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Autore: LisaAngius    09/05/2010    1 recensioni
Ciao Regà finalmente cambio genere XD questa è una cosuccia su un personaggio di crimimal minds che adoro: il mitico dottor Spencer Read. Vi chiedo di lasciarmi numerosi commenti perchè sinceramente non sono del tutto soddisfatta di questa storia quindi sarò felice di ricevere i vostri consigli
Baci :)
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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12 Marzo 2009                

 

CAPITOLO 1: Mi chiamo Amelie

 

Era stata una settimana terribile, era appena tornato da Miami per un caso e già doveva ripresentarsi in ufficio. Stava chiudendo la porta di casa già pensando a quando avrebbe potuto rientrare e riposarsi un po’

“Ah ma allora c’è qualcuno qui”. Fece una voce alle sue spalle.

Quando si girò per vedere chi aveva parlato, si trovò davanti una ragazza con i capelli neri e un sorriso amichevole, i suoi occhi verdi contrastavano con i tratti marcatamente orientali, pur essendo a mandorla. La ragazza gli tese la mano senza smettere di sorridere

“Devi essere il dottor Reid, giusto?”

“Si…”

“Io mi chiamo Amelie, mi sono appena trasferita nell’appartamento di fronte al tuo con mio padre”.

Carina, neanche un capello fuori posto, trucco perfetto, la minigonna e la maglietta corta che evidenziavano un fisico perfetto, non ci mise molto a farsi un’idea di chi aveva davanti

“Ma guarda mi mancava solo la liceale svampita come vicina”. Pensò

La ragazza lanciò uno sguardo all’orologio

“Oh santo cielo sono in ritardo! Beh piacere di averti conosciuto, ci vediamo”.

E sparì in fondo alle scale senza dargli il tempo di rispondere al suo saluto. Stava per andare via anche lui quando si accorse che c’era un foglio per terra, era un compito in classe, doveva essere caduto ad Amelie. Il suo istinto sarebbe stato quello di lasciarlo dov’era, in fondo non erano fatti suoi, però sapeva che lì sulle scale sarebbe sparito e Amelie avrebbe passato guai molto seri per aver perso un documento. Alla fine decise di raccoglierlo e portarlo con sé, glielo avrebbe reso alla prima occasione. Non poté fare a meno di notare il voto, la ragazza aveva preso una A in latino

“Che brava! Chissà chi è lo scemo che si è fatto incantare per passarle un compito così bene”.

Il suo sarcasmo era dovuto al fatto che, quando era al liceo, almeno per una delle sue compagne di classe, lo scemo che passava i compiti era lui.

Quando tonò a casa quella sera era in uno stato pietoso, erano due mesi che non toccava l’eroina ma stava decisamente per cedere alla tentazione di usare la fialetta che gli era rimasta e che aveva deciso di tenere come monito. In fondo era l’ultima e lui non si sarebbe mai abbassato a cercare uno spacciatore quindi, se anche avesse ceduto, sarebbe stata comunque l’ultima volta

“Davvero? Sicuro che non ne cercheresti altra dopo?”. Si chiese preoccupato

Non rispose a quella domanda perché fu distratto da una persona, una ragazza. Non la riconobbe subito perché stavolta indossava un paio di jeans e una felpa, i capelli erano legati e non aveva un filo di trucco  ma, vedendola più da vicino, si accorse che era Amelie. Era sdraiata sulla panchina del cortile con un libro in mano e le cuffie del lettore nelle orecchie

“Ma guarda sa anche leggere”.

Non si accorse che lei aveva alzato gli occhi dal libro e lo stava fissando finchè non sentì la sua voce

“Sei consapevole che, secondo le statistiche, il novantasei percento della popolazione americana è alfabetizzata?”.

Cavolo! Doveva aver notato la sua espressione

“Perché me lo chiedi?”. Chiese cercando di sembrare perplesso

“Perché mi chiedo cosa ti fa pensare che io appartenga al restante quattro percento”.

I suoi occhi verdi avevano una luce ironica che lo avvertiva chiaramente di non fare il finto tonto, ma decise di ignorare l’avvertimento

“E cosa ti fa credere che io abbia questa convinzione?”

