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Autore: Valaus    27/05/2010    11 recensioni
"Un foglio bianco, piccolo, dalla forma rettangolare. Nulla di strano su di esso, tranne una data scritta a penna, nell’angolo in alto a sinistra. 24/12/1994."
Sesta classificata al contest "Dai classici alle Fanfiction" indetto da vogue91 sul forum di EFP
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Fred Weasley, George Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia ha partecipato al contest "Dai classici alle Fanfiction" indetto da Vogue91 sul forum di EFP, classificandosi sesta. Il contest prevedeva la scelta di un autore classico, a cui era associata una sua citazione, un colore ed un clima. Io ho scelto la Austen, a cui corrispondeva la citazione "L'immaginazione di una donna è molto veloce: salta dall'ammirazione all'amore e dall'amore al matrimonio in un momento", tratta da "Orgoglio e Pregiudizio", il Blu notte e l'Uragano. La FF ha inoltre vinto il premio "Inserimento atmosferico".






“Hurricane and Rainbow”





Toc toc toc, toc toc toc.

Fu solo al sesto toc che, finalmente, il cervello di Angelina Johnson registrò che qualcosa stava picchiando contro il vetro della sua stanza. Qualcosa che, per giunta, non sembrava intenzionato a smettere, o almeno non finché lei non si fosse decisa a degnarlo della sua attenzione.
Mugolando, aprì lentamente gli occhi. Lo sguardo le cadde innanzitutto sul comodino, e più precisamente sulla sveglia a forma di coniglio che vi era posata sopra.
Sorrise, come ogni volta che la guardava. Ormai erano passati quasi due anni da quando Roxanne si era presentata in camera sua, il giorno della festa della mamma, con il tipico sorriso sdentato di chi sta iniziando a perdere i dentini da latte ed in mano un buffo pacchetto, incartato alla bell’e meglio.
Non era esattamente l’oggetto più raffinato ed elegante del mondo, ma era il primo regalo che la sua secondogenita le avesse mai fatto, e si rifiutava di separarsene, nonostante stridesse con l’arredamento della stanza e coi suoi 38 anni suonati. E nonostante, ad onor del vero, odiasse i conigli, a causa di uno spiacevole incidente avvenuto durante una lezione di incantesimi durante il suo quarto anno ad Hogwarts, che preferiva non ricordare.
Il sorriso si tramutò in una smorfia di pura ira, quando l’attenzione di Angelina si spostò dal faccino sorridente del coniglietto all’orologio digitale posto sulla sua pancia.
Le sei del mattino?! Chi era quello sconsiderato cerebroleso che si divertiva a svegliarla a quell’ora?!
In cuor suo già conosceva la risposta, ma si rifiutava di credere che davvero si potessero raggiungere simili livelli d’idiozia.
Toc toc toc, toc toc toc.
Il picchiettio riprese, implacabile.
Sbuffando, Angelina calciò le coperte lontano da sé, si alzò dal letto di malavoglia e camminò con passo pesante verso la finestra della camera.
Un gufo grigio stava appollaiato sul davanzale, con un foglio di carta legato alla zampina destra ed uno sguardo che pareva dire “ti sei decisa, finalmente!”.
La donna aprì la finestra quel tanto che bastava per farlo entrare. Il gufo planò fino ad un mobile in legno bianco su cui troneggiavano una serie di foto incorniciate, poi allungò la zampa in direzione di Angelina, invitandola a liberarlo dalla missiva che portava con sé.
Lei gli si avvicinò, slegando il nodo che fissava la lettera all’arto dell’animale. Non appena fu libero, il gufo si alzò in volo, uscendo dalla finestra e perdendosi nella nebbia di quel cielo spento di settembre. La giovane spiegò il foglio di carta ed iniziò a leggere il messaggio che conteneva, mentre nel contempo raggiungeva la finestra e la richiudeva.
Le bastò la prima parola per comprendere immediatamente chi fosse il mittente. Una sola persona al mondo poteva chiamarla “zucchina” senza rischiare di ricevere in cambio una Maledizione senza perdono. Alzò gli occhi al cielo, sbuffando per la seconda volta in pochi minuti.
< George...> mormorò in tono lamentevole, scrollando la testa.
Era ufficiale: Angelina Johnson in Weasley odiava suo marito. E poco importava che avesse condito quel breve messaggio di nomignoli affettuosi ed un “ti amo” finale, quella sera gli avrebbe fatto pagare assai caro quello sgradito risveglio.
Appallottolò il foglio e lo gettò malamente sul letto.
< Ma perché non riesce a pensare alle sue cose da solo?> brontolò, infilandosi le ciabatte ai piedi ed una vestaglia azzurra sopra la camicia da notte.
Sospirando per lo sconforto, prese ad incamminarsi verso la soffitta, facendo attenzione a non svegliare sua figlia mentre passava accanto alla porta della sua stanza. Ci sarebbe mancato solo quello, la peste tra i piedi già all’alba!
Una volta raggiunta la soffitta, si guardò intorno attentamente.
Nella lettera, George le aveva scritto che i documenti che gli servivano per il negozio dovevano trovarsi “da qualche parte vicino agli scatoloni con la roba da Quidditch vecchia”.
Quando si rese conto che le dita di una mano non le bastavano per tenere il conto di quanti scatoloni esibissero la scritta “Quidditch”, un mugolio di disperazione le sfuggì dalle labbra.
Ecco quello che si paga ad essere una giocatrice di Quidditch professionista, sposata con un disordinato cronico che pratica lo stesso sport per divertimento, e con due figli, uno militante nella squadra di Grifondoro ed una che già a sei anni scalpita per poter giocare a sua volta.
L’aspettava di sicuro una bella sfacchinata, se doveva mettersi a controllare effettivamente ogni angolo della vasta stanza. E non era esattamente l’attività migliore da svolgere alle sei del mattino.
Poi, un lampo di genio.
Se era una strega, perché non usare la magia per agevolarsi la vita?
Si complimentò con se stessa per la bella pensata. Estrasse la propria bacchetta dalla tasca della vestaglia e la puntò verso il centro della stanza.
< Accio documenti di George!> pronunciò con convinzione.
Le bastò un secondo per realizzare che aveva fatto una grossa fesseria.
Dalle pile di scatoloni si sollevarono un’infinità di fogli, cartelle e schedari, che volarono verso di lei, travolgendo tutto ciò che si parava loro davanti e seminando il caos più totale all’interno della stanza. Infine, planarono ai suoi piedi, pronti per essere consultati.
Mentre osservava con orrore il macello che aveva causato, le parole del professor Vitious le risuonarono nella mente, come se le avesse udite appena un giorno prima.
Ricordate di essere sempre precisi e dettagliati quando utilizzate un incantesimo di Appello, o potreste ritrovarvi vittime di effetti indesiderati.
Le venne quasi da piangere. Perché era sempre così affrettata?
< Maledetto George, te ne farò pentire da qui all’eternità!> sbottò, pestando irosamente il piede destro per terra.
Prendersela con suo marito, però, per quanto appagante fosse, non l’aiutava a riordinare. Si chinò per terra, dedicandosi innanzitutto alla ricerca dei documenti-pietra dello scandalo.
Li individuò dopo pochi minuti. Stupidi fogli pieni di cifre, addizioni, divisioni e moltiplicazioni. Stupidi documenti contabili per la stupida denuncia dei redditi dello stupido negozio del suo stupido marito.
Li afferrò con la mano destra, stringendoli forse con eccessivo vigore, per poi raggiungere a passo svelto la cucina. Tirò fuori da un cassetto una busta marrone, delle dimensioni necessarie per contenere la cartelletta. Poi estrasse carta e penna, decisa ad aggiungere un messaggio personalizzato.
Lo rilesse, con un ghigno soddisfatto.

