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Autore: Melitot Proud Eye    30/08/2005    6 recensioni
Parigi. Una tranquilla festicciola a Palazzo Boringer. E poi? Le gabbie aperte! Seguite Andrew, Gianni, Olivier e Ralph nella vertiginosa fuga dai Tre Mostri! "E' brutto avere dei managers annoiati in famiglia..."
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andrew McGregor, Gianni, Oliver, Ralph Jurges
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota dell’autrice: *ahem* ecco a voi… tadaaan! L’attesissimo terzo capitolo!

Yuriy: a chi stai parlando?

*whack*

Eheh, scusate; interruzioni di nessun conto. Qui qualcuno dovrebbe stare attento, o nell’altra mia fic rischia di fare una brutta fine…

Yuriy: *glom*

In ogni caso dicevo: ecco il terzo capitolo ^^ Naturalmente non ho riservato questa breve introduzione ad un annuncio così ovvio; gli ospiti d’onore sono i ringraziamenti che devo a tutti i miei commentatori. Wow, siete sempre più numerosi! Sapete quanto mi rende felice? ›//‹ Recensite, recensite! Non abbiate paura di indicare anche errori o difetti, il vostro parere mi aiuterà a migliorare. Un giorno vorrei davvero diventare una scrittrice… anche se, con la mia velocità, sarei più odiata della Rowling. Ma quanto ci mette a scrivere un libro? Per questo abbiamo dovuto agonizzare una vita. Io ho iniziato a leggere Harry Potter quando ero alle medie, e fin lì andava anche bene, ma ormai ho toccato l’università e ancora devo leggere il finale =_= non avrei mai immaginato di impegnarmi sentimentalmente per così tanti anni…

Ma lasciamo stare! Sono andata completamente fuori tema =3

Mewsana: buone vacanze allora, e non preoccuparti! ;-) Sono felice che la storia continui a piacerti.

Driger: eccoti accontentata ^^ il nuovo capitolo è arrivato, finalmente, e in smoking XD spero solo che l’html venga trascritto tale e quale… *occhiata sofferta agli altri capitoli*

Nicla: grazie a te per la recensione! *smack*

Yusaki: una nuova recluta! *inizia a svolazzare per la stanza* Evvai! Grazie mille anche a te, e buon divertimento con la lettura.

E con questo i recensori sono finiti. E gli altri?

*Melitot impugna il binocolo a infrarossi e comincia a cercare*

Dove sono tutti quei volti senza nome che leggono e non lasciano nemmeno una riga? Suvvia, non abbiate paura. Non mordo mica =3

Yuriy: non saprei…

*ri-whack*

A presto! E mi raccomando, date un’occhiata anche a “Quel mondo là fuori”.

 

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_______Chi ha detto che mi voglio sposare?!

 

by Melitot Proud Eye

 

 

 

 

 

III

“Le segrete”

 

 

 

La mattina dopo, Ralf Iurgens si ritrovò gli European Dream nel salottino. Come aveva previsto.

‹‹Siete in ritardo›› disse, chiudendo la porta.

L’unico ad abbozzare una reazione fu Olivier che, incastrato fra Gianni e lo schienale del divano, socchiuse gli occhi.

‹‹Che cosa vuoi dire, Ralf?›› biascicò, richiudendoli. ‹‹Neanche ti avevamo avvisato.››

Le pupille del tedesco brillarono.

‹‹Non ho bisogno di parole. Vi conosco bene. Sapevo che non avreste mai accettato il matrimonio.››

‹‹Questo significa che sei stato incastrato anche tu?›› intervenne Gianni, muovendo a fatica la bocca, premuta contro il braccio.

Il ragazzo sedette sulla poltrona libera, annuendo.

‹‹Sì, hanno proposto anche a me di sposarmi. Solo che io ho accettato.››

Un terremoto non avrebbe potuto scuoterli di più. Gianni precipitò giù dal divano, mentre Andrew rimase appeso alla sua poltrona per miracolo.

‹‹Che cosa?!›› gridò Olivier.

‹‹Che cos’hai detto?!›› rincararono gli altri due.

‹‹Avete sentito bene. Ho accettato.››

Gli amici rimasero senza parole, muovendo la bocca come pesci. Il ragazzo sorrise. A loro parve il ghigno della follia.

‹‹Credo che non sia mai venuto il discorso tra noi… forse una volta ne ho fatto cenno a Gianni, ma non son sicuro. Per me non fa differenza sposarmi ora o fra dieci anni. E non fa differenza se sposerò questa o quella ragazza. Per me il matrimonio è più stabile se al sicuro dalla passione.››

L’italiano si massaggiò le tempie, piegando la bocca in una smorfia.

‹‹Te ne pentirai quando incontrerai la persona giusta.››

Olivier posò i piedi a terra.

‹‹Scusa se lo dico, ma Gianni stavolta ha ragione.››

‹‹Come, “stavolta”?!››

‹‹Sono d’accordo con Vier›› aggiunse Andrew, raddrizzandosi sulla poltrona. Tutti lo fissarono. ‹‹Beh, normalmente sarei contrario al matrimonio, ma se proprio si deve fare, che si faccia con chi mi aggrada!››

Olivier levò le mani per placarlo, sorridente.

‹‹D’accordo, d’accordo.››

Nel corridoio risuonarono le voci della servitù. Furono portati quattro vassoi e un carrello, pieno d’ogni ben di Dio.

‹‹Colazione?›› chiese Ralf.

‹‹Ti ringrazio›› rispose Andrew, rifiutando. Gianni e Olivier parvero d’accordo.

‹‹Già, l’unica cosa di cui ho bisogno ora è una bella dormita.››

‹‹Allora, prima che vi lasci, rispondete a una mia domanda.››

‹‹Certo.››

‹‹Che avete intenzione di fare?››

Gianni strinse il pugno.

‹‹Come, cosa abbiamo intenzione di fare? Nasconderci qui, è ovvio!››

‹‹E poi?››

Il ragazzo aprì la bocca. Ma la richiuse subito, scambiando un’occhiata con Andrew o Olivier.

‹‹Vedo che Gianni ha colto il nocciolo del problema›› mormorò Ralf. Unì la punta delle dita, quasi trovasse in quel gesto la risposta a tutte le domande del mondo. ‹‹Io posso e sarò felice di ospitarvi in questo castello finché lo vorrete. Ma il problema è: fino a quando vorrete?›› Passò uno sguardo sui loro volti, stanchi e provati dalle tappe forzate che li avevano condotti in Germania. ‹‹Fino a quando potrete sopportare di restare chiusi qua dentro? Il castello è grande, certo, i boschi immensi, ma fino a quando potrete resistere al desiderio di uscire, di fare ciò che volete in libertà, di rivedere le vostre città senza sentirvi braccati?››

Tacque, aspettando una reazione.

Tutti evitarono i suoi occhi.

‹‹Il buon senso è ciò su cui hanno basato la nostra educazione. Ammetto che qualche volta abbiamo dimenticato la sua voce, come quando sviluppavamo il nostro stile di gioco a beyblade. Ma quello era e rimane un gioco.›› Il suo volto espresse profonda serietà. ‹‹Non potete continuare a scappare. Fate tesoro di questo rifugio per prepararvi ad affrontare la situazione. Trovate una soluzione. E, poi, uscite allo scoperto per affrontarla di petto.››

Il silenzio permeò il salotto. Poi udirono Andrew sghignazzare.

‹‹Adesso capisco perché sei il leader della nostra squadra.››

‹‹Credevo non fossimo una squadra›› saltò su Gianni.

‹‹Intendevo spiritualmente›› ribatté l’inglese, calmo. ‹‹Anche se non formiamo una squadra ufficiale, ormai, dal campionato siamo un gruppo. Basta contare tutte le volte che ci vediamo in un anno. E, inconsciamente, noi tutti ci riferiamo a Ralf. Facciamo bene.››

‹‹Andrew ha ragione›› osservò Olivier, sorridendo. ‹‹Ralf è il più maturo ed equilibrato di noi.››

‹‹Ma anche il più vecchio!›› soggiunse Gianni, e tutti scoppiarono a ridere.

