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Autore: Ciribiricoccola    06/05/2010    5 recensioni
E se Mariko, uno dei grandi amori di Wolverine, avesse avuto una sorellina...? E se proprio questa ragazzina avesse voluto conoscerlo?
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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mis

Hello a tutti :).

Una volta ogni tanto, voglio cambiare sezione e scrivervi qualcosa sugli X- Men! E' una piccolissima storia, che spero gradirete, e per realizzarla mi sono ispirata al personaggio di Mariko Yashida (non la conoscete? Seguite l'asterisco -*- in fondo alla pagina, prima di leggere la storia, mi raccomando!) e ho "creato" sua sorella, Misaki, che nell'universo degli X-Men non esiste, ma nel mio sì :). Voglio farvela conoscere...

REMEMBER

Remember, when your dreams have ended
Time can be transcended
Just remember me…

 

 

 

Man mano che l’ora si avvicinava, il suo nervosismo diventava sempre più difficile da nascondere.
Peraltro, quel tempo da lupi non la tranquillizzava: pioggia a catinelle, lampi che coglievano di sorpresa il suo sguardo, l’umidità che sollevava un’inquietante nebbiolina…

Sentiva un po’ di freddo nonostante la stagione mite, ma i suoi brividi erano dovuti anche all’ansia dell’attesa, lo sapeva bene.
Sotto quella pioggia battente e nel suo stato emotivo così precario, però, si sentiva quasi al sicuro sotto il suo ombrello; inoltre, la sua fede era irremovibile, viva e costante nel suo animo.

Andrà tutto bene, si disse, perché si ricorderà di te, oh, sì, deve ricordarsi di te, perché tu non l’hai mai dimenticato.

Aveva insistito così tanto per vedersi con lui, e successivamente se ne era pentita più e più volte, rimproverandosi.
“Ma che cosa stavi pensando?”
Si era anche chiesta che cosa lui avesse avuto in testa nel momento in cui le aveva fatto sapere che sì, l’avrebbe incontrata.
Alle sue lettere aveva risposto con una telefonata, breve, brevissima, lei non aveva neanche avuto il tempo di replicare…

“Pronto?”
“Camera 79, Miss Yashida?”
“Sì?”
“Una telefonata per lei”
“Può passarmela?”
“…”
“Pronto?”
“Va bene. Sarò lì. Appena potrò.”
“… Come?... Pronto?... Pronto…?...”

 

In fondo, non sapeva niente di lui. Non lo aveva mai veramente conosciuto, se non un’unica volta, quando era solo una bambina di tre anni.
E poi, attraverso le parole di Mariko.

Sua sorella era una donna d’onore e di lui aveva sempre parlato in tono quasi solenne, a tutti, anche a lei, che all’epoca non poteva certo capire. Si limitava ad annuire e a sorridere, vagamente perplessa, ogni volta che l’altra decantava quella sorta di eroe così imperfetto.
Di lui aveva anche letto, sempre cercando riferimento nelle parole che Mariko aveva confidato ai suoi diari: un uomo solitario, duro come la roccia, arguto e lungimirante come la più maestosa delle aquile. Feroce, sì, molto, e anche spietato. Ma buono. Molto buono.

La vita gli aveva riservato tante, forse troppe disgrazie. Un po’ come a sua sorella.
Forse era anche per questo che si erano amati, senza considerare l’intesa che si creava tra di loro grazie anche ad un solo sguardo.

 

Dopo la morte di Mariko, non lo aveva più rivisto.