Caro zuccone,
Eccoti i documenti per te tanto importanti da dimenticarli in qualche angolo remoto della soffitta. Goditeli, perché ti sono appena costati un mese di sesso.
Tua moglie – ex, se ti azzardi a svegliarmi un’altra volta all’alba per cazzate del genere- Angelina.


Lo fissò con una clip alla copertina della cartelletta, inserì il tutto nella busta e svegliò bruscamente il loro gufo di casa, ordinandogli di consegnarla ai “Tiri Vispi Weasley”.
Solo dopo una buona tazza di caffè decise di risalire in soffitta, per sistemare quel disastro.
Scrutò l’orologio appeso al muro, mentre risciacquava velocemente la tazzina.
Le sette. Aveva ancora un paio d’ore a disposizione prima che Roxanne si svegliasse e cominciasse a lamentarsi perché, nell’ordine, aveva fame, voleva giocare alle bambole con lei, non voleva farsi il bagno e non capiva come mai suo fratello Fred fosse partito per Hogwarts senza di lei.
Ripassò dalla sua stanza, sistemando rapidamente il letto con un colpo di bacchetta e sostituendo la vestaglia e la camicia da notte con una più comoda tuta da ginnastica.
Quando si riaffacciò sulla porta della soffitta, le parve quasi che il disordine fosse addirittura aumentato rispetto ad un quarto d’ora prima.
Sospirò profondamente, cercando in sé la forza per resistere all’impulso di voltarsi, richiudere la porta come se nulla fosse e lasciare la stanza in quelle disastrose condizioni.
Poi, si decise a mettersi al lavoro.



