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Autore: RBlaine    28/05/2010    3 recensioni
[Prima classificata a
parimerito al contest "La vita segreta della parole" e vincitrice del
premio "Aforisma"]
Zabusa camminava veloce tra le strade della città, il volto
minaccioso che avvertiva i passanti di non intralciargli la strada.
Sapeva che doveva sbrigarsi, lo sapeva. La sua arma preferita stava per
essere spezzata, e lui non poteva permetterselo.
Non c'è
nient'altro.
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Haku, Zabuza Momochi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Petali Autore: Hanil
Frase scelta: Lascia che il dolore maturi il suo tempo. Cadrà a terra come le foglie d'autunno. Il vento lo spazzerà via e l'inverno lo congelerà, lasciando spazio a una nuova primavera...
Titolo: Petali
Personaggi: Zabusa; Haku; OC di contorno
Pairing(s): Zabusa/Haku
Genere: Malinconico/Drammatico(/Azione)
Rating: Giallo - per sicurezza -
Avvertimenti: AU/shonen-ai accennato
Breve introduzione alla storia:
Zabusa camminava veloce tra le strade della città, il volto minaccioso che avvertiva i passanti di non intralciargli la strada.
Sapeva che doveva sbrigarsi, lo sapeva. La sua arma preferita stava per essere spezzata, e lui non poteva permetterselo.
Non c'è nient'altro.
Note dell’autore: Non so bene cosa dire xD Allora, nella storia non è specificato, ma Zabusa appartiene alla Yakuza. L'okiya è la "casa delle geishe", ossia un luogo dove vivevano sia le apprendiste, per essere istruite, sia le geishe che non potevano permettersi o non desidaravano avere una casa propria. Ah, le geishe sono nate per essere uomini [cit Wikipedia], per questo ho ritenuto possibile far fare ad Haku questa carriera. Credo sia tutto xD L'ho scritta di fretta e probabilmente non riuscirò nemmeno a controllarla, ma questo contest mi piaceva davvero.




Zabusa camminava veloce tra le strade della città, il volto minaccioso che avvertiva i passanti di non intralciargli la strada.
Sapeva che doveva sbrigarsi, lo sapeva. La sua arma preferita stava per essere spezzata, e lui non poteva permetterselo.
Non c'è nient'altro.

