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Autore: nuria    19/05/2010    1 recensioni
Padmé aspetta. Obi-Wan non arriva su Mustafar. Il destino della Galassia tanto, tanto lontana cambia per sempre. E anche Anakin, l'Eroe Senza Paura, è cambiato - forse per sempre: nella catastrofe della sua vita, Padmé cerca di capire cosa fare per riportare indietro suo marito.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Padmè Amidala
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ceneri della Repubblica'
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                 II.


                ‹‹Fallito, io ho,›› disse il maestro Yoda, guardando solennemente Obi-Wan e il senatore Bail Organa. ‹‹ In esilio devo andare.››

Socchiuse gli occhi. Sospirò. Il fallimento della sua missione contro l'imperatore Palpatine al Senato lo aveva lasciato esausto, e tremendamente demoralizzato: un fatto che terrorizzava fino al midollo Obi-Wan, più di quanto volesse ammettere anche a se stesso. Se Yoda ammetteva con tale rassegnazione la sconfitta, allora...Non poteva pensarci. Doveva fare qualcosa. Rimase in silenzio.

‹‹Cosa farai tu, maestro Kenobi?›› chiese Yoda, sporgendo un po' la testa verso di lui.

Bail Organa si massaggiava gli occhi dall'altro lato del tavolo, apparentemente esausto quanto loro.

‹‹Vi seguirò, maestro,›› disse Obi-Wan. ‹‹Affronteremo l'esilio insieme. Ma prima...›› Girò il capo per guardare la calma distesa nera dello spazio sopra un pianetoide prossimo a Coruscant, dove avevano scelto di trovare rifugio in quelle ore. ‹‹Sento di dover ancora tentare qualcosa. So che la senatrice Amidala non è d'accordo con tutto questo. Conosco il cuore di Padmé. Devo convincerla a lasciarlo. Il bambino...››

Bail si drizzò nella sedia. La menzione della senatrice Amidala non gli era sfuggita, e adesso guardava i due Jedi con la massima attenzione. ‹‹ Cosa c'entra la senatrice Amidala...?››

Obi-Wan guardò negli occhi scuri del senatore di Alderaan. Ormai non importava più se il segreto veniva divulgato. Non importava più niente.

‹‹Aspetta un figlio da Anakin, ›› spiegò Obi-Wan. ‹‹E ho motivo di credere che siano in una relazione da...tre anni.›› L'esatto piazzamento cronologico gli sovvenne solo in quel momento: si ricordò l'ansia e il terrore del suo padawan quando Padmé era caduta dall'aeroplano cargo, durante la battaglia su Geonosis. Probabilmente stavano già insieme in quel momento. Ad ogni modo, non si sarebbe stupito se si fossero sposati in segreto.

Bail sembrò voler dire qualcosa, ma poi non disse niente. Sembrava stesse cercando di digerire quella notizia. Le sue spalle s'abbassarono sotto il peso di un macigno invisibile, e il senatore non potè fare altro che guardare il tavolo a cui erano seduti. Non disse più nulla per un po'.

Ora Obi-Wan vedeva tutto perfettamente. Quanti errori aveva commesso. Quanti danni aveva portato la sua finta cecità di fronte al comportamento chiaro del suo ex-padawan e della senatrice di Naboo.

Avrebbe dovuto affrontarlo fin da subito, Anakin, fin da quando aveva avuto il primo sospetto. Avrebbe dovuto dirgli che quello che stava facendo non era ammesso, e non era in ogni caso ammissibile, e che si stava giocando la sua posizione tra i Jedi continuando con quella storia. Se fosse stato abbastanza duro, come un mentore dovrebbe sempre essere quando coglie in fallo il proprio protetto, se avesse agito in tempo, sarebbero stati risparmiati tanti dolori, a tante persone: anche ad Anakin, anche a Padmé.

Non avrebbe dovuto fingere con se stesso di non capire quelle occhiate enigmatiche che si scambiavano. Una parte di Obi-Wan l'aveva sempre saputo che non erano le occhiate di due amanti soltanto, che s'incontravano per soddisfare solamente un istinto. Una parte di Obi-Wan, sì, aveva sempre saputo che quelle erano le occhiate di due innamorati: e Obi-Wan aveva dovuto, nolente, nolentissimo, dar ascolto a quella parte soltanto quando aveva visto il ventre pieno di novità di Padmé.