Un’occhiata all’orologio da polso le segnalò che erano da poco scoccate le otto. Angelina si guardò intorno: il marasma di un’ora prima era quasi del tutto scomparso.
Con olio di gomito, forza di volontà ed un consistente aiuto della magia – un encomio a chi l’aveva inventata era dovuto – , era riuscita a sistemare la maggior parte del disordine in meno tempo di quanto avesse previsto.
Almeno, finalmente, il pavimento era di nuovo visibile.
Le restavano giusto un paio di scatoloni e poi il lavoro poteva dirsi concluso.
Si asciugò il sudore con la manica della felpa, poi incantò uno dei contenitori più grossi e, di conseguenza, più pesanti perché si riponesse da solo al posto giusto, mentre lei si dedicava ad una scatola riversa in malo modo per terra.
Nell’impatto, una delle pareti si era sfondata e tutto il suo contenuto si era disseminato per terra. Riparò innanzitutto il lato ammaccato con un colpo di bacchetta, poi si sedette a terra e si sistemò la scatola alla propria destra, pronta ad essere nuovamente riempita.
Ebbe quasi un moto di disgusto quando prese in mano il primo degli oggetti sparsi sul pavimento.
“Manuale avanzato di Pozioni per il Quinto anno”. Il vecchio libro su cui aveva versato innumerevoli lacrime di frustrazione per i compiti infiniti ed impossibili di Piton.
Era inutile, per quanto la sua morte l’avesse riscattato agli occhi della comunità magica, i suoi ex allievi non riuscivano a dimenticare le angherie subite per mano sua. Chiunque non fosse un Serpeverde era stato, prima o poi, vittima delle sue punizioni, dei rimproveri, delle ingiustizie, delle iniquità. Se poi si era un Grifondoro, pure peggio.
Ricordò con orrore la volta in cui fu costretta a scrivere un tema di trenta pagine sui molteplici usi della bava di rospo, descrivendo nello specifico come ricavarla e come accertarsi che la consistenza e la qualità fossero adatte per essere impiegate in una pozione.
Una punizione tanto disgustosa quanto sfiancante. E tutto perché qualcuno aveva gettato un petardo nel suo calderone, facendone esplodere il contenuto in faccia al professore.
Digrignò i denti. Ecco un’altra cosa per cui George gliel’avrebbe pagata, una volta tornato a casa.
Non che Angelina fosse solita portare rancore a lungo, ma quando era particolarmente irritata aveva la straordinaria capacità di ricordare anche il più piccolo sgarbo o la più insignificante parolina di troppo da rinfacciare al marito. Aveva decisamente la tempra della leonessa, come spesso lui stesso le diceva.
Ad uno ad uno, sistemò i vari libri all’interno dello scatolone. Spesso si chiedeva come mai li conservava ancora, ma era una domanda che trovava facilmente una risposta: per ricordo. Ricordo degli anni passati, della sua gioventù, delle mille avventure vissute, delle prime cotte, degli amici che erano invecchiati assieme a lei e di quelli che si erano persi nel tempo, dell’orgoglio di essere stata una Grifondoro. Ricordi da cui non voleva separarsi, come se quei libri costituissero il legame tra la Angelina attuale e quella di vent’anni prima.
Sorrise, rimirando la copertina del suo vecchio “Libro mostro dei mostri”, ormai troppo anziano e stanco per minacciare di mordere alcunché. Lo carezzò amorevolmente, testimonianza tangibile del tempo trascorso forse troppo in fretta. Questo rispose con un mugolio sommesso ed un sorrisetto che, nonostante mostrasse canini affilati e pronti a recidere di netto un’eventuale vittima, non aveva più nulla di spaventoso o terrificante.
Lo sistemò all’interno dello scatolone, assieme agli altri. Solo due libri erano rimasti sul pavimento. Il primo era chiaramente il vecchio volume di Storia della Magia. Facile intuirlo dal fatto che era l’unico conservato quasi in perfette condizioni, come se nessuno lo avesse mai aperto. Perché, del resto, nessuno eccetto Hermione Granger l’aveva mai effettivamente consultato.
L’altro era più piccolo e decisamente più consunto. Ricoperto da una copertina rossa sgualcita ai bordi, non recava alcuna scritta che permettesse d’identificarlo.
Non lo ricordava. Lo raccolse da terra con un’espressione curiosa e perplessa. Se lo rigirò tra le mani delicatamente, per paura di romperlo più di quanto già non fosse. Ma, al di là di questo, c’era qualcosa nella sua testa che le diceva di trattarlo con cura, come se fosse l’oggetto più prezioso del mondo. Non ne comprendeva il motivo, dato che non ricordava di cosa si trattasse.
Mentre analizzava la copertina con dubbiosità, un foglio scivolò da una delle pagine ancora chiuse, posandosi tra le gambe della moretta.
Lo afferrò con le dita della mano destra. Un foglio bianco, piccolo, dalla forma rettangolare. Nulla di strano su di esso, tranne una data scritta a penna, nell’angolo in alto a sinistra.
24/12/1994.
Un improvviso peso le avviluppò lo stomaco, come se un macigno le fosse precipitato addosso e la stesse schiacciando. Le mancò quasi il respiro, mentre le mani iniziarono a tremare convulsamente, in maniera incontrollabile.
Non era un semplice pezzo di carta. Era la porta dell’Inferno.
Combattendo contro la parte razionale di sé, che le urlava di disfarsi di quell’oggetto gettandolo il più lontano possibile da lei e dimenticandosi della sua esistenza, lo voltò lentamente.
Sapeva che la superficie bianca su cui si stagliavano quelle cifre era in realtà solo il retro. Il retro di una foto.
Di quella foto.
Sussultò, mentre un gemito le sfuggiva dalle labbra. Per anni aveva creduto di essersene liberata, ed invece era ancora lì.
La foto, così come tutte le sensazioni che essa comportava.
Ritratta in quel rettangolo di carta c’era lei, più giovane di ventidue anni. Sorrideva felice, i suoi occhi scuri brillavano di quello scintillio che solo la gioia pura sa infondere. I lunghi capelli color ebano erano raccolti sopra la testa, in un’acconciatura semplice ma elegante, adornata da un fiore bianco sul lato destro.
Un lungo abito color Blu notte le fasciava sinuosamente il corpo fresco e tonico da sedicenne, mostrando in maniera velata le curve appena pronunciate, sentore delle fattezze di vera donna che di lì a poco avrebbe assunto.