‹‹Sono soltanto tre anni di differenza›› osservò il tedesco, divertito.

‹‹Fanno differenza. Fanno differenza, te l’assicuro.››

E questa era una cosa giusta.

La pendola di radica batté le dieci.

‹‹Qual è dunque il tuo consiglio?›› chiese Andrew.

Ralf si alzò, ordinando che fosse lasciato il carrello delle vivande.

‹‹Per ora riposate. Quando sarete freschi discuterete sulla decisione da prendere. Ricordate, la mia offerta è sempre valida: potete restare quanto volete, a patto che cerchiate un accordo con le vostre famiglie.››

Li lasciò, avviandosi ai preparativi per il proprio fidanzamento.

Andrew non mosse un muscolo, stravaccato sulla poltrona, mentre Gianni e Olivier si azzuffavano per il divano.

‹‹E’ sempre stato un gran diplomatico.››

 

Quando riaprì gli occhi la pendola batteva le cinque. Riconobbe il suono che l’aveva disturbato, ma non se ne risentì. Non era più stanco. Il salotto era immerso nel silenzio. Allungò il collo sui dintorni.

Olivier aveva perso la battaglia e ora dormiva in terra, raggomitolato sulla moquette. Gianni ronfava sul divano.

Stava biascicando qualcosa.

‹‹Ah, Gesù santo›› brontolò l’inglese.

Sollevò le gambe, le sganciò dal bracciolo e si stirò, balzando fluidamente in piedi. Ah, appena sveglio era sempre pieno di energie. E aveva anche appetito.

Fece per afferrare una brioche dal carrello del mattino, quando gli parve di udire un rumore. Tese le orecchie. Nulla. Addentò il cornetto e lo sentì di nuovo, stavolta distintamente. Era il sibilo di un beyblade. Lo avrebbe riconosciuto in mezzo a mille.

C’erano anche grida e risate.

Corse alla finestra e scrutò il giardino; da lì si vedevano la piscina coperta e il campo da tennis. In quest’ultimo stazionava un pugno di persone.

‹‹Mi venisse un colpo.››

Erano proprio loro!

‹‹Gianni, Olivier! Dovete vedere una cosa!››

 

L’euforia del campo di tennis fu bruscamente interrotta da un grido di giubilo. Molti parlavano, disinteressandosi dell’incontro; per questo si volsero, credendo che un vincitore fosse emerso dalla sfida. Ma i beyblade rollavano ancora.

No, il giubilo proveniva dalla figuretta bianca che galoppava verso di loro, con due alle calcagna.

‹‹Sabiiiine!››

Una bella ragazza uscì subito dal capannello. Il suo sorriso divenne estatico.

‹‹Vier! Vier! Mio Dio, è Olivier!››

‹‹I Bladebreakers›› esclamò Gianni, mentre la ragazza atterrava il fratello.

I presenti si aprirono a ventaglio e salutarono. A sinistra stavano Max, il Professor Kappa, Rei - e c’era anche Mao, in viaggio di piacere col suo ragazzo. Sul campo di battaglia, ecco l’incorreggibile Takao; lo sfidante, sorpresa delle sorprese, Ralf.

‹‹Salve, ragazzi›› fece Rei.

Andrew si guardò intorno.

‹‹Manca la vostra mascotte.››

Le facce dei presenti si fecero perplesse.

‹‹Quale mascotte?›› chiese il Professor Kappa.

A Gianni scappò una risatina. ‹‹Credo si riferisse a Kei.››

Una gocciolina di sudore sfiorò tutte le teste.

‹‹Ah, Kei non è venuto. Siamo in vacanza, ognuno poteva andare dove gli pareva. Lui ha preso ed è sparito›› spiegò Max.

‹‹Non che qualcuno si aspettasse diversamente›› commentò Takao, dal terreno di gioco. Ralf quasi lo buttò fuori del perimetro.

‹‹Non distrarti!››

‹‹Certo che no.››

‹‹E voi, Vier, voi che ci fate qui?›› esclamò Sabine, lasciando il fratello libero di respirare. Il ragazzo si massaggiò la nuca, dove spuntava già un doloroso bernoccolo. ‹‹Ho sentito da mamma e papà quello che avete fatto›› rise. ‹‹Siete stati magnifici! Ma ora sono veramente arrabbiati con voi.››

‹‹Lo sappiamo›› fece Andrew, scuro.

‹‹Ralf ci ha raccontato i particolari›› affermò Rei. ‹‹Davvero avete degli scivoli segreti in casa?››

‹‹E davvero avete volato con un aeroplano, facendo tutto da soli?!›› aggiunse Mao.

Gianni le circondò le spalle, annuendo con noncuranza.

‹‹Ma certo, mia cara. Credo tuttavia che le capacità narrative di Ralf siano insufficienti a descrivere con adeguata precisione le avventure, le acrobazie, le prove di coraggio che abbiamo-››

‹‹Gianni›› fece Rei.

‹‹Uh?››

Gli occhi del cinese fissarono insistentemente il suo braccio, drappeggiato intorno alle spalle di Mao. Il braccio fu rimosso e rimpiazzato dal legittimo occupante.

‹‹Ora va meglio.››

‹‹Sì… insomma… come dicevo…››

‹‹Piantala, Gianni›› brontolò Andrew. ‹‹Qui stiamo cercando di ragionare.››

Infatti erano tutti seduti in cerchio. Il ragazzo occupò l’unico posticino rimasto, accanto alla siepe. Ralf e Takao richiamarono i loro beyblade.

‹‹E’ davvero una bella cosa che voi tutti siate qui›› esordì l’inglese, autoproclamatosi portavoce dei fuggiaschi. Gli ascoltatori annuirono, sentendo di prender parte a qualcosa d’importante. ‹‹Sebbene la decisione spetti soltanto a noi, credo di non esprimere soltanto il mio parere affermando che fa piacere avere un così largo supporto. Più si è, più idee possono venir fuori. E chissà che non si trovi anche la soluzione ideale.››

‹‹Ora, immagino che tutti siate rimasti alle nostre fughe, dal momento che nessuno ci ha più localizzati da allora. Bene. Le narrazioni dettagliate le conserveremo per un’altra occasione. Per dirla in breve, questo è ciò che è accaduto a Gianni e a me.››

L’uditorio si strinse, mentre Ralf masticava a vuoto, curioso.

‹‹Dopo aver eluso la sorveglianza del dirigibile e aver rubato l’aeroplano, abbiamo eseguito un atterraggio di fortuna presso una località di nome Les Pêcheurs, sul fiume Eure, ad una sessantina di chilometri da Parigi. Naturalmente la nostra performance non è passata inosservata; ma, per fortuna, le persone che ci hanno trovato erano molto gentili.››

Gianni, finora distratto, si concentrò sulla narrazione.

‹‹Un meccanico e la nipote. Quelle persone ci hanno aiutato a raggiungere la frontiera, sfruttando il viaggio di un amico, e per questo sarò loro sempre grato. Non so se ci saremmo riusciti da soli. I telegiornali diffondevano la notizia da poco, ma già si notavano sguardi incuriositi, bisbigli e neo-posti di blocco. A proposito, Olivier, ti hanno trasformato in un pazzo. Da quanto soffri di manie di persecuzione?››

Qualcuno ridacchiò, mentre il francese roteava gli occhi.

‹‹In ogni caso, passata la frontiera nascondendoci nel vano merci-››

‹‹Pesce!›› fu il gemito di Gianni.

‹‹…le cose son state più semplici. Abbiamo attraversato la Svizzera in treno e di lì la Germania, raggiungendo casa tua, Ralf - che sarà in cima a una montagna, ma almeno è nella Foresta Nera, non sul Baltico.››

Il tedesco sorrise.