Si era troppo attaccato a quel suo padawan irrequieto. Lo aveva troppo amato, come un fratello, come un figlio, e per troppo amore aveva scelto di chiudere un occhio (e poi due) davanti alla verità più folgorantemente chiara che gli si fosse mai parata davanti. Per troppo amore aveva scelto di non rovinare l'unica cosa dalla quale Anakin sembrava aver tratto motivazione e felicità durante la guerra. Per troppo amore aveva scelto di mantenere in piedi una farsa, anche se Anakin stesso non aveva mai fatto nulla per nasconderlo.

Per questo motivo, Obi-Wan si era raccontato da solo una piccola bugia bianca, e se l'era ripetuta tante volte che alla fine aveva assunto il sapore familiare della verità: era solo un divertissement, una maniera di sfogare comuni bisogni umani (come dopotutto facevano anche altri Jedi, senza troppi problemi: ai Jedi era vietato il possesso, non il piacere slegato da esso), era solo una storiella fatta di fili sospesi, tresche clandestine, soddisfacenti ma non importanti. Forse era solo una di varie, forse Anakin s'intratteneva anche con altre donne, come il suo aspetto e la sua fama gli avrebbero permesso, e un giorno, quando sarebbe stato più maturo, avrebbe capito i suoi errori.

Eppure una parte irritante della sua coscienza gli aveva sempre detto che era da sciocchi convincersi che tra loro ci fosse soltanto una lussuria primitiva, da giovani spensierati. Erano le piccole cose che facevano parlare quella parte della sua coscienza. Gli sguardi alle feste del Senato, i sorrisi troppo grandi e troppo frequenti e troppo suggestivi, la maniera in cui le loro conversazioni sembravano sempre finire bruscamente quando lui si avvicinava, la vaga, cupa distrazione di Anakin ogni volta che la senatrice parlava con un altro uomo, la maniera in cui Anakin parlava continuamente di Coruscant, come un disco rotto.

Forse era per questo che Obi Wan aveva scelto di non investigare mai sulle sistemazioni notturne del suo padawan, quando erano in permesso a Coruscant. Non gli aveva mai chiesto dove passasse le notti, da dove venisse le mattine, e dove se ne tornasse le sere. Non gli aveva mai chiesto se si vedesse con delle donne, se avesse provato i piaceri dell'amore passionale con una di loro. Si era raccontato un'altra piccola bugia bianca: che Anakin aveva diritto ad una vita privata fuori dai suoi impegni di monaco e di guerriero, che dopotutto sapevano fin troppo l'uno dell'altro, e che passavano fin troppo tempo insieme. Che Anakin era adulto ed un Jedi altamente dedicato al suo servizio, che non avrebbe commesso errori irrimediabili.

E altre bugie si era raccontato Obi-Wan sul conto del suo amato Anakin: le più pericolose, e riguardavano il rapporto di Anakin con il Cancelliere. Fino all'ultimo Obi-Wan non aveva ascoltato, fino all'ultimo aveva negato un qualsiasi coinvolgimento oscuro tra il Prescelto della forza e il Cancelliere: e Obi-Wan così facendo aveva protetto più se stesso che il suo padawan.

Aveva avuto ragione il maestro Windu, così poco tempo prima, così tanti secoli prima: Mace aveva visto bene la maniera in cui Anakin s'era trovato all'improvviso in bilico tra il lato chiaro e il lato oscuro della Forza, sospeso tra lui, Obi-Wan, e il Cancelliere. E ancora una volta Obi-Wan aveva scelto di non indagare, e limitarsi ad ammonimenti vaghi e leggeri come le nuvole.

Nella luce al neon della nave sospesa nel nulla, Obi-Wan vide che il suo errore era stato amare troppo Anakin. Non sapendolo, anche Obi-Wan aveva infranto una regola del codice dei Jedi. E dopotutto non lo aveva mai nascosto davvero: non era stato lui recentemente a informare il Consiglio che Anakin avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvarlo dal pericolo, anche contravvenendo ad una delle regole Jedi, proprio perché sapeva che Obi-Wan avrebbe fatto la stessa identica cosa? E non era stato lui, Obi-Wan, a prendere le parti di Anakin davanti a Windu e Yoda quando si era parlato della mossa spionistica dei Jedi?

