Prologo
«Hayama...
cosa faresti se io fossi
sempre impegnata con il lavoro e non potessimo vederci
spesso?»
«Tu...
morirai?»
«Eh?
Possono esserci altre ragioni
per...»
«No.
Se avremo voglia di vederci e non saremo morti, potremo
farlo.»
Hayama...
avrei voluto credere davvero a
queste tue parole.
Avrei
voluto credere che bastasse essere vivi per poterci vedere, ma ora,
purtroppo,
so che non è così.
Anche
se mi basta sapere che tu sei vivo, che esisti,
e allora anche io... Beh anche io mi sento viva.
So
che è un ragionamento bizzarro, eppure è un
po’ come se la mia vita dipendesse
dalla tua, è sempre stato così, sin da quando
decisi di interpretare quello
sceneggiato per aiutare la tua famiglia ad essere più
serena, ricordi? Credo
che sia un po’ la stessa cosa.
La
mia vita, la mia felicità, dipendono dalla tua, è
sempre stato così e perciò,
anche se sei lontano, io ti vorrò sempre bene.
Perché
sei me più di me stessa: io sono te
e
tu sei me; due metà di
un intero che
non può essere diviso.
Ricordati
per sempre di me con un sorriso...
Ti
amo.
Sana
***
«Ragazzi,
lo sportello Sana-Fuka per oggi si conclude così! Buon
Natale a tutti!» sorrisi
alla mia migliore amica Fuka, seduta di fronte a me. Il nostro
sportello
andava alla grande,
ormai erano sei anni
che ci lavoravamo sodo, ed eravamo diventate piuttosto famose.
Io
avevo goduto di un notevole successo: conducevo vari programmi
televisivi,
continuavo con i miei spot pubblicitari e di recente avevo avuto parti
di
spicco in svariati telefilm e film del grande schermo. Una
celebrità, ormai
tutti erano abituati a considerarmi come tale.
Fuka
spense il microfono e si tolse le grandi cuffie nere che usavamo per
registrare
il programma alla radio.
«Sono
esausta! Oggi non credevo che ci fossero tutte queste
chiamate.» sospirò la mia
amica, alzandosi in piedi ed infilandosi il pesante giaccone invernale.
Scossi
il capo, sorridendo tristemente. «È piuttosto
triste che ci siano persone così
sole proprio durante la vigilia di Natale...»
Mi
tolsi le cuffie, spegnendo il mio microfono. Rei, che durante gli anni
non mi
aveva abbandonata, mi stava aspettando sicuramente: avrei dovuto girare
uno
spot di un profumo famoso tra mezzora.
Avrei
voluto passare la serata con Fuka, che quel giorno compiva
vent’anni, ma
purtroppo il lavoro era lavoro, e non sarei proprio potuta mancare.
Per
fortuna la mia amica era comprensiva e non se l’era presa.
Avrebbe festeggiato
con il suo ragazzo, il famoso Takaishi, trasferitosi a Tokyo per
l’università.
A pensarci bene era stato meglio così, avrebbero potuto
godersi uno dei pochi
momenti di intimità che era riservato loro.
«Allora
ci vediamo domani, Sana.» Fuka afferrò la sua
borsa in pelle e chiuse la porta
alle sue spalle, dopo avermi salutato con la mano. Sorrisi, ricambiando
il
saluto. Era proprio una cara ragazza e le volevo un gran bene.
Era
l’unica, peraltro, che avevo continuato a frequentare durante
gli anni,
ragionai, mentre mi infilavo il cappotto nero e agguantavo la mia
borsetta con
le paiettes viola scintillanti e uscivo dagli studi di registrazione.
Non
avevo mantenuto i rapporti con nessun altro. Dentro di me
c’era come una
frattura, una rottura.
Non
sapevo bene perché, ma mi era difficile ricordare una parte
precisa del mio
passato. Era come dire, sfocata... E quando cercavo di ricordare, nella
mia
mente tutto ciò che riaffiorava era uno sguardo color miele,
e poi...
Poi...
Il
dolore.
Arrivava,
rapido, improvviso, cancellando ogni parvenza di altre emozioni. Mi
lasciava
bocconi, senza fiato, per la sua potenza devastante; mi ghermiva il
petto,
stritolandolo in una morsa.
E
allora, per quanto difficile da accettare, preferivo immergermi nel mio
oblio
quotidiano.
Dopotutto
ricordare non era una cosa così importante, no?
Eppure
in fondo al mio cuore sapevo che quegli occhi erano importanti, che
avrei dovuto
ricordare.
Ma
non ci riuscivo.
Quando
a casa ne facevo parola, Mama e Rei si lanciavano un’occhiata
furtiva e nessuno
dei due mi rispondeva. Da tempo avevo smesso di tentare di ricordare
quei
piccoli frammenti di vita, anche se era piuttosto fastidioso.
Era
come se la mia vita fosse iniziata soltanto sei anni prima.