(
They said, I won't find you, but now, I'm beside you
I'm not all,
that stable,
You should, know by now that you are mine )
Avrebbe
dovuto saperlo che sarebbe arrivato quel giorno, prima o poi. La
verità era che aveva sempre sperato non avvenisse – e al
tempo stesso non attendeva altro.
Non si voltò subito, ma
le dita cercarono quelle di Aster, serrandosi attorno alla sua mano
in una presa persino disperata. Avvertì perfettamente i nobili
inchinarsi, vide persino Kaname guardare perplesso quella figura,
avvertendo quel potere che... faceva paura, tanto era forte.
Un'energia vibrante, elettrica persino, antica – antica come il
mondo stesso.
“Non mi saluti neanche ? Tuo fratello almeno
mi ha guardato, anche se non sembra troppo felice.”
Si voltà
lentamente, cercando di ignorare quella voce, cercando di ignorare le
reazioni del suo corpo che istintivamente rispondeva a quelle parole,
a quella presenza. Affondò le unghie nella mano di Aster,
credendo di sentire le ginocchia cedere quando lo vide dopo un tempo
che le era sembrato infinito.
C'era un poeta che diceva: “Venga
tu dal cielo o dall'Inferno, che importa, o Beltà”.
E davvero non importava, quando si guardava lui, gettato giù
dal paradiso – o risputato dall'inferno.
Il viso dai tratti
affilati, piacevoli, sembravano persino efebici, seppur non
femminili, solo delicati, a partire dagli zigomi alti fino alla linea
della labbra sottili, e nonostante la parvenza androgina il corpo era
forte e alto, dalle spalle larghe, protettive; ciocche corvine,
talmente scure da appropriarsi dei riflessi circostanti, scivolano
sulle spalle, lisce e morbide, arrivando fino alla mezza schiena –
facevano venir voglia di affondare le dita in quella chioma, di
scostare il ciuffo che accarezzava le labbra. Un bel contrasto, con
la pelle estremamente chiara, alabastrina. E lì, in mezzo a
quel bianco e a quel nero, spiccavano gli occhi: profondi come
Abissi, come l'oblio, di quel blu troppo intenso e troppo feroce –
blu, il colore proibito da Dio per la sua bellezza.
Di tutti i
dipinti che erano stati fatti, di tutti i ritratti persi nel corso
dei secoli... non c'era nulla, al di là di quella figura, che
meglio rappresentasse Lucifero, portatore di Luce, portatore di
Tenebre.
Ebbe l'istinto di avvicinarsi, di buttarsi tra le sue
braccia, di abbandonarsi e dimenticare tutto, come era stato una
volta; provò il desiderio bruciante di toccarlo, di baciarlo,
di essere assieme a lui, una cosa sola. E l'avrebbe fatto, se le dita
di Aster non si fossero conficcate nella sua mano, risvegliandola da
quel torpore, da quell'incantesimo.
“Buonasera, Kyrie”,
salutò senza alcuna inflessione nella voce, senza sfumature –
solo la calma piatta e gelida di una lastra di ghiaccio, con quel
nome pronunciato tra le labbra, accarezzato dalla lingua. Si voltò
immediatamente dopo, affiancandosi a Kaname assieme al fratello,
assicurandosi di guardare altrove.
“Pensavamo non sareste
più arrivato, signore”, commentò Ichijou
inchinandosi davanti al nuovo arrivato, senza osare guardarlo
direttamente in quelle gemme blu – sarebbe stato un oltraggio.
E soprattutto, Kyrie in quel momento guardava Kaname, osservandolo
senza alcun sorriso, con uno sguardo che lasciava passare mille
parole.
“Ho
solo fatto un po' tardi”, replicò laconicamente,
distogliendo gli occhi e spostandoli verso i nobili che sembravano
attenderlo; non avevano più il sostegno dei giovani vampiri,
forse, né quello di Kaname Kuran, ma avevano dalla loro parte
qualcuno di ben più forte e potente. Kaname, durante tutto
questo, non aveva detto nulla, limitandosi ad intrecciare le dita
sotto al mento, guardando quanto accadeva nella sala.
“Tocca
a voi scegliere.”
Si voltarono entrambi – sia Kaname
che Kyrie – verso Ichijou, che ormai non la finiva più
di parlare. Sospirando, il vampiro moro tornò a guardare il
purosangue, alzando quindi gli occhi sui due gemelli. Lamia schiuse
le labbra quasi per dire qualcosa, ma si zittì all'ultimo.
“A
dire il vero preferirei restare neutrale. Ormai sono troppo vecchio
per queste cose...”, sospirò divertito, ridendo a bassa
voce. Nella sala qualcuno trattenne il fiato, qualcuno si rilassò,
qualcuno borbottò.
