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Autore: candidalametta    26/05/2010    2 recensioni
Tomo suonava nella stanza semi buia, pochi raggi filtravano attraverso le persiane, si lasciò andare completamente per accompagnare lo strumento tra le sue dita, lasciando che i capelli gli coprissero il viso guidato dall'immaginazione quando sopperiva la tecnica. A gambe larghe nel vuoto nero di una stanza pena di strumenti muti.Non una lacrima, ma una valvola sicura per il suo odio, per il rancore, per l'inevitabile realtà di essere stati uccisi da chi credeva gli volesse bene.
Genere: Romantico, Triste, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Tomo Miličević
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Lo faccio per il “mio” Tomo, quello che ho inventato nella ff e che mi sta a cuore come un altro figlio della mia mente.
Lo faccio per voi, perché vi meritate qualcosa di più del mio solito inno al dolore, perché l’uomo è fatto per essere felice, in fondo.
Lo faccio per me. Perché voglio sperare davvero che le cose belle esistano. Voglio che i miei personaggi abbiano il loro lieto fine. Vivano felici e contenti nell’universo parallelo che ho creato solo per loro.
Mentre io continuerò a vivere, morire e sanguinare, per la fantasia.
Perché la realtà è un mondo che non mi appartiene.


… Tomo alzò il viso verso un angolo buio del palco, la vide solo nella sua fantasia ma fu più che sufficiente, gli occhi chiari nelle ombre scure dei suoi capelli.

Come
Break me down
Bury me, bury me
I am finished with you...

Abbassò lo strumento sospirando …

Ritornò dietro le quinte con il manico dello strumento ancora stretto nel pugno porgendolo alla sagoma accanto alle scenografie senza la gentilezza di guardarlo nemmeno. Una mano incerta accarezzò le sue dita per privarlo dello strumento, era piacevolmente tiepida. Tomo alzò gli occhi ma al suo fianco non restava il giovane deperito che gli aveva gentilmente prestato lo strumento ma una donna, lo sguardo incuriosito del suo gesto istintivo.
Il chitarrista sentì il calore salire alle guance mentre porgeva la mano per riavere lo strumento, ma ne ottenne una smorfia divertita, “allora cosa dobbiamo farne di questo violino? Prima sembra che vuoi disfartene senza neanche curarti di chi sia a prenderlo e ora lo vuoi indietro?” chiese con voce bassa.
Tomo arrossì ancora in preda all’imbarazzo, “e che … pensavo che tu … scusami … io …”, la donna lo fermò con un gesto, “mmm, sei sempre così loquace?” sorrise divertita, “mi sa che è pericoloso lasciarti da solo, andiamo ti riporto dal tuo proprietario”, Tomo provò ad dire qualcosa ma lei non gli lasciò il tempo di pronunciare una parola, “lascia perdere ho la sensazione che ti impappineresti di nuovo e io sarei anche un po’ di fretta sai com’è, questo studio non chiude da solo” borbottò indaffarata.
Il croato alzò un dito per richiamare l’attenzione ma lei, chissà perché, lo interpretò come un gesto di affidamento e strettogli l’indice nel pugno lo trascinò per i cunicoli del retroscena. “per prima cosa riportiamo il violino al suo legittimo proprietario che ne dici?” Tomo sorpreso si limitò ad annuire. La donna lo trascinò velocemente verso uno spazio chiuso da quattro muri di cartongesso, all’interno, seduti al tavolo, tutti i musicisti prendevano un caffè e parlavano di chissà cosa.
“William c’è qualcuno che deve restituirti qualcosa” disse la donna sospingendolo per il suo stesso dito, il ragazzo sorrise alla vista del suo violino, dimenticando completamente Tomo, “emm, si ecco …” cincischiò Tomo riconsegnando lo strumento al proprietario, “fai finta che ti abbia gentilmente ringraziato del prestito William, non credo che ci si possa aspettare altro al momento” lo interruppe velocemente la donna trascinandosi uno stupefatto Tomo per un lungo e strettissimo corridoio. Il chitarrista si lasciava guidare confuso, ma chi si credeva d’essere quella tipa?

La osservò meglio, i corti capelli biondo cenere le cadevano in un caschetto liscio come il folto ciuffo che gli copriva gli occhi di un verde cupo, impenetrabile, si muoveva con una certa determinazione per gli stretti cunicoli e Tomo si chiese se era per scoraggiare chiunque avesse avuto l’ardire di tagliarle la strada o solo per uscire il più presto possibile da quel labirinto.
Non aveva la statura adatta per stare la dentro, probabilmente era più adatta agli spazi aperti eppure s’intuiva che era quello il suo mondo, tra le pareti di carta e i fili scoperti di mille cavi colorati.

