Baby, I’ll Be Your Frankenstein
E’ stato un attimo. Un millesimo di secondo, un battito
di ciglia. Un attimo, ed il mio mondo è andato in frantumi, sgretolandosi come
un castello di sabbia. Eppure avevo creduto di poterci vivere, in quel castello
di sabbia, di poter vivere la mia vita, la nostra
vita, insieme, in quel castello, per sempre. Sarebbe stata una vita esposta
costantemente al rischio di essere calpestata, spazzata via, demolita. Ma era
un rischio che ero pronto a correre. Con te. Per te.
E invece...
«Ragazzi, volevo dirvi che, beh, io
e Lyn-Z ci sposiamo. Domani.»
CRASH.
Il bicchiere colmo di birra che ho nelle mani cade
rovinosamente a terra, frantumandosi in
tanti piccoli pezzettini. Meglio così, credo che se non fosse stato per il rompersi del bicchiere, tutti nella
stanza avrebbero sentito quello altrettanto ben udibile del mio cuore. Ma fortunatamente nessuno
sembra accorgersene. Anzi, mi lanciano occhiate interrogative, prima di andare
tutti a congratularsi con te, a darti pacche sulla spalla, a sorriderti
raggianti. Solo io sembro inchiodato al pavimento, la testa bassa, un leggero
senso di nausea, ed il cuore a pezzi.
Farfugliando scuse sconnesse su quanto il vetro del
bicchiere sparpagliato per terra sia più importante delle felicitazioni al
cantante della mia band, esco dalla stanza, cercando una via d’uscita, cercando
un po’ d’aria, cercando di vedere nonostante le lacrime continuino ad
offuscarmi la vista.
E devo ringraziare la mia buona stella per farmi
trovare una via d’uscita subito, o forse chissà, anche la mia buona stella è
morta da un po’, e questo è solo un piccolo premio di consolazione del destino
in un impeto di pietà per me. Ma non mi importa, non mi importa di essere
l’oggetto di scherno di questo destino crudele, al momento non mi importa
proprio.
Alla prima boccata d’aria il mio cuore sembra
riprendersi un poco, eppure riesco ugualmente a sentirle, le crepe pulsanti del
mio cuore, e fanno male, dio se fanno
male.
«Frank,
ehi, Frankie, si può sapere cos’hai?» Gerard, barcollando e rosso in viso,
venne verso di me, strattonandomi per un braccio.
Mi
liberai facilmente dalla sua presa, d’altronde era fin troppo facile, dato che
era completamente ubriaco. Di nuovo.
«Frank!»
continuò «Ma si può sapere cosa...?»
«Dio,
Gerard!» mi voltai verso di lui, fissandolo nelle sue iridi verdi e rese lucide
dall’alcool. «Non ci arrivi da solo? Te ne vai scorrazzando per tutta la notte
con
quel Bert,
vi ubriacate fino a svenire, vi presentate sul palco completamente fatti...
Sembri un fottutissimo relitto umano!
Hai
una band, cazzo, la nostra band! Sbaglio o è il tuo sogno da sempre?!
E
stai mandando tutto a puttane! Stai mandando a puttane il sogno della nostra
vita, e per cosa poi? Perché lui ti dice che va bene così, perché se lo fai lui, è giusto, no?
Mi
fai schifo, Gerard, ecco cos’ho!»
«Tu...
tu non capisci... Io ho paura...»
«Paura
di cosa, eh? Della realtà? Sei un vigliacco, ecco cosa sei. Stai buttando la
tua vita nel cesso fregandotene delle persone che ti amano davvero.»
Feci
per andarmene di nuovo, ma lui continuò. «Ah sì? E dimmi, chi sarebbero queste
persone? I miei genitori e Mikey, perché sono stati da sempre costretti a farlo?!»
Scoppiai
a ridere, sarcastico. Come poteva essere così cieco? «Cazzo, non ci arrivi proprio, eh? IO,
Gee, IO, ti amo.»
E
a quel punto non avevo resistito più, non avrei mai potuto, mi ero avvicinato e
avevo premuto le mie labbra contro le sue, e avevo sentito lui rispondere al
mio bacio,
le sue mani fra i miei capelli, il suo respiro
mischiato al mio.
Ma
fu quando mi guardò negli occhi che mi accorsi che il suo sguardo non sembrava
più perso nel vuoto, fu quando mi sussurrò
«Perdonami,
Frank, ti giuro che ho chiuso con questa
merda.»,
che
credetti che forse, dopotutto, c’era davvero una speranza per noi, per me.
Illuso.
«Frank, ehi, Frankie, si può sapere cos’hai?»
Ed ecco, tutto che ritorna, il cerchio che si chiude,
la storia che continua a ripetersi.
Gerard mi prende per un polso. Odio i déjà-vu.