Ricordava quel vestito, era stato lui a sceglierlo. Diceva che s’intonava perfettamente con la sua pelle color cioccolato, coi suoi occhi ed i suoi capelli. Era il colore perfetto per Angelina a suo parere. Ed era il suo colore preferito, per giunta.
Doveva dargliene atto, come aveva fatto anni prima. C’aveva decisamente visto giusto, quel vestito e quel Blu notte la rendevano splendida come mai era stata prima, e forse mai più sarebbe stata.
Quando l’aveva vista scendere le scale, la sua bocca si era spalancata un po’ troppo eccessivamente. Lei ne aveva riso, divertita e compiaciuta al tempo stesso. Le aveva detto che sembrava una Dea, un angelo tentatore appena sceso dal cielo. Poi si era inginocchiato a terra, ringraziando Merlino per tale generosa concessione con tono melodrammatico e volume della voce fin troppo alto. Tutta la sala comune di Grifondoro era scoppiata a ridere a crepapelle, lei compresa.
Tipico da parte sua. Prima ti seduceva con parole dolci e lusinghe, poi non riusciva a resistere all’impulso di rovinare tutto con qualche cavolata delle sue. Eppure, questa era la chiave del suo fascino. Lo conosceva da anni, ma nonostante questo il suo atteggiamento non riusciva a diventare scontato e noioso.
Pura adrenalina. Un uragano, così lo definiva sempre lei.
Il mio uragano.
Lo sguardo di Angelina si spostò sulla figura ritratta al proprio fianco. Spalle larghe, fisico alto ed asciutto ma ben tornito grazie ad anni di allenamenti di Quidditch, uno smoking nero ereditato da uno dei suoi fratelli maggiori, un largo sorriso, qualche efelide qua e là sul naso, ed una massa di capelli rossi. I tipici tratti Weasley, inconfondibili.
A prima vista, quella sarebbe potuta sembrare una foto dei due coniugi Weasley da giovani, ai tempi di Hogwarts, durante il Ballo del Ceppo.
Peccato che il ragazzo che Angelina stringeva non fosse suo marito George.
No, non era lui.
Era suo fratello.
Fred Weasley.
Passò lentamente un dito sulla foto, sfiorando la figura del ragazzo, che rispose facendole l’occhiolino e scatenando l’ilarità della Angelina sedicenne.
< Fred...> sussurrò, quasi come se stesse cercando di chiamarlo.
Ovviamente, lui non rispose.
La donna sospirò, osservando ancora una volta lo sguardo della giovane se stessa in quel ritratto. Era lampante come il sole ciò che provava per il ragazzo al proprio fianco. Glielo si leggeva negli occhi.
Amore.
Perché era così, Angelina Johnson, la Grifondoro sedicenne Angelina Johnson, amava Fred Weasley. Lo aveva amato con tutta se stessa, e forse una parte di lei continuava ancora ad amarlo, e mai avrebbe smesso di farlo.
Ricordava ancora il modo buffo e spontaneo in cui le aveva chiesto di andare al ballo con lui. Con una casualità ed una leggerezza che l’avevano fatta sorridere. Impossibile dirgli di no, anche se il suo invito era risultato essere semplicemente un modo per dimostrare al fratello minore Ron quanto fosse facile ottenere una ragazza per il ballo.
Eppure, Angelina non aspettava altro. Da cinque, lunghi anni, Angelina non aveva atteso altro se non un invito di Fred Weasley. Al ballo, ad uscire, a studiare insieme. Qualunque cosa, qualunque cenno che le facesse intendere che anche lui era interessato a lei.
Perché lei lo era. Oh, se lo era! Aveva perso la testa per lui già il primo anno, quando ancora erano due bambini, e da allora aveva sempre vissuto aspettando il momento in cui Fred si accorgesse di lei. E, finalmente, Fred l’aveva notata.
Certo, era andato al ballo con lei più che altro per andarci con qualcuna, ma era stato in quell’occasione che lui, finalmente, l’aveva davvero notata. Ed aveva imparato a volerle bene. Ad amarla, persino.
Ma mai quanto lei amava lui. Mai, perché lei lo amava con tutta se stessa, mentre lui non avrebbe mai potuto. Una parte di sé non avrebbe mai potuto amare lei perché era già occupata.
Era la parte di George.
Fred era stato molto chiaro al riguardo. Quasi brutale, ma l’aveva fatto per il suo bene.
Lui non avrebbe mai potuto amarla totalmente come faceva lei, non avrebbe mai potuto investire tutto se stesso in quella relazione. Perché “tutto se stesso” includeva anche il suo gemello. Non voleva né poteva lasciarlo da parte.
Angelina sospirò amaramente, al ricordo di quella triste conversazione. Era l’estate dei suoi M.A.G.O., l’estate in cui diventava ufficialmente un’adulta. Aveva fatto progetti sullo sviluppo della sua storia con Fred, ora che Hogwarts era alle loro spalle. Progetti di una vita insieme, una famiglia, dei figli.
L’immaginazione di una donna è molto veloce: salta dall’ammirazione all’amore e dall’amore al matrimonio in un momento. Quella frase, letta su uno dei tanti libri assegnati durante il corso di Babbanologia, le era sempre rimasta impressa, senza un reale motivo.
Effettivamente, si era rivelata fin troppo veritiera, almeno per ciò che la riguardava. La sua immaginazione aveva viaggiato con la velocità di un fulmine.
Peccato che la realtà si fosse dimostrata ben diversa. La realtà era che Fred sì, l’amava, ma non quanto lei amava lui. Fred le aveva confessato di non riuscire ad immaginare la propria esistenza lontano dal fratello, Fred non voleva metter su una famiglia di cui George non facesse parte.
Lei non lo comprendeva. Non aveva gemelli, non comprendeva questo folle attaccamento del suo ormai ex ragazzo verso il proprio fratello. Ma lo accettava. Non poteva fare altrimenti.
Era una calda giornata di luglio, quando Fred le disse di non voler e non poter proseguire oltre con la loro storia. Come un uragano, spazzò via in un sol colpo tutti i suoi sogni, i progetti, le speranze per il futuro.
Angelina, da buona e fiera leonessa, ingoiò con coraggio il boccone amaro, ed andò avanti con la propria vita. Fu dura, fu estremamente dura cercare di lasciarsi alle spalle i sentimenti che ancora provava per lui. Non ci riuscì mai del tutto, ma lentamente imparò a conviverci, e ad essere comunque felice rimanendo semplicemente sua amica.