Non si fermò neanche davanti all’ultima porta con il grosso maniglione antipanico e Tomo credette veramente che l’avesse sfondata dalla velocità con cui era stata aperta. Una volta fuori la luce del giorno gli fece stringere istintivamente gli occhi mentre lei cercava già qualcuno, finalmente parve scorgere la persona giusta perché si avvicinò impetuosa ad un piccolo capannello di fan agguerrite intorno a qualcuno d’invisibile.
“muoversi! Evaporate prima che chiami la sicurezza!”, le ragazzine la guardarono poco convinte prima che la donna picchettasse decisa la mano sul wolcki tolki che portava alla cintura, “la chiamo sul serio, non costringetemi a dimostralo, e ora sciò!” la banda si dileguò come uno stormo di colombe e al centro del tumulto riapparve la figura stropicciata di Jared.
“Tomo!” esclamò il cantante buttandosi tra le sue braccia visibilmente arruffato, “ti ho aspettato qui fuori perché dovevano smontare tutto ma, ho indugiato e … mi avevano intrappolato!” riprese fiato guardando per la prima volta la donna “e tu chi sei?”.
La donna scosse il capo infastidita, “non importa, senti l’ho trovato solo sul palco e siccome pare incapace di esprimersi ho pensato potesse essere tuo, quindi te l’ho riportato, ora smammate, ho del lavoro più importante per le mani” lasciò libero il dito di Tomo e ritornò velocemente dentro.
“aspetta!”, la porta si era già chiusa alle sue spalle, “grazie …” mormorò ancora stordito.

I due amici si guardarono per un attimo. “ma chi era quella?” domandò Jared, “non ne ho idea! Mi ha trascinato praticamente ovunque prima di portarmi fuori, suppongo sia una che lavora li dentro”. Il cantante aveva già cominciato a camminare, ascoltando a metà le parole dell’amico, già perso nei suoi pensieri. “chissà come si chiama…” Tomo lo raggiunse in due falcate, “non mi sembra di fondamentale importanza” bisbigliò contrariato da tanta attenzione, Jared si fermò immediatamente per guardarlo scettico, “si certo come no!”. allungò una carezza sulla testa visibilmente più alta del chitarrista e ricominciò a confabulare tra se, “deve essere una che lavora li da parecchio, mi sembrava di averla già vista … potrei chiedere a Emma, magari lei la conosce, e poi…”, “Jay che cosa stai macchiando nella tua testolina contorta?”, “io?” parve ricordarsi di Tomo solo in quell’istante, “nulla! Assolutamente nulla!”.


Tomo sbuffò per nulla convinto mentre la classica intervistatrice fissava impotente Jared lasciandogli la possibilità di parlare e straparlare sugli argomenti che piacevano di più ignorando la scaletta che giaceva inutilizzata sulle sue ginocchia.
Tomo inspirò fin troppo rumorosamente trattenendo l’aria nelle guance gonfiandole in maniera infantile.
Era stufo della situazione, e non stava parlando solo delle interviste tutte uguali ma anche e soprattutto del luogo. Il frontman aveva deciso che le interviste di qualsiasi genere dell’ultima settimana si facessero in quella parte degli studi, possibilmente in quella sala.
La noia era venuta a tutti e solo Tomo si lasciava convincere a tornare su quel palco per interviste miste a performance, si ritrovò a pensare distrattamente che, se Jared si ostinava ancora portarlo li si sarebbe portato un videogame, cercò un altro soggetto su cui puntare lo sguardo e tornare ad annoiarsi.
I suoi occhi scelsero una nicchia buia poco prima del pubblico, un angolo della scenografia, il posto perfetto per tornare nel vuoto mentale. Fin quando si accorse di stare fissando qualcosa, qualcuno, due occhi di un verde carico con un sorriso lievemente beffardo.
Lei.
Si girò verso Jared cercando di intuire quanto mancasse alla fine dell’eterno monologo ma lo vide preso nelle tematiche ambientali e sconsolato si accorse che di tempo ne sarebbe passato troppo, cercò di intercettare di nuovo la donna ma questa era già sparita chissà dove.
Molti minuti dopo finalmente liberi il croato si permise di abbandonare il sorriso forzato e scese nel mutismo più imbronciato. “che cos’hai?” chiese il cantante vagamente interessato, l’amico si limitò a guardarlo contrariato. “suvvia Tomino non ti abbattere!” esclamò Jared sorridente, “guarda che la vita non è poi così terribile sai?, perché non vai a prendermi un caffè mentre corro in camerino per la chitarra? Prendo anche la tua, tranquillo”.
Il chitarrista lo guardò per un attimo a bocca aperta per poi allontanarsi con lo sguardo truce ostinatamente inchiodato a terra, “mi tocca fargli anche da cameriera tu guarda ...” borbottò sconsolato.
Nella saletta che ormai conosceva bene si costrinse a guardare dove fosse finito uno dei thermos prima di vederlo in mano a lei. Sembrava cercasse di riempire il bicchiere di carta fin quasi all’orlo, gli si avvicinò stupefatto, “tu!”. Lei si spaventò concentrata com’era e lasciò scivolare un po’ della bevanda scura sul polso, “merd!” borbottò, poi il suo sguardo incrociò quello stupito di Tomo. “a ciao”, posò il bicchiere stracolmo con prudenza sul bordo del tavolo pesando un fazzoletto li vicino, “che c’è?”. Il chitarrista sbatte le palpebre confuso, “come che c’è?”, “si dimmi, ti serve qualcosa?”, “no è che … insomma io … è che tu …”, “caspita, allora non era solo un momento, mi sa hai davvero qualche problema di eloquio, mai pensato ad un corso di dizione?”. Prese il bicchiere e si girò verso la porta senza esitazione, dileguandosi oltre la soglia.
Sconsolato il chitarrista raccattò il thermos lasciato sul tavolo stritolando il bicchiere di carta nell’altra mano quando si accorse che il contenitore era irrimediabilmente vuoto.


