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Autore: cartacciabianca    06/05/2010    4 recensioni
[ SOSPESA ]
Giocatori, siete nell'Anno del Signore 1232.
Luigi VIII, appena di ritorno sconfitto dall’Inghilterra, punta le lance in resta contro Tolosa, dimora di Raimondo VII. Impadronitosi di quelle terre ne coglie l’intera giurisdizione, affiliando nel 1226 definitivamente la Linguadoca alla Francia. Il Leone di Francia viene meno nell’inverno di quell’anno, e il potere succede così ad un piccolo Re, all’epoca solo dodicenne. Luigi IX, detto il Santo per la sua calorosa religiosità e collezione di reliquie, guidato dalla spavalderia degli uomini di cui è circondato, e appoggiato dalla madre Bianca, eccolo già in battaglia contro una nuova rivolta. Nel 1228 giunge ad un compromesso con Raimondo VII, e nel 1229 promette al conte la giurisdizione delle sue terre, in cambio della sua unica erede Giovanna promessa al fratello del Re, Alfonso di Poitiers, e la completa ammissione della regione nei domini Francesi. La Crociata Albigese si conclude definitivamente nel 1229.

A Phoenix e Châtel-Argent sono trascorsi 17 anni. Ian e Daniel varcano la soglia della quarantina e conti come Granpré stanno per raggiungerli. Non si sentono vecchi o stanchi, ma solo maturi, vissuti e cavalieri di Francia ogni giorno di più. Mettiamo alla prova il coraggio di una ragazzina e l’ambizione del suo migliore amico. Il risultato è una fan fiction esilarante che ce la metterà tutta pur di mostrarsi degno tributo alla trilogia di Cecilia Randall.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Qualcuno era entrato nella sua stanza dimenticando aperta la finestra.
Hellionor se ne accorse a sue spese quando una folata di venticello primaverile s’insinuò tra le lenzuola e le fece venire la pelle d’oca alle gambe. La ragazza rabbrividì e strizzò gli occhi con una smorfia, dovendosi abituare così in fretta anche alla luce del mattino.
-Bonjour, mademoiselle!-.
Hellionor si riscosse sotto le coperte e balzò sul letto per lo spavento.
La proprietaria di quella voce squillante era un donnina bassa e tozza, che probabilmente non superava più del metro e cinquanta, pesava ottanta chili e somigliava troppo, ma troppo alle nane femmine delle fiabe! Aveva lunghi capelli biondi a piccoli riccetti rilegati in una treccia che le ciondolava dietro la schiena mentre camminava. Si spostava da una parte all’altra della stanza sistemando alcuni vestiti nell’armadio e ripiegando le coperte più pesanti, che avevano tenuto al caldo la principessa durante quella notte. Se si stava occupando di quel genere di faccende, Hellionor comprese che si trattava di una serva (non troppo) comune.
-Je suis heureuse de constater que vous avez vous bien récupéré par les désastres de la nuit dernière, Eléonore. Stephèn va payer cher cet affront à la couronne de l'homme qui l'a protégé comme un fils. Vous devriez voir la façon dont votre père est en colère! Et votre mère, madame Donna, est un miracle que elle respire encore! (1.)- esultò la nana sbattendo un lenzuolo fuori dalla finestra. -J'espère donc que, aujourd'hui, vous devrez aussi avoir une bonne course. Votre père et monsieur de Pothieu veux vous dire un mot, Eléonore, et l'affaire semble sérieuse. Pour l'instant je serais heureux de te voir faire un bon petit déjeuner en compagnie de vos sœurs et votre mère. Ils attendent vous dans le salon et j'ai la tâche de escorter vous là avec une bonne odeur et l'air présentable! (2.)- concluse venendole incontro sul bordo del letto.
Hellionor, che non aveva capitolo una sola parola di quella stretta e frettolosa parlantina francese, tacque ammutolita, quando gli occhietti scuri e porcini della nana si posarono su di lei e indugiarono sulla sua figura, la Freeland cominciò a temere il peggio.
