Anime & Manga > Detective Conan
Segui la storia  |       
Autore: Stray    31/08/2005    7 recensioni
E se Takagi, per una volta, ne combinasse una giusta? E' una fic su Takagi e Sato, perchè in giro non se ne trova neanche una! Siate carini e commentate, please!
Genere: Romantico, Azione, Song-fic, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Miwako Sato, Wataru Takagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo VII –

“…E forse alla fine di tutto questo, qualcuno troverà il coraggio

 per affrontare i sensi di colpa

e cancellarli da questo viaggio.

Per vivere davvero ogni momento

con ogni suo turbamento,come se fosse l’ultimo.

Perché la vita è un brivido che vola via,

è tutto un equilibrio sopra la follia.

Sopra la follia…”

                                      Mannoia-Vasco

   

Capitolo VII – Beyond the wall

 

 

“Quanto hai ancora intenzione di farla durare, questa situazione?”

Yumi era in piedi davanti a lei, le braccia conserte e un’espressione tra l’imbronciato e il capriccioso che le corrugava leggermente la fronte.

Sato arrossì, alzandosi di scatto dalla sua scrivania.

“Non ora, Yumi…”

“E quando, allora? Tra sei mesi? Due anni? Non potete andare avanti così, Miwako! Takagi ha la pazienza di un santo, ma questo non vuol dire che ti aspetterà in eterno!”

Sato cercò disperatamente con lo sguardo qualcosa su cui concentrare la sua attenzione.

Con l’indice nervoso, si ritrovò a cancellare una macchia inesistente dal legno del tavolo.

“Perché non lo vai almeno a trovare?” Continuò Yumi.

“Ormai dovrebbero averlo dimesso dall’ospedale… Va’ a casa sua e chiarite, una buona volta!”

“Non posso.”

“Ma perché?!?”

Yumi proprio non riusciva a capire.

Cosa c’era di tanto difficile?

Ormai era chiaro che si amavano, lo avevano capito tutti, persino dei bambini! Bisognava solo dare un via. Ovviamente, il via c’era stato, ma Sato sembrava voler evitare in tutti i modi di coglierlo…

Ma perché?

“Forse… è meglio che lasci perdere…”

Yumi si zittì all’istante, fissando l’amica con espressione sconcertata.

Aveva sentito bene?

“Sì…” Continuò Sato.

“Forse… è meglio per tutti che la cosa finisca qui. Takagi è… una persona speciale per me ma… io non me la sento di rischiare ancora così tanto. Hai visto cos’è successo al cantiere: non posso lasciare che mi stia vicino, rischiando di…”

Lo schiaffo di Yumi la colpì violentemente sulla guancia, facendole voltare velocemente la testa.

Ora, tra le due, era Sato ad essere incredula e spaventata: non aveva mai visto l’amica così arrabbiata. Yumi non riuscì a trattenersi dall’urlare, destando la curiosità di qualche collega che si affacciò stupito dal proprio ufficio.

“Non… non ho mai visto una persona più ottusa di te! Quella specie di corazza che ti ritrovi ti ha resa completamente cieca?! Stai mandando in malora una cosa più unica che rara, solo per paura, Miwako: tu hai paura di soffrire di nuovo!

Così ti chiudi nella tua fortezza, tappando occhi e orecchie, lasciando che gli altri continuino a sbattere contro le tue mura, fino allo sfinimento, facendosi solo del male… come Takagi!”

La ragazza respirò profondamente, cercando di riassumere il controllo. Non sapeva bene perché, ma le era venuto un nervoso tale, che un altro schiaffo non le sarebbe dispiaciuto.

Invece sorrise. Un sorriso acido, e un po’ malinconico.

“Sai, io non lo capisco proprio, quel ragazzo: se fossi un uomo avrei gettato la spugna già da un pezzo. Invece lui sarebbe morto per te, se fosse stato necessario…”

“BASTA!”

L’urlo di Sato risuonò come un eco per i corridoi della centrale. Tutte le porte degli uffici si richiusero, coi i rispettivi proprietari barricati all’interno: quando Sato gridava, era meglio non trovarsi nei paraggi……

“Non capisci? E’ proprio questo il punto: stava per morire! E la colpa sarebbe stata solo mia, SOLO MIA! Non posso permettermi che accada di nuovo, non voglio ritrovarmi ancora da sola a pensare come sarebbe stato se solo…”

“Perché, ora cosa stai facendo?”

