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Autore: Hayley Lecter    06/05/2010    0 recensioni
Balzo dalla sedia e mi siedo accanto a te. La tua posizione non è cambiata. Poggio la mia mano sulla tua, dannatamente bella e perfetta, e la stringo con cura quasi fosse di porcellana. Ho paura, di passare troppo tempo senza il conforto di poterla stringere, di poterla toccare. Sembra una scossa elettrica quella propagatasi dalla mia mano, ora arrivata alla tua, e intrecci le dita tra le mie. Non ci sono spazi vuoti tra di loro, le dita si completano, combaciano e restano unite. Finchè aggrotti la fronte, e due gemme castane riflettono la luce del giorno.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hold me.

 

 

Note: Ci tenevo a comunicare che la maggior parte delle storie pubblicate in questi periodi sono ONE-SHOT. Quindi vorrei che voi prestaste un pò più di attenzione, visto che in alcuni commenti ho letto cose del tipo: Continua, presegui, posta.

 

 

Le mie mani sono fredde, gelate sebbene fuori il sole spacchi le pietre. E il caldo arriva fin qui, dalle finestre aperte filtra l'appiccume del mio corpo, sull'ormai sudore asciugatosi sui vestiti, causa dell'estate, la stagione più bella dell'anno.

Sei seduto sul divano, a gambe divaricate. Tra le dita tieni una sigaretta accesa ancora a metà, il fumo ti ondeggia sulla mano assumendo forme irregolari e le palpebre ti tremolano, nel tentativo di tenere a bada la tua voglia di aprirle, di vedere, di guardare cosa cela quella finestra aperta.

Sarà duro il distacco, me l'avevi già detto. Queste parole mi frullano in testa, cerco di assimilarle in tutto e per tutto, quasi fossero gli ingredienti per un cocktail da bere, le metto insieme ostinatamente e le assumo.

Quello che viene dopo, è un gorgoglio prolungato del mio stomaco. Il silenzio fà da padrone, da dittatore, impartisce ordini ingiusti e che non conoscono diritti o speranze. Potrei continuare ad ascoltarlo, il suo eco si è esteso dappertutto, come gas. Mi ribello, e non mi importa delle conseguenze, del futuro che durerà un solo secondo e che comporterà anche il più grande dei dolori. Voglio perdermi nei tuoi occhi prima che un singolare "arrivederci" si prenda la premura di separarci.

Balzo dalla sedia e mi siedo accanto a te. La tua posizione non è cambiata. Poggio la mia mano sulla tua, dannatamente bella e perfetta, e la stringo con cura quasi fosse di porcellana. Ho paura, di passare troppo tempo senza il conforto di poterla stringere, di poterla toccare. Sembra una scossa elettrica quella propagatasi dalla mia mano, ora arrivata alla tua, e intrecci le dita tra le mie. Non ci sono spazi vuoti tra di loro, le dita si completano, combaciano e restano unite. Finchè aggrotti la fronte, e due gemme castane riflettono la luce del giorno.

Salti sul posto di scatto, finchè scopro che un dito della mano con cui tenevi la sigaretta, ha assunto una sfumatura rossastra e la sigaretta oramai terminata, della quale è rimasto soltanto il filtro fumante, giace a terra, colpevole.

- Scheisse.. -

Sussurri a bassa voce, mentre raccogli il filtro da terra e ti succhi il dito. Sorrido. La prima parola in tedesco che tu mi abbia mai imparato. Torni irritato, perso ad analizzare il tuo dito. L'orologio al mio polso ha preso tanto le sembianze di una bomba, ogni tic-tac scandisce un tempo che si dissolve rapidamente, troppo rapidamente e la voglia di slacciarlo e pestarlo violentemente con i piedi, per ridurlo in mille pezzi, mi assale. Vorrei solo che la smettesse di accellerare i suoi battiti, quel ticchettio che ci ha resi schiavi.

- Bill...? -

Pronuncio il tuo nome con tono risoluto, ma il resto della frase mi muore in gola. Ti volti e metti in mostra quel sorriso degno dell'invidia di un angelo, il che contribuisce ad abbassare le mie difese.

- What? -

Chiedi.

- Hold me. -

Non ci sono pause o toni insicuri a caratterizzare la forma delle parole. Stavolta sono io ad impartire un ordine, quasi per far un dispetto al tempo e alle mie mani ridotte a due pezzi di ghiaccio, quasi non fossero collegate al resto del mio corpo. E' il tuo abbraccio, la tua stretta che mi farà sentire peggio, una volta che potrò soltanto abbandonarmi al sogno, per poterne rivivere ogni cosa. Bellissimo pensare, che da un mio ordine tu non ti senti costretto, perchè vuoi farlo, volevi farlo anche tu, volevi che le nostre braccia cingessero l'uno il corpo dell'altra.

Sù per le narici, mi arriva quel profumo familiare, quell'essenza di te che voglio inspirare e ingabbiare dentro, per poi liberarne un pò alla volta e sentirla quando voglio. Ma non si può, e la realtà ci mette poco a farti sbattere il muso contro un muro, soprattutto se questo muro lo conosci, ma a te non importa, imperterrita continui ad andargli contro per cercare di raderlo al suolo.

Quante cose possono cambiare vero? Il silenzio detta legge, da incosciente, senza sapere che non necessitiamo di parole. Mi sento a casa. Continua a stringermi finchè puoi, almeno finchè la tempesta cesserà e potrò tornare allo scoperto. Verrò a cercarti di nuovo, per riprendermi quelle braccia, che come nessuno, sanno tenermi stretta.

 

tiamo.

  
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