-Sainte-Catherine et la Vierge!- gridò ad un tratto la serva balzando sul posto. -Vous n'êtes pas Éléonore de Sancerre!- strillò in preda alla collera.
Quest’ultima parte l’ho capita… ammise Hellionor con una smorfia. Contemporaneamente, dalle labbra tirate e i genti stretti, le sfuggì un mugolio idiota e imbarazzante.
-Gardes! Gardes!- la serva voltò i tacchi e si avviò in una corsetta buffa fuori dalla stanza. I suoi passi si estinsero pochi metri dopo nel corridoio, quando Hellionor, attraverso uno spiraglio della porta, riuscì ad intravedere una figura femminile che prendeva la nana sotto braccio. Era madame Donna, la padrona di casa, che trascinò con sé la serva giù per le scale mormorandole qualcosa di inudibile da quella distanza. La nana continuava a ripetere il nome di Eleonore e agitava le braccia, gesticolando in modo a dir poco femminile. Le due scomparvero sulla tromba delle scale.
Hellionor si concesso un lungo istante di immobilità e spettrale silenzio, durante il quale non accese un muscolo e trattenne il respiro.
Quella che le era passata davanti agli occhi le era sembrata una scena di qualche assurdo film ricco di un’insolita comicità. La scenetta esilarante di uno sketch da cabaret, una commedia o una soap-opera francese! La ragazza era davvero senza parole in bocca, con la gola secca e lo stomaco sotto sopra. Già il fatto che in quel mondo si parlasse tutt’altro che la sua lingua la metteva fortemente a disagio. Se in più doveva svegliarsi di prima mattina con nani logorroici a girarle per la stanza, avrebbe cominciato a considerare quel posto un vero e proprio manicomio!
Hellionor si strinse le ginocchia al petto nascondendo le gambe col tessuto del lungo camice di seta bianca da notte. Si appoggiò allo schienale del letto a baldacchino e restò in quella posa un tempo infinito che le parve un’eternità.
Non sapeva né cosa fare, né cosa dire, né a cosa pensare!
Dovunque fosse, non era sul suo pianeta! Gli Alieni dovevano averla rapita nel sonno assieme a Gabriel e portata indietro nel tempo con chissà quale assurdo marchingegno in loro possesso.
La ragazza si premette le tempie con insofferenza crescente. Se avesse avuto una pistola avrebbe preferito spararsi: era senza dubbio molto meglio farla finita e vedere di che razza di sogno si trattava, piuttosto che continuare quella farsa da circo.
I suoi tumultuosi pensieri vennero interrotti da un cauto bussare due colpi alla porta della sua stanza.
La ragazza si strinse ancor più a sé stessa e guardò l’ingresso della camera, scorgendo una familiare figura maschile ferma sotto l’uscio ad attendere, probabilmente, il permesso di varcare la soglia.
Hellionor tirò troppo allungo la corda della pazienza di Jean Marc de Ponthieu, che si vide costretto ad entrare nelle stanze di Eleonore de Sancerre senza aver ricevuto il consenso: per via del semplice fatto che, Hellionor Freeland, aveva le labbra cucite dall’imbarazzo.
Il Falco del Re si richiuse la porta alle spalle con delicatezza e attese svariati istanti, assieme a lei, in quel tormentato silenzio.
Hellionor lo guardò allungo con occhi di ghiaccio: scrutò nei dettagli ogni suo singolo movimento, squadrandolo da capo a piedi più volte, se necessario. La fluente chioma scura era ordinatamente raccolta in una coda di cavallo che cadeva tra le sue scapole. Indossava abiti sobri, come qualsiasi importante Feudatario vestirebbe nella Santa Domenica. Al fianco presenziava una fedele spada corta per nulla ingombrante. Al collo, Hellionor lo vide bene, gli pendeva, intrecciato ad una catenella, l’anello del casato dei Ponthieu. Il volto allungato, dal mento pronunciato, gli occhi grandi e azzurri e la fronte ampia, gli conferivano l’aspetto regale, o meglio dire, leggendario che veniva descritto nei libri di storia.
