo.
Assurdo.
Tutta quella baldoria, quell’orgia di corpi che si sfregano tra loro, per porre fine ad un’esistenza di dolori e rimpianti, è assurda, così come il nome che porta. Come disgrazia, catastrofe, morte. Un concetto che va al di là di qualsiasi coscienza umana incatenato dalle barriere convenzionali della parola - una banalità che non trova giustificazione se non nella follia del tempo. Non c’è fine al peggio. L’uomo è capace di corrompere tutto ciò in cui si imbatte.
Rivolta.
Uno scudo, una spada, un Paese.
Il rumore del metallo si è quasi completamente spento, rimangono soffi, sospiri di demoni, che si sentono in lontananza, come a ricordare che non è mai tutto finito, ma che il male è ancora vivo, solo che da un’altra parte.
Arthur getta a terra la spada, come se quel misero gesto potesse cancellare tutta la sofferenza. Guarda i corpi dei suoi soldati – la guerra è finita, ora può farlo – e quelli dei suoi nemici. Gli sembrano tutti uguali. Se non fosse per la divisa, per gli stemmi e la diversa fisionomia e consistenza delle armi, quegli uomini, nudi, posti di fronte al Tempo, sarebbero parsi tutti uguali, come fratelli. Ed ora che sono morti lo sono: parenti, pensa Arthur. Parenti in un unico, ironico, destino. La morte.
Rivolta.
Un pensiero, un gesto, una resa.
Merlin esce dal suo rifugio, lo sguardo a terra. Lui non è un cavaliere, può evitare di guardare in volto la disperazione. Si avvicina, silenzioso, ad Arthur, accarezzando l’erba con i propri passi, quasi avesse paura di ferirla più di quanto non sia stato fatto in quei giorni.
Si ferma, alle spalle del suo futuro Re, per dargli il tempo di prendere atto della situazione.
È finita, vorrebbe urlare, ma le parole gli muoiono in gola. Non vuole disturbare quel silenzio che paradossalmente sembra quasi sacro, nella solennità tragica del momento.
Dopo ogni guerra, gli uomini perdono la dignità, ma non il senso della sofferenza.
Alla fine, Merlin decide di alzare gli occhi e l’unica cosa che riesce a vedere è un cielo bagnato di sangue che urla vendetta.
Rivolta.
Una parola, un’anima, un mondo.
Arthur si accorge di Merlin, si volta verso di lui e gli sorride. Non c’è neanche l’ombra di una felicità lontana, in quel gesto, ma solo la debolezza di un uomo nel momento in cui capisce di essere legato ad un destino più grande di lui.
È finita, sussurra piano, ma abbastanza da permettere ugualmente a Merlin di ascoltare le sue parole. Lui può parlare: è un cavaliere, quella è la sua battaglia, la sua vittoria.
Eppure, Arthur sente di aver perso. Ha perso, per l’ennesima volta, la dignità in un giorno di pioggia e in un mare di sangue.
Rivolta.
Un marchio, un’infezione, una malattia
Ti sei nascosto così bene, che nessuno è riuscito a trovarti, dice Arthur, rivolgendosi al proprio servo. C’è ironia nel suo tono di voce e Merlin sa che è un modo per tentare di esorcizzare i demoni che gli ballano dentro.
E lo asseconda, come sempre. Un rito al quale entrambi sono devoti, come una preghiera rivolta ad un Dio che non li ascolta.
Se non c’ero io a guardarvi le spalle, a quest’ora sareste cibo per i vermi, Sire, risponde il mago, in gesto di sfida. Parole accompagnate da una risata. Un suono insolito, lungo un campo di battaglia. Eppure tra le vibrazioni di quelle note non c’è certo allegria, ma solo una grande tristezza. Mascherata, però. Oramai, la verità ha assunto, come forma originale, le sue mentite spoglie.
Rivolta.
Sangue, distruzione, morte.
Arthur sorride, rispondendo ad una domanda che non è stata posta. Va tutto bene, sembra dire, ma com’è possibile dopo aver visto il guizzo sanguinolento degli occhi della morte?
Non c’è più pace, è una cosa che può capire solo chi l’ha vissuta. Gli storici di corte per anni gli hanno parlato di guerre e combattimenti, di stragi e uccisioni, con la superbia che solo un letterato può avere. Hanno cercato di insegnargli come si combatte per la patria, come si deve cercare la libertà arrivando anche a rifiutare la propria vita – ma soprattutto, per un Re, quella dei propri soldati – cos’è l’onore e tante di quelle corbellerie da strapazzo che, alle orecchie di un bambino, sono suonate come un’orchestra di flauti, guidati dal respiro del vento e dal battito della terra.
Nessuno di loro, però, ha mai saputo cosa sia veramente una guerra, perché non ne ha mai vista una, se non nei volti distrutti dei soldati o tra le pagine dei libri che sfogliano con tanto amore e che si vantano di aver scritto.
La guerra non è libertà, non è pace, non è amore. Ma è sangue, morte e distruzione. Non c’è nulla di bello, nulla per cui valga pena vivere.
Arthur lo sa bene, perché Arthur ha combattuto ed è morto in guerra, un centinaio di volte, tante quanti sono stati gli uomini caduti sotto la sua spada.
È finita, pronuncia un’altra volta, l’ultima per quella giornata, in modo solenne e autoritario, quasi voglia convincere se stesso. Ma, ovviamente, non ci crede.
È finita.

