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Autore: Slits    16/05/2010    1 recensioni
1st Phase: Denial « Una chiazza blu emergeva quasi dolorosamente fra i rivoli della corrente. »
2nd Phase: Anger « La vista dei primi fuochi accesi, a lungo andare, aveva iniziato a logorargli lo stomaco, rimestandogli le viscere a poco a poco fino alla gola. »
3rd Phase: Bargaining « Lo aveva preso con sé, datogli un’arma in mano e credendolo un uomo lo aveva mandato a combattere. »
4th Phase: Depression « Ad accentuare le orme dei suoi commilitoni vi erano spesso i caricatori vuoti dei fucili, riempiti a malapena poche ore prima. »
5th Phase: Acceptance « Ci si guardava negli occhi e decideva a vista chi fosse malato a sufficienza da poter andare avanti e chi, invece, restando fermo in quell’assurda voglia di imbracciare le armi, nonostante lo sterminio, nonostante le morti ed il piombo, destinato a soccombere. »
Accostarsi al dolore rende meno umani di quanto si possa immaginare.
[Roy-centric]
[!Angst]
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Roy Mustang
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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5th Phase: Acceptance
[I feel the gravity of it all]


La gravità era una forza insopportabile.
Spintonava, nelle retrovie dell’esercito, pronta a prenderti e portarti via come un mercenario qualsiasi.
Non contava quanto a lungo i soldati si ostinassero ad ignorarla, così ben piantati a terra con i loro anfibi logorati nelle suole dal sangue; lei sapeva aspettare, degna predatrice di altrettanti dotati marcatori.
Era capace di stare immobile per giorni, a fissarti dal buio della tua ombra proiettata a terra, mentre, standotene seduto sulle macerie di quella che un tempo doveva essere stata una bella scuola o una lurida prigione – sparsi a terra i detriti facevano poi tutta questa gran differenza? , cercavi di ricordare per l’ennesima volta il numero dei corpi che i tuoi occhi quel giorno avevano visto cadere mollemente al suolo.
Sostava lì, lei, al tuo fianco come un fedele compagno, pronta a derubarti di ogni ricordo gelosamente custodito. Lo prendeva con sé e lo trascinava giù, fin dentro le viscere di quel buio, lontano.
E tu non potevi far nient’altro che combattere.
I soldati passavano così le giornate, con gli occhi distrattamente fissi a terra.
In silenzio, si logoravano dentro, senza armi o granate, riafferrando memorie troppo pesanti per continuare ad aleggiare nel tanfo delle periferie e, ironia del caso, così leggere da potersi permettere di andare e venire, come lampi, nei brevi sprazzi di lucidità delle loro menti.
Non si guardavano mai in faccia, sebbene sostassero gli uni accanto agli altri, sfiorandosi inavvertitamente con mani così fredde da ricordare l’acciaio fuso.
La gravità li attirava a sé, come cadaveri ancora grottescamente in piedi, li isolava costringendo i loro occhi a terra ed infine, certa di averli oramai in pugno, incominciava a svuotarli, a poco a poco, portandoli indietro fino alla genesi di tutto quel dolore.
Abrogarsi il diritto di tenere la testa ben dritta, fissa in avanti oltre l’orizzonte pullulante di macerie, era un lusso per pochi. Significava aver raso al suolo ogni trincea all’interno del proprio spirito e rinnegato quell’assurda forza, comprimendola fino ad atrofizzarla all’ombra di se stessa.
Esser pronti ad alzarsi in piedi, in ogni istante, ed inneggiare alla giustizia di quello sterminio.
Chi lo aveva fatto non era durato abbastanza da ricordare neanche la forma dell’orizzonte.
Era il metro di giustizia dei carnefici, quello.
Ci si guardava negli occhi e decideva a vista chi fosse malato a sufficienza da poter andare avanti e chi, invece, restando fermo in quell’assurda voglia di imbracciare le armi, nonostante lo sterminio, nonostante le morti ed il piombo, destinato a soccombere.
Maes Hughes li chiamava ancora “incidenti da proiettili vaganti” e Roy, osservandolo distogliere un’ultima volta lo sguardo dal cadavere del proprio superiore, non poteva far nient’altro che annuire.
Bisognava essere dei ciechi o dei folli per non farlo.
Eppure, gli ci era voluto del tempo per capirlo.
Aveva dovuto aspettare che il fragore delle armi cessasse, come se il loro frastuono fosse davvero troppo grande per sovrastarlo con sciocchi pensieri, che i corpi smettessero di dimenarsi al suolo e che la gravità, improvvisamente privata di cibo da ingurgitare avidamente, allentasse la propria presa.
Soltanto alla fine di tutto, con quella massa informe di compagni estranei piantonata al proprio fianco, Roy Mustang era riuscito finalmente a levare gli occhi al cielo.
Sforzandosi un’ultima volta di ingoiare il tanfo amaro che la guerra aveva portato con sé e notando soltanto in quel momento, in quel cielo insopportabilmente rosso, come un’alba squarciata, quanto lo sguardo fiero del Comandante Supremo stonasse in tutto quel parto di dolore.
Fu un istante, un lento susseguirsi di secondi in cui il desiderio ardente di far soccombere il primo errore di quello sterminio divenne talmente grande da far male.
Non si rese neanche conto di quanto le sue dita fossero affondate nelle tasche lerce della divisa, pronte a schioccare in onore dell’ultimo cadavere.
Le spinse ancora ed ancora, fino a sentirle grattare contro le cuciture, mettendole a tacere mentre i suoi occhi si alzavano di più, cercando quelli vitrei dell’uomo che li sovrastava.
E la ignorò quella gravità che lo richiamava a sé.
Vi era una forza più grande da schiacciare, un bisogno più impellente da mettere a tacere.
Un Governo malato da ribaltare che, per quanto apparentemente giusto, non avrebbe mai potuto accettare.

Soltanto dopo vi sarebbe stato posto per lei.


---
U
ltima .-.
Potrei anche scoppiare a piangere. Ma anche no.

Ho voluto allontanare Roy dall'ultima fase della morte, quella dell'Accettazione, semplicemente perchè la guerra, per quanto all'apparenza abbia potuto segnare la morte interiore del Colonnello, per lo meno dal mio punto di vista, ha dato vita all'esatto opposto.
E' stata la scossa che ha segnato la carriera dell'Eroe e che lo ha spinto fino a dove è arrivato.

Con il particolare del Comandante Supremo ho voluto calcare di proposito la mano.
Dubito che Roy abbia mai pensato di farlo davvero bruciare vivo, semplicemente perchè troppo poco elaborato come piano, ma in quel particolare stato d'animo mi è piaciuto dargli connotazioni più umane.

Per quanto riguarda Maes ed il discorso sulle morti accidentali, non è niente stilato di mio pugno.
La cosa vi è davvero stata, nel quindicesimo volume, in seguito all'uccisione di un superiore.

Ringrazio come sempre Lely1441 per il supporto datomi finora, davvero, son soddisfazioni queste.
E ringrazio anche i lettori più silenziosi, gli occasionali ma che, comunque, ci sono.

°ç°
* evapora in una nube di fumo incastrandosi nella botola
   
 
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