Titolo: Hi jack
Fandom: Pokémon
HeartGold/SoulSilver
Personaggi: Hibiki + Kotone; Silver; Team Rocket
Genere: Generale
Avvertimenti:
One-Shot
Timeline: Team Rocket’s Hijack
Argomento:
10° [Sentimenti]
Prompt: 48° - Sensazioni
Istruzioni per l’uso:
°Questa
fanficion è basata sui personaggi del videogioco della serie, e quindi
non sull’anime, non sul manga.
°Hibiki
e Kotone sono i nomi dei personaggi principali del videogioco
HeartGold/SoulSilver, rispettivamente quello maschile e quello femminile.
Silver è, quindi, il loro Rivale.
°A
causa dei caratteri quasi inesistenti dei due protagonisti, si potrebbe dire
che mi sono presa una certa libertà nel caratterizzarli in questa
–e probabilmente anche in quelle future- fan fiction, sperando comunque
di non aver sfociato nell’ooc.
°Ho
ritenuto opportuno alzare discretamente l’età generale dei
personaggi, nonostante questo non venga menzionato all’interno della
storia, non volendomi ritrovare a manovrare dei bambini di dieci anni in un
mondo che io ho immagino appena un po’ più adulto.
°La
parola “Jack”, oltre ad essere intesa come nome di persona,
è interpretabile come “tizio, ragazzo”. Hijack, inoltre,
vuol dire “dirottamento”.
Hi jack
Hibiki non
si era mai considerato una persona particolarmente timida, in un certo qual
senso.
Aveva
accettato di buon grado il compito affidatogli dal Professor Elm, nonostante
inizialmente avrebbe dovuto essere un semplice favore della durata di poche ore
–ricordava quasi con nostalgia di aver lasciato persino
Quindi,
Hibiki non era una persona timida.
Eppure, in quel momento, avrebbe voluto
che un maledetto Sandshrew sbucasse all’improvviso e usasse
l’attacco fossa su di lui, in
modo da farlo sprofondare nelle viscere della terra il
prima possibile. Un po’ perché sapeva che se sua madre
l’avesse visto in quel momento le sarebbe venuto un infarto, un po’
perché i vestiti aderenti non
facevano per lui.
Come cavolo facevano i membri del Team Rocket ad andare in
giro vestiti in quel modo?
Hibiki sospirò, sotto lo sguardo teso e
nervosamente divertito di Kotone, passandosi una mano sul cappello nero. Non
era stato poi così difficile infiltrarsi nel gruppo, dopotutto
–c’era stato persino un ragazzo, quello piazzato davanti al negozio
di Fiori, che vedendolo gli aveva urlato « Rispetto! »
con una certa enfasi- eppure non riusciva a togliersi quella sensazione di
disagio dallo stomaco.
La prima volta che erano andati alla Torre Radio,
ovviamente, non li avevano lasciati passare. A detta della recluta che li aveva
cacciati, non avevano l’abbigliamento
giusto.
Era stata Kotone, dopo minuti e minuti di riflessione
interiore, a spiegargli che parlava della divisa, e non di una qualche nuova
moda di cui ancora non era stato informato. Allora Hibiki aveva riso
nervosamente, sentendosi un’idiota, e l’aveva trascinata con un
certo entusiasmo in giro per la città alla ricerca di qualche Rocket da
picchiare e seguentemente trascinare in un vicolo buio per derubarlo della
divisa –sì, aveva visto un film di azione la sera prima e non
vedeva l’ora di provarci anche lui- quando, in un modo o
nell’altro, si erano ritrovati nei sotterranei.
« Ehy, siete nuovi anche voi? » gli aveva detto allora un tizio sbucato dal nulla
– “Hi-ha!” aveva urlato Hibiki mettendosi in posizione ninja-
scrutandoli tra il sospettoso e l’eccitato. « Stiamo reclutando
nuovi membri per la missione alla Torre Radio… » continuò
quello, mentre Hibiki avvampava e abbassava braccia e gamba –Kotone invece
si chiedeva mentalmente cosa avesse fatto di male nella sua vita precedente per
meritarsi tutto ciò- « ma a quanto pare
abbiamo finito le divise. E poi bla bla bla… »
Hibiki si era perso a metà del discorso, troppo
occupato a frugare con più e meno discrezione nella borsa alla ricerca
di Thyplosion e nel chiedersi come potessero i membri del Team Rocket credere davvero in quella missione.
