Do I have to cry for you?
* Byron *
Mi girai, guardandomi alle
spalle, nella vana speranza che la signora non stesse parlando con me.
Ma dietro di me non
c’era nessuno.
Tornai a fissare il viso
della donna: lei mi osservava con aria interrogativa, in attesa di una mia
risposta. Avrei anche, tanto, voluto risponderle… se solo avessi capito
cos’è che voleva!
Aveva parlato per tipo due
minuti, in modo veloce e concitato, e, parte più importante: lo aveva fatto in
inglese. Naturalmente, non avrei dovuto sorprendermene: ero in Inghilterra in
fin dei conti!
C’era da dire però
che, se pure mi ero preparata psicologicamente a sentir parlare in una lingua
non mia per due settimane, non avevo tenuto conto dei dialetti.
E quello della signora,
sicuramente, era un qualche dialetto a me sconosciuto: aveva unito ed
accavallato le parole al punto da non lasciarmi modo di capirne nemmeno una.
Strinsi gli occhi,
lanciandole un’occhiata supplice.
Lei dovette capire in qualche
modo il mio disagio, perché sorrise, annuendo con aria materna: mi si avvicinò
e ripeté la sua domanda, parlando questa volta lentamente e scandendo al tempo
stesso tutte le parole.
“Sa dirmi gentilmente
che ore sono, signorina?”
Arrossii fino alla radice
dei capelli: santo Dio, non avevo capito una domanda… quella domanda!
Come si fa ad andare in
Inghilterra senza capire nemmeno quando uno ti chiede l’ora?!
Annuii rapidamente e risposi
afflitta:
- Le quattro e venti,
signora. Mi scusi per prima, ma non sono riuscita a…-
Lei non mi lasciò terminare,
scuotendo la testa e ridacchiando:
- Non si preoccupi è più che
normale! Deve solo farci l’orecchio-
Sollevai le sopracciglia,
poco confortata dalle parole della signora: farci l’orecchio,
diceva lei, come se fosse facile!
La osservai allontanarsi,
camminando rapida nell’aeroporto quasi deserto: le uniche illuminazioni
provenivano dalle fievoli lampadine, fuori era ancora buio pesto e sembrava che
l’intorpidimento e la sonnolenza della notte avesse contagiato
l’intero edificio.
L’enorme sala era
avvolta nel silenzio, anche il monotono fruscio del nastro portante i bagagli
sembrava voler far piano per non disturbare.
Mi strinsi di più nel
cappotto troppo leggero, stropicciandomi gli occhi e sbadigliando: ma che fine
aveva fatto la mia valigia? Che si fosse addormentata anche lei?
No, forse era uno scherzo
della signorina dell’aereo: sorrisi ripensandoci…
La hostess che perse il
sorriso: la vendetta.
Mi venne da ridere,
scombussolata dall’assurdità dei miei stessi pensieri ma mi trattenni.
Non ero sola in fondo:
alcuni impiegati ai loro posti e altri passeggeri insonnoliti o addormentati
sulle sedie, c’erano. Non era il caso di passare per pazza di prima
mattina.
Un urletto sorpreso mi sfuggì
di bocca quando sentii una vibrazione nella tasca del jeans e una ragazza non
troppo lontana da me, in piedi anche lei in attesa del bagaglio, mi fissò
truce.
Prendendo il cellulare
ricambiai ostile il suo sguardo: tesoro, vorresti farmi credere che tutti i
tuoi problemi ti sono causati dalla vibrazione di un cellulare?!
Scuotendo impercettibilmente
la testa aprii lo slide del cellulare, facendo per rispondere.
Non riuscii a dire niente
però, che un urlo acuto e prolungato mi procurò una momentanea sordità.
Spostai il cellulare
all’altro orecchio, non riuscendo ad evitare di sorridere.
Michela.
Solo lei riusciva ad urlare
così.
L’urlo pian piano si
affievolì, finendo poi per tramutarsi in una veloce parlantina:
- Sei arrivata, sei
arrivata! Com’è l’Inghilterra?! Dio, non riesco a credere che tu
sia in Inghilterra! Non hai idea di come ti invidio! Com’è, com’è?
E il volo? E dove sei? E…-
Con un sospiro, grata del
fatto che almeno stesse parlando in italiano, la fermai per rispondere
gradualmente:
- Miki… che piacere
sentirti! Già mi mancavi lo sai?-
Sentii la sua risatina e un
calore familiare mi invase il petto:
- Certo che lo so, Giu!
