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Autore: Tarusama    08/05/2010    1 recensioni
Ho iniziato a scrivere questa storia quasi un anno fa. Premetto subito che è una fan fiction senza pretese, scritta per divertimento. E, soprattutto, ho ancora molte cose da migliorare. Non ho ancora scritto una fine... Ma appena mi sarà possibile lo farò. Intanto posto questi brevi capitoli.
Genere: Romantico, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Matt, Mello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sul display apparve il numero di Mello. Chissà perché, ma un po’ se lo aspettava.
«Sì?»
«Ciao Matty.»
La voce di Mello aveva un che di beffardo.
«Dimmi.»
«Avrei un bisogno urgente che tu mi raggiunga, Mattuccio adorato…»
E quello? Da dove sbucava quella merda di soprannome?
«Cosa c’è?»
«Ti si sta allagando la casa.»
Rimase attonito. Gli si stava allagando la casa? La sua casa?
«Cooosa? Com’è successo?» esclamò, dopo alcuni secondi di silenzio.
«Nulla di grave, dai. Il ripostiglio è ancora integr…’azzo! No, non più.»
Ma che diamine stava combinando? Di questo passo gli avrebbe distrutto la casa!
«La prossima volta la chiamo davvero, la baby-sitter.» sbottò.
Riagganciò il telefono con violenza, poi si mise un asciugamano intorno alla vita, annodandolo alla buona.
«Che è successo?» chiese Allison, allarmata.
«Nulla, ma devo andare a casa.»
«Adesso? Ma se non è nulla…»
«Ho detto che devo andare! Ciao.» disse, alzando la voce.
Per quanto stare con lei gli piacesse, in certi momenti era più appiccicosa di una gomma da masticare attaccata alla scarpa.
Si mise rapido i boxer, si infilò i pantaloni e se li allacciò facendo un paio di saltelli per farli entrare più in fretta, rischiando però di inciampare e di rompersi il naso.
Infine indossò la maglietta e gli stivali, lasciando questi ultimi slacciati. Pensandoci bene, che senso aveva preoccuparsi del proprio naso quando in casa tua c’era una bestia che scorrazzava libera?
«Ci vediamo, Allie.» aggiunse.
Lei non sembrava troppo entusiasta della cosa. Sospirò, rassegnata, e si lasciò scivolare nell’acqua ormai tiepida della vasca da bagno.
Il tempo di entrare in macchina, di partire a tutta velocità infischiandosene dei segnali stradali e dei semafori, e Matt era già arrivato a destinazione.
Si precipitò su per le scale, rischiando di investire una vecchietta che passava di lì per caso, e spalancò la porta di casa. Rimase attonito.
L’ultima volta che aveva varcato quella soglia si ricordava di averci lasciato una casa, lì, non una cabina del Titanic in pieno affondamento.
L’acqua usciva da ogni angolino possibile e immaginabile, persino dai termosifoni, e il suo appartamento sembrava aver appena ospitato un campo di battaglia.
«MELLOOOOOOOOOO!! CHE CAZZO HAI FATTO?!?»
Se quella povera vecchietta scendendo le scale non era morta, di sicuro in quel momento stava per crepare d’infarto.
Mello lo guardò con fare angelico, nascondendo prontamente la pistola nei pantaloni di pelle, in una delle tasche posteriori.
«Si è rotto un tubo, ma basta chiamare un idraulico, no?»
«SEI UN IDIOTA!»
«Okay, hai ragione, ma non è il caso di urlar…»
«IDIOTAAAA!!»
Matt perse le staffe, come tutte le persone normali di fronte a una visione del genere, e si scagliò contro Mello, che stava in piedi davanti al divano. Avrebbe voluto tanto prenderlo a pugni, stenderlo in modo professionale come avrebbe potuto fare un pugile, o un killer.
Ma il suo piede scivolò su una pozza d’acqua facendolo cadere addosso all’amico con la grazia di un ippopotamo zoppo.
Il biondo perse l’equilibrio e cadde sul divano trascinandosi dietro Matt.
Poi fu la volta del divano, che si ribaltò con un gran tonfo. Entrambi finirono a terra, bagnandosi.
Il rosso sbuffò, lasciandosi andare completamente e chiudendo gli occhi.
Rimasero zitti a lungo, e nessuno dei due osò rompere quel silenzio per chissà quale paura di scatenare una reazione violenta nei confronti dell’altro. Matt si espose a quel pericolo per primo.
«A volte ti ucciderei.» disse tra un misto di rabbia e rassegnazione.
«Non avresti tutti i torti.» rispose Mello di rimando, trattenendo una risata.
«Non ci trovo nulla di divertente.»
«…»
«Come cazzo hai fatto a ridurre la casa così?»
Mello saltò in piedi, facendo finta di non aver sentito la domanda, e si ripulì un po’ i pantaloni dallo sporco.
«Facciamo così: io rimetto tutto a posto, mentre tu sistemi un po’ i file del caso Kira. Siamo indietro con le indagini.»
Non era una proposta amichevole, era un ordine.
Matt accettò solamente perché, pensandoci bene, era meglio non sapere che cosa avesse combinato il suo ospite. Si sarebbe arrabbiato ancora di più. E aveva terribilmente ragione…


