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Autore: lilyblack    08/05/2010    6 recensioni
Pensava di avere a che fare con una semplice,banale e noiosa punizione. Invece viaggiò nella sua mente e nel suo futuro.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Theodore Nott
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'T&H-Theodore ed Hermione'
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Un raggio di sole entrava dalla finestra in parte ombreggiata dai pesanti tendaggi,rigettandosi pigro e opaco sul pavimento dell’aula di divinazione come se anche lui condividesse il rigetto per quel luogo con l’unica persona che in quel momento la occupava:un ragazzo con indosso una divisa dalle finiture verdi e argento dallo sguardo fisso nel vuoto e il volto stanco. 
Pian piano la luce dall’altra parte della finestra si fece più insistente e i raggi riuscirono a penetrare meglio attraverso le stoffe impolverate,allungandosi fino ad arrivare a sfiorare quella figura,quasi avessero avuto vita propria e una propria volontà di scoprire cosa quel ragazzo stesse fissando così intensamente nel vuoto dell’aula in penombra.
Una porticina si aprì dal lato dell’aula opposto a quello ove solitamente entravano gli alunni, e un fruscio insistente e fastidioso fece alzare gli occhi color verde chiaro al Serpeverde che tanto aveva attirato i raggi solari

‘Signor Nott… Gradirei che entro sera avesse finito di lucidare queste sfere..quindi..lavori’
gracchiò la professoressa Cooman passando con accanto al ragazzo, guardandolo con sufficienza da dietro quegli occhiali così spessi da sembrare fondi di bottiglia prima di uscire definitivamente da quello che era il suo rifugio,diretta verso la Sala Grande per il pranzo. 
Durante tutto il tragitto della professoressa Theodore non le aveva mai staccato gli occhi di dosso,fissandola apaticamente da dietro quelle lenti cerchiate da una montatura elegante e sobria, e chiedendosi fra se e se quale demone maligno avesse deciso di accanirsi contro di lui quel giorno facendogli meritare una simile punizione; Aveva quasi tirato un sospiro di sollievo per la scomparsa di quella ributtante figura quando la porticina si riaprì cigolante e il volto rugoso della professoressa fece nuovamente capolino, esibendo un sorriso maligno che avrebbe fatto invidia ad un avvincino
 ‘Ah..per il pranzo… Mangerà quando avrà finito’
a queste poche parole seguì un tonfo pesante e i passi leggeri della donna sulle scalette che scendevano verso il corpo centrale del castello,segnalando il suo definitivo allontanamento da quella che Theo oramai chiamava ‘la torre delle torture’.
Il ragazzo più tranquillo che la casa di Salazar avesse mai vantato si lanciò,una volta che la porta fu chiusa, in una sequela di improperi che avrebbe fatto impallidire il più accanito frequentatore della ‘Testa di Porco’ , maledicendo infine se stesso per aver agito d’impulso quel giorno forse per la prima volta in vita sua scaraventando in aria un mazzo di tarocchi e sentenziando,con voce lapidaria, che quelli secondo lui erano solo stupidi pezzi di carta:non solo si era dovuto sorbire gli strilli inorriditi di quelle oche di grifondoro,ma ora era rinchiuso li dentro quando avrebbe potuto essere sulle rive del lago a leggere,sprofondato nell’erba ai piedi del suo salice preferito. Se Theo si fosse guardato nello specchio delle brame avrebbe visto se stesso con in mano un libro pregiato,sprofondato in una camera in cui la luce veniva filtrata da leggeri tendaggi verdi, senza nessun altro intorno: Theodore Nott era un solitario,uno di quelli che proprio non comprendeva il bisogno di avere sempre compagnia come quello che manifestavano i suoi compagni, dei quali sentiva le voci salire dal basso,flebili,attutite forse dalla neve che incominciava a  ricoprire Hogwarts in quei primi giorni dell’anno nuovo.
“Stolti… Io non ho bisogno di nessun altro per stare bene”
Sbottò il moro infastidito da quel vociare che si faceva man mano più insistente e si lanciò poi su l’ennesima sfera,ignorando in un primo momento la scossa che gli attraversò il corpo quando la toccò,accanendosi su quella macchiolina che sembrava ingrandirsi momento dopo momento,attirando tutta la sua attenzione:bastò poco e Theo non riuscì più a staccare gli occhi da quel puntino  che ad un certo punto sembrò ingrandirsi a tal punto da invadere tutto il suo campo visivo.