Another promise, another scene
[We will be victorious]
Un’altra promessa, un altro scenario.
[Saremo noi a vincere!]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N/A
Dopo essermi preso parecchio tempo per riflettere, ecco che sono tornato – finalmente! – con un nuovo capitolo di questa raccolta.
Sì, nuovamente una ArthurMerlin: il legame che lega questi due personaggi, che va al di là di qualsiasi banalità, qualsiasi mediocrità, evidentemente, mi ha colpito in modo particolare. Tanto da lasciarmi un segno dentro, che non vuole scomparire. E allora, perché non assecondare l’ispirazione?
Non so se trasformerò The Resistence in una raccolta ArthurMerlin, non ancora. Ma sicuramente questo non è il primo né sarà l’ultimo brano dedicato ai due, quindi mettevi l’animo in pace. XD
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato il primo capitolo, alcuni mi hanno davvero aiutato a crescere, come uomo e come scrittore.
Certo, da altri avrei preferito qualcosa in più, che rispondessero alle mie e-mail, che mi indicassero i passi dove, secondo loro, avevo sbagliato, invece che gettare una critica al vento, così, senza darmi la possibilità di capire i miei errori.
Le critiche di queste genere, sono un po’ vuote ed inutili - scusatemi l’inciso, ma ci tenevo.


Per il resto, spero che questa sia migliore della precedente. E’ diversa, vero, ma io ci vedo comunque un legame. Nello stile, nella struttura, nel cuore stesso del testo.
Sarò matto?
Può darsi.

Grazie di cuore a chi mi segue, veramente.
E’ importante per me, più di quanto immaginiate.

Saluti,
Lupetto <3

 



Ringraziamenti:
“Frazioni di suono” è un’espressione, poetica ovviamente, che ho trovato in un verso di Beatrice Zanini, illustre sconosciuta. Me ne sono innamorato.

I dialoghi nascosti tra le parole del testo, quasi invisibili, sono un palese tributo da parte mia ad un autore che sto imparando a stimare e ad amare come pochi, prima di lui. E’ Alessandro Baricco a cui, in parte, devo l’ispirazione per Uprising.
“Scrivere è una forma sofisticata di silenzio.” [A. Baricco, Questa Storia]

Ringrazio di cuore Kokky e Glowen che hanno letto in anticipo questa fanfiction e, da ottime beta, hanno saputo consigliarmi e incoraggiarmi. Vi ammoh.

Ovviamente, grazie ancora ad i Muse, che, oltre ad essere fondamentali per la stesura di questi racconti (le strofe, centrate nel testo, sono loro, come anche i titoli di ogni mio lavoro, nonché dell'intera raccolta), mi aiutano sempre, ad affrontare le insidie della vita.

Un ringraziamento speciale va alla BBC (o chi per questa), che ha dato vita a questo meraviglioso telefilm. I personaggi ivi presenti, difatti, non mi appartengono.

   
 
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