‹‹E questa è la nostra storia.››

Tutti annuirono, facendo qualche apprezzamento, per poi rivolgersi ad Olivier. Il ragazzo sprofondava nel relax, coccolato a tempo pieno dalla sorella. E Max sembrava divertito dalla scenetta.

Rei si fece aria con una racchetta, mentre Mao sfruttava la sua ombra contro il sole.

‹‹Avanti, Olivier. Non tenerci sulle spine.››

‹‹Uh?››

‹‹Già, devi raccontare la tua parte. Nessuno qui sa come sei arrivato, e tanto meno come sei scappato da quella casa!››

‹‹Ho sempre saputo che ne eri capace.››

‹‹Sì sì!››

‹‹Già.››

‹‹Sono d’accordo.››

Il ragazzo fissò il cielo, incorniciato dalle chiome degli alberi. Poi frugò in tasca. Da quella tasca emerse il suo fedele beyblade. Lo girò fra le dita, ammirandone la rosea lucentezza.

‹‹A dir la verità mi vergogno un po’ perché, anche se l’avete semplificata fino allo scheletro - Gianni, Andrew - la vostra è davvero un’avventura. Mentre io, intervento di Unicol a parte, ho fatto ben poco di spettacolare.››

‹‹Racconta.››

Olivier radunò le idee.

‹‹Sono uscito di casa verso le nove…

‹‹Non avevo dormito molto ed ero stanco, arrabbiato e rivoltato per il ricatto saltato fuori a colazione. Non sapevo cosa fare… girovagavo per il parco, rodendomi. Sapevo di esser controllato a vista. Dopo la fuga che avevo organizzato per Sabine un anno fa, naturalmente si aspettavano qualcosa.››

‹‹E allora?››

‹‹Sono andato al padiglione per trovare un po’ di pace. Il sentiero che si deve percorrere è sgombro di telecamere perché segreto - tutto il complesso lo è. Nessuno mi ha mai seguito fin lì, tranne Unicol. Lui lo avevo con me. E poi è successo.››

‹‹Che cosa?›› esclamò Takao, guadagnandosi delle occhiatacce.

‹‹Ho parlato con lui.››

‹‹Con chi?››

‹‹Con Unicol.››

‹‹Col tuo bit-beast? E’ fantastico!››

‹‹Ma molto raro›› aggiunse Andrew, impressionato.

‹‹Wow›› sussurrò Mao.

‹‹Mi ha fatto capire che non potevo arrendermi. Lo sapevo, ma questo sarebbe stato inutile senza il suo aiuto. Unicol mi ha mostrato un vecchio passaggio della villa, l’unico che esca dalla proprietà, toccandolo nei miei ricordi e riportandolo alla vita.››

‹‹Naturalmente sapevo che era pericoloso. L’unica volta che l’avevo usato, a sette anni, ero rimasto molto spaventato. Sbocca in una fontana e dà non poco nell’occhio.››

‹‹Davvero?›› intervenne Max, perplesso. ‹‹Ma scusa, come può finire in una fontana? Una persona non potrebbe mai aprire una botola sul fondo senza morire affogata…››

‹‹Senza contare che la fontana si svuoterebbe›› aggiunse Mao.

Rei, al suo fianco, sembrava immerso nelle riflessioni. Sabine ridacchiò.

‹‹Sabine, tu l’hai provato?›› chiese Max.

La ragazza annuì, facendo muovere la coda di capelli verdi sul collo. Era davvero molto carina, con i sandali e il vestito color dell’erba.

‹‹E’ un passaggio scavato nel diciassettesimo secolo, quando ancora c’era un castello al posto della nostra casa. Passa sotto il parco e una parte del boulevard.››

‹‹Non sarà mica un altro scivolo?›› mormorò Gianni, rivivendo brutte esperienze.

‹‹Sarebbe un po’ impossibile, non trovi?›› rispose Olivier. ‹‹La nostra casa non è in collina, anche se parte della proprietà lo è.››

Tutti annuirono, ansiosi d’ascoltare il resto.

‹‹Comunque sia, ho usato il passaggio e sono tornato in superficie proprio sul monumento della fontana, un complesso di statue che nascondono la botola. L’acqua scorre anche sul monumento, per questo ci si bagna. Per non parlare poi di quando bisogna uscire dalla fontana: non ci sono lati minori e il monumento è proprio al centro.››

Qualcuno fischiò.

‹‹Così mi sono ritrovato in strada. Ho passeggiato fino al mio ristorante, comportandomi come se niente fosse. Uno dei trucchi da usare con la gente è fingere che tutto sia perfettamente normale; in questo modo se ne convincerà anche lei.››

‹‹E ha funzionato?››

‹‹Direi di sì. E poi i parigini sono abituati alle mie stravaganze.››

‹‹Come quella di riservare il Louvre›› commentò Takao, e tutti sghignazzarono, ricordando il luogo in cui tutti, almeno una volta nella vita, avevano beccato il campione francese.

‹‹E poi?›› incalzò Andrew.

Olivier ridacchiò.

‹‹Qui finisce la parte avventurosa della mia storia. Una volta giunto al ristorante, mi sono infilato in un camion dei rifornimenti che tornava in Italia per certi vini pregiati. Mentre transitava in Svizzera, sono sceso e ho acchiappato il primo treno per Francoforte. Di lì il viaggio è stato breve. Come vedete, ho agito abbastanza tranquillamente.››

Il ragazzino tacque, considerando conclusa la narrazione. Ma nessuno fiatò, nessuno si mosse, poiché speravano di udire qualche particolare nuovo, o qualche episodio tenuto in serbo per la fine. Quando fu chiaro che non sarebbe accaduto, la tensione allentò.

Takao si distese sul terreno rossiccio.

‹‹Insomma, ne avete passate di cotte e di crude.››

‹‹Altro che.››

Un leggero venticello spazzò le proprietà degli Iurgens, fresco, cozzando contro la muraglia del castello per tornare su di loro. Ognuno stava entrando nel proprio mondo, assorto, quando Rei pose la domanda.

‹‹E dunque? Ora cosa farete?››

Ralf volse la testa nella direzione dei tre fuggiaschi.

Andrew, Gianni ed Olivier si scambiarono un’occhiata.

 

‹‹Non lo sappiamo ancora›› ammise l’inglese, rifiutando di guardarli. Stette lì, a braccia conserte. Olivier venne in suo aiuto.

‹‹Abbiamo una mezza idea, ma non dipende tanto da noi, quanto dalla risposta che ci daranno i nostri genitori.››

‹‹E questa idea?›› chiese Ralf.

Era il turno di Gianni, che li fissò ad uno ad uno con i suoi determinati occhi azzurri.

‹‹Abbiamo riflettuto. Beh, non c’era poi molto da riflettere. Non possiamo rinunciare ai nostri nomi, alla vita che conosciamo, alla libertà. Per questo, Ralf, cercheremo un accordo… come hai consigliato tu. E’ la soluzione migliore.››

Takao sogghignò.

‹‹Insomma, vi arrendete.››

A quell’accusa l’irascibile McGregor s’infiammò.

‹‹Non ci stiamo arrendendo!›› abbaiò, balzando in piedi. ‹‹Stiamo prendendo la decisione migliore! Ho parlato di un accordo, non di una resa. Vogliamo ancora lottare.››

‹‹Ma rifiutare qualunque compromesso andrebbe solo a nostro svantaggio›› spiegò Gianni, convincendolo a sedersi.

‹‹Stasera chiameremo le nostre famiglie e proporremo loro delle condizioni›› aggiunse Olivier. ‹‹Purtroppo è la nostra unica chance, presi in considerazione i genitori che abbiamo.››

‹‹Non avrei mai creduto di dover consumare le corde vocali su cose del genere›› brontolò l’italiano. Giocherellò con l’orologio. Le lancette segnavano le cinque e mezza.

Max si voltò verso Takao, ancora dubbioso.