Non lo capiva, era più forte di lui. Amava i
pokémon, e non riusciva ad immaginare un motivo abbastanza valido per sfruttarli per scopri malvagi come quelli a cui si
prestava il Team. Lui non aveva neanche il coraggio di togliere dalle zampe dei
suoi pokémon gli oggetti che trovavano in giro, nonostante quelli
talvolta insistessero così tanto da ficcargli una bacca –magari
pure amara- in bocca con il rischio di soffocarlo.
Non lo capiva, semplicemente.
E poi si era ritrovato all’improvviso da solo, con i
codini di Kotone e il suo sguardo di intesa che sparivano dietro la porta, quella
che conduceva alla stanza in cui il Signor Fotografo appendeva le sue opere.
« Eh? »
aveva detto, lanciando al Rocket uno sguardo vagamente allarmato. Quello aveva
sospirato, roteando gli occhi al cielo, e gli aveva premuto sul petto un
ammasso di stoffa nera.
« Lei si cambia di là. Tu no. »
aveva quindi spiegato, fissandolo come se fosse il peggiore dei maniaci
sessuali. E senza aggiungere altro –se non uno sguardo eloquente- aveva
allungato una mano per sfilargli il cappello. « Spogliati. »
Hibiki ricordava ancora il brivido lungo la schiena e il
sorriso nervoso che gli era spiccato sul viso, quel giorno.
Aveva così finito con il cambiarsi davanti uno
sconosciuto con i capelli rosa
–lui la vedeva così, nonostante fosse andato in realtà
dietro il bancone- e con il ritrovarsi addosso… la divisa.
Che era nera, e aderente. Stretta e scomoda. E dire che
fino a quel momento aveva accusato mentalmente Milas di essere un
esibizionista…
Poi Kotone era uscita della stanza, con la salopette di
jeans e la maglietta in una mano –le scarpe e il cappello
nell’altra- e aveva concordato con se stesso che forse, ma solo forse,
quel travestimento più durava meglio era.
Il Rocket aveva scrutato tutti e due –Hibiki rigido
come un pezzo di legno e Kotone che riponeva gli abiti nella propria borsa- e
aveva detto: « Mhh. » con
aria pensierosa.
« Mh? » aveva invece replicato
il ragazzo, non volendo in realtà sentire altro. E
poi stava decisamente fissando lui.
« Sì… dovremmo fare qualcosa per quei
capelli… » aveva spiegato l’uomo, per poi essere interrotto
dal « No, rosa no! » decisamente acuto esclamato dal ragazzo, prima che
quello prendesse Kotone per una mano e corressero via entrambi verso la
superficie, tra il terrore generale di lui e le risate dissimulate in tosse in
lei.
E così, di nuovo, si erano ritrovati davanti alla
Torre Radio.
Hibiki sospirò, cercando di sistemarsi la
biancheria senza che Kotone se ne accorgesse, e al suo cenno annuì a
propria volta, serrando appena le mani.
Prima o poi li avrebbero scoperti, ma non era quello il
problema. Dovevano mettere fine a quella storia, una volta per tutte. Liberare
il Presidente, e fare in modo che il Team Rocket la smettesse con quella missione
senza senso. Non dovevano far tornare il loro capo –chiunque esso fosse-
al comando, o sarebbero stati guai.
Poi magari si sarebbe scusato con Milas per averlo
chiamato in un certo modo, ma quello l’avrebbe fatto un’altra
volta, magari senza la presenza di Kotone che gli aleggiava attorno come il
peggiore dei Volbeat.
« Andiamo. »
disse lei, improvvisamente seria –forse per la tensione, forse per i
pokémon che aveva anche lei a cuore- un attimo prima di muovere un passo
avanti.
L’ingresso della Torre Radio, come avevano notato la
prima volta, aveva un’atmosfera stranamente tesa e cupa, da quando
l’aveva occupata il Team Rocket.
