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Autore: DrunkenLullaby    28/08/2005    0 recensioni
Solo i nomi sono frutto della mia fantasia, questa storia è accaduta realmente qualche tempo fa, e accade e si ripete ogni istante nel mio ricordo... un mormorio... la mia "ninnananna ubriaca".
Genere: Drammatico, Triste, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Lui si è addormentato. Attendo ancora, immobile, tremante, maledicendo il mio respiro. Trascorrono secondi, minuti, che il silenzio deforma, dando loro la profondità angosciante di ore. Sono ancora sporca di lui, e sento il suo sapore, in bocca, sulle labbra. Mi alzo lentamente, senza far rumore, da quello stesso letto dove una sera mi sono sdraiata bambina e mi sono svegliata donna. Sfuggo il mio sguardo nel riflesso dello specchio… Non voglio vedermi, non potrei sopportarmi. Raccolgo in silenzio i miei vestiti e li indosso, odiandone il fruscio. Tengo le scarpe in mano… lui non si deve svegliare, non si deve svegliare, ogni fibra del mio corpo vuole che non si svegli. Ho il cuore in gola e temo che possa sentire l’eco dei battiti impazziti. Finalmente esco e mentre socchiudo la porta alle mie spalle mi lascio sfuggire un lieve singhiozzo. Esco per strada. La note mi accarezza con la sua mano gelida. Alzo lo sguardo verso il cielo di marzo e verso le rare stelle che brillano più forte della luce di ogni lampione, con più forza di chi le vuole spegnere, soffocare… Il mio nome è stella posso trovare anch’io quel coraggio… Il mio cuore si gonfia per un attimo della speranza donata da quelle scintille silenziose e buone… Ma poi mi trovo accecata dai fari di un’auto e sono costretta ad abbassare lo sguardo. E capisco che è solo una stupida illusione, il posto delle stelle è lassù, sopra il cielo, lontane dalla terra e dall’umana sorte, lontane da quest’inferno di angeli caduti. Nessuno ci può salvare, nessuno ci piò portar via di qui. Inizio a camminare. Non voglio prendere l’autobus, non voglio che la gente mi guardi, con l’attrazione e l’orrore con cui si guarda uno spettacolo di osceno squallore. Cammino piano. Il marciapiede è illuminato radamente dalla luce sporca e pallida dei lampioni. Una parte di me mi dice che dovrei avere paura… "una ragazza di neppure sedici anni che cammina di notte da sola" …Eppure no… Ho molta più paura di arrivare a casa. Temo il silenzio. Temo di restare sola con me stessa. Temo la mia stanza, le mie lenzuola pulite, le foto sull’armadio. Temo i miei ricordi, il bruciore delle mie lacrime. Quando arrivo, la mia mano trema e non riesco ad inserire subito la chiave. La casa è vuota, ma non so se è un bene o un male. Vuota per una settimana. Poco dopo sono sotto la doccia, i miei vestiti lasciati a terra. Rimango ferma per sentire l’acqua scorrermi addosso, tiepida, invocata, purificatrice. Resterò immobile finché non avrò mandato via questa sensazione di sporco… me lo sento addosso, dentro, ne sento il sapore dolce e amaro in fondo alla gola… sento che non andrà mai via, no, non se ne andrà, stavolta. Le lacrime si confondono con l’acqua, i pensieri con i ricordi. Eravamo in camera tua, sapevi che mi avresti avuta. Anche io lo sapevo. Non ho aperto bocca mentre mi spogliavi. Solo mentre ti toglievi i vestiti ho osato chiederti una cosa, la mia ossessione, una speranza bruciante e malata. “Tu mi ami?”. Mi hai guardata. E dopo un istante hai riso. Riso e basta. Io l’avevo sempre saputo. Sapevo di essere solo la tua piccola puttana. Ma solevo ingannarmi, gingillarmi nell’illusione. Ma in quel momento è successo, e la mia mimica si è infranta sulla piega ironica del tuo sorriso. Tu non hai visto le mie lacrime. Ho fatto quello che volevi. Ho bevuto il tuo seme. Ho lasciato che mi penetrassi con la tua solita violenza, ma ho provato solo dolore. E tu non hai visto le mie lacrime. E ora sono qui, sofferente, lacerata, fatta a brandelli da un tormento dilaniante. Sono stanca… Il mio cuore è zuppo, ma i miei occhi non hanno più lacrime. È colpa mia, che ti amo, è colpa di questo fottuto amore cieco, folle, senza confini. Solo che ora non riesco a ricordare la dolce purezza che aveva appena nato… ti divertiva la mia infantile euforia; e l’hai uccisa…eri affascinato dalla mia intelligenza; e l’hai offuscata…veneravi la mia divina bellezza; e l’hai spenta. Questo mi resta di te…cicatrici. Mi hai strappato le ali per legarmi a te per sempre. Pesanti catene… Ne sentivo il peso, metre ti saziavi di me. Chiudo finalmente l’acqua ed esco dalla doccia. Mentre mi stringo addosso l’accappatoio passo una mano sullo specchio appannato dal vapore, e lì trovo a fissarmi occhi che non sono i miei, dentro i quali non trovo tracce di com’ero una volta; prima di rinunciare al mio paradiso per te. Chris… Mi vesto, e mi metto una felpa, la più larga che ho, una vecchia felpa di mio padre, tanto grande che vorrei sparirci dentro. Mi butto sul letto… e un attimo dopo sto già dormendo. Fuori, l’alba.
  
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