L’accenno a Jean Marc de Ponthieu durante le lezioni della sua professoressa del liceo era stato minimo ed essenziale, come per tutti i cavalieri francesi di quell’epoca. Avendo studiato unicamente la battaglia di Bouvines a riassunti e la corte francese in modo generico e schematico, Hellionor era stata costretta, dal programma poco dettagliato e dal suo somaro compagno di sventure, a ridurre il suo interesse per la Francia. Ogni tanto era suo padre, Daniel Freeland, a farle qualche accenno più approfondito sulle gloriose battaglie del Falco d’Argento, con particolare riguardo al periodo più tormentoso della sua vita, ovvero l’ascesa al trono di famiglia come Conte de Ponthieu.
Ora, l’Jean Marc della storia francese era una statua di marmo vicino all’ingresso della sua camera e, come lei, attendeva una sua qualsiasi reazione che gli desse il vero e proprio consenso alla parola.
Hellionor tremò: il suo sguardo intenso e carico di rammarico la metteva ancor più in soggezione di quanto ne fosse stata capace la nana. Nonostante questi timori, la ragazza trovò espressivamente la forza di mostrare un mezzo sorriso di riconoscenza nei confronti dell’uomo che l’aveva salvata dalla strada.
-Il tuo nome sarà davvero Eleonore come dici, ma io non credo che tu sia la ragazza che tutti qui pensano di aver trovato-.
Hellionor sobbalzò.
Jean Marc si rivolgeva a lei con inglese perfetto, forse un po’ decadente in fatto di accento, ma comunque grammaticalmente impeccabile come quello di inglesino di Oxford. Inoltre, c’era da considerare il fatto che Jean sembrava averla riconosciuta, in realtà, come la persona sbagliata che non avrebbe dovuto dormire tra quelle lenzuola. Nel momento in cui la ragazza sgranò gli occhi per lo scetticismo, il Falco del Re sorrise più caldamente. –Quando ti ho vista ho pensato subito che fossi straniera assieme a quel tuo amichetto in divisa. Devi sapere che il signore di queste terre, Etienne de Sancerre, non ama molto quelli come voi- spiegò senza mezzi termini, ed Hellionor capiva alla perfezione almeno quella parte del contesto nel quale era stata catapultata senza preavviso. –Il mio nome è Jean Marc de Ponthieu, signore di Châtel-Argent e Falco della Corona. Sicuramente avrai sentito parlare molto di me nelle terre da cui vieni-.
Hellionor scosse la testa, mentendo, ovviamente, ma non seppe subito perché aveva scelto di dire una bugia. Forse andare a raccontare ad un ricco signore di Francia che un videogioco rovina-pomeriggio-studio l’aveva teletrasportata nel medioevo non era una mossa troppo saggia da fare, ma almeno mentire per quanto riguardasse le sue conoscenze storiche le era permesso. Si sarebbe mostrata più acculturata di quanto sembrasse e più preparata a combattere le avversità di quel tempo, se era realmente vero che si trovava nel medioevo.
Nuovamente di fronte a quella realtà, Hellionor si sentì vorticare la testa.
-Egli è anche un mio carissimo amico- continuò Jean andando verso la finestra. –Io, Etienne e monsieur de Granpré siamo tutto ciò che resta della nostra Compagnia. Il giorno in cui abbiamo combattuto assieme in battaglia, abbiamo giurato sul nostro sangue di essere sempre uniti nel bene e nel male, nelle vittorie e nelle sconfitte, nella buona e nella cattiva sorte-.
Detto così sembra che si sono presi a matrimonio! Hellionor tacque compiaciuta da quel pensiero. Da come ne parlava, il Falco sembrava andare molto fiero del suo passato.
