Danger
Zone
Escono tardi la sera, rientrano tardi al mattino.
Sempre che rientrino.
Nessuno sa dove vanno, cosa fanno.
Ci
sono solo loro. Niente li può toccare, nulla li può
ferire.
Nessuno può scalfire quella corazza che tanto sudore e
fatica e dolore hanno creato intorno ai loro cuori.
Ci
sono solo loro. Solo loro conoscono i segreti e i timori e le ansie di vivere in
una città come Basin City.
È
normale, alla fine, che le persone si chiudano a
riccio.
È
normale se tutto ciò che ti sta intorno è basato sul
vizio.
E in
una città tale non è importante essere positivi o
negativi, l’importante è essere vivi.
Con
la propria testa, con il proprio corpo, con le proprie armi…con qualunque cosa
si abbia, l’importante è
sopravvivere.
Fino
a quando la propria vita non è importante quanto il sentirsi
vivi.
Ci
sono solo loro quattro, si proteggono, si difendono,
affrontano la vita insieme.
Perché la vita a Basin City e
irta di ostacoli, di pericoli.
E non si può
affrontarla da soli. Tutti hanno bisogno di qualcuno su cui
appoggiarsi.
E ci sono
loro. È difficile crescere quando tutti ti trattano con
distacco.
È
difficile crescere quando il mondo è indifferente.
È
difficile fiorire nella sabbia, sulla pietra.
Ed è
questo che sono.
Sono
quattro fiori cresciuti nel deserto.
Quattro semplici, deboli girasoli che hanno voltato la
testa all’oscurità per cercare la luce.
Hanno unito le forze, messo in comune le energie per
riuscire a fiorire in un luogo secco, arido,bruciato,
subdolo.
Ma non è
sempre semplice scegliere tra cosa è giusto e cosa è
facile.
È
molto più semplice abbandonarsi al dolore, lasciarsi trasportare dalla corrente,
non opporre resistenza.
Ma loro non
si arrendono.
Quando uno
cade, sono pronti a porgergli la mano, per riportarlo a fianco a
loro.
Ci
sono solo loro quattro, quattro girasoli concimati con l’odio, la paura, il
crimine, la morte.
Quattro ragazzi, quattro amici, quattro anime in pena,
che cercano con tutte le loro forze di sfuggire ad un destino stabilito
dall’odio, dall’indifferenza.
Quattro ragazzi, che per guadagnarsi quel minimo
pezzetto di amore e sicurezza che possedevano, avevano
dovuto procedere a ranghi serrati, scalciando, mordendo, sgomitando, pestando,
uccidendo chi intralciava il loro cammino, chi li separava dalla
felicità.
È
facile riconoscere il bene dal male
quando si è al sicuro, lontano dalle terre di mafia, di sangue, di odio e di morte.
È
sempre facile fare gli eroi da lontano e sapere cosa è giusto o sbagliato quando
si è seduti sulle gradinate a guardare il mondo, anziché essere in campo e
giocare.
È
comodo invitare gli altri alla resistenza, al coraggio, alla denuncia quando si
è al riparo e non si rischia niente.
Ma è più
difficile, molto più difficile guardare in faccia le tentazioni, guardare negli
occhi il male e dire di “no”, sapendo di poter essere chiamati a pagare le
conseguenze di quel “no”, magari con la propria vita.
Non
è facile opporsi al proprio destino, alla propria famiglia, ai propri
obblighi.
Ma loro lo
hanno fatto.
Da
quando sono nati hanno lottato con le unghie e con i denti per essere liberi dal
male.
Ma ci sono
davvero riusciti?
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“Mi
hai capito bene?” Una voce grave, rabbiosa, ringhiava le sue insignificanti
parole verso una testa di capelli rossi.
“Farai esattamente quello che ti ho detto” Continuò la
tremenda voce maschile.
Ma la
ragazza non rispose. Era terribilmente brava a tenere testa a quel mostro di suo
padre.
Continuò a fissarlo negli occhi con il suo sguardo
penetrante, disarmante, di chi ha chiare le sue
intenzioni e non intende cambiarle per niente e nessuno.
Deciso. Forte. Risoluto. Ostinato. Ecco come era il suo sguardo. Ecco come
era lei.
“Non
mi sottometterò a te, ne ora ne mai.” La sua voce era
ferma, chiara, senza nessuna emozione. Pura e semplice
indifferenza. Freddezza.
Non
le importava minimamente di quell’uomo. Non ci aveva
mai parlato veramente.
Lui
non la conosceva. Non sapeva niente di lei, dalle cose più stupide a quelle più
importanti.
Due
estranei. Ecco cosa erano padre e figlia.
Erano diversi. Troppo diversi. E lontani.
E
ormai lei era grande, ed era tardi per ricominciare daccapo e cercare di essere padre nel vero significato della
parola.