Speravi forse nel contrario? L’Inghilterra allora? Com’è?-
Sorrisi ancora, divertita:
risposi con un accenno di ironia:
- Buia, Miki. Come ti
aspettavi che fosse alle quattro di mattina? E poi sono ancora in aeroporto,
non ho visto proprio niente!-
Sentii un suo sospiro deluso
e dopo qualche istante di silenzio scoppiai a ridere:
- Che c’è? Cosa volevi
ti dicessi?-
- Ma non lo so: qualcosa di
più! Da te lo sai che mi posso aspettare di tutto: tu e la tua boccaccia ero
sicura vi foste già cacciate nei guai-
Ridacchiai, rispondendo
sinceramente:
- Oh, ci è mancato poco: ho
rischiato prima di uccidere e poi di essere uccisa da una hostess. E lei ora ne
sono sicura, mi sta trattenendo il bagaglio-
Michela scoppiò a ridere,
mormorando frasi sconnesse che non riuscii ad afferrare. Tentai anche di dire
qualcosa ma poi intravidi il borsone nero con le coccinelle ed esultai
involontariamente.
- Che.. che c’è?-
- E’ arrivato il
bagaglio!-
Miki ridacchiò, riprendendo
aria:
- Quindi tutto bene: ora che
ti lascio poi, ti ritroverai in mezzo a tanti spocchiosi collegiali
inglesi… ce la farai, tesoro?-
Afferrai di slancio il
borsone, caricandomelo in spalla e annuii convinta:
- Naturalmente! A costo di
esprimermi a gesti, ce la farò-
Michela sbuffò, riprendendo
a parlare con tono lievemente acido:
- Giu tu parli un inglese
perfetto: non avrai niente di cui preoccuparti!-
Sospirai, ritrovandomi a
fare per l’ennesima volta lo stesso discorso:
- Miki! Ma come te lo devo
spiegare? Il mio inglese è prettamente teorico: mettimi davanti ad un test e
non ci sono problemi ma…-
- Ma che ma e ma! Quando è
venuto il madrelingua vi capivate solo voi due! Noi poveri altri italiani ce ne
stavamo lì a fingere di ascoltarvi giocando a monopoli!-
Sbuffai anche io,
cominciando ad innervosirmi:
- Questo perché il prof.
aveva la decenza di parlare un inglese lento e puro. Come la mettiamo con i
dialetti, le inflessioni, e tutto il resto eh?-
Michela prese un bel
respiro, segno che non era d’accordo ma nemmeno incline a continuare:
- Ok, allora io dico che te
la caverai benissimo. Tanto più che tuo padre…-
- Non metterlo in mezzo per
cortesia-
La immaginai in quel
momento: stesa sul divano che si passava una mano sulla fronte, esasperata.
Sorrisi, non riuscendo a
fare altro, incamminandomi nel frattempo verso l’uscita
dell’aeroporto.
- Miki?-
- Ci sono, ci sono. Stavo
solo rielencando mentalmente i motivi per cui continuo ad essere la tua
migliore amica-
- Ma perché mi vuoi troppo
bene, sono simpatica, dolce…-
- Sì, come no! Proprio tu!
Giu, devo andare ora: prometti che cercherai di tornare viva-
Alzai gli occhi al cielo,
scuotendo la testa:
- Certo che ci proverò! Se
mi uccidono gli inglesi però, non posso farci niente-
- Tu comunque cerca di non
provocarli, ok?-
Ridacchiai, aprendo la porta
a vetri e uscendo sul marciapiedi.
- Va bene, starò buona-
- Un bacio, Giu-
Chiusi lo slide, rimettendo
il telefonino in tasca.
Come avrei fatto senza la
mia Miki? Era capace di tirarmi su con meno di due parole!
Socchiusi gli occhi,
guardandomi attorno.
Osservai i taxi fermi a
bordo strada, le macchine parcheggiate, i ragazzi che in fondo alla strada
giocavano a pallone… sì, era bella l’Inghilterra.
Una folata di vento mi fece
rabbrividire, e stringendomi ancor di più nel cappotto mi beai di
quell’aria frizzantina e nuova: sapeva di indipendenza, di possibilità.
Scorsi con lo sguardo i
tassisti, chiedendomi a quale avrei dovuto rivolgermi.
Sentii una strana sensazione
mentre li osservavo: mi diedi della stupida per quello, ma era una mia fobia.
Avevo sempre avuto molte remore nei confronti dei taxi: forse da piccola avevo
visto un film in cui un tassista uccideva qualcuno, chissà… eppure ancora
l’idea di salire in auto con un perfetto sconosciuto non mi lasciava
tranquilla: in fondo avrebbe potuto fare qualunque cosa, tra cui il non
portarmi dovevo avevo richiesto.
Era lui a guidare, no?
Spinsi la mano libera in
fondo alla tasca del cappotto, dondolandomi leggermente mentre studiavo i
tassisti: uno leggeva il giornale, un altro sonnecchiava con la testa reclinata
all’indietro, un altro era ben concentrato sullo schermo di una minuscola
televisione.
Ad ispirarmi meno era quello
che sonnecchiava, così con passo incerto superai il suo taxi, dirigendomi verso
quello successivo, con il lettore silenzioso.