Jared cantava dolcemente strappando accordi delicati alla sua chitarra osservando magnetico il pubblico con il classico sguardo sofferente mentre Tomo piegato in due sulla sua chitarra sembrava non interessarsi a nulla se non ai suoni che riusciva ad ottenere ostinatamente, incurante persino dei violini dietro di lui. Almeno stavolta aveva ben altro a cui pensare nonostante la piccola stretta allo stomaco che gli dava sempre suonare the kill.
Quella donna, quell’assurda presenza, perché non riusciva mai a parlare quando gli era accanto? E poi non e che dovesse dirle nulla, solo un grazie per averlo condotto fuori, o forse neanche quello.
Tomo si piegò ancora di più sullo strumento poggiato sulle ginocchia.
Basta, non le doveva niente, che rimanesse pure incastrata tra i cavi e il retroscena di quel dannato studio, aveva chiuso, non gli uscivano le parole? Significava che non c’era altro da aggiungere.
La canzone finì in sordina, perso com’era nei suoi pensieri. Ringraziò il pubblico con Jared, si alzò e sparì dietro il cantante fino al camerino. Presero le loro cose e si prepararono ad abbandonare il posto.
“Tomo!” urlò il cantante sulla soglia, l’altro si limitò ad alzare un sopracciglio, “ho perso un braccialetto, sarà caduto dentro! Io lo cerco in camerino tu torna sul palco!”, “ma Jay …”, “dai che stanno per chiudere!”.
Tornò indietro trascinando la chitarra in custodia come se pesasse una tonnellata, la poggiò in un angolo e cominciò a cercare stancamente a quattro zampe sotto gli sgabelli. “ ti sei perso di nuovo?” chiese una voce femminile piuttosto cantilenante, il croato con il viso in fiamme cercò di riconquistare una posizione dignitosa sedendosi sul palco, prese fiato e la guardò china su di lui, “no, il mio amico ha perso una cosa e io …”, la donna si sedette accanto a lui uscendo dalla tasca una catenina di acciaio e quelli che sembravano anelli di pietra nera, “onice e acciaio, credo appartenga a Jared Leto”, Tomo lo prese poco convinto, “come mai c’e l’avevi tu?”, si spostò un ciuffo dietro l’orecchio, “mio caro, sono la responsabile qui dentro, è meglio che ritrovi tutto o qualcuno potrebbe lamentarsi” disse sorridendo.
Il croato si rigirò il bracciale tra le dita, “conosci Jared?”, lei guardò altrove, “in questo posto si conoscono un po’ tutti, diciamo che Leto non è uno di quelli che passa inosservati, forse perché ha uno stile tutto suo”, “già ..” si limitò ad annuire Tomo poco convinto, lei continuò sovrappensiero“quindi anche le cose che gli appartengono solo particolarmente distinguibili, oggetti …” si prese un minuto per esaminare Tomo, “persone …”.