Finché...
Serrò con forza gli occhi, trattenendo il respiro. Un’espressione di sofferenza le corrugò la fronte, ed un groppo le salì in gola.
Erano passati diciannove anni da allora, eppure faceva ancora male. Era ancora una ferita aperta, ed ogni ricordo pareva gettarci sopra del sale.
Fred era sempre stato il suo uragano. Il giorno in cui Fred morì, colpito da un Mangiamorte durante la sanguinosa Battaglia di Hogwarts, quell’uragano investì in pieno il cuore di Angelina, lasciandosi dietro solo devastazione. Una landa desolata, fredda, decadente. Morta, come morto era lui.
Una lacrima scivolò, silenziosa e vigliacca, sulla sua guancia color ebano, cadendo proprio sulla foto che ancora reggeva tra le mani.
Angelina ne aveva versate mille, di lacrime come quelle. Aveva pianto tutto ciò che poteva piangere, ed anche di più.
Dopo la morte di Fred, il mondo aveva smesso di essere il bel posto pieno di opportunità, gioia e speranza che era sempre stato. Dopo la morte di Fred, il mondo aveva semplicemente perso qualunque senso.
Solo una cosa l’aveva tenuta ancorata alla vita. Anzi, solo una persona.
George.
George, il suo George, il loro George. Il George di Angelina, ed il George di Fred.
Spesso lei si era chiesta come fosse possibile amare tanto intensamente una persona, e non provare lo stesso tipo di sentimento per colui che gli somigliava in tutto, aspetto, carattere, modi di fare, tutto. Inspiegabile, eppure era così. Lei amava Fred. E per George, che era la sua goccia d’acqua, provava solo un forte sentimento d’amicizia, nulla di più.
Proprio quel forte legame l’aveva spinta a stargli vicino. Dopotutto, chi se non lei poteva comprendere appieno il dolore ed il profondo sconforto che quella dipartita significava per lui?
Angelina era stata l’unica persona che George aveva voluto accanto a sé, nei mesi successivi alla morte del fratello. Rifiutava tutti, persino i suoi genitori. Ma lei no, a lei era concesso stargli accanto.
Perché il dolore di Angelina era il dolore di George, e viceversa. Uniti nella sofferenza, col passare del tempo si erano ritrovati uniti anche nell’amore.
Un amore diverso da quello che aveva provato per Fred. Perché lui era stato il primo, quello che l’aveva accompagnata nel suo passaggio da bambina ad adolescente.
George era il suo amore di donna. George era il suo amore di moglie, di madre, di migliore amica, di compagna per la vita.
Ma non era stato semplice. Per nulla.
Voltare pagina non è mai qualcosa di facile. Voltare pagina rispettivamente con la ragazza del tuo deceduto fratello e la copia sputata del tuo trapassato ex ragazzo lo è ancora meno.
Non si erano innamorati come nelle belle favole che raccontava ogni sera a Roxanne. No, era stato un processo lungo e tortuoso. Fatto di incertezze, rimorsi, rabbia, litigi, di tre passi avanti e dieci indietro.
Ora riusciva a riguardare al passato e sorriderne, ma viverlo era stato tremendamente doloroso.
Ricordava ancora la prima volta che avevano fatto l’amore, lei e George. Non era stato bello, romantico, dolce o passionale.
No, era stato più che altro sesso rabbioso, malinconico e violento. Si erano ritrovati quasi inconsapevolmente l’uno tra le braccia dell’altra, dopo mesi di agonia condivisa, mesi di reciproci tentativi di risollevare l’altro dalla depressione in cui entrambi versavano per poi ritrovarsi più affranti di prima.
Ancora allora Angelina non avrebbe saputo dire come fosse successo. Tutto ciò che ricordava era che un minuto prima sedevano sul letto di George, ricordando il Blu notte del vestito che lei aveva indossato al Ballo con Fred, e un minuto dopo erano nudi ed avvinghiati l’uno nell’altra.
Ma ciò che ricordava più distintamente era stato il suo risveglio, la mattina dopo.
Quando aveva aperto gli occhi, nella penombra della camera aveva immediatamente scorto la figura di George. Sedeva sulla poltrona ai piedi del letto e la fissava, una bottiglia di Whisky Incendiario stretta nella mano destra ed una vuota abbandonata sul pavimento.
Non appena i loro sguardi si erano incrociati, George le aveva sorriso. Di un sorriso strano, insolito per lui. Un sorriso angosciato e furibondo al tempo stesso, più un ghigno. Un sorriso da ubriaco triste, schifato da se stesso e dagli altri. Da lei, più precisamente.
Aveva gettato la bottiglia per terra, noncurante dei danni che quel gesto avrebbe provocato al suo tappeto, ed aveva unito le mani più e più volte, in un lento applauso. Poi, aveva tirato fuori un’altra bottiglia da dietro la poltrona, stappandola coi denti, e l’aveva alzata verso di lei, a mo di brindisi.
< Complimenti Angelina,> le aveva detto con voce strascicata, ma fredda e pungente come il ghiaccio < Adesso puoi vantare con orgoglio di esserti fatta entrambi i gemelli Weasley!>
Dischiuse gli occhi, posandoli nuovamente sul bel sorriso del sedicenne Fred. Con una mano si asciugò la lacrima dispettosa che era sfuggita al suo controllo. Sospirò, mentre un’espressione serena distendeva il suo bel volto.
Fred Weasley era stato il suo uragano.
La sua morte, per lei e George, ne aveva avuto la stessa forza devastante.
Ma loro, pazientemente, passo dopo passo, erano stati capaci di ricostruire dalle macerie, dando vita ad un nuovo e luminoso mondo. L’uragano era passato, li aveva travolti, ma loro avevano saputo rialzarsi in piedi, insieme, grazie alla forza di quell’amore che lentamente ed inaspettatamente si era fatto spazio nei loro cuori.
Sorrise. Ora ricordava quel libricino rosso, quel consunto diario dove per anni aveva custodito gelosamente i suoi segreti, dove mille volte aveva scritto il nome “Angelina Weasley”, senza sapere che un giorno la sarebbe diventata davvero. Ed ora, ricordava anche cosa l’aspettava alla fine di quel diario.
Scorse rapidamente le pagine ingiallite dal tempo, fino a raggiungere l’ultima. Lì, parecchi anni prima, aveva scritto la registrazione conclusiva del custode dei suoi pensieri di ragazzina. L’ultimo, il suo primo pensiero da donna, troneggiava al centro del foglio.

