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Autore: bloodingeyes    15/05/2010    2 recensioni
One shot sulla vita e la morte di un becchino con la straordinaria capacità di vedere gli angeli... one shot di due pagine scarse e poco impegnativa
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capita alle volte che le persone mi chiedano che cosa ci faccio io in questo posto. È una domanda molto stupida perché lo vedono cosa sto facendo eppure me lo chiedono lo stesso come se con le loro domande potessero cambiare la realtà dei fatti. Ogni volta io rispondo

-Sto sostituendo il becchino che è morto il mese scorso- e loro scuotono la testa con sguardo triste, non è normale che un ragazzo giovane debba coprire le fosse ma per un motivo o per un altro io lo faccio. La mia casa è al limite del cimitero, fra la vita e la morte e il mio compito è scavare buche nella terra.

Ho cominciato giovanissimo a fare questo lavoro proprio perché mio padre, il precedente becchino, era morto d’infarto e io ho dovuto seppellirlo. Mia madre l’aveva già seppellita mio padre e l’aveva persino uccisa lui ma nessuno ne parlava e io tanto meno.

Scavavo buchi per persone ricche e persone povere e poi ricoprivo le buche con loro sotto. Una vita relativamente semplice e continuò così fino al giorno della mia morte, quando ormai avevo compiuto cinquant’anni e avevo messo su una bella barba bianca. Mi scavai la mia fossa e mi ci sedetti dentro aspettando la morte che presto arrivò.

 

Fu due buche dopo quella di mio padre che vidi per la prima volta quella donna, anche se in realtà la intravidi soltanto mentre lanciava un fiore nella buca del morto. Non so ancora bene perché la notai, forse per il fatto che teneva la testa coperta oppure semplicemente perché anche se non faceva nulla, anche in mezzo a tutte quelle persone in lutto, lei sembrava quella più addolorata. Non mi avvicinai, però, non era il mio lavoro, anzi forse sarei sembrato persino maleducato se l’avessi fatto. Così tutti se ne andarono asciugandosi le lacrime.

Alla buca successiva che scavai lei era ancora lì, addolorata e presente, lasciava cadere il suo fiore nella buca e poi se ne andava con gli altri. Non trovai la cosa poi tanto strana, erano tante le persone che morivano ogni giorno e quella donna mi faceva tanta pena perché aveva perso due affetti in così poco tempo.

Dalla quarta buca che scavai fino alla settima la donna fu sempre presente a tutti i funerali e la cosa iniziava ad essere decisamente strana, così alla ottava buca che scavai decisi parlarle ma il mio progetto andò in fumo quando riuscì a vedere sotto il cappuccio il suo viso. Aveva due occhi verdi meravigliosi, che ti trapassavano l’anima appena si posavano si di te e labbra come ciliegie mature, poi aveva in viso perfetto, le ciglia lunghe, folte e nere e la pelle d’avorio ma delicata. Era così bella che non le riuscì a parlare e così anche per la volta successiva. Alla fine fu lei a parlare con me. Al decimo funerale rimase quando tutti gli altri ormai se ne erano già andati e aspettò pazientemente in silenzio che io finissi il mio lavoro

-Io sono la Morte- mi disse semplicemente e se ne andò. Io non riuscivo a capire se scherzasse o se dicesse sul serio. La donna non disse più nulla per anni e io non riuscì a parlarle. Quando arrivò la peste la donna passava anche intere giornate nel cimitero con me ma non ci parlavamo mai, lei rimaneva ai margini del cimitero ad aspettare il prossimo morto e io scavavo le mie buche guardandola di tanto in tanto. Però pensavo che presto avrei dovuto pensare a scavarmi una fossa perché riconoscevo sulla mia pelle i primi segni della terribile malattia. Poco tempo dopo infatti la malattia mi costrinse a letto, non prima però di aver scavato una grossa fossa comune dove tutti avrebbero potuto buttare i loro morti.