«Frank, io... credevo avessimo chiuso con questa storia.»
Credevo avessimo chiuso. E’ il modo
in cui lo dice che mi fa sorridere amaramente: ecco, l’ha detto allo stesso
modo con cui qualche anno fa mi aveva giurato di aver chiuso con l’alcool. E diceva
la verità. Aveva smesso. Ma perché si era stancato dell’alcool e di Bert. Aveva bisogno di una nuova dipendenza. Io ero la sua nuova dipendenza. Ma era
arrivato anche il mio momento. Si era stancato di me. Ed io mi sono illuso per
tutto questo tempo.
E’ la vita, Frank, le persone passano, ti amano, ti
usano, e poi ti buttano via. Le persone ti consumano, prendono una parte di te,
ti rubano ogni emozione, ti lasciano vuoto.
Solo un mucchio di ossa, ed un cuore sanguinante. Un involucro senz’anima.
Ecco cosa sono diventato, sono
diventato un mostro, un essere senz’anima e senza emozioni. Ma Lui ha voluto così.
Mi volto verso di lui, senza più
lacrime nei miei occhi ormai, senza più emozioni sul mio viso. «Sì, hai
ragione, abbiamo chiuso.» E’ sorprendente come le parole escano da sole, come
non ci sia bisogno di sforzo alcuno per pronunciarle, come non traspaia nessuna
emozione da esse. Sono fredde. Vuote.
«Scusa. Felicitazioni.»
Mi avvicino a lui, sfiorando le sue
spalle con il braccio. Niente, neanche a quel contatto il mio cuore sembra
protestare. Ne sorrido compiaciuto.
«Frank, cosa... cosa ti succede?» E
adesso è lui ad avere un tono apprensivo, a scrutarmi con quelle sue iridi che
un tempo mi facevano tremare le gambe. «Sei...
diverso.»
Che brillante deduzione. Sono
diverso, davvero? Già, sono diverso. Sono senza
emozioni ora. Sono il mostro che tu
hai creato, Gee.
Mi avvicino impercettibilmente al
tuo viso, e solo quando so che non potrai scappare premo con forza le mie
labbra sulle tue. Oh, ma non c’è amore in quel bacio, al contrario, con quel
contatto sembro riversare su di te tutto l’odio che attanaglia le mie viscere,
e le crepe del mio cuore sembrano rimarginarsi un po’.
Dopo una breve resistenza, lasci
perdere e cedi, sento le tue labbra rilassarsi e rispondere alle mie. Come mi
aspettavo. Resistere alle tentazioni non
è mai stato il tuo forte, Gee.
Ed è proprio a quel punto che mi
stacco dalle tue labbra tanto violentemente quanto mi ci sono avventato.
E scorgo il tuo sguardo
interrogativo e la tua espressione confusa. Ti starai chiedendo cosa mi è
preso, cosa sono diventato, cosa ne è stato del vecchio Frank. Lo so, ce le hai
scritte in faccia quelle domande, una dopo l’altra sembrano passare nei tuoi
occhi.
Beh, Gee, devo ammetterlo, sono
alquanto soddisfatto di vederti così sorpreso,
ma mi deludi. Pensavo che dopo tutto ti fossi accorto di quanto tutto ciò che
scrivi sia vero, sia reale: i mostri che tu crei, esistono
davvero.
Così rispondo alle tue frenetiche e silenziose domande, avvicino le mie labbra
al tuo orecchio, sentendoti rabbrividire, e vedo i tuoi occhi spalancarsi di
nuovo dalla sorpresa quando senti le tue
stesse parole uscire dalla mia bocca:
«Baby, I’ll be your Frankenstein.»
Semplice momento di sclero del sabato sera, niente di più. Mi sentivo piuttosto
giù, quindi ho deciso di passare le mie emozioni a mr.
Iero, povera cavia dei miei esperimenti di scrittura,
e me la sono presa col povero Gerard. xD Non vi
preoccupate, non ho lasciato la mia storia in corso, è solo che avevo bisogno
di sfogarmi, ed ecco qui. Così mi sono anche cimentata un po’ con una Frerard, che ovviamente AMO & ADORO
incondizionatamente. ;)
Beh, cos’altro dire? Ah, il titolo e
la frase finale vengono da quel fumetto che è la prova lampante di quanto mr. Gerard Way sia UN GENIO nel vero senso della parola,
“The Umbrella Academy”, e
beh, per il resto credo sia più giusto definirla una non-sense.
Un’ultima precisazione: ovviamente
col semplice ‘Frankenstein’ io intendo ‘il mostro di Frankenstein’, dato che
nel romanzo della Shelley, il dottor Frankenstein non è la Creatura, ma il
creatore.
Hope you liked it anyWay :)
Xo,
G