E
comunque lui non era in grado di essere un bravo
genitore.
Come
non era in grado di essere un buon marito, e nemmeno un brav’uomo.
Il
motivo per la quale aveva una moglie non era un mistero
per nessuno.
Altrimenti per quale motivo una donna bella ed
intelligente aveva sposato un uomo sgraziato, prepotente, violento e… così
dannatamente ricco da potersi accendere il sigaro con una banconota da
cento?
Ma il vero
mistero era il perché avesse avuto con lui tre figli.
Questo era un dubbio per tutti, perfino per
lei.
Forse per non rimanere da sola con un uomo che
disprezzava.
Ma aveva
sbagliato, perché così si era ancora più legata a lui.
Un
gesto che lei sperava liberatorio aveva avuto un effetto
contrario.
Ora
era ancora più sottomessa e comandata.
E l’unico
suo rimpianto era aver condannato anche le sue creature a quella vita
terribile.
“Cosa hai detto?” la voce
cavernosa dell’uomo era chiaramente sorpresa.
“Mi
sembra di essere stata chiara. Non farò quello che vuoi tu. Io penso con la mia
testa” detto questo la rossa si alzò e si diresse verso
la sua stanza, lasciando il padre allibito.
*Come si é permessa quella mocciosa impertinente di
parlami così?* pensò l’uomo alto, grosso, molto simile
ad un giocatore di football con la tuta imbottita.
*Avrei dovuto prenderla a schiaffi, per farle vedere chi
comanda* rimuginò il cavernicolo.
Ma quel suo
palese pensiero accese in lui una scintilla che lo spaventò: è lei che comanda.
Come aveva fatto ad essere così cieco? Quella ragazza aveva qualcosa di strano.
Era potente. Determinata. Sapeva imporsi persino su di lui, uno dei quattro
uomini più potenti di Basin
City.
Il
suo sguardo era così freddo e distaccato da mettere i brividi.
Tutti, compreso l’uomo più potente del mondo si
sarebbero inchinati a lei, se gli avesse rivolto un tale
sguardo.
Un enorme ed innaturale sorriso non potè fare a meno di affiorare sul viso del
mostro.
Si,
quella era proprio la sua
bambina.
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“Ciao mamma, io esco” disse
distrattamente.
“Hermione, fermati! Tu non vai
proprio da nessuna parte! Sono le 11.00, ti sembra
l’ora di uscire?”
“Si,
mi sembra proprio l’ora giusta per uscire, così finalmente non ti avrò tra i
piedi”
La
madre rimase impietrita nel sentire il tono con cui la figlia aveva declamato le
sue idee.
Sfacciata, irrispettosa, insolente,
sfrontata.
Ma
questa era solo l’apparenza.
La
verità era un'altra. Ed era molto più
tremenda.
Odio, risentimento, disprezzo.
Come era
possibile provare quei sentimenti per una madre?
Lei
non lo poteva sapere.
Lei
era una ragazza semplice, cresciuta sulle montagne.
Era
cresciuta nell’amore e nella dolcezza.
Non
nel disprezzo e nella paura.
E lei, come
madre, non aveva mosso un dito per proteggere la sua bambina da tutti quei
malvagi sentimenti.
Aveva lasciato la sua unica figlia in balia degli
eventi.
Non
aveva mai cercato di rassicurarla, di convincerla che non
tutto il mondo, non tutte le persone sono disoneste e spietate come a
Basin City.
Ma lei lo
sapeva.
Era per questo che passava tutti i giorni sui libri, e di conseguenza
usciva di notte.
Voleva andarsene via.
Voleva andare avanti da sola, con la propria
intelligenza, la propria allegria, la voglia di fare.
E
lei era molto fiera che la sua bambina fosse
così.
Anche se non
era assolutamente merito suo.
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“Duecentosette, duecentotto,
duecentonove…”
“Draco, smettila di fare
quegli stupidi pesi, ti scoppieranno le braccia!”
La
madre di Draco irruppe nella camera del ragazzo senza
tante cerimonie, senza bussare, senza seguire le regole che lei stessa aveva
instaurato nella loro grande casa, senza preoccuparsi
di dare la sua opinione, indesiderata, su cose che non erano di sua
competenza.
Era
una donna sciocca, esaltata, maleducata, vanitosa, frivola, piena di
sé.
Si
credeva la padrona di casa, credeva che tutto girasse intorno a lei. Credeva di
essere il centro dell’universo. Un’ egocentrica della peggiore
razza.
Credeva che figli, amici, dipendenti e servitù fossero
venuti al mondo solo ed esclusivamente per compiacerla e soddisfare i suoi
capricci da bambinetta viziata.