“... ma considerando come si sono
divise le parti, credo opterò per il Conciglio. Senza offesa,
Kaname.”
Non usò nessun suffisso, nessun tono di
rispetto, piuttosto un tono giocoso e quasi infantile che si usa tra
due amici; il purosangue rispose con un cenno, sentendo le dita di
Lamia serrarsi così forte sulla sua sedia da rischiare di
spaccare il legno, gli occhi viola liquido fermi sulla figura del
moro che aveva rivolto loro le spalle – per l'ennesima volta.
Il rancore era così forte, così profondo, da
dilaniarla, da invadere l'intera sala come una nube scura.
“Bene.
Allora è deciso. Kaname – sama...”, iniziò
l'anziano, spostando gli occhi sul suo pupillo allevato con tanta
cura.
“... la Guerra ha inizio”, concluse l'ultimo
erede del casato Kuran, alzandosi in piedi e fronteggiando con gli
occhi cremisi i nobili schierati contro di lui. Contro di loro.
Nobili e adulti contro ragazzini.
Nobili e purosangue contro
un purosangue.
Era una lotta fratricida, fatta solo per il dominio
– alla fine di tutto, ci sarebbe stato solo sangue versato.
Lentamente i vampiri si dispersero, i genitori guardarono i figli
delusi e preoccupati, perchè sapevano che qualcuno di loro
sarebbe potuto morire; i figli guardaono i genitori preoccupati e
delusi, ma con quella fierezza nello sguardo tipico di chi è
giovane e convinto delle proprie scelte.
Aster avvolse un braccio
attorno alla vita della gemella, voltandosi per portarla con sé,
accarezzandole piano un fianco.
“Lamia.”
Si
fermarono entrambi, ma a voltarsi fu solo il ragazzo, con gli occhi
bicromi fissi in quelli blu scuro dell'altro.
“Ti aspetto
più tardi.”
Se ne andò così, con un
sorriso beffardo e soddisfatto sulle belle labbra, ignorando la
rigidità del corpo della ragazza greca – che poteva
provare a resistere a quel comando, ad opporsi, affondando le unghie
nella pelle...
Ma nessun vampiro può opporsi al suo Master.
(( I wanna hurt you just to hear you screaming my name
Don't wanna touch you, but you're under my skin
I wanna kiss you but your lips are venomous poison ))
Quando
tutti iniziarono a dirigersi verso le loro stanze anche Zero pensò
di farlo, lasciando il purosangue solo.
Però non lo fece.
Rimase lì guardando Kaname seduto sulla poltrona di velluto
morbido, poco distante dal fuoco che scoppietteva nel camino e
gettava bagliori dorati nei suoi occhi scuri.
Non sapeva ancora
perchè aveva deciso di seguirlo. Non sapeva neanche perchè
era in mezzo a quella guerra – ah, sì. Perchè era
un vampiro, volente o nolente.
Forse perchè il nemico che
si conosce è sempre meglio di quello che non si conosce e per
quanto Kuran fosse un maledetto opportunista sadico ed arrogante –
più tanti altri epiteti poco carini – era leale verso il
suo popolo. Del Consiglio invece... non sapeva nulla. Le dita
strinsero la Bloody Rose per istinto, quasi per sicurezza.
“Non
vai a dormire?” chiese improvvisamente il purosangue, la voce
morbida e vellutata come una carezza sulla pelle, sul cuore.
Zero
alzò gli occhi viola senza rispondere, avvicinandosi di
qualche passo.
“Perchè mi hai chiesto di rimanere al
tuo fianco?” ribattè, cambiando completamente discorso.
Non era mai stato uno da troppi giri di parole, Zero. E non lo era
nemmeno ora.
Lo sguardo rossastro di Kaname scivolò su di
lui, accarezzandolo con piacere e con un'espressione così
intima che lo fece rabbrividire.
“Perchè volevo
rimanessi al mio fianco”, replicò con tranquillità
tornando ad osservare il camino.
Bella risposta. Davvero.
Zero
cercò di non chiedersi perchè il suo cuore aveva perso
un battito, perchè improvvisamente il volto si era accaldato.
Avanzò di qualche passo raggiungendo il più grande,
fermandosi davanti a lui.
“Perchè?”
non
sembrava saper chiedere altro quella notte l'Hunter. Troppi dubbi,
troppi interrogativi, troppe cose nascoste e celate. Questa volta,
però, la risposta di Kaname lo lasciò sconvolto.