‹‹Takao, hanno ragione. Come ti sentiresti se tuo nonno minacciasse di cacciarti dal dojo, dalla tua famiglia, dagli oggetti cui tieni?››

‹‹Uhm…››

‹‹Il ricatto è una cosa vile, ma proprio perché è un ricatto che è difficile scegliere›› rifletté Mao. Guardò il suo ragazzo, che ricambiò, incuriosito. ‹‹Quando Rei scappò dal nostro villaggio, avrei dato qualunque cosa per partire e seguirlo. Ma si trattava di scegliere fra due cose che avevano fino allora rappresentato la mia vita: lui e la mia famiglia. Se fossi partita subito, avrei perso entrambe. Il compromesso invece ha dato i suoi frutti.››

‹‹E’ vero›› disse Rei. ‹‹Questo non significa che agire sul compromesso sia facile. Avete visto tutti come è stato per me.››

Takao annuì.

‹‹Ho capito.››

‹‹Quello che vogliamo dire è che siamo d’accordo con la vostra decisione›› intervenne il Professor Kappa.

Andrew sogghignò.

‹‹Adula Ralf, è lui la mente del piano.››

Tutte le facce si concentrarono sull’impassibile padrone di casa.

‹‹Già, proprio lui, il nostro leader diciannovenne›› esclamò Gianni. ‹‹Che parla, parla, ma è l’unico di noi a sposarsi!››

Non ci fu uno che tenne gli occhi nelle orbite.

‹‹Che cosa?!››

‹‹Avete capito bene, amici›› rispose lui, chiudendo un occhio col suo modo di fare. ‹‹Ralf Iurgens convolerà a giuste nozze, con una madamigella che non abbiamo ancora avuto il piacere di conoscere.››

Rei fu il primo a riguadagnare l’uso della parola.

‹‹Questa sì che è una sorpresa. Pensavamo che foste uniti nella disgrazia.››

‹‹Pfui›› soffiò Andrew. ‹‹Il traditore distribuisce pillole di saggezza. Quando si dice: predicare bene e razzolare male.››

L’oggetto della discussione non se la prese; riconosceva dal tono che l’animoso McGregor stava scherzando.

Mao mordicchiò uno stelo d’erba.

‹‹Beh, perché no? Mio padre si è sposato a diciotto anni.››

‹‹Sicuramente è meglio che a quindici. Quindici è un po’ troppo presto›› concordò Max.

‹‹Hai una foto della ragazza?›› saltò su Sabine e, in men che non si dica, tutti tormentarono Ralf per vedere la fidanzata. Il ragazzo sospirò e cominciò a frugare nei taschini, mentre il discorso s’incagliava in quelle acque.

‹‹Lo sapete?›› bisbigliò Gianni ad un certo punto. ‹‹I nostri genitori sono tanto matti che vorrebbero farci sposare quattro sorelle.››

‹‹Sul serio?›› fece Takao.

‹‹Sarà contenta la famiglia delle sorelle. Quattro dei più ricchi partiti d’Europa in famiglia…›› commentò Rei.

‹‹Che? Scordatelo. La prima condizione che presenteremo per tornare a casa›› rintuzzò Andrew, ‹‹sarà di cambiare la parola “matrimonio” in “fidanzamento”, il cui pregio principale è d’essere reversibilissimo senza beghe di tribunali. Non voglio rovinarmi l’avvenire. Sono ancora giovane, io.››

‹‹Il trucco è metterla come se fossero loro a supplicarci di tornare›› spiegò Olivier. ‹‹Il che decenza vorrebbe. Ognuno di noi ha studiato l’arte della parola… Il problema è che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.››

‹‹E poi chi ci dice che queste ragazze siano da buttare? In fondo, Sabine ha pescato bene.››

E una risata collettiva distese l’atmosfera, mentre la ragazza strizzava l’occhio a Max, rosso.

Adesso che erano insieme, si sentivano più forti, pronti, e fiduciosi in un esito felice. Del resto era difficile rimanere immusoniti davanti alle immense verdi distese della Foresta Nera.

Gianni schioccò la lingua.

‹‹Ralf, allora, questa foto?››

‹‹Già, non sperare che ce ne siamo dimenticati!›› rincarò Andrew.

Alla fine, la foto fu trovata. Il cerchio si strinse, calò il silenzio. Ma perché Ralf fissava la foto in quel modo?

‹‹Hey›› disse Andrew. Quando il tedesco ricambiò lo sguardo, inarcò le sopracciglia. ‹‹Beh?››

‹‹Quattro sorelle, avete detto?››

Olivier annuì.

‹‹Sì, perché?››

‹‹Avete… già le loro fotografie?››

Gianni accennò un diniego.

L’atmosfera si caricò. I Bladebreakers rispettavano un religioso silenzio, notando con quale decisione Ralf mantenesse possesso della foto. In quel pezzetto di carta acida doveva trovarsi un pericoloso segreto.

‹‹Ralf, non abbiamo neanche dato loro il tempo di darcele, le foto›› disse Olivier, perplesso. ‹‹Che importa? Volevamo solo vedere la tua ragazza.››

‹‹Il problema è che… in questa foto è ritratta con le sorelle.››

A quella notizia, gli European Dream drizzarono le orecchie.

‹‹Ed è un problema?›› esclamò Gianni. ‹‹Da’ qua!››

Si tuffò su di lui, ma Ralf ebbe i riflessi pronti e la levò fuori della sua portata.

‹‹Hey, ma che ti prende?›› chiese Olivier.

‹‹Niente… è che potreste arrabbiarvi ancora di più con i vostri…››

‹‹Molla!›› esclamò Andrew.

C’era qualcosa che dovevano sapere, e l’avrebbero saputo, perdinci!

Lo accerchiarono come leoni e, in men che non si dica, Gianni galoppava via sventolando il trofeo. Ma non aveva fatto quattro passi che lo placcarono per le caviglie. Ormai era questione d’onore: ognuno voleva vedere per primo.

Gli altri due gli strisciarono addosso, tendendo le braccia per raggiungere la foto.

‹‹Daccela!››

‹‹No!››

‹‹Avanti!››

‹‹Noo!››

Gianni tese il braccio più che poté. Ce l’avevano quasi fatta. Andrew lo placcò con maggior determinatezza, mentre Olivier avanzava, sotto gli occhi attoniti dei presenti. Questa era una cosa che non avrebbero mai voluto vedere.

Per terra, il trio si contorse ancora un po’, e…

‹‹HEY!››

‹‹Grazie mille›› disse Rei, sottraendo la foto.

‹‹No›› mugugnò Gianni, deluso.

Subito si formò capannello. Ai primi concitati, rumorosi commenti seguì uno strano silenzio. Il trio di matti si districò e fece spazio a forza, soltanto per ritrovarsi un’ala di facce scure davanti.

‹‹La foto›› minacciò Gianni, presentando la mano.

Rei gliela porse senza obiettare. I tre europei si strinsero.

Videro solo una macchia bianca.

‹‹Tienila così›› ordinò Andrew. ‹‹Non vorrai accecarci.››

‹‹Hm.››

‹‹Ecco, ora si vede›› mormorò Olivier.

Ahimè sì, si vedeva.

Ralf si passò una mano sugli occhi.

‹‹E’ la ragazza al centro›› disse.

Sulla foto comparve un gruppo di persone. Era stata scattata in un bel salotto, dalle cui finestre filtrava la delicata luce del tardo pomeriggio. Lunghe tende rosse impreziosivano l’ambiente e un lampadario di cristallo pendeva dal soffitto. Sul divano sedevano quattro ragazze, lussuosamente vestite.

Subito la loro curiosità li condusse al centro dell’immagine, dove la più giovane, abbracciata ad un cagnolino, rideva spensieratamente. Era davvero una bella creatura. Bionda, rosea, fresca come il latte, e con la scintilla dell’intelligenza negli occhi.

Questa era la fidanzata di Ralf.

Siamo a cavallo, pensarono. Le sorelle di solito si somigliano.

Non potevano trovare più triste eccezione. I loro occhi indugiarono sulle altre figure. E impallidirono a vista d’occhio.