Amo Fred Weasley.
Amo George Weasley.



Fred aveva ragione, loro due erano davvero “tutto se stesso”. Perché Fred era il passato che mai sarebbe stato cancellato, mentre George era il presente, ed era il futuro.
Ma il futuro era anche Fred, sottoforma di suo figlio, Fred jr, che portava avanti la vita che il suo defunto zio aveva lasciato a metà con la stessa energia ed ironia.
Angelina Johnson in Weasley aveva amato entrambi, li amava tuttora, ed avrebbe continuato ad amarli per sempre.
Voltò la pagina, certa di ciò che l’aspettava.
Lì, fissata con un pezzo di scotch alla parte interna della copertina, un’altra foto.
Due facce identiche. Stesso sorriso, stesso sguardo, stesse lentiggini, stessi capelli rossi. Uno accanto all’altro, a spalleggiarsi, complici come erano stati sin dal primo giorno della sua vita.
I suoi ragazzi.
Sorrise dolcemente. Era vero, faceva ancora male. Ma ormai il dolore era sopportabile. Serviva solo da memento, per non dimenticare mai.
Sebbene Angelina fosse certa che, anche volendo, non ne sarebbe mai stata capace.
Con un’ultima, nostalgica occhiata alla se stessa sedicenne, posò la foto del Ballo sopra quella dei gemelli. Sfiorò l’immagine del suo cavaliere con l’indice, teneramente.
< Ciao Fred.> sussurrò, richiudendo pian pianino il prezioso libretto.
Lo ripose all’interno dello scatolone con delicatezza. Poi, con un colpo di bacchetta, richiuse il contenitore e lo posizionò assieme agli altri, in un angolo della soffitta.
Prima di voltarsi ed uscire dalla stanza, un pensiero la colpì. La consapevolezza che stava vivendo un’esistenza meravigliosa accanto ad un uomo stupendo, l’uomo che amava e che a sua volta la amava, e ai loro due bellissimi bambini. Due piccoli uragani, come il loro padre e il loro zio.
E questa vita incantevole, dopotutto, la doveva anche a Fred.
Quando la stanza si svuotò di ogni presenza fisica, rimase solo l’eco del suo “grazie”, sussurrato sulla porta, con un sorriso.