 

“La prima cosa che Il ragazzo vide fu una grande massa bianca baluginante e dopo un po mise a fuoco l’immagine che gli si parava davanti:una via signorile di un villaggio magico in cui campeggiavano tre o quattro grandi ville quasi del tutto coperte dalla neve,nel cortile di una di queste un ometto pelato stava spalando la neve e la moglie lo guardava severa dalla soglia di casa con la bacchetta spianata,ma ben presto tutta l’essenza di Theodore fu attratta dall’ultima villa della casa,quella maggiormente decorata,e pochi attimi dopo si trovò fuori da una delle finestre del piano terra,dimentico perfino di aver camminato per arrivare fin li. Si rannicchiò sotto il davanzale dal quale spuntavano delle violette in parte imbiancate,scocciato in un primo momento dal fatto che qualcuno lo potesse vedere li e accusare di un qualche crimine, ma poi, nuovamente, fu avvolto da quella sensazione di curiosità morbosa quando dall’interno della casa fuoriuscirono tre risate allegre,calde e trasmettenti serenità;una avrebbe addirittura giurato di averla già sentita.
Quel suono cristallino poi,contro tutte le iniziali aspettative, lo irretì,lo trasportò  fuori dal tempo e dallo spazio ancor più di quanto non facesse in generale tutta quella strana situazione,lo avvolse fino ad entrargli dentro e annebbiargli la vista ed il cervello,lasciando che solo le mani immerse nella neve fredda,e le orecchie tese verso la finestra lievemente aperta  facessero da ponte verso la realtà circostante,sempre se di realtà si potesse parlare.
Per qualche istante si perse in un ennesimo universo parallelo,fatto di scale di vetro che suonavano allegre ad ogni passo di una figura invisibile che pareva chiamarlo:la sua voce arrivava a Theo da lontano,il cuore nel petto gli sussultava come se la conoscesse da sempre,le sue gambe erano percorse da una tensione mai conosciuta,volevano alzarsi e correre verso quella fonte di suoni celestiali,eppure c’era qualcosa che abitava in lui che non gli permetteva di alzarsi;quell’epifania incarnata l’aveva da un lato svegliato,eppure continuava ad allontanarsi senza andare da lui,come se alla fine del puzzle mancasse ancora qualcosa.
‘Papààààà suuuuuuuuu api paccooooo’
quell’urlo improvviso seppur di voce armonica,quell’interferenza di trombe in una sinfonia di violini,distolse il ragazzo da quella trance in cui era caduto,lo fece tornare con la coscienza a quel momento presente,all’immensa distesa candida che lo circondava e che,se ne rendeva conto solo in quel momento come si fosse svegliato da un lungo sonno,in realtà non gli dava freddo,reale e irreale allo stesso tempo,come la stoffa dei sogni che ci vengono a visitare ogni notte,e di cui noi stessi siamo fatti.
Theodore si rivoltò posizionandosi sulle ginocchia e , dopo aver fatto vagare in maniera diffidente e circospetta gli occhi verdi a scandagliare il luogo circostante,parve arrampicarsi sul muro fino arrivare al davanzale ricoperto di violette,anche se in fondo si limitò a distendere la schiena e lanciare lo sguardo all’interno della casa,senza più indugi,troppo bramoso di conoscere e di capire,lui che era sempre stato pacato e altezzoso,beato nella sua solitudine.
Ciò che gli si presentò innanzi per lui ebbe dell’incredibile,innumerevoli passaggi gli si fecero chiari,altrettanti oscuri,o forse era solo lui che voleva percepirli così;Certo,una coppia di giovani genitori seduti su di un grande tappeto persiano,teneramente abbracciati mentre guardano la loro figlia di circa tre anni che apriva i regali di natale gattonando sotto all’albero addobbato,sarebbero risultati piacevoli da guardare a tutti,magari anacronistici in un periodo di tensioni belliche e dolore serpeggiante,ma affatto sconvolgenti come risultarono per quel ragazzo in divisa scolastica che spiava,facendo slalom con lo sguardo tra lussureggianti  vasi di fiori,un se stesso adulto e felice abbracciare una donna dai capelli color cioccolato di cui non riusciva a vedere il volto,e guardare una bambina che aveva gli stessi capelli  della madre,eppure due enormi occhi verdi:inequivocabilmente quelli di Theodore.
Il serpe verde ricadde nella neve,face un tonfo notevole ma nessuno lo udì o mostrò tale accadimento,lasciandolo solo nella sua totale confusione mentale e emotiva.
Si lasciò cadere nella neve disteso,tentando di afferrare una qualche certezza con la mente,con i pensieri,facendo lavorare alacremente quel cervello che molti professori lodavano,ma niente di quell’apparente futuro riusciva a comprendere;Gli sfuggiva totalmente il perché del suo essere stato catapultato in quell’assurda dimensione,anche se aveva accettato fin da subito quella pseudo realtà abituato com’era alle mille e più cose strane che succedevano ad Hogwarts,gli scivolava dalle dita come burro l’essenza di quel momento che parlava di un se stesso talmente diverso da risultare falso,eppure quelle risate gli erano entrate dentro distruggendo tutte le sue certezze,tutti i castelli in aria sulla solitudine e sulla vera felicità in cui aveva sempre creduto profondamente,e assieme alle risate,come in un arcobaleno senza fine viaggiava un qualcos’altro,un lampo di luce talmente chiara e forte da non riuscire ad essere identificata.
Tirò un pugno nella neve,non si fece male,eppure il suo animo era diviso in due fazioni e dai suoi occhi,se solo ci fosse stato qualcun altro ad osservarlo tranne il destino,si sarebbero potute veder scendere delle lacrime di rabbia,per quel ragazzo che non voleva ammettere fino in fondo di aver sbagliato tutto, e di aver sbagliato anche nella redenzione,visto che non riusciva ancora a penetrare nel segreto di quella giornata perfetta dell’altro se stesso:C’era quella voce che non riusciva a raggiungere,e pianse.’’