La donna venne da me una sera e mi si sedette accanto fissandomi per lunghi minuti, pensai fosse arrivata la mia ora ma lei si tolse il suo lungo mantello e mi lasciò vedere per la prima volta i suoi lunghi capelli neri scenderle leggermente ondulati già per la schiena, e le sue grandi ali nere come quelle di un corvo

-Siete bellissima- le dissi e la Morte sorrise –è la mia ora?- le chiesi

-No, è troppo presto per te- mi rispose cambiando la pezza bagnata sulla mia fronte –ma ora non c’è più nessuno che venga a portare i propri morti al cimitero, li bruciano tutti prima che io possa portargli i fiori-

-Mi dispiace- le dissi ma non era vero perché lei sembrava provare dolore quando seppellivo qualcuno e a me dispiaceva che lei stesse male, era troppo bella per dover soffrire, era l’angelo più bello di tutto il creato, pensavo, e non doveva soffrire.

Mi ripresi e ripresi nel mio lavoro e un giorno, insieme alla donna, arrivò anche un altro uomo incappucciato come lei, splendido come lei. Accompagnarono alla buca l’ennesimo morto e la donna lasciò i fiori mentre l’uomo si avvicinava ad un altro dei presenti e lo prendeva fra le braccia nascondendomelo per un attimo alla vista dietro le sue ali

-Chi sei tu?- gli chiesi quando tutti se ne furono andati, anche l’uomo che l’angelo aveva abbracciato

-Io sono la Pestilenza- mi rispose e se ne andò

-Presto sarò io ad abbracciare quell’uomo- disse la Morte tristemente

-Allora comincerò a scavare la fossa per lui- dissi io e lei mi ringraziò.

 

Passarono gli anni e Pestilenza se ne andò. Morte ora mi parlava, di tanto in tanto, non parlavamo mai di cosa ci fosse dopo questa vita ma solo di quello che succedeva al villaggio e molte volte lei era più informata di me su chi nasceva e chi moriva ma era un angelo, era normale.

Un anno, quando ormai iniziavo a non essere più tanto giovane, arrivarono al villaggio dei soldati e Morte si rattristò molto perché sapeva che con loro erano arrivati anche un altri due angeli. Io per qualche insano piacere che ancora non capisco decisi di voler vedere questi angeli portati dai soldati e li incontrai una sera all’osteria che vegliavano sui soldati seduti a bere e a ridere sguaiatamente

-Come vi chiamate?- gli chiesi

-Io sono la Spietatezza- disse il primo

-Io sono la Ferocia- mi rispose il secondo. Me ne andai e tornai al mia cimitero per scavare le prossime fosse. Conobbi poi un ultimo angelo pochi anni dopo, seguiva un uomo, lo seguiva sempre, per tutto il villaggio e quando chiesi alla morte chi fosse quell’angelo lei mi rispose di chiederglielo

-Come ti chiami?- chiesi all’angelo ma prima mi rispose l’uomo

-Alfredo, che vuoi da me beccamorto?-

-Io sono l’Assassinio- mi rispose l’angelo e io me ne andai. Poco tempo dopo si scoprì che Alfredo aveva ucciso alcune delle persone a cui Morte aveva portato i fiori e anche a lui vennero portati.

 

Ma ora è tempo che morte porti i fiori anche a me ed infatti eccola che arriva con il suo incedere aggraziato

-Sei in ritardo, mi sono già messo da solo nella tomba- le dissi

-Molti mi supplicano di non regalargli i miei fiori e invece tu ti lamenti che arrivano in ritardo- disse lei scendendo nel buco con me, aveva in mano i miei fiori

-Ho vissuto a lungo scavando solo dei buchi, non ho figli e non ho moglie, ma ormai tu mi sei troppo cara, non posso aver paura dei tuoi fiori e dei tuoi abbracci che ho sempre desiderato sapere come fossero, sento che ora è il mio momento e che scoprirò com’è essere toccati dalla Morte- lei sorrise e mise fra le mie mani i suoi fiori appassiti e grigi e mi abbracciò dandomi appena un bacio sulla guancia. E io morì.

 

Dopo di me vennero altri becchini e io ne divenni il loro angelo protettore, Morte era spesso con me e l’eternità per me fu molto felice.

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