“Perché avresti fatto la stessa faccia se avessi visto leggere un babbuino”.

Una persona con un minimo di furbizia in più avrebbe negato ma lui era assolutamente incapace di fingere così si limitò ad arrossire. Si ricordò solo in quel momento del compito in classe che stava ancora nella sua borsa

“Credo che questo sia tuo, ti deve essere caduto l’altro giorno”.

Lei prese il foglio e gli rivolse uno sguardo di profonda gratitudine

“Oh Dio! Meno male la professoressa minacciava terribili ripercussioni se non l’avessi riportato!”.

“Posso chiederti che cosa stavi leggendo?”.

Normalmente sarebbe scappato dopo averle reso il compito perché non aveva molta voglia di fare conversazione ma si sentiva in colpa per la gaffe di prima perciò voleva cercare di essere gentile. Lei arrossì quasi istantaneamente

“Lascia perdere, mi prenderesti in giro”.

Mai cercare di nascondere qualcosa a un agente dell’FBI, specie se è anche uno psicologo

“Che sarà mai”.

Sguardo esitante

“Non ridere”.

Sollevò la copertina del libro permettendogli di scorgere il titolo: “Le Mille e una notte”. Lui fece esattamente quelle che lei gli aveva chiesto di evitare: scoppiò a ridere

“Beh lettura impegnata eh!”

“Questo è uno sciocco pregiudizio, le favole hanno sempre qualcosa di nascosto e ci vuole maturità per capirlo, non sono letture solo per bambini”. Protestò lei

In effetti aveva ragione

“Sapevi che c’è uno studio sul significato delle fiabe?”.

Lei lo fissò incurisita

 “Ma davvero?”

“Si, Capuccetto rosso, per esempio, nasconderebbe un avvertimento contro la pedofilia ”.

“E sai anche interpretare le altre fiabe?”

“No però puoi continuare a leggerle senza sentirti infantile”.

In realtà ne avrebbe avute altre ma gli era venuta in mente la faccia che avrebbe fatto Morgan se avesse assistito a quella conversazione

“Grazie, beh leggerei anche altro ma ho finito i libri che avevo in casa e non ho ancora avuto il tempo di cercare una libreria”

“Sei nuova di Quantico?”

“Si sono arrivata la settimana scorsa”

“Dove stavi prima?”

“A New York…ma non sono originaria di quelle parti”

“No? Da dove vieni?”

“Da Orleans”

“Ah sei francese?”

“Si, mi sono trasferita qui in America cinque anni fa”.

Questo spiegava il suo marcato accento

“Deve essere stato difficile adattarsi a un cambiamento così radicale…”

“Diciamo che in questi anni mi sono abituata ai cambiamenti…”

“Come mai?”

“Beh questo è il sesto stato in cui mi trasferisco da quando sono qui in America”

“Avete già cambiato sei volte stato?”

“Si…papà sente spesso la necessità di cambiare”

“Tua madre non protesta?”.

Capì all’istante di aver commesso un errore

“Mia madre è morta”

“Mi spiace, scusami”.

Una frase che suonò vuota persino alle sue orecchie

“E di cosa? Mica potevi saperlo”

“Però, a giudicare dal tuo compito, nella scuola ti sei già ambientata bene”

“Oh quello è un compito della mia materia preferita, dovresti vedere i miei voti di matematica”

“Non ti piace la materia?”

“Dipende da chi la insegna, credo”

“E non hai un buon professore?”

“Allora mettiamola così…è pessimo spiegando e non sa neanche mettere i voti”

“Nel senso che non è obiettivo?”

“No, no usa un metodo molto scientifico…con le femmine”

“Cioè?”

“Prende la misura del reggiseno, la moltiplica per tre e poi divide per il quoziente della scollatura”.