Quando la terza lacrima onirica di Theodore cadde sulla neve tutto il processo si invertì,il ragazzo dal maglioncino grigio e verde sentì se stesso catapultato in un vortice di neve che pian piano si sciolse prendendo,negli ultimi attimi, il colore multiforme e indefinito dell’infausta aula di divinazione,che vide il ragazzo riaprire di scatto gli occhi sul mondo,sudato e affannato,con le dita eleganti e esili convulsamente strette attorno alla sfera di cristallo.
Inevitabilmente si ritrovò a rivolgere i suoi pensieri a ciò che era successo,le risate,i colori,la gioia negli occhi di quella famiglia non abbandonava la sua mente nemmeno un istante,creando in pochi istanti un’ossessione che spesse volte nemmeno anni e anni di pensieri insistenti riuscivano a mettere in piedi.
Theo,il tranquillo serpe verde soddisfatto di pochi istanti prima,si era trasformato in un’angelica eppur dannata creatura tutta tesa a cercare di colmare la distanza che c’era tra un futuro  dorato e un presente che gli appariva sempre più cupo e grave,ma la forma di quell’agognato ponte continuava a sfuggirgli e in lui montava,come una valanga che si accresce ogni metro che passa,una rabbia senza eguali nella storia della sua persona. Prese a casaccio tutti i cuscini che gli capitavano sotto tiro e frustrato prese a tirarli verso i muri variopinti che non avevano nessuna colpa se non quella d dover assistere giornalmente alle estenuanti e inutili lezioni della professoressa Cooman senza poter avvertire gli ignari alunni di quello che li aspetta,ma Theo era talmente preso dalla sua lotta contro i mulini a vento che non si rese conto,nell’ennesimo lancio di un cuscino dalla stoffa purpurea, finito molto vicino allo stipite della porta,che quest’ultima si era lievemente aperta.Si immobilizzò all’istante riavviandosi i capelli e aggiustandosi gli occhiali sul naso, pronto a fulminare con lo sguardo qualsiasi persona si fosse avventurata oltre quella porta,ma per la seconda volta nella sua giornata non era preparato a quello che vide:il primo a far capolino fu un vassoio con sopra un pranzo luculliano e subito dopo attirò l’attenzione degli impassibili occhi verdi del ragazzo una divisa da grifondoro,accompagnata da un corpo di ragazza ormai adulta e,alla fine,in prossimità del collo, da un volto che non si era mai reso conto fosse così espressivo,su cui erano incastonati due grandi occhi dorati che ricordavano lontanamente quelli di una leonessa,circondato inoltre da un’aureola scomposta di capelli dalle stesse calde sfumature del cioccolato fondente.
Improvvisamente la musica  tornò a suonare,la trance che aveva provato poco prima in un universo parallelo,o forse in un viaggio nella sua stessa mente,tornò ad impossessarsi di lui ma questa volta,nonostante il cuore minacciasse di balzargli fuori dal petto e il peso immobile delle gambe era immensamente frustrante,qualcosa era cambiato:le nebbie si diradarono e ai suoi occhi profani fu concesso di scorgere per qualche istante ciò che era al di là del  velo,si mostrò alla sua anima il volto di colei che cantava quella musica che così dolcemente l’aveva irretito.
Nello stesso momento in cui la porta si chiudeva alle spalle della ragazza nella sua testa tutto si faceva chiaro,la donna del futuro,quella proiezione così vivida da sembrare vera,si voltò e gli diede un bacio indicando bonariamente la bambina che tentava avidamente di scartare un regalo troppo grande per lei,e Theodore capì cos’era che gli sfuggiva,cosa rendeva inqualificabilmente lontano quell’attimo che aveva vissuto e sognato allo stesso tempo:Lei,la sua compagna,la madre di sua figlia,la chiave di tutto.
La solitudine improvvisamente non era più questa oasi di diamante che lui aveva sempre sognato,dai muri indistruttibili che non avrebbero mai lasciato passare nessuno,nel suo cuore si era aperta una piccola breccia,e il suo futuro ideale si era modificato nell’arco di pochi attimi lunghi tanto quanto due o più vite intere,assumendo dei contorni ben definiti,dei nomi ben precisi e un colore imperante:l’oro,l’oro di quegli occhi che continuava a fissare insistentemente,e che oramai sapeva essere tutto quello che avrebbe voluto avere nella sua vita.