I suoi occhi di donna avevano ancora impressa quell’immagine di lui che risaliva all’infanzia, però lei era cresciuta, chissà se e quanto lo avrebbe visto cambiato.
Non sapeva come avrebbe fatto a riconoscerlo, ma tendeva bene l’orecchio, sperando di sentire al più presto il rombo di una motocicletta, l’unico mezzo su cui l’aveva mai visto spostarsi, per quel che riusciva ancora a ricordare…

E se non verrà, Misaki…
Capirai che ha ancora il cuore spezzato…

Perse i propri pensieri nella pioggia ed il suo sguardo divenne assente. Continuò a non fare caso alle sue scarpine di tela, ormai fradice, e scostò una nerissima ciocca di capelli dal viso.
Decise di mantenere la calma e di accettare qualunque cosa fosse successa, come, in fondo, aveva sempre fatto.

Per Mariko, per rendere omaggio al piccolo ma intenso ricordo che aveva di lei.
Per lui, perché potesse venire a conoscenza del fatto che non era l’unico a piangerla.
E per se stessa.
Perché quell’uomo aveva dato una degna morte a Mariko, e lei voleva ringraziarlo. Soltanto questo.


Ricordami, ti prego…
Ricordati di lei…


Dei passi, un rumore distinto in mezzo al brusio delle gocce di pioggia, la fecero voltare.

A dispetto dell’espressione di lui, poco amichevole, proprio come la ricordava, un sorriso le increspò le labbra, lieve ma spontaneo.
“Logan” disse, la voce rotta per l’emozione, andandogli incontro.
Davanti a lei, sembrava quasi un gigante, nonostante fossero quasi della stessa altezza.
Non si dissero niente, semplicemente si guardarono negli occhi.
Misaki fu la prima a cedere e ad abbracciarlo, lasciando andare il proprio ombrello a terra.
Logan, dopo un attimo di esitazione, la strinse delicatamente a sé, fradicio fino al midollo e lieto di esserlo, dato che in questo modo le lacrime sul suo viso diventavano invisibili.

 

A lungo si guardarono e si mossero nel più assoluto silenzio.
Lei gli allungò gentilmente un asciugamano per tamponarsi almeno il viso e la testa, e lui la attese con pazienza mentre lei si cambiava il vestito bagnato in bagno.

Una volta faccia a faccia nella stanza d’albergo della ragazza, Misaki si alzò dalla poltrona su cui si era appena seduta e si avvicinò a Logan, seduto sul bordo del letto.
Le lasciò prendere la mano destra nelle sue, piccole e bianche. E se la lasciò scrutare, vagamente incuriosito. Poi la ragazza alzò lo sguardo…
“Le tue mani. Sono come allora” affermò, stringendo l’arto con calore.
Logan abbozzò un sorriso e commentò: “Non si può dire lo stesso di te…”
“Non credevo che non saresti cambiato affatto. Perdonami. I miei ricordi sono pochi e quel che so, lo so perché è stata Mariko a scriverlo o a dirmelo…”
“Perché mi hai voluto vedere?”

La domanda arrivò diretta, quasi secca, e stridette contro i suoi toni pacati.
Ma Misaki se lo aspettava.

Puntò i propri occhi nei suoi e rispose con decisione: “L’ultima volta che ti ho visto avevo tre anni. Ne sono passati venti. E io non ho più saputo niente di te da quando mia sorella è morta. Non ho più saputo niente del mondo intero, sono stata confinata in un istituto finché c’è stato chi riteneva che era per il mio bene! Appena sono uscita, mi sono messa a cercarti e solo adesso ti ho trovato… per dirti grazie…”

Si interruppe, vinta dal groppo in gola che da qualche minuto minacciava di trasformarsi in pianto, e abbassò lo sguardo.
Logan, mosso a compassione, le accarezzò una mano e la incitò a continuare.
“Vai avanti… Ti ascolto.”

Quando Misaki tornò a guardarlo con occhi lucidi, per un attimo gli parve di rivedere Mariko.

“… Se non ci fossi stato tu… Mariko sarebbe morta senza onore e tra le più atroci sofferenze. Tu le hai evitato tutto questo, pur non avendo nessun tipo di dovere nei suoi confronti. Tu hai amato mia sorella, nonostante tutto quello che vi è successo. E se adesso io posso essere fiera di essere una Yashida, la sorella di Mariko Yashida… è anche grazie a te.”

