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Autore: sonounaspugna    16/05/2010    4 recensioni
Vorrei essere un’ombra; una sagoma senza volto.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perfezione stretta.
 

 
                                       Solo chi desidera, può.
                                        
La mia ombra è riflessa sulla parete: la testa china, i capelli lunghi, niente occhi, niente naso, niente colori..
Vorrei essere così.
Anonima.
Almeno per una volta.
Vorrei essere un’ombra; una sagoma senza volto.
Essere al centro dell’attenzione richiede troppa e costante fatica.
 
 
Folta chioma d’orata, occhi blu come il mare, fisico slanciato, gambe lunghe e paurosamente perfette, labbra carnose, un piccolo naso alla francese e un neo sopra al sopracciglio sinistro.
Pelle bronzea e liscia come quella di un neonato, ciglia lunghe e zigomi eretti.
Margherita. Margherita Beth. Il corpo in cui sono imprigionata da più di sedici anni, da quando sono nata.
 
-Marghe..- un bisbiglio soffiato nel mio orecchio. Rabbrividii percependo il fiato, caldo, sul collo.
Stavo quasi per cadere nel sonno, con la testa appoggiata al muro.
-Marghe! Mi senti?-
Chiudi quella ciabatta, ogni tanto.
 -Marghe!- alzò il tono della voce facendomi sussultare. Sbarrai gli occhi e fulminai con lo sguardo la mia compagna di banco.
-A-vre-i so-nno..- sbottai sillabando la frase.
-Scu.. Scusa!- balbettò Chaty, quasi spaventata dalla mia reazione.
Chiusi gli occhi sconsolata, abbandonandomi nuovamente sulla sedia.
 
La campanella suonò, recuperai tutti i libri e mi diressi in corridoio camminando senza esitazione sui tacchi a spillo.
Come al solito avevo il mio fedele animale da compagnia alle calcagna. Cathy.
Non che la odiassi, ma lei non stava con me per il piacere di farlo.
Era solo una stupida oca che non era in grado di prendere decisioni da se e che mi stava attaccata al culo tutto il giorno.
Per via di mia madre, ovvio.
In realtà, a pensarci bene, non c’era nessuno sulla faccia della terra a conoscermi davvero. Nessuno si era mai fermato a parlarmi. A parlare di me, e non di quella donna che aveva incassato milioni di dollari per i suoi dischi, mia madre.
Nessuno aveva avuto gli occhi per osservarmi davvero.
Agli occhi degli altri non ero nient’altro che quella bella, popolare e, come ciliegina sulla torta, ricca. 
Patetico.
-Allora, cosa avevi di tanto importante da dirmi durante la lezione? O meglio, durante il mio pisolino?- sbottai di punto in bianco. Cathy avvampò paurosamente, prendendo una sfumatura quasi violacea.
-Niente.. nulla di così importante.- sbiascicò mentre si allontanava facendo piccoli passettini impacciati sui trampoli che si era messa quella mattina.
E io rimasi in mezzo al corridoio. Immobile.
Lo sguardo di tutti gli studenti (tanto per cambiare) era su di me. Sentii la frustrazione farsi spazio.
-Volete una foto?- strillai sarcastica mentre i miei osservatori spostavano lo sguardo altrove. Quasi impauriti.
-In classe mocciosi!- urlò la bidella.
Tutti si dileguarono, abbandonandomi in corridoio.
Sola.
Come sempre.
 