La ragazza alla Reception aveva un sorriso così
tirato da sembrare doversi rompere all’improvviso, e quando li vide
vestiti in quel modo –l’unica in tutta la città che sembrava
averli riconosciuti- sgranò appena gli occhi, senza però dire
nulla. Li lasciò passare, abbassando lo sguardo, e i due raggiunsero la
recluta piazzata davanti alle scale, scrutandosi giusto un istante per essere
sicuri di essere pronti entrambi.
Il Rocket, palesemente annoiato –la prima volta che
l’avevano visto aveva le braccia incrociate e lo sguardo truce come il
più fiero dei buttafuori, mentre, in quel momento, era semisdraiato
sulle scale a fissare il suo Rattata accucciato sul gradino più in
basso, come se avesse dovuto mettersi a fare qualcosa di interessante da un
momento all’altro- si alzò di scatto, prima sospettoso e poi
entusiasta.
« Ehy, dovete essere nuovi! »
esclamò con una certa eccitazione, fissando prima Hibiki e poi Kotone,
soffermandosi forse un po’ troppo a lungo su
quest’ultima e la sua minigonna. « Stai bene con l’uniforme
del Team Rocket… »
« A-ehm. » replicò Hibiki,
corrucciandosi tra il perplesso e l’imbarazzato. Il Rocket tornò a
guardarlo -« Anche tu, tranquillo! »- e dopo qualche altra chiacchiera annuì e si
spostò di lato, ordinando al suo Rattata di fare lo stesso.
Ma quello rimase lì, limitandosi ad aprire un
occhietto scontroso verso i nuovi arrivati, e voltò il muso
dall’altra parte. E probabilmente la questione sarebbe andata per le
lunghe, se proprio in quel momento le porte del pian terreno non si fossero
aperte con un sibilo secco e Silver non fosse entrato nell’edificio.
Allora successo diverse cose contemporaneamente.
Kotone sentì il mondo crollargli addosso e si
girò verso il muro, tentando di nascondersi dietro la presenza scarsa di
Hibiki. Hibiki, da parte sua, pregò che Thyplosion si fosse dato alla
telepatia e sentisse il suo richiamo, dato che l’ultima volta che aveva
visto Silver per poco il suo Feraligatr non lo aveva azzannato.
Fortunatamente, il ragazzo decise di andare dritto dritto dal vero Rocket, con passo fermo e sguardo
adirato –beh, più
adirato del solito- che lo contraddistingueva così tanto.
« Ehy, Team Rocket! » esclamò quindi, picchiettando un dito contro
il petto della povera recluta. « Smettetela di
andare in giro in gruppi a dar fastidio alla gente, razza di codardi! »
Hibiki non poté far a meno di alzare appena lo
sguardo, che aveva abbassato sperando che il cappello lo coprisse, sorpreso da
quelle parole. Non credeva che a Silver importasse tanto, dopotutto.
Quello lo guardò, con distratta disapprovazione, e nel
riconoscerlo sgranò gli occhi. Lasciò perdere il Rocket,
raggiungendo il ragazzo con un unico passo, e Hibiki non poté far a meno
di riabbassare frettolosamente lo sguardo, sperando nella grazia divina.
« Hibiki? » lo chiamò sorpreso
il rosso, e lui per poco non sentì le budella attorcigliarsi per
l’emozione –o per meglio dire spavento- di essere stato chiamato
per la prima volta per nome
dall’altro, invece che con uno dei soliti insulti. «
Che diavolo ci fai qua? »
Anche Kotone si voltò appena verso di loro –con
una mano sul viso e l’altra che tentava di tenere giù i codini-
tra il curioso e l’imbarazzato. Hibiki invece non rispose, perché
sentiva su di se lo sguardo critico del Rocket –ok che prima o poi
avrebbero per forza dovuto scoprirli, ma sperava che quello accadesse un po’ più in là- e
Silver sbuffò seccato, scuotendo la testa in un paio di scatti brevi,
deluso.
« Non dirmelo. Credi di
sembrare… più forte,
andando in giro vestito così? E,
Kotone, ti ho visto. » aggiunse poi scocciato, dato che lei aveva ripreso
imperterrita a fissare il muro come se tutto quello non la riguardasse. Voleva indietro la sua dannata salopette,
ecco.