‹‹S-state bene?››

Olivier spalancò la bocca in una smorfia inorridita.

‹‹Non è possibile.››

‹‹Sono…››

‹‹Sono…››

‹‹SONO I TRE ORRORI DELLA FESTA!››

 

La scoperta li piombò nella più nera disperazione. E, come il saggio Ralf aveva previsto, l’animosità nei confronti delle famiglie crebbe.

‹‹Come hanno osato›› sibilò Andrew, a cena. ‹‹Come hanno osato anche solo pensare…››

‹‹E io?›› vociò Olivier, piluccando dal piatto come un bambino in castigo. Pensò alla ragazza che gli era stata “destinata”. La sua sedia sprofondò di mezzo metro.

Gianni alzò la testa dal piatto. Aveva un brillio sinistro negli occhi.

‹‹Tu hai solo da star zitto, Olivier›› nessuno osò contraddirlo. ‹‹Perché, escludendo Ralf, ti è capitata la meno peggiore. E non cominciare a lamentarti del suo carattere. Sarà piagnucolosa, sarà quel che sarà…›› le sue pupille mandarono fiamme mentre si alzava, ‹‹ma almeno la sua vita sta fra le tue braccia!››

Fuori, nella notte, un lampo terribile squarciò il cielo, anticipando un temporale da brivido. Ricadde sulla sedia, depresso.

‹‹Io invece…››

Ralf estrasse la foto e la fissò.

La prescelta di Gianni era nientemeno che la balena che aveva abbattuto le sue torri di tazze. Olivier avrebbe avuto la gobba. Ed Andrew…

‹‹Ecco appunto!›› esclamò Andrew, sbattendo un pugno sul tavolo. L’attenzione converse su di lui.

Takao prese le patatine, Max rimase col boccone a mezz’aria e Rei accavallò le gambe, mentre Mao s’appoggiava comodamente alla sua spalla. Diamine, era meglio di uno show televisivo!

Le disgrazie altrui hanno il sapore del miele, pensò il Professor Kappa, sconsolato.

‹‹Perché Ralf deve acchiappare l’unica sorella attraente?! Io dico di andare a sorte!››

Gianni batté le palpebre.

‹‹Che vuoi dire?››

Andrew contò fino a dieci. ‹‹Cosa pensi voglia dire? Estrazione. Testa o croce. Tombola! Un metodo o l’altro, non fa differenza.››

Olivier puntò il dito.

‹‹Stai dicendo che…››

L’inglese diede una manata sul tavolo.

‹‹Giochiamocela!››

Scoppiò il finimondo. Sabine, che l’aveva temuto per tutta la sera, tirò Max sotto il tavolo, mentre di sopra volavano improperi di ogni genere. Chi litigava contro l’estrazione, chi insisteva per risolverla a parole, chi lanciava roba solo per dar fastidio (Takao), chi si lamentava, dolorante, chi addirittura proponeva un ménage à trois… insomma, quella sera, nella sala da pranzo Gustav III ne accaddero di tutti i colori.

Ralf sospirò e raggiunse Max, Sabine e il Professor Kappa sotto la tavola. Nella turbolenza qualcosa colpì Mao alla nuca.

‹‹Ahi!›› esclamò la ragazza. ‹‹Mi ha preso!››

Gli occhi di Rei lampeggiarono.

‹‹Takao.››

‹‹Eh eh… eh, iih!››

Ma lei lo trattenne, evitando per un pelo Andrew e Gianni che rotolavano sul pavimento.

‹‹Vieni, usciamo da questo manicomio.››

Il cinese si passò una mano fra i capelli nerissimi.

‹‹D’accordo.››

La bella moquette bordeaux, perfetta per la cura secolare, era cosparsa di sozzume. Insalata, salsa, tovaglioli, mentre le posate giacevano sparpagliate in un angolo, evidentemente buttate via da qualcuno che alla pelle ci teneva.

In quel momento Rei rischiò di scivolare su un uovo sodo.

Si aggrappò al tavolo. La masserizia era migrata: prima si poteva raggiungere la porta in tre falcate, senza esserne infastiditi, adesso avrebbero dovuto girarci intorno. Lasciarono passare il trio europeo - dove Gianni, rinsavito, cercava di separare gli amici - e ignorarono Takao, che faceva il tifo per tutti e nessuno.

‹‹Che macello.››

Mao indietreggiò, disorientata. Le sue spalle sfiorarono una finestra, alta e lucida nell’intelaiatura di palissandro. Ne stava ammirando la forma quando intravide dei movimenti davanti alle mura.

‹‹Rei, guarda.››

Il ragazzo si volse.

‹‹Che cosa vedi?››

‹‹Laggiù.››

Egli corrugò la fronte.

‹‹Sembrerebbe una limousine.››

Attraverso la cortina di pioggia, videro il portone aprirsi e lasciar entrare una lunga auto nera. Tre camerieri corsero fuori dall’edificio principale, aprendo dei grandi ombrelli; altrettante figure sorsero dal veicolo: una scheletrica, una titanica ed una piegata su se stessa.

Mao afferrò l’avambraccio di Rei.

‹‹Sono loro!››

‹‹Le ragazze che Gianni, Andrew e Olivier dovrebbero sposare?››

‹‹Ne sono sicura.››

‹‹Che cosa ci fanno qui?››

‹‹Non lo so, ma credo che dovremmo avvertirli.››

Le tre figure scomparvero, inghiottite dal maniero. Rei fece qualche passo indietro. Ora si giocava in casa.

‹‹Sì. Sì, hai ragione.››

‹‹Ragazzi! Avanti, smettetela! E’ importante!››

 

Pochi minuti dopo un nutrito gruppo di persone galoppava nelle segrete del castello, fra lucide armature e mazzafrusti dall’aspetto minaccioso. C’erano Takao, Max, il Professor Kappa, Sabine, Rei, Mao e naturalmente il trio di fuggitivi.

Andrew sbirciò oltre la spalla.

‹‹Sono stufo di sentirmi braccato!››

Dietro di lui, Olivier sgambettava elegantemente.

‹‹Temo che dovremo farci l’abitudine.››

‹‹Speriamo che Ralf le rispedisca indietro tanto presto quanto sono venute›› ansimò Gianni.

Trottarono a ritmo sostenuto, svoltando due o tre volte.

I corridoi sembravano tutti uguali. Andrew però, che aveva ricevuto istruzioni dal padrone di casa e li aveva percorsi più volte di persona, conduceva con sicurezza, proiettando un fascio di luce innanzi ai loro piedi con la pila da campeggio.

Il Professor Kappa parve colto da un pensiero.

‹‹Come avranno fatto a sapere che siete qui? Neanche avete avuto il tempo di chiamare le vostre famiglie!››

‹‹Già›› Mao scrutò il soffitto. ‹‹Il Professore ha ragione.››

‹‹Beh, noi non abbiamo molti amici intimi. Avranno fatto due più due. A Londra c’erano i genitori di Andrew e di Gianni. Da Parigi siamo scappati. Si trattava di scegliere fra Roma e qui.››

Sabine annuì per tutti e proseguirono. Trovarono una scala a chiocciola senza ringhiera. Alle pareti erano appese delle fiaccole, che si accesero al loro arrivo.

‹‹Wow.››

‹‹Da brivido.››

Olivier le occhieggiò con profonda diffidenza.

Ralf le troverà d’effetto, ma io continuo a pensare che potrebbe mettere dei semplici lampadari. Sono di pessimo gusto. Poi seguì gli altri nella discesa.

Andrew dovette spingere Gianni per un tratto, finché Sabine non prese per mano e trascinò l’imbranato.

‹‹Piano piano piano! Ma sei matta?!››

Takao, Rei e tutti gli altri accelerarono ridendo.

Le scale conducevano ad un luogo buio, umido e tetro. Erano le segrete. Sabine si sfregò le braccia; Mao invece approfittò dell’atmosfera per appiccicarsi a Rei, che gonfiò il petto.