“Merda… Sono solo le dieci.”
Non poteva rimanere tutto il giorno a mangiare cioccolata sul divano in mutande.
Doveva darsi da fare e ricominciare a lavorare, o poteva dire addio alla sua vittoria su Kira, e, ancora più importante, su Near. Non avrebbe permesso a quel nano di trionfare ancora una volta, no di certo. Si vestì con alcuni dei pochi vestiti di Matt che gli andavano a genio: una maglietta nera, un paio di jeans scuri e una giacca di pelle.
Si sedette sul divano, con il suo computer portatile sulle ginocchia.
Il pensiero che Matt stesse facendo porcate con la tizia di certo non lo faceva concentrare appieno… Ma sperava che dedicandosi completamente al lavoro si fosse distratto quanto bastava e si fosse trattenuto dall’uccidere quella troia.
In quel momento lo capì: il mondo era contro di lui.
Un grosso topo zampettò sul pavimento di legno, fermandosi in un angolo della stanza.
«Che cazzo!» esclamò, infastidito.
Calma, calma. Non doveva agitarsi. Era solo un topo, non gli avrebbe dato alcun fastidio.
Il suo sguardo tornò sullo schermo del portatile, deciso più che mai a concentrarsi ma senza essere realmente in grado di farlo.
Quel topo continuava a squittire, ed era un suono assolutamente irritante.
Continuò ad ignorarlo.
Anche se zampettava avanti e indietro. Anche se si infilava in ogni cazzo di buco.
Anche se…
«Ennò, la mia cioccolata te la scordi!»
L’errore più grande di quel topo fu senza dubbio avvicinarsi a una tavoletta appoggiata al tavolo, già mangiata per metà.
Mello si alzò di scatto, appoggiò il computer al tavolino davanti a sé ed estrasse la pistola dai pantaloni.
La puntò all’istante contro il topo e sparò.
«Preso!» esclamò, trionfante. Ma in realtà aveva sbagliato.
Il topo era ancora lì. Si era spostato di pochi centimetri e continuava a guardarlo, come se si prendesse gioco di lui.
«Brutto bastardo…»
Sparò di nuovo, poi un’altra volta e un'altra ancora. Quel topo non voleva rassegnarsi alla sua fine e aveva iniziato a correre lungo il corridoio.
Neanche Mello voleva rassegnarsi, però. Lo voleva morto, quel topo.
Cominciò a sparare a raffica, tentando di prenderlo. Di solito non sbagliava bersaglio.
La camera da letto cominciò a riempirsi d’acqua; ci mise un po’ a capire quello che stava accadendo, ma non era per nulla rassicurante.
Cercando di prendere il topo, in corridoio, aveva sparato a uno dei tubi principali…
E si poteva notare guardando un piccolo buco nel soffitto, vicino alla lampada.
Ooops.



Il tempo non passava. Gli parve di trascorrere un’eternità ad asciugare tutto.
La giornata finì in una velocità incredibile.
Era già buio quando la casa cominciò a sembrare normale. Molto in disordine, sì, ma lo era anche prima.
Il caro Matt, invece, se n’era stato tutto tranquillo a smanettare col computer.
In fondo glielo doveva… Gli aveva semi-distrutto l’abitazione.
E aveva fatto anche un sacco di storie per Allison, in quel momento riusciva a riflettere a mente fredda.
Appoggiò la scopa all’entrata del ripostiglio e si sedette sul divano, accanto a lui.
«Ehi, Matt… Mi sa che stasera ci toccherà condividere il divano…»
«Vuoi dire che la camera è proprio inutilizzabile?»
«E’ uno schifo.»
«E va bene, tanto sarà solo per stanotte.»
  
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