La voce di Yumi era tornata bassa e pacata. Non c’era più rabbia o incredulità. Solo severità.

“Dici che non vuoi dei rimpianti… ma cosa pensi che siano tutti questi discorsi? Dimmi, Miwako, cos’è che ti manca? Cos’è che ti serve per capire quanto Takagi ti voglia bene, per sentire quanto ti ama? Io proprio non riesco a capirlo…”

E voltatasi di scatto, si avviò verso l’uscito senza degnare l’amica di uno sguardo.

Non riesco a capire…

Sato rimase da sola nella stanza, una mano sulla guancia ancora dolorante, a ripetersi quella stessa domanda più e più volte: Quanto era disposta a rischiare, cosa le mancava?

Se l’avesse saputo, non avrebbe pensato a Takagi, a se stessa, alla loro situazione, durante tutta la sua convalescenza!

Evitava di vederlo solo per un motivo: non sapeva cosa gli avrebbe detto, cosa avrebbe fatto, come avrebbe fatto a chiedergli scusa per tutto, come avrebbe fatto a dirgli grazie, per essere sempre stato vicino a lei, nonostante la sua indifferenza… sempre.

Come un ricordo lontano le tornò in mente la serata, la bellissima serata che avevano passato insieme, prima che tutto quell’inferno iniziasse.

Rimpianse la semplicità dei loro gesti, che allora sembravano così difficili, la dolcezza degli sguardi, le parole non dette, o non dette in tempo, la musica che rendeva tutto più facile e magico…

Le veniva da piangere.

Ora vedeva solo se stessa, ferma in piedi in quella stanza con una mano sul viso, a fissare il vuoto in cerca…

In cerca di cosa?

Di un sogno?

Vedeva se stessa, così indecisa, e la veniva da piangere.

Sorrise debolmente ripensando a tutte la volte che si era sentita abbattuta, quando non sapeva più dove sbattere la testa, durante un’indagine particolare o un problema…

E Takagi c’era sempre, spuntava dal nulla per consolarla e tirarla su di morale. Sempre.

Yumi aveva ragione: Takagi era l’unico che aveva continuato a bussare alla sua porta, anche se non sempre aveva ottenuto risposta.

Anche se immancabilmente, quel muro invalicabile rimaneva tale.

Per lui, che voleva entrare… per lei che cominciava a voler uscire disperatamente.

Ancora massaggiandosi la guancia, Sato prese la sua giacca e si incamminò verso l’uscita.

Se non altro, quello schiaffo l’aveva svegliata a dovere… e il bello era che avrebbe anche dovuto ringraziare Yumi!

 

 

 

Quando Sato suonò il campanello del suo appartamento, Takagi stava tentando (fallendo miseramente) di cambiare la fasciatura che gli ricopriva il petto.

Sato fece letteralmente un salto dallo spavento, perché quello che venne ad aprirle la porta, sembrava più una mummia fatta male.

Molto, ma molto male.

“Ciao…”

“Ma… ma cosa…?!”

Era difficile indovinare chi dei due fosse il più imbarazzato.

Takagi arrossendo fino alle orecchie, si fece da parte per lasciarla entrare in casa.

“Ehm… forse ho sbagliato qualcosa con le bende…”

“Dici?” Disse lei, ridendo. “Aspetta, ti do una mano…”

Takagi la accompagnò in soggiorno, dove si sedettero sul divano, ridendo, mentre Sato cercava di disfare i nodi incredibili che non si sa bene come, Takagi era riuscito ad intricare peggio di una ragnatela.

“Da quanto ti hanno dimesso?”

“Tre giorno. La ferita è guarita, ma i medici mi hanno ordinato di cambiare comunque le fasciature almeno una volta al giorno, così… sono due giorni che tento di slegarmi!”

Sato rise di nuovo.

Era da tanto che non rideva così, o almeno le sembrava passato così tanto tempo…

Anche Takagi se ne accorse.

L’ultima volta che la aveva vista, stava cadendo tra la polvere di quel cantiere, mentre la vista gli si annebbiava.

Gli era mancata la sua risata, il suo sorriso… davvero.