Il croato la fissò accigliato, “quindi mi hai portato da lui l’altra volta perché ho un aspetto strano?”.
Rise spontaneamente e Tomo notò che il suo viso cambiava completamente e dalla fisionomia quasi arrogante i suoi tratti diventavano incredibilmente infantili e simpatici.
Come se un’altra persona si nascondesse oltre la serietà del luogo, il retroscena di quella tipa doveva essere assolutamente diverso da ciò che aveva mostrato fin ora. Smise di ridere con un’espressione canzonaria in volto, “ovvio che hai un aspetto strano, e poi, credo che un violinista in anfibi non è una cosa che si veda tutti i giorni!”.
Tomo la guardò sbalordito “sono davvero così strano come violinista?”, lei sogghignò, “abbastanza, però non sei niente male … solo una domanda … perché seguivi il tuo cantante con la chitarra? Avresti fatto più scena con un violino in mano”.
Tomo si riparò gli occhi con una mano, sospirò pesantemente prima di trovare la forza per rispondere , “non posso suonare quella canzone con il violino”. Lei lo guardò in profondità, cercando una spiegazione nel volto teso. Attese qualche secondo, “capisco, è un vero peccato sai? Hai talento, questo è certo”, il chitarrista si riprese velocemente, “ si beh … grazie dell’aiuto” aggiunse alzandosi, la donna rimase dov’era, “di nulla … certo è strano …” Tomo la guardò preoccupato, “cosa?”, “che appena tu sia in grado di comunicare con me non perda tempo per correre via” sorrise lei.
Il croato rimase vagamente imbarazzato accanto al caschetto chiaro, respirò a fondo e si fermò a guardarla dall’alto mentre seguiva le venature del legno con la punta delle dita.
“sai” disse quasi a se stesso, “potrei sempre cambiare idea, ma è triste suonare senza pubblico” la donna alzò il viso verso di lui sorridente, “sai dove trovarmi”, il croato fece qualche passo verso l’uscita, “allora ci vediamo …” lei sorrise ancora seduta, “Vicky”, “a presto Vicky”.
Tomo sparì nel retroscena, “a presto Tomo …”.

Talita;
(arrossisco fino all’inverosimile) non sono mai così orgogliosa come quando qualcuno mi dice che ha imparato ad amare i personaggi di una mia storia … e quando sono i mars mi sciolgo ancora di più!
Questa ff è nata del mio disperato bisogno di comunicare in un periodo della mia vita in cui non riuscivo a confessare a nessuno cosa mi stesse succedendo. Ho preso sembianze diverse diventando Roxanne, Leonid e, soprattutto Tomo per fare un po’ di ordine e risorgere, perché sono stata davvero uccisa da chi mi voleva bene.
Sono entrata nel mondo del chitarrista e ho imparato ad amarlo (Shannimal è successiva a questa storia, e si vede) e se prima per me era solo un bravo chitarrista con i capelli lunghi … adesso è un compagno di vita, attraverso cui, spessissimo vedo i Leto e il loro mondo. Non so come ringraziarti per i complimenti. Davvero ;)
Luxu:
amare Tomo fa bene, si respira aria più pulita quando c’è lui da queste parti ;)
Shanna:
(Lori gongola come ogni volta che la sua sorellona si dilunga in complimenti) tessoro! Le mie storie partono sempre da una profonda sensazione, e se il più delle volte è brutta quando finisco di raccontare mi sento quasi sempre meglio. A questa storia devo moltissimo (come a tutte mi sa) e anche se in un modo o nell’altro Tomo nelle mie mani soffre sempre, almeno questa volta ho cercato di dargli un minimo di felicità, scovandogli la sua amata Vicky ;) (ovviamente non so nulla di lei).
Tomo trova la sua anima in quello strumento meraviglioso che è la chitarra elettrica, una nuova vita e forse (lo spero) anche l’amore ;)


Nda: vi affibbio un capitolone del genere perché non ho idea se mi sarà possibile connettermi ad internet nei prossimi due mesi. Io spero di si anche perché sono impaziente di mettere altre storie più o meno pronte in cantiere. (spoiler, la prossima sarà una total Jared quindi guardate nella sezione attori)
Quindi se non mi faccio viva, se non rispondo alle recensioni o semplicemente non commento non è perché non segua le vostre storie o ci tenga poco a voi. Tutt’altro.
Ma perché cause di forza maggiore (in cui dovreste includere gli esami di fine sessione) mi attendono a braccia aperte.
Un bacio affettuoso a tutti voi ;)
Lori
  
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