L’orologio della cucina segnava le otto e mezza del mattino, quando il rumore di un pop avvertì Angelina che qualcuno si era appena materializzato nel suo salotto.
Non ebbe neanche bisogno di interrompere il suo lavoro ai fornelli e voltarsi, per capire di chi si trattava.
Una serie di passi frettolosi raggiunsero la stanza, bloccandosi a pochi metri dalla donna.
< Angie.>
Lei sorrise, continuando a dargli le spalle.
George interpretò il silenzio della moglie come un brutto segno.
< Amore mi dispiace, non volevo farti arrabbiare, ma chiedere il divorzio per un gufo alle sette del mattino non ti sembra un po’ esagerato?> le domandò, inarcando un sopracciglio.
< Sei.> lo corresse lei.
< Sì ok, sei... eddai, lo sai che non ti avrei svegliato se non fosse stato assolutamente indispensabile!>
Angelina continuò a cucinare, come se nulla fosse.
< Se quei documenti erano così “indispensabili”, come mai li avevi scordati a casa, in soffitta, assieme alla roba da Quidditch vecchia?>
Il rosso mosse un passo verso la moglie, cauto.
< Beh, sai come sono fatto no?> le rispose, abbozzando una risatina.
La mora scrollò lentamente il capo.
< Alla tua età sarebbe il caso di cambiare.>
George sospirò.
< Ok, ti prometto che cambierò, cercherò di essere meno... meno George ed un po’ più “Signor Weasley”.> sottolineò l’ultimo appellativo con una nota di disgusto, come se l’idea di essere chiamato in quel modo non lo entusiasmasse affatto < E ti prometto che non ti sveglierò più all’alba per le mie cazzate. Basta che mi perdoni.>
Angelina spense il fornello, lasciando che la pancetta appena abbrustolita si raffreddasse nella pentola. Posò il mestolo che aveva usato per cucinare sul ripiano alla propria sinistra e si pulì le mani sfregandole contro i pantaloni della tuta.
Poi si voltò verso il marito, mostrandogli un largo e caloroso sorriso. Lo raggiunse, gettandogli le braccia al collo e schioccandogli un lungo bacio sulle labbra.
< Guai a te se ti azzardi a cambiare anche solo di una virgola, George Weasley!> gli fece, ancora abbracciata a lui < E per la cronaca, puoi svegliarmi all’alba tutte le volte che vuoi.>
George inarcò le sopracciglia, confuso.
< Sei sicura di stare bene?>
Lei annuì.
< Mai stata meglio, amore.>
Le labbra dell’uomo si allungarono in un sorrisetto ironico.
< Beh.. se questo è ciò che mi merito, credo che ti sveglierò più spesso alle prime ore del mattino!>
Angelina gli sorrise, per poi allungarsi verso di lui per un altro bacio.
Fred Weasley era stato il suo uragano.
George Weasley era la sua quiete dopo la tempesta.
Lui era il suo arcobaleno, che si stagliava maestoso in un cielo finalmente limpido e senza nuvole.