‘Nott,stai bene o la megera ti ha drogato per farti stare fermo?Ti ho portato il pranzo’
E nessuno dei due badò a quanto fosse strana quella frase,detta a Lui,e soprattutto detta da Lei,entrambi persi nel contemplare e tentar di decifrare un qualcosa di palpabile e indefinibile,sogno e realtà avvolti nella stessa elica.
Lui le tese la mano,signorile,poi le indicò un cuscino,uno dei pochi che non aveva ancora lanciato.
‘Mangia con me Hermione Granger’
disse con una voce che risuonò nella stanza profonda e calda,forse addirittura emozionata e emozionante,e che sancì quella che era una promessa per la vita,anche se colei che rispondeva al nome di Hermione e sul cui petto splendeva una spilla da caposcuola,ancora non poteva saperlo.


 

E risate risuonarono in quelle mura,parole e primi passi di una storia che non avrebbe avuto euguali,un quadro quasi idilliaco nella sua normalità che fece sorridere un’esile figuretta argentata che era rimasta,presumibilmente per tutto il tempo,seduta sul davanzale esterno di una delle grandi finestre e che nel momento in cui lui sfiorò timidamente la mano alla ragazza,volò via,soddisfatta e tronfia,come solo l’artefice di un piano perfetto può essere.

Perché non bisogna mai e poi mai sottovalutare un pomeriggio innevato,si rischia di veder cambiare la propria vita,con un soffio di vento.
La Neve è magica.

   
 
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