Lui scoppiò a ridere. Quella ragazza stava cominciando a stargli simpatica, adesso gli dispiaceva aver avuto dei pregiudizi su di lei  la prima volta che l’aveva incontrata. Se si fosse dato la pena di guardarla meglio avrebbe visto, ad esempio, che i suoi non erano occhi abituati a perdersi dentro uno specchio, erano occhi svegli e abituati a osservare il mondo

“E con i ragazzi?”

“Ah con loro va a simpatie”

“Non hai qualcuno che ti può aiutare?”

“Beh no, mi arrangio da sola e, comunque, la sufficienza almeno la riesco a tenere”

“Beh è già un buon risultato visto il tipo”

“Si se dovessi partecipare a miss America lo metterei senz’altro nel curriculum” 

“Almeno gli altri professori sono decenti?”

“Oh si, poi ho una professoressa di letteratura che da sola varrebbe la pena di stare in quella classe…ma anche i compagni eh!”

“Sei stata fortunata”

“Si, non mi posso lamentare, ora devo solo orientarmi in città…”

“…e trovare una libreria”. Finì lui

“Anche”

“Che libri leggi? Se abbiamo gli stessi gusti qualcosa te la presto io”

“Beh avrei una preferenza per il fantasy”.

Lui tirò un sospiro si sollievo, meno male che non aveva tirato fuori i romanzi rosa perché lì non avrebbe potuto aiutarla

“Allora si qualcosa forse te la posso passare se non hai già letto quelli che ho”

“Grazie mi fai un favore, comunque mi puoi passare di tutto non ho preferenze sui generi, se un libro è bello è bello in ogni caso”
”Dipende da cosa intendi per bello”

“Mmmh, beh per me un buon libro deve saper dare emozioni”.

Era sicuramente una sognatrice

“Emozioni un libro? Tutt’al più ti può coinvolgere, ma dare emozioni…quello spetta alle poesie”

“Non sono d’accordo, dipende dallo stile, ci sono dei libri che sono poesia pura, e quelli in cui l’autore è bravo a coinvolgere, la Rowling per esempio è una maestra in questo”

“Ti piace Harry Potter?”

“Si”.

A quanto pare avevano una passione in comune

“Anche a me”

“Beh anche quello è un libro che può dare emozioni, io mi sono mangiata le unghie ogni volta che Harry ha affrontato Voldemort”.

In effetti anche lui ma evitò di confessarglielo.

“Senti ti posso fare una domanda?”. Chiese lei

“Dimmi”

“Ma quanti anni hai?”
”Ventitre, perché me lo chiedi?”

“Perché se hai il titolo di dottore devi essere laureato e mi sembravi troppo giovane, in effetti avevo ragione”

“Oh, ho finito le scuole in anticipo”.

Era un eufemismo in realtà la prima laurea l’aveva presa a quindici anni

“E che lavoro fai? Sei un dottore nel senso di medico o…”

“Lavoro nell’FBI, l’unita analisi comportamentale”.

Lei restò un attimo in silenzio

“Bel lavoro, ma molto duro”

“Si gli orari sono difficili ma…”

“Non intendevo questo, è che voi dovete entrare nella mente delle persone, e immagino che vi capiti spesso di trovare cose che non vorreste sapere…ma è un lavoro affascinante e tu devi essere bravo se sei nell’FBI così giovane”

“Beh grazie”.

Lei lanciò uno sguardo all’orologio

“Scusami devo scappare, altrimenti faccio tardi in palestra…ci vediamo vicino…ehi ti scoccia se ti chiamo per nome, o preferisci dottor Reid”?.

Lui scoppiò a ridere

“No assolutamente”

“Bene allora…ci vediamo Spencer”

“Ciao…ah Amelie?!”

“Si?”.

Lui esitò, non era sicuro di voler dire quello che stava pensando

“Senti, non è il campo in cui lavoro ma…me la cavavo bene in matematica quindi se vuoi una mano chiedi pure”

“Grazie mille”.

Rientrò a casa e andò a prendere la fialetta che nascondeva nel comodino, la tenne sospesa davanti agli occhi osservandola, curioso non ne aveva più voglia. Non la rimise nel cassetto, era troppo pericoloso, la buttò direttamente nel cestino dei rifiuti.

 

 

 



  
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