« Ah, no, io… » abbozzò voltandosi
verso gli altri tre, puntellando a terra un piede con aria impacciata. « Io non sono
Kotone. » tentò di sviare, come se
non fosse abbastanza ovvio.
« Hai i codini. » gli fece notare allora Silver,
vagamente seccato nel sentirsi trattare come un’idiota.
Hibiki in quel momento avrebbe anche riso
–istericamente, come in quel sogno in cui si accorgeva di essere arrivato
davanti al Campione della Lega in mutande- se solo
Silver non avesse teso una mano verso di lui –verso il suo cappello nero nuovo
di zecca- e gliel’avesse sfilato con un gesto un po’ brusco,
fissandolo come se fosse l’essere più abominevole di tutta Jhoto. « E lui ha quel dannato ciuffo. »
Hibiki arrossì, giusto un pochino, bofonchiando un « Senti chi
parla. » a mezza bocca.
Il Rocket, nel frattempo, li guardava con tanto
d’occhi. Come se fossero tutti impazziti, come se tre mocciosi apparsi
dal nulla lo stesso ignorando del tutto, cosa che stava in
effetti succedendo davvero.
Quindi, decidendo che fosse ora di guadagnarsi lo
stipendio –che in realtà non gli arrivava a casa da tre mesi-
indietreggiò di un passo, in modo che tutti, ma proprio tutti notassero il suo gesto, e in un
attimo si ritrovò al fianco il suo Rattata, improvvisamente sveglio e
vigile.
« Tu! »
esclamò, puntando il dito contro Hibiki. «
Cioè, voi! Non siete delle
reclute! Mi avete preso in giro! » e, dal tono
in cui lo diceva, sembrava una cosa proprio brutta. «
Adesso dovrete vedervela con me! »
A quelle parole, tutti e tre i ragazzi si fecero seri.
Come se tutto quello di cui avevano discusso fino a quel momento fosse passato
in secondo piano, come se quella che sentivano in quel momento alla base dello
stomaco fosse una sensazione radicata in loro fin nel profondo, fin nelle
viscere, come se quel brivido di adrenalina dentro le ossa che preannunciava
ogni combattimento fosse l’ultima cosa veramente importante a cui
aggrapparsi, per tutta la vita.
Kotone si sfilò a propria volta il cappello nero,
lasciandolo cadere a terra, e con un movimento veloce della mano tirò
fuori la poké ball contenente il suo Meganium. Quello sbatté le
zampe a terra e scosse la testa, irrequieto, mentre in
un istante veniva affiancato dalle fiamme roventi di Thyplosion e dal suo
ruggito gorgogliante.
Poi, entrambi i pokémon abbassarono di parecchio lo
sguardo per poter scrutare il Rattata della recluta Rocket.
Che li fissò a propria volta. Fissò il proprio
padrone, e infine Silver, l’unico che ancora non si era mosso.
Così si voltò verso di lui mostrando i denti, e lo stesso fece il
Rocket, ricordando a memoria il regolamento de “Il bravo Rocket”, la quale
seconda regola era “Attacca sempre
il più debole”.*
Silver roteò gli occhi al cielo, per poi farsi
serio e nuovamente rabbioso –Hibiki e Kotone poterono quasi avvertire la rabbia e il risentimento,
il disprezzo e forse anche una punta di malinconia, in
quell’atteggiamento- e sfiorare con aria distratta una poké ball
in particolare tra quelle che aveva attaccate alla cintura.
Non ebbe neanche il tempo di premerla che il suo
Feraligatr uscì all’improvviso, con un ruggito e uno stridere di denti così acuto da far sobbalzare tutti
–ragazza della reception compresa, che ormai li osservava così
interessata che quasi rimpiangeva non avete una confezione di pop-corn a
portata di mano.
A quel punto, definitivamente, il Rocket decise che non ne
valeva la pena.
« Non è giusto! » sbottò risentito mentre indietreggiava verso
le scale. « Voi dovete essere quelli del pozzo
Slowpoke, voi… devo avvertire gli altri! »
E fuggì via, verso il piano superiore, seguito dal
suo Rattata ancora intimorito dalla stazza quasi esagerata dei tre
pokémon avversari.