Ora tutte quelle bugie che si era amorevolmente raccontato sembravano le menzogne più nere; si erano intrecciate l'una con l'altra, si erano sfilacciate in tele di ragno, e Obi-Wan, i Jedi, la Repubblica, tutti quanti ne erano rimasti impigliati. 

Era stato fortunato il maestro Windu, e con lui il maestro Fisto, e il maestro Kolar e il maestro Tiin: erano morti prima di vedere la grande tragedia, il più disonorevole scempio di venticinquemila anni di storia, e ora viaggiavano tranquilli nello spazio aldilà, uniti alla benevolente Forza che accoglie coloro che oltrepassano il mondo della percezione.

‹‹Agisci come devi, maestro Kenobi. Prudente sii, ex-padawan,›› disse Yoda, con una punta di affetto nella voce.

 

Aldera era una stupenda odalisca adagiata mollemente tra le bellezze naturali della raffinata Alderaan. Chiunque avesse mai visitato la capitale di quel pianeta benedetto aveva testimoniato, dovunque fosse poi ritornato, la grazia e la maestà che gli edifici bianchi e lucidi possedevano, e la meraviglia che essi erano capaci di suscitare nel viaggiatore; e l'impressione di elegante esotismo era accentuata dalla cornice naturale della città. Qui c'erano le alte montagne innevate cantate dai poeti e dagli scrittori, qui i laghi e le distese silvestri, e, in lontananza, gli altopiani abitati da tempi immemori.

Ad Alderaan qualsiasi cosa pareva essere migliore rispetto a qualsiasi altro luogo della galassia; ogni cosa ne usciva aveva stampigliato sopra il marchio del lusso. Aldera, la sua capitale, era ciò che di meglio poteva offrire il pianeta.

Obi-Wan apprezzò appena le meraviglie che il viaggio gli offriva mentre guardava fuori da una delle grosse finestre della nave reale. Nel suo stato infelice, la maestosità della natura gli ricordava solamente la sua terribile impotenza davanti allo svolgersi degli eventi. Il cielo cupo e carico di pioggia non faceva altro che echeggiare lo sconforto nel suo animo.

Il maestro Yoda era in profonda meditazione, in qualche altra sala della nave. Chiuso nel suo saggio silenzio, Obi-Wan non lo aveva visto che due o tre volte durante il breve viaggio tra Coruscant e Alderaan; il vecchio maestro sembrava aver accettato di seguire Obi-Wan sul pianeta del senatore Organa solamente per affetto, poiché in realtà pareva già essere proiettato verso le solitudini ascetiche dell'esilio venturo. 

Dopo che il senatore Organa si scusò per andare a conversare con la moglie, Obi-Wan rimase completamente solo. Pensò a varie cose, così come gli si presentavano nella mente: alcune riguardavano gli ultimi eventi, altre erano ricordi e sensazioni del passato. Frugò a lungo tra i ricordi mentre aspettava di arrivare al palazzo reale di Aldera, e, quando finalmente il palazzo apparve, provò quasi un senso di sollievo nel vedersi sollevato dal compito ingrato di ricordare momenti più felici, o tracciare col pensiero diversi sentieri che, forse, avrebbero portato a realtà diverse da quella che stava vivendo.

Ad aspettarli sulla piattaforma d'atterraggio davanti all'immenso palazzo, tutto guglie tubolari e sinuose verticali, c'era la regina Breha, una brunetta minuta in un sontuoso abito verde bottiglia. Pareva una figura luttuosa, circondata dal lucido grigiore del palazzo, l'algido paesaggio alle sue spalle e le nuvole grige sopra di loro. Quando li vide avvicinarsi, abbassò il pesante cappuccio sulle spalle, e offrì loro un sorriso consolatorio.

        ‹‹
Benvenuti, maestri,›› li salutò la regina con tono solenne. ‹‹Siete arrivati tra amici.››

  
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