‹‹Vi sembra questo il momento di pomiciare?›› brontolò Takao.

Ma nessuno gli prestò attenzione. Andrew stava dicendo qualcosa.

‹‹…che nell’undicesimo secolo e in tutto il medioevo, da quando gli Iurgens divennero padroni del feudo, qui ebbero luogo torture ed esecuzioni sommarie. Erano tempi barbari e le prigioni traboccavano di delinquenti, di tagliagole e assassini, ma anche di semplici poveracci che avevano rubato per mangiare.››

‹‹Butit’s terrible›› sussurrò Max.

‹‹Ralf ha anche raccontato che, fino a poco tempo fa, le segrete contenevano interi bauli di strumenti… poco ortodossi, se mi capite. C’era anche una ruota. Poi, però, i signori hanno deciso che era il momento di ripulire. Hanno mandato tutto al museo di Berlino, tranne un paio di giocattolini collegati agli eroi della dinastia.››

Nessuno fiatò. Quelle parole avevano gettato una luce totalmente diversa sul luogo.

‹‹Venite.››

Incontrarono porte sfondate, celle selvagge come grotte, incisioni e segni lasciati da persone che non vivevano più da centinaia d’anni. Era un tremendo tuffo nel passato. Uscire e trovarsi immersi nel Medioevo non li avrebbe sconvolti.

Ma li sconvolse udire il rimbombo di due voci - una stridula, l’altra imperiosa.

‹‹Venite fuori! Sappiamo che siete lì sotto!››

‹‹Uscite allo scoperto!››

‹‹Vi prego, sorelle…›› implorò una terza, lamentosa. ‹‹Ho paura…››

‹‹Non c’è niente di cui aver paura, sciocchina›› rispose quella stridula.

Il gruppetto nelle segrete si scambiò un’occhiata, mentre la luce della torcia, puntata verso l’alto, li trasformava tutti in personaggi dell’orrore. ‹‹Avete capito?! Sappiamo che vi state nascondendo nelle prigioni! Venite fuori e fidanziamoci davanti al mondo!››

‹‹Giusto!››

‹‹Ralf non ce l’ha fatta›› sussurrò Gianni, mentre i loro stomaci facevano capriole. L’avventura si era trasformata in una caccia al topo, e anche coloro che non rischiavano nulla, come i Bladebreakers, si sentirono elettrizzati, quasi costretti alla fuga.

Ricordava il gioco del rimpiattino. Scappare diventa una droga.

‹‹Ma come avran fatto a trovare la strada? Abbiamo passato migliaia di incroci!››

‹‹La cosa più importante ora è raggiungere l’ultima stanza›› affermò Andrew, cominciando a correre. Non dovette pregarli per farsi seguire.

‹‹Dov’è?›› chiese Max.

‹‹Dove sietee? Veniamo a prendervi!››

‹‹Stanno scendendo›› annunciò Takao.

‹‹Presto, più veloci!››

Diventarono dei ghepardi.

Qualche curva in derapata, scalini, muri, frane, superando tutto questo batterono tre o quattro record. Poi, però, quando il corridoio si perse nell’oscurità, dal rumore risultò chiaro che le inseguitrici non avevano intenzione di mollare.

Rei frenò, fermando Max e Takao.

‹‹Aspettate.››

‹‹Che c’è? Quelle stanno arrivando!››

‹‹Proprio per questo mi sono fermato.›› Indicò gli European Dream, con un cenno del capo. ‹‹Non ce la faranno mai ad arrivare alla porta segreta senza il nostro aiuto. In fondo noi cosa c’entriamo con quelle tre furie? Sono Gianni, Andrew e Olivier a dover scappare. Noi fungeremo da diversivo, e loro potranno accumulare un vantaggio.››

‹‹Hai dimenticato le segrete. Solo Andrew e Ralf conoscono la strada.››

‹‹In qualche modo ce la caveremo.››

‹‹Ma-››

‹‹Toglieremo un’inferriata e saremo fuori.››

Takao parve rifletterci su, poi accettò.

‹‹Rei ha ragione!››

Max estrasse Draciel.

‹‹Sono con voi.››

‹‹E io pure.››

‹‹Professor Kappa!››

‹‹Non ne posso più di correre›› ansimò il ragazzetto.

‹‹Rei›› chiamò Mao, ormai in fondo al corridoio. ‹‹Si è fatto male qualcuno?››

‹‹Non veniamo.››

‹‹Come?››

‹‹Faremo da diversivo! Tu va’ con gli altri.››

La ragazza fece per tornare indietro, ma egli la fermò con un gesto.

‹‹Devi continuare con loro. Se non vi faremo guadagnare abbastanza tempo, avrai Galux!››

Mao parve divisa, poi annuì, obbediente, e svoltò l’angolo. A Rei non sfuggì il suo sguardo. Quando si fossero ritrovati, gli sarebbe saltata al collo gridando “Mio eroe!”. Diavolo, ogni ragazzo sognava questo. “Come pomiciare con una ragazza”, volume uno, parte prima di Rei Kon.

‹‹Possiamo prepararci ora?›› brontolò Takao, disturbato dal suo gongolare.

Il cinese si ricompose.

‹‹Bene. Io sono pronto.››

‹‹Forza e coraggio!››

Cento metri più avanti Mao si riunì al gruppo principale.

‹‹Come mai ci sei solo tu?›› chiese Olivier, coi capelli appiccicati al viso.

Sabine si guardava freneticamente attorno.

‹‹Dov’è Max?!››

Mao la tirò avanti per il polso, costringendola a correre.

‹‹Hanno deciso di fare da diversivo.››

‹‹Molto gentile da parte loro›› disse Gianni, ‹‹Ma come faranno a uscire?››

‹‹Ralf non li lascerà certo marcire nelle segrete›› sbuffò Andrew, con la luce della torcia che sobbalzava ad ogni falcata. ‹‹Credo.››

Evitò il calcio di Mao per un pelo.

‹‹Hey! Adesso non possiamo preoccuparci per loro. Hanno preso una decisione e il meglio che possiamo fare è non renderla inutile.››

Gli altri risposero dando fondo alle calorie.

Presto anche quel corridoio ebbe termine. L’inglese ficcò la mano in un taschino del gilet e armeggiò con delle chiavi, finché la massiccia porta che sbarrava loro la strada non si aprì. E, sorpresa delle sorprese…

‹‹Noo.››

Gianni sedette di botto a terra, mentre tutti avevan la possibilità di ammirare la scala a chiocciola. Mao salì il primo gradino; il suo sguardo dorato si perse su, su, nel buio.

‹‹Sembra non avere fine.››

‹‹Sarà la stessa di prima?›› mormorò Sabine, strisciando il dito sui mattoni di roccia.

Suo fratello scosse la testa.

‹‹Non credo. Alla fine dell’altra non c’era una porta chiusa…››

‹‹Lì ce n’è una aperta…››

Il francese diresse il fascio di luce della pila oltre quella porta, che si rivelò ostruita da una frana. Sembrava inutilizzata da secoli.

‹‹Visto?››

‹‹Cominciate a salire invece di cianciare›› scattò Andrew, chiudendo la porta con tutte le mandate disponibili. Gli altri parlottarono e presero a balzare di gradino in gradino, sempre più piegati. L’ultima mandata scattò. ‹‹Ecco fatto. Vediamo se questo basterà a fermarle.››

E via di galoppo.

Dopo cinque minuti erano tutti sparsi in terra, distrutti. Olivier strisciò sull’ultimo gradino che intendeva fare e si lasciò cadere, la bocca spalancata, i capelli arruffati e la gola tanto secca da non poter parlare. Accennò un paio di gesti. Vedendo che nessuno afferrava, alla fine desistette, qualunque cosa volesse dire.

Andrew dal canto suo stringeva spasmodicamente la torcia, quasi ne andasse della sua vita. Persino Mao e Gianni, che amavano e lo sport, sembravano incapaci di proseguire.