La mia limousine era davanti alla scuola.
-Oggi pomeriggio che si fa?- Cathy, tanto per cambiare.
-Sono occupata, compiti.- Pessima scusa. Davvero pessima.
-Beh, ti posso aiutare!-
-Non credo che una che ha quattro in matematica sia in grado di aiutarmi. Quindi.. No, grazie. Mi arrangerò.- girai i tacchi e raggiunsi più veloce che potei l’auto che mi aspettava.
Non dovevo tornare indietro, anche se sicuramente mi sarei pentita per tutto il resto della vita di non averle fatto diventare chi occhi a mandorla e strappato quella matassa di capelli corvini che si ritrovava in testa.
Respirai a fondo, trattenendomi. Strinsi i pugni ficcandomi le unghie e smaltate nel palmo della mano.. Resisti agli impulsi.
-Aspetta!- mi urlò un quattordicenne a qualche metro di distanza. Mi arrestai guardandolo raggiungermi di corsa.
-Ecco..- disse affannato aprendomi la portiera dell’auto. -Prego!-
Lo avrei considerato un gesto galante se non fosse stato per la continuità di questa storia.
Mi sedetti sul sedile posteriore senza degnarlo di uno sguardo e mi sbattei la portiera dietro di me.
I finestrini scuri mi isolarono dagli altri e l’auto partì, lontano da quel mondo falso e superficiale.
-Giorno! Ho visto bene o quello di oggi non era quello di ieri?- il mio autista, Fred.
-Quante volte te lo devo ripetere? Lì fuori sono tutti uguali! Potrebbe essere sempre lo stesso o cento diversi e per me non farebbe differenza!- mi irritai.
Era difficile che io e Fred non andassimo d’accordo, ad eccezione di quell’argomento. Almeno lui era capace di ascoltarmi e dire ‘la sua’, non annuire e darmi ragione come un babbeo. Come tutti.
-Sembrano sempre tutti molto.. molto rispettosi nei tuoi confronti. Non ci vedo nulla di male.-
-Peccato che il rispetto non me lo sia guadagnato io.- replicai acida.
Sospirò. -Che intendi dire?- In realtà lo sapeva benissimo, ma sembrava gli piacesse torturarmi, alle volte.
-Che intendi dire?! È sempre la stessa maledetta storia. Io sono la regina! Una ragazza da amare incondizionatamente, da stimare solo perché..” mi si spezzò la voce e fui incapace di andare avanti. Sentii qualcosa bloccarmi la gola.
-Continua, Maggie..- sussurrò l’uomo al volante, dolcemente.
-Mi chiamo Margherita.- puntualizzai sorridendo appena e tirando su col naso.
-Margherita è un nome da nonna e a te non ti si addice per niente.- replicò in difesa. Lui mi chiamava sempre così.
-Che cosa dovrei fare? Piangere e avere una di quelle mie crisi isteriche? Non è normale stare male come me tutti i santissimi giorni. Vorrei morire, piuttosto.-
-Morire? Sei fuori di testa, per caso?- mi aggredì, quasi. -Tu desideri degli amici. Ne hai bisogno come l’aria. Non puoi più passare un giorno di più sola, sei giunta al limite.- mantenne lo sguardo sulla strada, senza rivolgermi neppure un’occhiata.
-Come se trovassi amici sotto i cavoli.- gli occhi, incapaci di trattenere le lacrime, le fecero sgorgare.
-Sai, tutti siamo sempre siamo alla ricerca di nuovi amici, ma mai pensiamo a comportarci, noi, per primi da amici.-
Era una frase da Fred, una di quelle che ti lascia di stucco per ore.
Tacqui. La gola era secca, la lingua dura e la bocca arsa.
-Arrivati.- mi annunciò dopo un quarto d’ora di silenzio.
-Vieni dentro a bere qualcosa?- gli chiesi ritrovando la parola.
-Oh! Non posso, devo accompagnare subito la tua sorellina all’aeroporto! Non ti ricordi? Parte per..-
-Sisi.. me ne ero scordata.- Tagliai ogni sua spiegazione.
-Bene, allora ci vediamo domani mattina alla solita ora!-
-Certo.- Scesi dalla macchina carica di libri. Stavo per dare le spalle all’auto e dileguarmi, ma ci ripensai.
Battei un dito sul finestrino anteriore. Lo vidi scendere.
-Si?- mi chiese con un sorriso sghembo.
-Grazie.- Dissi semplicemente.
 
E il giorno dopo ricominciò tutto come sempre.
Monotono.
Uguale.
 
-..ho sentito che c’è un tipo nuovo a scuola- il ronzio di Chaty di sottofondo attirò la mia attenzione per un attimo.
-Davvero? Come si chiama?-
-Dude. È quello laggiù, penso.-
-Il tipo castano?-
-Esattamente. Magari ti vuole conoscere.-
-Perché dovrebbe voler conoscere me?-
-Ma perché sei tu, ragiona!-
Ignorai la sua risposta, sarebbe stata la volta buona che le avrei sbattuto contro al muro quel visetto d’angelo.
-Va beh, adesso è meglio che andiamo a lezione.- annunciai camminando verso l’aula con i tomi tra le braccia.
 
Poi accadde tutto in un secondo.
Un piede toccò il mio e mi ritrovai a terra.
Alzai lo sguardo e due smeraldi erano al di sopra di me.
-Problemi con l’equilibrio, signorina?- avvampai di vergogna. Cercai di alzarmi e lui mi tese la mano.
-Faccio da sola! Grazie.- gli ringhiai contro, rifiutando il tuo aiuto. –Merda, mi hai rotto il tacco.- bisbigliai a me stessa.
-Oh! Poverina. Non dirmi che non hai i soldi per comprarti un altro paio di scarpe! Se vuoi facciamo la colletta.- ghignò sarcastico.
-è meglio che ti chiudi quella ciabatta! Tu non sai chi sono io!-
-..e invece credo di saperlo, sei la figlia dell’attrice. Giusto?-
Fu come se il mondo mi crollasse addosso.
O no, forse no. Quella sensazione si ha quando si è ‘distrutti’ da un qualcosa, ma io, in quell’istante, ero solamente entusiasta di quelle parole.
Io ero sempre stata la ‘figlia dell’attrice’, vero. Ed era solo per questo che mi meritavo tutti quei trattamenti ‘speciali’.  Ora, invece, dopo anni, dopo una vita, mi trovavo davanti un ragazzo al quale non importava tutto quello che avevo.
-Beh, no.- mi sentii dire.
Mi guardò interrogativo. –Ma..-
-Sono solamente Margherita. Chi è e che cosa fa mia madre è un’altra storia.-
Sembrò spiazzato. Sorpreso che preferivo ignorare la popolarità di mia madre come difesa.
-Sai, penso di aver troppi pregiudizi su di te. Non sei esattamente come mi eri stata descritta.-
-Dimentica tutto quello che ti è stato detto sul mio conto, nessuno conosce Margherita. Non davvero.-
-E.. credi che ci sarebbe la possibilità di conoscerla?-
Feci spallucce. –Solo chi lo desidera, può.-
   
 
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