6°Classificata
Valaus- Hurricane and Rainbow

-Grammatica: 10/10
Non ci sono errori. Né a livello sintattico, né a livello grammaticale. La punteggiatura è perfetta, così come l’utilizzo dei tempi verbali. Zero appunti da fare, non c’è niente di rilevabile. Complimenti.

-Lessico: 9/10
Il lessico è generalmente buono. Anzi, ottimo. L’unica cosa che mi ha fatto storcere un po’ il naso è stato l’inserimento di parole quali “grossa fesseria” e “macello” che, a mio modestissimo parere, stonano un po’ nel momento in cui sono utilizzate al di fuori dei dialoghi (mentre al loro interno non fanno lo stesso effetto, in quanto sono pensieri tangibili dei personaggi). Spero di essere stata chiara. Comunque, non è niente di trascendentale.

-Stile: 10/10
Lo stile è pressoché perfetto. Utilizzi la punteggiatura alla perfezione, in modo tale da rendere la lettura scorrevole. È davvero facile andare avanti nella storia, non ci si arena mai in nessun punto, unendo una buona dose di piacevolezza. Stile encomiabile.

-Originalità: 9.5/10
Diciamo che di storie su George ed Angelina se ne leggono. Eppure hai scelto di prendere in esame un punto di vista davvero intrigante, la scissione di Angelina fra i due gemelli tramite il ricordo di Fred è un’idea interessante, oltre che ben sviluppata.

-Attinenza alla citazione: 14/15
Diciamo che la citazione è inserita bene. Non ti ho dato il massimo del punteggio solo perché si sarebbe potuta protrarre di più lungo la storia, mentre così sembra quasi che resti ferma al momento in cui viene scritta, salvo alcune riprese secondarie. Ciò non toglie comunque che il momento in cui hai deciso di porla è più che azzeccato, e riprende alla perfezione i sentimenti di Angelina.

-Attinenza al colore e clima assegnati: 15/15
Mi è piaciuto immensamente come tu abbia reso l’uragano una metafora e come l’abbia contrapposto all’arcobaleno. Così come l’inserimento del colore appare fluido, assolutamente non forzato, in ogni occasione in cui lo citi. Hai rispettato alla perfezione le indicazioni.

-Trama: 5/5
Mi è piaciuta parecchio la struttura della storia, come hai utilizzato un nucleo centrale di reminescenze dal passato. È come se, partendo da un presente più che reale, fatto di praticità, si passi ad una vita lontana, quasi un sogno, da cui è necessario svegliarsi. La vicenda, nonostante il tutto si basi in maggior parte sull’introspezione, è ben sviluppata, e la conclusione così come l’hai scritta appare quasi inevitabile, tuttavia è espressa con chiarezza.

-IC: 10/10
Di Angelina viene trattata poco la caratterizzazione, sia dalla Rowling che per quanto riguarda i film. In questo caso quindi più che di IC, mi trovo costretta a parlare di caratterizzazione. Ed è perfetta. Hai reso benissimo i pensieri di una donna divisa, di una donna che porta dentro di sé un dolore da ormai troppo tempo, e che è riuscita pian piano a risollevarsi, non potendo però mai fuggire del tutto dal peso dei ricordi. Per quanto riguarda Fred e George, li ho trovati IC, in particolar modo per quanto riguarda la scelta di Fred, che non potrebbe mai condurre una vita che non implichi anche il fratello. Quest’ultimo mi ha causato qualche problema nella valutazione. Precisamente nel punto in cui narri la mattina dopo che lui e Angelina sono stati a letto insieme, mi sono trovata davanti un George che non si era mai visto prima. Eppure bisogna prendere atto del fatto che il fratello è morto, che lui si sente perso, quasi sporco per quello che ha fatto, e che dunque la sua amarezza è più che giustificabile.

-Giudizio personale: 5/ 5
Ho amato questa storia. La dualità che si crea fra l’uragano e l’arcobaleno, e quindi fra Fred e George, nei pensieri e nei ricordi di Angelina è davvero meravigliosa, in quanto riesce ad esprimere con una semplicità disarmante tutto quello che lei prova nei confronti dei due. Tra l’altro, ho trovato piacevolissimo il contrasto fra la parte centrale, pervasa di dolore, di ricordi spiacevoli e di una fase di transizione a dir poco travagliata, con la sensazione di serenità che trasmette il finale, un lieto fine che George ed Angelina sembrano meritarsi. Ti faccio davvero i miei complimenti.
Totale: 87.5/90




Sono molto contenta del risultato ottenuto e del giudizio :)
Fred e George sono sempre rientrati a pieno nel novero dei miei personaggi preferiti (si può non amarli?!), da un bel pò progettavo di scrivere qualcosa su di loro, anche se confesso che pensavo a qualcosa di meno tragico xD
Angelina... beh, diciamo che tendenzialmente, esclusa Hermione, mi sono sempre ritrovata a parteggiare per le cosiddette "donne sfigate" della saga di HP, quelle che non vengono quasi mai prese in considerazione e svolgono ruoli assolutamente secondari o che comunque vengono snobbate rispetto ad altre. Angelina rientra a pieno titolo in questa categoria. Mi è sempre piaciuta, da quel poco che mamma Row ha scritto di lei mi è sempre parsa una tipa con le palle. Non le è stato dato eccessivo spazio nella saga, ma è un personaggio che mi ha sempre intrigato parecchio.
E poi, che lei sia andata al ballo con Fred è una realtà. Come è una realtà che, alla fine, ha sposato George. Mi sono spesso chiesta perchè, come fosse successo, come avesse potuto passare da un gemello ad un altro e cosa ci fosse dietro tutta questa faccenda.
La mia FF, in parte, è un umile tentativo di rispondere brevemente ad alcune di queste domande, sempre che qualcun altro oltre a me se le sia poste! ;)
Ringrazio in anticipo chiunque vorrà leggere e commentare, mi complimento con le altre partecipanti e ringrazio di nuovo vogue91 che indice sempre contest MERAVIGLIOSI a cui non riesco a non partecipare!! *_*
Alla prossima!!





   
 
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