Logan avrebbe voluto rispondere, dire qualcosa di carino, di spontaneo, ma non ce la fece.
Troppe emozioni, troppo forti.

Mariko, Mariko, Mariko, improvvisamente tutto era tornato a ricordargli Mariko.
E il dolore non era così facile da cancellare, non lo era mai stato, nonostante le sue innumerevoli esperienze di vita.

Come si fa a dimenticare qualcuno che abbiamo ucciso?
Come si fa a dimenticare, quando c’è sempre quel qualcosa che ti ricorda ciò che hai fatto?

“Logan…” lo chiamò Misaki, che lo aveva visto scosso mentre si allontanava da lei, alzandosi in piedi.
“Sì…” le rispose, laconico.
“Volevo anche sentirmi meno sola in mezzo ai miei ricordi…” gli spiegò la ragazza, alzandosi alle sue spalle “Io non ho potuto amare Mariko come e quanto l’hai amata tu, ma… mi manca lo stesso. Mi manca moltissimo. E condividere il suo ricordo con un uomo che è stato così importante nella sua vita… per me è un onore. Spero che questo possa farti stare meno male…”

Logan sospirò profondamente prima di voltarsi nuovamente verso la ragazza; le tese la mano destra e le disse: “Prima hai detto che le mie mani non sono cambiate…”
“E’ così…” confermò lei, prendendo la mano tra le sue.
Un istante dopo, il mutante fece fuoriuscire gli artigli, lentamente, senza volerle fare del male.
Misaki li osservò per poi tornare su Logan con uno sguardo che chiedeva spiegazioni.
“Te li ricordi?” le domandò.
“Certo”
“Dunque non c’è bisogno che ti spieghi che cosa ho fatto…”
“Logan, non devi né spiegarmelo, né ricordarmelo, né prenderti nessuna colpa!”
“Tu come la chiami una cosa del genere, eh?”

La chiamo liberazione…
La chiamo salvezza…
La chiamo Amore…

Misaki lasciò che alcune lacrime le rigassero il viso.

Appoggiò la mano di Logan sulla propria guancia sinistra, noncurante degli artigli, e sussurrò: “Oggi sono riuscita a rendere più reali e più vicini a me tutti i ricordi di Mariko. Adesso tu devi cercare di accettare ciò che hai dovuto fare. Forse ci metterai più di quanto non ci abbia messo io a ricostruire il mio mosaico… Però ce la farai, ne sono sicura. Non voglio forzarti a credermi in questo momento. Ci arriverai da solo… Basterà che tu tenga vivo il ricordo più bello che hai di lei. Hai capito, Wolverine?”

Logan ritirò gli artigli, così come li aveva estratti, e lasciò che la ragazza lo stringesse a sé ancora una volta, come una volta, tempo fa, aveva fatto lui con lei, minuscola tra le sue braccia.

“Adesso che non siamo più soli, sarà meno difficile percorrere le nostre strade, ne sono sicura…” affermò, felice e commossa.
“Allora… Forse anche io dovrei ringraziarti” ribatté Logan.
Lei si staccò dall’abbraccio, gli sorrise prendendogli le mani.
E lui ricambiò sia la stretta che il sorriso, sentendo un pezzo del suo cuore cominciare a diventare più leggero, come se gli fosse stato tolto un grande peso inutile.