Ripassai mentalmente la mia
parte, modificando di volta in volta le parole e il tono:
“Mi scusi, potrebbe
portarmi al Lord Byron College, North London?”
No, neanche così andava
bene… e se avessi…
- Scusi?-
Sobbalzai, lasciando cadere
il borsone ed allontanandomi di scatto, quando una mano mi si poggiò sulla
spalla. Sentivo il cuore battere decisamente troppo forte e il respiro leggermente
affannato.
- Ma che ti passa per la
testa? Mi hai spaventata a morte!-
Guardai con aria omicida il
ragazzo in piedi a pochi metri da me.
Lui sorrideva, tenendo le
mani aperte davanti a sé come a scusarsi e proteggersi.
Lo vidi ridere sotto i baffi
e osservarmi divertito.
Assottigliai gli occhi,
scrutandolo inviperita: studiai tutta la sua figura, dai capelli corti, biondi
e sbarazzini, al corpo agile e muscoloso, fino ai vestiti informali e colorati.
Il tipico inglese, pensai
fra me e me, gli mancano solo gli occhi blu ed è perfetto.
Lui si avvicinò di qualche
passo, lentamente, piegando la testa verso il basso per riuscire a guardarmi
negli occhi dall’alto del suo metro e settanta e più.
Quando una macchina passando
ci illuminò con i fari, a stento mi trattenni dal ridere: signori e signori,
perdonatemi, ha anche gli occhi celesti!
Cosa vuoi di più dalla vita?
Ridacchiai, riprendendo in
mano il borsone e guardandolo con aria interrogativa.
Lui sorrise e porgendomi un
casco mi indicò la moto alle sue spalle:
- Posso darti un passaggio?-
Arretrai, senza capire: ma
gli inglesi erano tutti così cordiali?
Si offrono passaggi ai
perfetti sconosciuti?
- Stai scherzando forse?-
Lui scosse la testa, con
aria confusa, poi spalancò di colpo gli occhi, dandosi una manata sulla fronte
e ridacchiando in imbarazzo:
- Scusami! E’ solo che
mi hai sorpreso prima e ho dimenticato di fare le presentazioni: io sono Byron.
Tuo padre mi ha detto che saresti arrivata e mi ha chiesto di venirti a
prendere e… tu sei Giulia o ho sbagliato ragazza?-
Annuii, a disagio,
sorridendo appena: odiavo quando papà se ne usciva con cose del genere…
- Sì, Giulia, molto piacere-
Byron mi strinse la mano con
gesto amichevole e caloroso: sembrava voler dire qualcos’altro e non
riuscire a trovare il coraggio per farlo.
Sorridendo un po’ di
più gli tolsi di mano il casco, consegnandogli invece il borsone: lui
ridacchiò, guardandomi stranito, per poi indicarmi la moto poco lontana.
Mi incamminai piano,
continuando ad osservarlo:
- E tu accetti sempre senza
discutere di andare a prelevare qualcuno all’aeroporto? Anche se questo
qualcuno atterra alle quattro di mattina?-
Fece spallucce, sistemandosi
meglio il mio bagaglio in mano:
- Bè, diciamo che non avevo
niente di meglio da fare… e poi speravo di conoscere una ragazza
interessante: dalle voci che girano sei tutto fuorché prevedibile. E ora come
ora non mi sento di smentirle-
Parlando si era illuminato
sempre più in volto, come contento delle sue stesse parole.
Alternai lo sguardo fra lui
e la moto enorme che ferma ci aspettava:
- Quindi non sei rimasto
deluso?-
Rise, scuotendo la testa e
indicandomi di mettere il casco: ubbidii, continuando ad osservarlo.
- Certo che no! E come
potrei esserlo con una ragazza così bella al mio fianco?-
Arrossi a quel complimento
implicito, e fui grata in quel momento tanto al casco che mi copriva il viso
quanto a mio padre, che programmandolo o meno, aveva fatto in modo che il mio
primo incontro fosse con un più che aitante giovanotto inglese.
Sospirai piano, soddisfatta,
salendo in moto dietro Byron: gli passai il braccio intorno alla vita e
sentendo chiaramente i suoi addominali, un brivido mi percorse la schiena.
Ecco…
Quando ci si chiede:
“A che servono i genitori?”…
*
Interrogazione
di fisica… nuovo capitolo! ^^
Che dire, come
volevasi dimostrare è una storia pazza… scusatemi per questo =D
Non so cosa ne
sta uscendo né quello che ne uscirà ^^
Solo, cercherò
di divertirmi il più possibile **
Chiunque voglia
lasciare un commentino naturalmente (insulti, consigli, prediche) è molto più
che ben accetto!! **
Epril68:
Sono contenta ti piaccia: spero continui così
e non ti faccia invece scappare a gambe levate ^^ Per il resto… mmm non sono il tipo che
rivela nulla, mi piace moltooo di più essere sadica e far nascere
dubbi su dubbi, che questi ci debbano essere o meno! =D