‹‹Io… anf anf… io non ho mai… anf… corso… anf anf… tanto in vita mia…›› boccheggiò Sabine.

Andrew deglutì un paio di volte.

‹‹Du… due minuti di pausa.››

‹‹Aggiungici uno zero e facciamo venti…››

‹‹Due.››

Nessuno obiettò più. I petti si alzavano e abbassavano erraticamente, mentre ogni cuore pompava sangue fino allo stremo delle forze. Non sarebbero mai stati in grado di rialzarsi.

Ma poi, improvvisamente, il miracolo del recupero si ripeté; e poterono respirare più liberi.

‹‹Ahh›› sospirò Mao. ‹‹Mi sento già meglio.››

‹‹Già, ma siamo solo a metà scala›› osservò Sabine, che dalla sua posizione poteva scrutare i piani soprastanti. Gianni si allontanò velocemente dal centro della torre, il quale, mancando un parapetto, era un ventoso buco nero.

‹‹Non ne usciremo vivi.››

‹‹Ah, pensiamo positivo›› esclamò Mao, asciugandosi la fronte.

‹‹Ma io non parlavo della torre›› rimbeccò Gianni, scontroso. ‹‹Parlavo della situazione in generale. Facile parlare, se si è donne e fidanzate. Bella roba! Volevamo tentare la via del negoziato e ci capitano fra capo e collo quei mostri. Se non avessimo tagliato la corda, a quest’ora potrebbero trascinarci anche in camera da letto!›› L’immagine che si dipinse nelle menti degli ascoltatori fu quanto mai disturbante. ‹‹E, per quanto un ragazzo possa essere robusto, dovrebbe essere un lottatore di sumo per sperare di opporsi a Gretchen la Lardosa.››

‹‹Gretchen?›› ripeté Sabine.

‹‹La sua fidanzata›› chiarì Olivier con un sogghigno, di breve durata, perché rammentò la propria.

‹‹Ah.››

‹‹Poi, usciti da questo posto, cosa altro c’è da fare se non levare le tende? E addio negoziato!››

Andrew sospirò, nuovamente in possesso delle proprie forze.

‹‹Infatti, non c’è altro da fare. Dobbiamo andarcene da qui e trovare un luogo sicuro da cui condurre le trattative…››

Gianni giunse le mani con uno schiocco, implorando un cielo che non c’era.

‹‹Chi l’avrebbe mai detto di vivere una simile tragedia?››

‹‹Oh, finiscila›› sibilò Olivier.

‹‹…anche se trovare un luogo più sicuro di questo sarà un’impr-››

‹‹Sst!››

‹‹Cosa?››

‹‹Un’impre-››

‹‹Sht!›› ripeté Mao.

Bom bom bom.

Bom bom bom.

‹‹E’ la porta!››

Bom bom BOM!

‹‹Stanno per sfondarla›› squittì Gianni, scattando in piedi come se gli scalini fossero diventati carboni ardenti.

‹‹Ma va’›› fece Andrew, che inquadrò la porta nella luce della torcia, sporgendosi con prudenza. Mao e Sabine si avvicinarono.

BOM BOM BOM!

Gianni scoppiò in una risatina nervosa.

‹‹Beh, voi state pure ad aspettarle! Ci vediamo!››

‹‹E’ impossibile›› sussurrò Olivier, salendo qualche gradino, gli occhi incollati alla porta. Sembrava che tutti ne fossero ipnotizzati.

‹‹E se fossero Rei e gli altri? Voglio dire…››

‹‹Il pugno di Rei suona così massiccio?››

‹‹N-no, ma-››

BOM BOM CRACK!

Quando quello scricchiolio rimbombò, ognuno emise un grido. Andrew spinse avanti le ragazze, per poi seguirle a spron battuto.

‹‹E allora corri!››

 

La salita rischiò di ucciderli ancora una volta, ma scoprirono che i calcoli di Sabine erano inesatti: alla fine del percorso mancava solo un quarto del totale. E non dovevano scordare che anche le loro inseguitrici necessitavano di almeno una fermata.

In cima trovarono un’altra porta. La tensione era alle stelle. Così alle stelle che Andrew lasciò cadere le chiavi.

Fu con orrore che i presenti le videro volare verso il baratro, movimento per movimento, come se qualcuno lassù – o laggiù – avesse selezionato la moviola.

Poi una mano miracolosa entrò nell’inquadratura, strappando le chiavi al loro triste destino.

‹‹…››

‹‹Fiuuuu…››

‹‹Guai a te se ci rifai uno scherzo del genere›› intimò Gianni, al quale la paura aveva dato nuovi riflessi.

L’inglese si terse la fronte. La fascia che gli tratteneva i capelli fiammanti era storta, sporca e soprattutto fradicia.

‹‹Non è colpa sua›› mormorò Olivier. ‹‹Siamo tutti tesi. Tu poi, Gianni, che ha una fifa blu delle altezze…››

‹‹Hey…››

‹‹Avanti, non è il momento di litigare›› s’intromise Mao. Rigirava nervosamente qualcosa in tasca. Il suo beyblade, indovinò Sabine. L’oggetto che custodiva la bella Galux. ‹‹Quelle stanno salendo. Le sento.››

‹‹E’ aperta.››

Passarono a velocità luce, e anche quella porta fu accuratamente chiusa.

‹‹Però è più malandata dell’altra. Resisterà di meno›› osservò Olivier.

‹‹Non importa.››

‹‹Guardate, là c’è una botola!››

Corsero alla fantomatica botola. Era un cerchio di legno pesantissimo, scuro e graffiato, con una testa di leone al centro. Tra le fauci, la belva di metallo stritolava una maniglia ovale.

‹‹E’ questa?›› chiese Olivier.

‹‹Ralf ha parlato di una botola in cima a una torre. Direi che non c’è possibilità d’errore›› rispose Andrew.

Gianni non sembrò tanto convinto.

‹‹Fai presto a dirlo. Il castello ne ha quattro di torri.››

Sabine si masticò la punta dell’indice, riflettendo.

‹‹Però Ralf ha detto che solo due sono collegate alle segrete. Se questa non è quella per cui siamo scesi all’andata, allora è vero che non ci sono altre possibilità.››

Suo fratello seguì la linea di ragionamento e annuì.

‹‹E, visto che questa non è la torre della discesa, quella è la botola che cerchiamo.››

Gianni afferrò un lato della pesante maniglia, posando un piede avanti per farvi leva.

‹‹Tiriamo!››

‹‹AAARGGH!››

PONF! Il coperchio della botola atterrò sul pavimento, un fondo di terriccio battuto, sollevando un nuvolone disgustoso. Quando tutta la sporcizia si fu posata, l’italiano diede una sbirciatina.

‹‹Passaggi segreti›› gemette. ‹‹Pensavo di averne usati da bastarmi per tutta la vita.››

Andrew gli puntò la luce negli occhi.

‹‹Fa’ silenzio.››

‹‹Non si sente niente›› annunciò Mao, incollata alla porta dalla quale erano entrati.

‹‹Staranno riposando. Sfrutteremo questo vantaggio. Olivier, cosa vedi?››

‹‹Una scala, molto ripida e stretta. Ci si può aggrappare alle pareti, sono piene di fessure.››

‹‹Bene. Due di noi avanti, uno a chiudere la fila. Mao e Sabine, voi starete in mezzo.››

‹‹Hey, non sono di porcellana›› protestò la prima. ‹‹Io, nella mia terra, mi alleno sulle montagne, saltando da un crepaccio all’altro con puma e tigri selvagge!››

‹‹Sarà comunque più sicuro così›› rispose Andrew, per nulla impressionato. ‹‹Gianni, Olivier. Vi sta bene aprire la fila?››

I due annuirono.

‹‹Allora io scendo›› disse il francese. La torcia passò di mano e, con cautela, egli mise il piede sul primo scalino. Dopo quattro passi era già scomparso.

‹‹Com’è?››

‹‹I gradini sono alti e non troppo larghi. Dovremo procedere più lentamente del previsto›› fu la risposta, un po’ soffocata.