Jean lanciò un’occhiata all’esterno e spaziò allungo con lo sguardo sulla cittadella di Séour che era già nella piena attività dei mercati e delle strade caotiche. –In questi lunghi anni di pace le nostre contee hanno prosperato indisturbate, mentre Luigi IX concentra le sue Guerre sui confini Tedeschi e quelli spagnoli, sempre alla ricerca di qualche pezzo antico per la sua collezione privata- ridacchiò con allegria.
Hellionor sorrise.
-Ma il verde di questi prati nasconde infidi paludi salmastre, pozzi oscuri preservatori dell’avidità umana e servi dell’anarchia. Il rapimento di Eleonore de Sancerre non solo ha distrutto il cuore del mio carissimo amico, abbattendo a catena anche il mio e quello di monsieur Henri, ma ha sparso i semi di una nuova temibile rivolta-.
Mio Dio… i libri di storia non parlano di un’altra guerra interna! Luigi IX, come hai detto, concentra le forze militari altrove e la Francia vive in pace! Non può essere… non ci credo! Hellionor avvertì un brivido gelido risalirle lungo la spina dorsale. Ma io ci sono dentro fino al collo lo stesso…
-Il tuo ruolo in tutto ciò è molto semplice- disse ad un tratto con grande sorpresa della ragazza.
Jean si allontanò dalla finestra e andò a sedersi sulla poltroncina accanto al letto.
Mio… ruolo? Hellionor ingoiò il groppo in gola a fatica. Allora si tratta davvero di un gioco? Allora siamo ancora nel gioco!
-Come ti ho detto, la figlia di Etienne è stata rapita. I suoi sequestratori hanno lasciato un messaggio nel quale obbligano Sancerre e tutto il suo casato a non rendere pubblica la notizia, o la ragazza farà una brutta fine. Siccome né io né lui vogliamo che accada qualcosa di male alla principessa Eleonore, tu dovrai fingere per noi di prendere il suo posto, almeno finché qualcuno non riporta a casa quella vera-.
Hellionor avrebbe voluto chiedergli ulteriori spiegazioni, ma il Falco del Re la fece tacere con un gesto della mano prima che potesse proferire parola.
-Non ci resta molto tempo. Tra poco da quella porta entreranno le ancelle private di Eleonore de Sancerre che ti aiuteranno a vestirti. Dovrai comportarti con loro col massimo distacco, poiché molte delle persone che ti circondano non sono state informate su chi sei realmente. La verità è custodita solo dagli amici e i parenti più stretti, ma soprattutto da chiunque sarebbe stato in grado di notare l’impercettibile differenza che vi contraddistingue-.
-Ovvero?- domandò Hellionor, aprendo bocca per la prima volta.
Jean sorrise colpito. –Il colore degli occhi- disse. –Eleonore li ha marroni. Tu li hai verdi come tuo…- s’interruppe di colpo.
La ragazza aggottò le sopracciglia, curiosa di sapere che razza di complimento stava venendo dal becco del Falco.
Jean tornò in piedi e andò verso l’ingresso della stanza, aprì la porta e fece per uscire, con un improvviso alone di malinconia stampato sul viso.
-Aspettate!- lo chiamò Hellionor, balzando giù dal letto e gli andò incontro camminando scalza sul pavimento.
Jean si voltò poco prima di afferrare la maniglia della porta.
-Non spiccico una parola di francese! Come farò a rivolgermi alle ancelle o a chiunque mi domanda qualcosa?- domandò terribilmente in ansia.
Jean, che per la sua altezza impressionante la guardava con un certo distacco da una certa altitudine, marcò oltremodo le rughe della fronte.
Spiccico… voce del verbo spiccicare, modo indicativo tempo presente, credo non esita un termine simile in quest’epoca! Dannazione! Hellionor si portò una mano davanti alla bocca, mordendosi la lingua. Devo fare attenzione, e che cavolo!