Sato sembrava non accorgersi degli sguardi che lui le lanciava di tanto in tanto, indaffarata com’era nel districare quell’ammasso di fasciature: ormai era fatta, ancora un piccolo sforzo… Ma nell’appoggiarsi alla sua spalla, per riuscire meglio a srotolare le bende, improvvisamente si bloccò.

Lo sguardo le cadde sulla cicatrice chiara, che le fasciature avevano nascosto fino a quel momento, e un groppo alla gola le rese difficile il respiro.

Voltò rapidamente il capo, cercando di distogliere lo sguardo, ma a Takagi non sfuggì quel repentino cambiamento d’atmosfera.

“Stai bene?”

“Sì…”

Seguirono alcuni secondi di silenzio, travestiti da ore.

Takagi, impacciato come sempre le accarezzò il viso, asciugando una lacrima che scendeva furtiva sulla guancia ancora gonfia.

Lei abbozzò un sorriso incerto tra le lacrime.

“Takagi…?”

“Sono qui.”

“Grazie.”

Lui la guardò sorridendole sollevato.

“Per cosa?”
Sato alzò gli occhi incontrando i suoi.

“Per tutto questo.Per essere qui…con me.”

E fu l’inizio della fine, perché Takagi commise un errore.

Il problema è che un uomo non riesce a guardare negli occhi la donna che ama senza perdercisi dentro. E questo fu esattamente ciò che lui fece.

Rimase muto, immobile a fissare quel viso, quello sguardo che non riusciva a decifrare, in silenzio. E non riusciva a staccare gli occhi dai suoi, non riusciva a dire una parola.

Sudando freddo, cercò in tutti i modi una via d’uscita da quell’imbarazzo che li aveva attanagliati.

Anche Sato dovette accorgersene, perché i suoi occhi prima tranquilli e seri, cominciarono a tradire qualche segno d’inquietudine.

“Ti… ti prendo qualcosa da bere…?”

“Lascia, ci penso io…”

Sato si alzò velocemente, troppo per non incespicare nelle bende srotolate, sparse sul pavimento. Cadde in avanti, finendo dritta tra le braccia di Takagi, scattato come una molla per sorreggerla.

E così si era tornati al punto di partenza.

E l’imbarazzo era sempre lì, in agguato, ma questa volta Takagi non si lasciò afferrare.

Chiudendo gli occhi si lasciò guidare dai suoi sensi. Lentamente, si sporse un po’ più avanti, sfiorandole la guancia con le dita, mentre appoggiava le labbra sulla sua fronte.

Lentamente, attento alla minima reazione di Sato, che invece lo lasciò fare, chiudendo a sua volta gli occhi. Incoraggiato dal suo silenzio teso, Takagi la baciò ancora sulla tempia,sentendo le sue ciglia solleticargli la guancia.

Poi, discese ancora, sfiorando i suoi lineamenti fino a toccare le sue labbra, respirando nel suo respiro, che diventava a poco a poco più veloce.

E Sato teneva gli occhi chiusi: voleva sentirlo, quel ragazzo che stava finalmente abbattendo tutte le sue difese, percepirlo con tutta se stessa.

Appoggiò una mano sul suo petto, sentendo il calore della sua pelle entrarle dentro, sfiorando con le labbra la cicatrice chiara e percorrendo il brivido che attraversava entrambi.

Risalì lungo il collo, sciogliendosi al tocco delle sue mani grandi che le accarezzavano la schiena, sollevando leggermente la maglietta che indossava.

Strofinò la guancia ancora un po’ arrossata contro la leggera barba incolta del ragazzo, e appoggiò la bocca sulla sua, mordendo dolcemente le sue labbra, lasciando che lui la assaporasse, a lungo, mentre la stringeva più forte a sé, lasciando scivolare le sue mani lungo la vita sottile di lei.

L’elettricità di quel contatto li fece rabbrividire, nella sua intensità, lasciandoli senza fiato.

Gli occhi ancora chiusi.

Così, se fosse stato un sogno, avrebbero potuto continuare a sognare ancora per un po’…

 

 

 

Yumi arrivò davanti alla casa di Takagi sospirando un po’ abbattuta.

A quanto pare con Sato non c’erano più speranze… la notizia gli avrebbe spezzato il cuore, poverino! Le dispiaceva dover fare la parte del ‘triste messaggero’…

Suonò il campanello più e più volte.

Nulla.

Notò con sorpresa che le persiane erano abbassate, le finestre chiuse.