 

“Promettimi che non mi dimenticherai un’altra volta”
“Non mi ero dimenticato di te…”
“Lo so. Ma per molto tempo ho creduto che fosse così. Ed è stato orrendo…”
“Stavolta sarà diverso. L’hai detto anche tu, no?”
“Già… Trova la giusta strada, Logan. E ricorda l’amore di mia sorella.”
“E tu? Tu cosa farai?”
“Tornerò a casa… Dal mio fidanzato…”
“Certo, il Giappone è lontano da New York o dal Canada…”
“Ma tu conosci già la strada. No?”
“A volte avrei voglia di non conoscerla…”
“Verrai solo quando sarai pronto a ricordare serenamente e con il cuore in pace. E nel frattempo, potrai avere il mio sostegno. Io ti aspetto…”

Si salutarono come due vecchi amici uniti da una vita.
Logan spettinò con fare paterno i capelli di Misaki, che sorrise divertita per poi salutarlo con la mano mentre lo vedeva allontanarsi, dalla finestra della sua stanza.

Aveva smesso di piovere. Il sole stava timidamente facendo capolino dalle nubi grigio scuro.

 
Impugnando il manubrio della sua moto, Logan lanciò un’occhiata alla propria mano destra, sospirò e sorrise lievemente, forse rinfrancato.

 

I am the one star that keeps burning, so brightly,
It is the last light to fade into the rising sun…

***

Prima di tutto, le dediche! 

A Jo! Se non mi avesse fatto apprezzare la varietà e la bellezza dei nomi giapponesi, probabilmente a quest'ora non avrei scritto questa one shot!
Al mio ragazzo, per i consigli :).

I credits: i versi usati all'inizio e alla fine della shot fanno parte della canzone "Remember" di Josh Groban, quindi non mi appartiene nel modo più assoluto, esattamente come non mi appartengono né Wolverine, né Mariko, "figli" della Marvel Comics.

E ora, un paio di spiegazioni per i "profani" di X-Men... Non sarò forse la più esaudiente delle fonti, ma ci proverò! Le correzioni e/o aggiunte sono più che benvenute dagli esperti, dato che io sono una povera principiante nel campo X- Meniaco :).

* Mariko Yashida è un personaggio Marvel ("nata" graficamente nel 1979 e "morta" nel 1992, se non erro) , uno dei grandi amori di Wolverine, con cui è stata fidanzata per qualche tempo (galeotto fu il loro primo incontro, avvenuto grazie alla cugina mutante di Mariko!), tra alti e bassi. La relazione è risultata da subito molto difficile per una lunga serie di fattori, primo tra tutti la famiglia di Mariko, un importante clan della malavita giapponese... In principio, Mariko doveva sposarsi con un "associato" criminale della famiglia Yashida, salvo poi mettersi contro quest'ultima a causa dell'orrore e del ribrezzo da lei provati per gli orrendi crimini (molto subdoli, tra l'altro) dei suoi parenti, che a lungo andare avrebbero fatto cadere profondo disonore sul suo cognome.

Quando parte della famiglia di Mariko verrà uccisa da Wolverine e altri complici, la ragazza diventerà il capo del clan famigliare e annuncerà il proprio fidanzamento con Logan. A questo punto però, Mastermind, il mega-ultra-cattivo di turno, capace di manipolare le menti altrui, farà il lavaggio del cervello alla giovane,  facendole rafforzare i legami del clan Yashida con il crimine e facendola rinunciare al matrimonio con Wolverine. Fortunatamente, questa sorta di "incantesimo" si spezzerà alla sconfitta di Mastermind, e Mariko correrà subito ai ripari, vergognandosi per tutto ciò che la sua mente deviata aveva causato al clan Yashida (e naturalmente, continuando a stare con Wolverine, ma senza sposarlo finché tutto ciò che ancora c'è di criminoso nel clan di famiglia non verrà definitivamente debellato, per una questione di onore).

Successivamente sfidata dal leader del clan ninja Hand (Matsu'o Tsurayaba) e dal fratellastro (Silver Samurai), Mariko tenterà una risoluzione pacifica con il primo, che però la avvelenerà. Per evitare una morte lenta, dolorosa e quindi, disonorevole, la ragazza supplicherà Wolverine di ucciderla subito, e lui esaudirà questo suo desiderio, ponendo fine alle sue sofferenze con i propri artigli.

   
 
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