Jean alzò gli occhi al cielo, sospirando. -Eleonore, la vera Eleonore, non era una ragazza molto loquace e spigliata- la documentò Jean. –Tendeva spesso al silenzio e se ne preferiva stare per i fatti suoi chiusa nella sua stanza. Finché starai in mia compagnia, cercherò di farti rivolgere il meno domande possibili, ma nel caso io non sia presente, annuisci, nega, ma non aprire bocca. Potresti seriamente compromettere la situazione-.
Hellionor si sentì pienamente offesa da quelle parole. Non solo Jean sosteneva che parlasse un pessimo francese, ma si rifiutava persino di farla apparire come una persona pensante, piuttosto che annuire e negare come fanno i mongoloidi.
La ragazza dovette ugualmente piegarsi a quella condizione. Non c’era motivo di opporsi e non ce ne sarebbe stato in futuro.
Prima che Jean le voltasse nuovamente le spalle, Hellionor si costrinse a catturare ancora la sua attenzione.
-Monsieur, vi ricordate il ragazzo che era con me quella mattina in strada?- chiese.
Jean irrigidì il collo e lasciò correre lo sguardo ben oltre la ragazza che gli stava di fronte. –Sì, mi ricordo. Cosa vuoi sapere, di preciso?-.
-Dove si trova, se sta bene, e se le guardie del vostro amico l’hanno arrestato. Sembravano piuttosto arrabbiare quando l’hanno beccato in strada-.
Jean inarcò un sopracciglio.
Beccato! BECCATO! Dannazione, di nuovo, di nuovo !
-Se è così che si parla nella tua terra di barbari, vedi di fare più attenzione a quando ti rivolgi a qualcuno- la riprese con voce profonda.
-Sì, signore, mi perdoni-.
-Il tuo amico sta bene. Ha trascorso una notte tranquilla nelle prigioni del torrione, non temere per lui-.
Una notte tranquilla nelle squallide prigioni medievali di un vecchio torrione! Nooooo! Non temo affatto per lui! Il minimo sarà trovarlo impiccato ad una trave con la cintura dei pantaloni!
Jean notò al volo l’espressione crucciata della ragazza e le posò una mano sulla testa, con fare profondamente paterno. –Posso ripetertelo, se vuoi: sta bene, è vivo. L’unica cosa che non posso garantirti riguarda la sua salute mentale, che sarà nettamente inferiore di quando lo abbiamo trovato-.
Ah! Non dovreste farvi problemi su questo, signore! Poco sano di mente lo era già. Al massimo sarà più intelligente di prima, se è vero che gli opposti si toccano.
Jean de Ponthieu restava tutt’ora un completo sconosciuto, oltre che rinomato Conte di Francia. Che si permettesse di farle così affettuose carezze le infondeva la solita soggezione. Hellionor arrossì e quando se ne accorse, il Falco del Re lasciò subito la sua stanza, richiudendosi la porta alle spalle con un tonfo appena udibile.



(1.) « Sono felice di notare che vi siete ripresa bene dalle sciagure della scorsa notte, Eleonore. Stephèn pagherà caro questo affronto alla corona dell'uomo che lo ha protetto come un figlio. Dovreste vedere vostro padre come è arrabbiato! E vostra madre, la signora Donna, è un miracolo se respira ancora!»

(2.) « Dunque, spero che oggi abbiate ugualmente voglia di fare una bella passeggiata a cavallo. Vostro padre e monsieur de Pothieu desiderano scambiare due parole con voi, Eleonore, e la questione sembra seria. Per adesso sarei contenta di vedervi fare una buona colazione in compagnia delle vostre sorelle e vostra madre. Vi stanno aspettando nel salone ed io ho il compito di scortarvici con un buon profumo e un aspetto presentabile!»




Non so voi, ma io sto morendo dalla curiosità di leggere un vostro commento! XD L'ispirazione per questa storia sta salendo alle stelle! Speriamo bene! ^-^ A presto!
   
 
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