‹‹Non importa›› commentò Gianni. ‹‹Basta che cominciamo a scendere. Prima sarà finita, prima mi sentirò meglio.››

In men che non si dica, tutti furono entrati. La botola si richiuse sulle loro teste. Aspettarono qualche secondo per abituarsi alla sensazione.

L’aria era tutto sommato sopportabile, anche se puzzolente. Dappertutto pendevano ragnatele. I suoni, contrariamente a quanto ci si sarebbe atteso, erano attutiti, ovattati come solo la neve sa ovattare.

‹‹E’ strano, qui…››

‹‹Muovetevi.››

‹‹Si fa presto a dir-AH!››

Gianni protese un braccio e, con un gesto fulmineo, trattenne Olivier, che stava per volare di sotto. Il ragazzino inclinò il busto all’indietro, mentre le gambe minacciavano di cedere sotto il suo peso.

‹‹Ah… eh eh, scivolato›› sussurrò, tentando un sorriso.

‹‹Con calma. Non dobbiamo ammazzarci.››

‹‹Grazie, Gianni.››

L’italiano scrollò le spalle, prima di sorridere nel suo modo infantile.

‹‹Dovere.››

Dopo quel mancato incidente, si mossero con molta più accortezza. Ma la loro pazienza andava premiata e proseguirono senza intoppi. I Mostri, come ormai li avevano battezzati, non diedero segni di vita per quindici, venti minuti. Quando avvenne ormai era finita.

La retroguardia saltò gli ultimi scalini e furono tutti fuori, con una nuova porta fra loro e il pericolo.

‹‹Ah!›› esclamò Gianni, respirando a pieni polmoni.

Erano al limitare della foresta, scura e scintillante di pioggia. Il sottobosco emanava profumo di terra, di vita, ed era bello rivedere le stelle.

‹‹Non avrei mai potuto vivere nel Medioevo›› rabbrividì Mao. ‹‹Amavano troppo i cunicoli e le stanze di pietra per i miei gusti. Brr!››

Sabine si mostrò d’accordo.

‹‹Là dentro l’aria stava diventando pesante.››

‹‹Ma questo è il Medioevo europeo›› disse Andrew.

‹‹In Cina era anche peggio, se hai intenzione di dire il contrario. Barbari dappertutto.››

Si massaggiarono i muscoli dolenti, rabbrividendo alle folate di vento. Sudati com’erano prender freddo non sembrava un’idea brillante.

‹‹In pratica abbiamo percorso un itinerario a zigzag, su più piani›› rifletté Olivier. ‹‹Prima siamo scesi nelle segrete. Lì abbiamo cambiato direzione infinite volte. Poi c’è stata la torre, che ci ha fatto guadagnare un’altezza persa poi con la botola. Un viaggio tortuoso e inutile.››

‹‹Non del tutto›› disse Gianni.

Andrew annuì. ‹‹Giusto. Secondo me Ralf voleva permetterci di far perdere le nostre tracce. In fondo, è questo lo scopo dei passaggi segreti. Nessun passaggio segreto ti porterà mai a dieci chilometri da casa.››

‹‹Il nostro allora è un caso eccezionale›› rise Sabine, pensando alla fuga del fratello. ‹‹Anche se sono solo duecento metri!››

‹‹Già.››

‹‹Ma non restiamo qui. Venite.››

 

Descrissero il perimetro del castello, osservando con sospetto tutte le finestre illuminate. Li aspettava una discreta scarpinata: erano sbucati sul lato sud, mentre l’entrata stava a nord.

Questo era il piano: sarebbero sgattaiolati dentro ai garages per prendere in prestito un paio di motociclette, con le quali avrebbero preso debitamente il largo; Mao e Sabine li avrebbero coperti, tornando nel maniero e possibilmente presentando a Ralf le loro scuse per avergli dissanguato la collezione.

‹‹E anche per appioppargli un calcio come si deve nel sedere›› aggiunse Gianni, tuttora risentito per la scarsa protezione mostrata dal casato.

Non dovettero però far tanto.

Nelle strette valli della zona scorreva un fiume. Un corso d’acqua non troppo grande, turbolento, che si addentrava nella foresta, diretto in pianura. Un sentiero discreto scendeva dalla fortezza a quel fiume. Al limitare del sentiero, i cinque ragazzi trovarono chi avevan lasciato indietro. Ralf era con loro, a braccia conserte.

Quando li raggiunsero sorrise.

‹‹Finalmente. Loro li ho trovati nelle mie prigioni, li conoscete?››

Tutti risero, e quella risata li fece sentire a casa.

‹‹Accipicchia, ragazzi›› esclamò Takao, fregandosi il naso. ‹‹Quelle tipe sono delle furie! E sapete? Giocano a beyblade!››

‹‹Con un po’ di sumo incorporato›› sorrise Max.

‹‹Non ci hanno quasi dato il tempo di lanciare. Sembravano bulldozer›› commentò Rei, ansioso di dire la sua. Mao gli fece un sorriso estatico. ‹‹Soprattutto la tua ragazza, Gianni.››

L’italiano si scurì in volto.

‹‹Non è la mia ragazza. Al massimo può essere la mia guardiana di porci.››

E giù altre risate.

Ralf pensò bene di dire quello che c’era da dire. Avvicinò i tre compagni di squadra e porse loro dei talloncini.

‹‹Cosa sono?›› domandò Olivier.

‹‹Biglietti per la lancia che vi aspetta alla fine di questo sentiero, al molo segreto. Risalirete il fiume fino alle Alpi. Da lì proseguirete per un ritiro di mia proprietà, la cui ubicazione è strettamente riservata.››

‹‹Wow…››

‹‹E’ attrezzatissimo e potrete comunicare con me o con chi vorrete quando vorrete, via satellite. Non vi mancherà nulla. Gli uomini che vi accompagnano hanno ricevuto istruzioni precise.››

‹‹Ralf, siamo senza parole.››

‹‹Accidenti, Ralf, ci dovremo sdebitare. Sai che odio doverlo fare.››

Il tedesco abbozzò un sorriso.

‹‹Non preoccupatevi di niente. Dopotutto, siamo amici.››

Gianni, Olivier ed Andrew si guardarono.

‹‹Bene. Che cosa stiamo aspettando?››

Fecero per imboccare il sentiero, ma qualcosa li fermò. Gianni, che aveva preso gli amici a braccetto, si staccò da loro e fece qualche passo verso i Bladebreakers. Il Professor Kappa sorrideva, con il fedele computer sottobraccio. Rei e Mao stavano vicini, mentre Max cingeva Sabine e Takao si strofinava il naso.

‹‹Vi dobbiamo delle scuse. Non era nostra intenzione tirarvi dentro questa faccenda. Ma sembra che voi abbiate un fiuto per le grane!››

‹‹Non sempre possiamo decidere per noi stessi›› rispose Rei, confuciano. ‹‹E poi, sapete, è stato divertente. Vero?››

‹‹Sì!›› esclamarono gli altri, rispolverando questa o quella circostanza con una leggerezza che fece pentir Gianni delle sue parole.

‹‹Hey, questi si divertono a nostre spese›› osservò Andrew.

‹‹Perché no?›› fece Ralf, con occhi irrisori. ‹‹In fondo, siete stati meglio di un reality show.››

‹‹Allora i ringraziamenti ce li teniamo per noi.››

Fumini, i tre girarono sui tacchi e scesero.

‹‹Non dimenticate la vostra promessa!›› esclamò il tedesco.

‹‹Quale, quella di appiopparti un calcio?››

‹‹Come?››

Mentre Gianni sventolava una mano, ridendo, Mao lasciò il braccio di Rei, squadrò il ragazzo, batté le mani ed esclamò, mandandolo in brodo di giuggiole: ‹‹Mio eroe!››

‹‹Hey, qualcuno stacchi quei due polipi! …Per favore!››

 

 

 

ab

 

 

Continua!

 

 

   
 
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