Che fosse uscito?

Strano però: nelle sue condizioni…

Stava per tornare sui suoi passi, quando notò l’auto di Sato parcheggiata lì di fronte.

Era senza dubbio la sua, la avrebbe riconosciuta ovunque, ma allora…

Allora…!!!

Facendo letteralmente un salto per la sorpresa, Yumi tornò di corsa alla sua auto.

Un sorriso compiaciuto le si dipinse in volto: Finalmente!

Eh,già: Sato avrebbe dovuto raccontarle mooolte cose, la mattina dopo…

Ma per ora non c’era fretta, Yumi poteva tranquillamente aspettare.

Non era proprio il caso di interrompere un sogno così bello!

 

 

 

Tipregotipregotiprego, dimmi che non sei un sogno!

Takagi,con gli occhi ancora chiusi, cercò di capire se quel profumo il corpo di lei che riposava al suo fianco, fossero reali o meno.

Fuori doveva stare facendo buio, perché il rosso del tramonto filtrava dai sottili spiragli delle persiane, creando giochi di luce irreali, attraverso le palpebre ancora abbassate.

Takagi aprì gli occhi, lentamente, e la gioia nel vedere lei, con il capo appoggiato alla sua spalla, la mano sulla sua nuca, il respiro tranquillo, non seppe proprio descriverla. Come per accertarsi che fosse veramente lì, le accarezzò il viso, sfiorando con il pollice le sue labbra socchiuse nel sonno, scendendo lungo il collo, la spalla nuda, i fianchi.

La sentì svegliarsi a quel tocco leggero, perché il suo respiro cambiò e le labbra si chiusero in un sorriso appena accennato.

“Sa… Miwako?”

Sentendo il suo nome pronunciato da lui, in quel modo, lei sussultò.

“Apri gli occhi…”

Aprili e illumina tutto questo.

“…Ti amo.”

Un altro sussulto, poi i suoi occhi si dischiusero, cauti, prima uno, poi l’altro… si aprirono, mettendo a fuoco il viso di Takagi, il suo sorriso, e la stanza intorno a loro.

Rimasero a guardarsi per un po’, mentre un imbarazzo gentile accendeva i loro volti di un leggero rossore.

Fu come se Sato lo vedesse per la prima volta: era ormai distrutto quel muro che li divideva, non c’era più niente tra lei e ciò che provava.

E tutto appariva così vivido e nitido, lei stessa si sentiva più reale, più viva, mentre si avvicinava al viso di lui, per un altro bacio.

Dopo averla abbracciata un’ultima volta, Takagi si mise a sedere sul letto, cercando con lo sguardo i loro vestiti.

“Pensi che riuscirò ad invitarti fuori a cena questa sera, senza che mi sparino?”

Lo sguardo di Sato si rabbuiò solo per un attimo, ma tanto bastò a far rimpiangere a Takagi di aver aperto bocca.

Era meglio correre ai ripari…

“Scusami: questa, proprio dovevo evitarla…”

Lei gli sorrise, mentre si alzava e ancora sbadigliando, lo raggiungeva abbracciandolo, e lasciandosi stringere.

“Dimmi solo…” Takagi noto una leggera nota di ansia nella sua voce.

Sato chiuse gli occhi, appoggiando la fronte sulla sua, per riuscire meglio a dire quella frase così importante.

“Dimmi solo che non mi lascerai mai sola… Solo questo.”

Takagi le sorrise, prendendole il viso tra le mani.

“Non posso prometterti una cosa simile, nessuno può. E’ tutto un rischio, non c’è nulla di scontato o certo nella vita. Però…”

Fece una piccola pausa, accarezzandole i capelli, come per scusarsi di quella risposta.

“…Però so che solo per poterti abbracciare come adesso, solo per un attimo come questo, rischierei la vita altre cento, mille volte.”

Era quella , la risposta che cercava, quello che mancava.

E Sato la trovò nei suoi occhi sinceri, nella sua dolcezza che la sosteneva, che non la lasciava cadere nel vuoto.

“Quanto sei disposta a rischiare?”

Non sentì mai più quel grido, nella sua testa.

Perché in quel sogno oltre le macerie delle sue mura, non sentiva altro che il suo amore.

E valeva davvero la pena di rischiare, per una cosa del genere…

 

 

 

Fine

 

 

  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: Stray