Senza
aprire bocca, senza dire una mezza sillaba, il purosangue allungò
velocemente una mano, come un serpente che s'avventa sul povero
topolino per divorarlo, afferrando il colletto della camicia dell'ex
umano e strattonanolo verso di sé, verso il basso.
Le loro
labbra si incontrarono in una carezza violenta, feroce, più
uno scontro accidentale che un bacio; ma poi la bocca del purosangue
divenne morbida contro la sua, per quanto veemente, la lingua si
sporse curiosa a cercare l'ingresso e, quando lo ottenne, divorò
la gemella, suscitando un gemito indecente da parte di Zero,
costretto in quella posizione. Presto Kaname lasciò la sua
camicia solo per far scorrere le dita sul petto tonico del guardiano,
fino ad arrivare ad un fianco. Affondando lì le unghie lo
trasse verso il proprio corpo, facendolo sedere a cavalcioni sul
grembo. E per quanto Zero protestasse, per quanto sibilasse 'Kuran,
Kuran' sottovoce, interrotto sempre da un bacio, Kaname non aveva
alcuna intenzione di lasciarlo andare.
Nessuna.
Circondò
la sua vita con le braccia imprigionandolo, affondando ancora una
volta la bocca contro la sua, tormentando e violentando quelle labbra
presto rosse, spingendo la lingua contro di lui ed ingaggiando una
lotta con il muscolo del Level D. Il cuore di entrambi batteva più
forte, violenti e furiosi, una scarica elettrica sottopelle –
soprattutto quando Kaname, neanche tanto accidentalmente, fece
scontrare i loro bacini. Mugulii e gemiti, voluti o meno non
importava.
C'era passione, lussuria, desiderio – c'era tutto
ciò che l'animo umano nascondeva, l'istinto e l'irrazionalità,
la fame di un vampiro, la ferocia di quegli esseri sovrannaturali che
molti definivano solo animali, solo bestie.
Non seppe quando
iniziò a ricambiare, Zero, ma si ritrovò a cercare la
bocca del purosangue, a desiderare quelle carezze e a tremare ad ogni
sfioramento, afferrando il labbro inferiore di Kaname tra i denti e
mordendolo piano con le zanne acuminate, facendo sgorgare il sangue
simile all'ambrosia divina, al nettare che veniva servito sul monte
Olimpo. Ma non erano Ebe o Ganimede a versalo e non era Zeus a
nutrirsene; quel sangue era... era...
Con un gemito violento,
agognando di avere qualcosa di più, si spinse contro l'altro
ragazzo conficcando le unghie nella sua spalla, mordendo e lacerando
la pelle, bramando sangue e carne.
Sangue e carne.
L'essenza
stessa dei vampiri, la loro natura più profonda e oscura –
erano fatti di carne e sangue, ma non erano umani.
“Kuran...”
Fu
un sussurro basso, leggero, ricco di piacere e tortura, qualcosa che
fece fremere Kaname di desiderio.
“Sei mio, Kiryuu. Ecco
perchè. Sei mio...”
Si scostò da lui solo per
guardarlo, per affondare gli occhi di rubino in quelli di un viola
lucido e bagnato di Zero, alzando le mani per circondargli il viso e
abbassarlo verso il suo, soffiandogli quelle parole direttamente
all'orecchio – con voce bassa, roca, simile a quella di un
serpente sibillino ed incantatore. La punta dei canini sfiorò
la pelle dell'Hunter, senza morderla ma accarezzandola.
Tremò,
Zero. Tremò per paura, tremò per desiderio, tremò
per quel qualcosa che sentiva nel petto ma non riusciva ad
identificare.
Tremò per quelle parole...
“Sei mio,
Zero.”
((Verso il paradiso con piacere tormentato dalla paura ))
Author's
Notes: Et voilà! Come sempre ci ho messo...boh, non voglio
neanche sapere quanto, ad aggiornare; ma ahimè l'esame si
avvicina e la scuola è sempre più pressante –
prima o poi avrò una crisi isterica. Spero comunque vi sia
piaciuto, sto cercando di 'eliminare' il blocco che ormai mi
attanaglia da un bel po'>_>
Ma sono tanto contenta di essere
finalmente riuscita ad inserire Kyrie *_* Per cui provo un amore
spassionato, se non si era capito. Al solito, citazioni e spiegazioni
finali:
The End of this Chapter - Sonata Arctica
Groove
Coverage – Poison
Wishmaster – Nightwish
La frase
'sono di carne e sangue, ma non sono umano' è di Intervista
col Vampiro di Anne Rice.
Ganimede ed Ebe erano i coppieri degli
dèi, il primo rapito da Zeus per la sua bellezza, la seconda
la divinità della giovinezza, in futuro sposa di Ercole.
See
ya!
Jemei