“Possibile che tu non capisca? Te l’ho detto un miliardo
di volte. N-o-n d-e-v-i e-n-t-r-a-r-e i-n c-a-m-e-r-a
m-i-a. Non sono stato abbastanza chiaro? Vuoi che te
lo ripeta in greco antico, così forse assimili meglio? Ho appeso anche il
cartello sulla porta. Non lo riesci a leggere? È grande come una casa! Dirò a
papà di comprarti un bel paio di occhiali a fondo di
bottiglia per il tuo compleanno, invece dei soliti costosissimi gioielli che non
fanno altro che imbigottirti ancora di più il tuo
cervellino bacato, come se non lo fosse già abbastanza. Dimmi carissima mamma,
cos’hai nella testa? I criceti che volano? Oppure ti
sei fatta troppa di quella roba che tieni nel terzo
cassetto a destra della vetrinetta della tua toilette privata? Pensi che Claire sia stupida solo perché è
piccola? Lei ti ha vista e le fai paura. A me invece fai solo schifo. Cosa si prova a fare ribrezzo anche a delle bambine di sette
anni?
Sappi mamma, che tu potrai comandare ed essere la regina
indiscussa di questo edificio, ma quando sei qui
dentro, nella mia stanza le tue regole, le tue parole e le tue sciocche
convinzioni contano meno di zero. Sappi che questo è il mio mondo, e le leggi le detto io. E tu non sei e non sarai mai la
benvenuta.”
Il
ragazzo finì il discorso senza prendere fiato, per non permettere alla donna di
intervenire o replicare.
*Forse questa volta a recepito il messaggio. Forse se
ne andrà con la coda tra le gambe e mi lascerà in pace
almeno fino all’ora di cena. Ma se la conosco abbastanza se ne uscirà con un commentino genere ‘povera
madre tutta casa e chiesa irrimediabilmente ferita da figlio ingrato’* pensò velocemente.
“Figlio mio, perché mi dici questo? Io mi stavo solo
preoccupando per la tua salute! Perché tratti così tua madre,
che ha dato la vita per te?”
Se
ne poteva dire di tutti i colori, ma sicuramente non si poteva negare che fosse
un’attrice di indubbio talento.
“Io
invece mi preoccupo per la tua salute
mentale…comunque…Se come credo, non hai capito, era un modo educato per dirti:
FUORI DI QUI!!”
La
donna lasciò la stanza frettolosamente, abbastanza
impaurita.
*ma
vaffanculo, te e chi ti ha creato razza di ipocrita
drogata del cazzo*
Draco si
sdraiò nuovamente sulla panca del sollevamento pesi, e continuò da dove era
stato interrotto.
“Duecentodieci, duecentoundici,
duecentododici…”
La
loro “famiglia” se così si può chiamare senza offendere nessuno, era composta
da un padre Boss della città e raramente presente, una
madre ottusa e tossicodipendente, il figlio maggiore, sedicenne, destinato a
ereditare tutte le ricchezze della famiglia (Draco),
la secondogenita, una dodicenne molto matura per la sua età (Tess), il terzogenito, un bambino occhialuto tutto videogames, di nove anni (Steve) e
le piccoline della famiglia, due gemelline dolci e
innocenti, di sette anni (Claire e Lucie).
Draco era
molto legato a suo fratello, ma specialmente alle sue
sorelle.
Molto spesso aveva difeso Tess
dalle smanie maniaco-depressive della loro madre
demente.
E per
fortuna lei era cresciuta. Non era ancora un’adulta, ma era perfettamente in
grado di tenere testa alla psicotica e di difendere gli altri bambini di
casa.
Quandro
Draco era assente, era tranquillo perché sapeva che ci
sarebbe stata Tess a tenere a bada la situazione.
E questo valeva anche per quando non ci sarebbe più
stato.
“Duecentonovantotto,
duecentonovantanove e trecento! Finalmente ho finito!”
esclamò soddisfatto.
Guardò l’orologio. Le 7.15. sua madre sarebbe venuta a
chiamarlo fra poco, e avrebbe fatto come se nulla fosse
successo.
Si
alzò, si tolse canotta e pantaloncini da allenamento
per infilarsi dei jeans e una semplicissima maglietta.
Aderiva perfettamente ai suoi bicipiti sviluppati e ancora pulsanti per lo
sforzo, alle sue spalle grandi e compatte, ai suoi addominali
perfetti.
La
sua arma era la forza. Avrebbe dovuto registrare i suoi pugni come armi, per
dirne una.
Come era
solito fare, prese portafogli, chiavi e cellulare, uscì nel terrazzo di camera
sua, scavalcò la ringhiera in ferro battuto dipinta di azzurro, si aggrappò al
abituale grosso e resistente ramo della quercia vicino al suo balcone, arrivò
ondeggiando fino al tronco dove fin da piccolo osava arrampicarsi, si calò giù e
si avviò sorridendo verso un posto più accogliente.