Seguì poi un attimo di silenzio, interrotto ogni
tanto dal frusciare della minigonna che Kotone cercava disperatamente di tenere
il più lunga possibile –con scarsi
risultati- e dal cuore di Hibiki che batteva così forte da sembrare un
tamburo impazzito.
« Capisco. »
disse dopo un po’ Silver, scuotendo nuovamente la testa con aria forse un
po’ meno delusa. « Stavate cercando di
infiltrarvi. » continuò, per poi passarsi
una mano tra i capelli e sospirare. «Tipico. »
Hibiki non replicò, di nuovo, ma solo perché
vestito in quel modo non sarebbe riuscito ribattere proprio nulla contro
nessuno, tanto era il disagio, ed era abbastanza convinto che per Kotone fosse
lo stesso.
Il resto del discorso lo seguirono più e meno
attentamente, con lo sguardo basso e le mani dietro la schiena –come due
scolari sgridati dal loro insegnante- tanto che ripresero a respirare
normalmente solo dopo che Silver se ne fu andato, blaterando qualcosa su delle rivince da prendersi e un certo Domatore di Draghi da
sconfiggere.
Solo quando furono veramente soli, finalmente –con
il solo rumore del loro respiro ad accompagnargli, e il calore del fuoco di
Thyplosion sulla pelle- i due ebbero il coraggio di guardarsi, consapevoli di
avere entrambi un’espressione colpevole sul viso, e di abbozzare una
smorfia strana.
Che si trasformò in un sorriso, e poi in una
risatina nervosa, seguita da un sospiro di sollievo e un gemito sconsolato.
Era stata una giornata pessima, sotto molti punti di
vista.
Erano stati costretti a vestirsi da Rocket, a farsi vedere
da mezza città conciati in quel modo. Erano stati scoperti ancor prima
di essersi infiltrati a causa del loro amico-rivale che non aveva perso
occasione di fargli notare quanto sembrassero sciocchi i loro atteggiamenti.
Eppure, in qualche modo, il disagio che Hibiki e Kotone
avevano sentito fino a quel momento era andato via gradualmente, senza che
quasi se ne accorgessero. A gorgheggiargli nel petto c’era invece una
sensazione piacevole, quasi di imbarazzante e immotivato orgoglio, come una
piccola bolla di felicità che, con ogni probabilità, sarebbe
potuta scoppiare da un momento all’altro.
Ma c’era, era presente, e l’importante era
quello. Perché nonostante tutto avevano visto Silver, dopo tanto tempo,
e lui li aveva chiamati entrambi per nome, così come aveva fatto
intendere che, in un certo qual modo, li reputava migliori dei Rocket e dei
loro giochetti.
Kotone era abbastanza sicura che avesse chiamato anche Lance
per nome, in quell’occasione, e non poté far a meno di pensare che
forse Silver era cambiato, che forse, ma solo forse,
li reputava delle persone vagamente importanti nelle sua vita.
Dopo qualche tempo si voltarono entrambi verso le scale,
improvvisamente seri e sicuri di loro stessi, e serrarono nuovamente i pugni.
Annuirono, sicuri di loro stessi, e mossero il primo passo.
« Kotone? »
disse però Hibiki, prima di muoverne un secondo.
« Sì? »
« Prima… prima di
salire… potremmo cambiarci? Per favore? »
« Sì. »
Hi jack
Fine
Note:
Considerando che questa è la prima fan fiction che
scrivo dopo ben… otto mesi di
silenzio stampa, devo dire di essere piuttosto soddisfatta del risultato.
E anche piuttosto imbarazzata.
E’ la prima volta che scrivo su questa serie, e
ammetto quindi di non essere affatto abituata ai personaggi, o
all’ambiente di pucciosità
varia che li circonda (tenendo conto che esco da un lungo periodo di AU
Splatter su D.Gray-man, si potrebbe tranquillamente dire che sia giusto un
miracolo che Hibiki abbia ancora la testa sul collo e cose del genere). In
teoria ho in mentre altre shot come questa in mente, in pratica potrebbe
benissimo tornarmi un blocco da record mondiale e chi si è visti si
è visto.
Speriamo bene.
Grazie dell’attenzione <3
*La prima era “Cattura
un Rattata”.