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“Oh
Giorgia, mia piccola Giorgia! Cosa farei adesso se non
ci fossi tu? Chi starei lucidando con questo pregiato
panno di seta?”
Gli
occhi verde brillante del moro si specchiavano sulla superficie metallica dell’ ambita arma.
Per
tanto tempo l’aveva sognata, da tanto tempo aveva desiderato qualcosa con cui
difendersi senza chiedere l’ aiuto di nessuno. Da
settimane risparmiava per acquistarla.
E adesso era
sua. Solo sua. E non se ne sarebbe mai
separato.
Certo, portare un’ arma da
fuoco a scuola sarebbe potuto tornare utile, ma non sembrava proprio un’ idea
intelligente.
E se poi
l’avessero scoperta l’avrebbero portata via da lui...
*Adesso stiamo esagerando*
Pensò il ragazzo.
*Sembro davvero uno svitato!*
*non
si può parlare con una pistola! È eccessivo!*
*Ma
è la mia piccola Giorgia!*
*Se
mi vedessero Draco e le altre
penserebbero che mi sono rincoglionito…Accidenti! Le ho anche dato un nome!* Pensieri
deliranti di un ragazzo ricco.
Neanche li avesse invocati, la voce
squillante di sua madre riempì tutta la casa.
“Harryiiiiiiii! Ci sono i tuoi
amichetti!!!!” declamò la signora grassottella con il
viso gentile.
Il
ragazzo uscì di corsa dalla sua camera. Raggiunse l’ingresso con il fiato
corto.
Possibile che la madre dovesse sempre fargli fare quelle figure?
“Mamma non sono i miei “amichetti”. Sono Draco e Ginny, te li ricordi?
Vengono qui da quando erano in
culla!”
“Certo che me li ricordo, tesoruccio.” Si voltò verso gli ospiti che attendevano
ancora sulla porta, senza più degnare di uno sguardo il
figlio.
“Ma come sei cresciuta Ginny! Sei così graziosa! Ti è cresciuto un bel petto! Hai
preso da tua madre! Ha ha ha” la ragazza aveva il viso infuocato dall’ imbarazzo.
“Si mamma, anch’ io credo che
sia cresciuta molto in tre giorni che non la vedi. Ora, se non ti dispiace,
andremo in camera mia, ok? E
non ci disturbare!”
Il
biondo e la rossa, entrambi a disagio seguirono l’amico in camera sua senza fare
commenti.
Entrambi lo invidiavano. Aveva
una madre dolce e affezionata, un padre affidabile e non troppo assillante, una
famiglia abbastanza equilibrata per essere in una città
come la loro…
“Mia
madre è fuori di testa” disse Harry mentre chiudeva a chiave la
porta.
“Allora, come mai siete qui?”
“A
casa non era aria” risposero in coro.
“Mio
padre voleva che mi occupassi di un traffico di prostitute diretto qui entro la
fine della settimana”
“Claire ha sorpreso Narcyssa che si bucava nel suo bagno. Era
sconvolta”
“Insomma avete avuto proprio una bella giornata!”
Concluse il moro, sarcastico.
“Racconta: tu che hai fatto di
bello?”
“Lo
vedrete subito! Chiudete gli occhi…”
Entrambi i ragazzi aveva no un
brutto presentimento…era un po’ che Harry li
stressava…Che non avesse comprato…
“Ta da da dam!”
Oh,
no!!!
“Una
Pistola!”
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Che dire? Spero che vi sia piaciuto! Lo
spero proprio perché mi ci sono impegnata davvero!
Questa è la mia seconda fic e spero di essere un po’ migliorata….la prima non ha
avuto molto successo…(Infatti non ho messo NdA!!) ^^__^^
I personaggi più diversi dal mondo di
Potterlandia sono sicuramente
Harry e Draco… Harry sembra uno svitato e Draco è
molto più loquace ed emotivo del solito…
Questa fic
vuole far vedere come se la cavano i quattro in un mondo senza magia, dove
possono contare solo su se stessi e gli uni sugli altri. Ma la cosa in più è che
non sono di una città qualunque ma di Basin City,
cioè Sin City!
Avranno molte prove da affrontare e
niente sarà rosa e fiori…
Vi Chiedo solo una cosa: Commentate!!!!!
Commentate per dire che vi è piaciuta,
che vi ha fatto schifo, per darmi anche consigli su come svilupparla… insomma
fate voi…basta che commentiate!!!
Guardatemi, sono in ginocchio davanti alla tastiera…. Vi
prego datemi un po’ di soddisfazione…tiratemi un po’ su il morale… fra 14gg
comincia la scuola… comincio il liceo scientifico… Ho paura!!!!
Dai non fatemi disperare… commentate!!!! ^__°