- Zabusa-san? -
L'uomo si voltò verso la figura appena comparsa sulla soglia.
Lasciò scivolare lo sguardo sul kimono bianco e sul pesco d'argento ricamato sulla stoffa pregiata, fino ad arrivare al volto delicato.
- Ti ho mandato a chiamare quasi mezz'ora fa. - disse, infastidito.
- Perdonatemi, ma ero andato a fare una commissione per l'okiya - Il ragazzo si avvicinò ai cuscini su cui l'uomo era semidisteso, inginocchiandosi vicino a lui.
- Oggi il cielo è di un azzurro intenso, non trovate? Il sottile dolore che si prova a guardarlo mi ricorda il riflesso del sole sul ghiaccio, intorno alla mia vecchia casa - continuò, versando una piccola quantità di saké in una tazzina e porgendola all' uomo.
Egli l'accettò senza una parola, svuotandola in un sorso. - Perchè parli di questo? Non te l'ho chiesto - replicò, annoiato.
- Di che cosa Zabusa-san vuole che parli? -
L'uomo lo osservò per un lungo istante. - Visto che di meglio non sai fare, raccontami una storia - ordinò, allungando la mano per farsi versare altro saké.
Il ragazzo riempì nuovamente a metà la tazzina e posò le mani sulle cosce fasciate dal kimono. Stette in silenzio per qualche attimo, poi cominciò a raccontare:
- Molto tempo fa, sulle pendici del fonte Fujiama, viveva una fanciulla di nome Yuki. Aveva lunghi capelli neri e la sua pelle era pallida come la neve, ed a questo era dovuto il suo nome. Il luogo dove viveva era pieno di pace, ma il suo animo non riusciva ad essere sereno: nel villaggio vicino alla sua casa tutti la evitavano a causa delle voci che giravano su sua madre. Si diceva che fosse una strega, un demone con sembianze umane, perchè conosceva le erbe e viveva da sola circondata dal ghiaccio. Così Yuki, quando si recava nel villaggio per comperare qualcosa, era costretta a sentire gli insulti e le cattiverie rivolte a sua madre e perfino a lei, che non aveva fatto nulla. - Il ragazzo s'interruppe un'attimo, per dare tempo all'uomo di protestare se mai la storia gli fosse parsa noiosa; ma egli sembrava stranamente concentrato.
- Così - riprese il ragazzo - un giorno la ragazza non riuscì più a sopportare le parole degli abitanti: sentì una grande rabbia attanagliarle il cuore, e prima che potesse capire cosa stesse succedendo, uno strano freddo s'impossessò del suo corpo, e una grande luce sembrò scaturire direttamente dalla sua pelle chiara. Quando tutto finì, gli abitanti erano terra, senza vita, e il terreno era diventato rosso. Yuki non sapeva cosa fosse successo, ma scoprì che lo spettacolo davanti a lei le piaceva, e che la rabbia le aveva lasciato un piacevole retrogusto di soddisfazione.
Quando la madre venne a sapere cos'era successo, la caccio di casa. Le disse di trovare un posto dove potersi nascondere, perché presto gli abitanti dei villaggi vicini sarebbero venuti a conoscenza della strage e avrebbero subito pensato a loro. Yuki non aveva avuto altro che lei fin dalla sua nascita, e l'amava molto. La implorò di andare con lei, perchè se l'avessero trovata lì l'avrebbero sicuramente uccisa. Ma la madre le consegnò viveri e vestiti e chiuse la porta dietro di se. Yuki si allontanò nella neve piangendo.
Qualche giorno dopo, Yuki tornò indietro. Il pensiero di sua madre e della sua casa era troppo forte per poterlo ignorare, così, affamata e tremante, si ricongiunse con la vecchia casa. Ma ciò che vi trovò fu peggio della lontananza: sua madre giaceva abbandonata contro una roccia, una profonda ferita alla tempia ancora fresca. Gli uomini avevano lasciato come testimonianza le impronte sulla neve.
Yuki cadde in ginocchio e urlò fino a perdere la voce. Si rotolò a terra e si comportò da pazza per giorni e giorni, finché, finalmente, il dolore non parve placarsi quel tanto da concederle di alzarsi. Con le lacrime ghiacciate sulle guance, s'incamminò verso il bosco, e vi sparì dentro. Scomparve per sempre.
Di tanto in tanto, lentamente nel corso degli anni, nelle grandi città arrivava la notizia di un villaggio spazzato via da una bufera di neve. Per un po' le persone si preoccupavano e atteggiavano il volto a disgrazia, ma presto la vita tornava a scorrere come prima, e i piccoli paesini venivano relegati in un angolo della mente, fino ad essere rimpiazzati con un nuovo villaggio distrutto. Per qualche tempo nessuno osò più avventurarsi sul monte Fujiama.
Poi, di colpo come erano iniziati, questi avveniamenti finirono. Pian piano le persone ricominciarono a tornare sul monte, e i villaggi vennero ricostruiti.
Adesso, se durante una nevicata si piega il collo fino a far entrare in un orecchio un fiocco di neve, si può sentire un canto malinconico e rabbioso scendere dalla cima del monte -
Quando il ragazzo tacque, nella stanza cadde un piacevole silenzio, inframmezzato dal cinguettio degli uccellini in giardino.
Il sole illuminava a strisce il tatami su cui erano seduti, facendo brillare il ricamo sul kimono del ragazzo.
- Umph - L'uomo spezzò all'improvviso quel momento idilliaco, alzandosi in piedi e dirigendosi alla porta. Il ragazzo lo aiutò ad infilare le scarpe, poi si alzò in piedi per accompagnarlo fino all'uscita della Sala da Té.
- Sei stato bravo. Era una bella storia. - disse l'uomo, aprendo la porta.
- I gusti di Zabusa-san mi stanno molto a cuore -
- Bene - l'uomo sorrise, posandogli una mano sul capo. - Passerò domani. Sarà un giorno importante -
Il ragazzo fece un piccolo inchino, prima che l'uomo uscisse dal locale.

Zabusa ricordava perfettamente quel piccolo ponte. A quel tempo era ricoperto di neve, e il fiume sotto di lui era ghiacciato. Adesso i ciliegi che si trovavano al suo inizio e alla sua fine erano fioriti, e l'acqua scorreva placida seguendo la corrente.
Zabusa non si fermò e lo attraversò in fretta. Non aveva tempo. Tutto il lavoro di quegli anni sarebbe potuto svanire da un momento all'altro.
Non c'è nient'altro

La neve cadeva leggera quella notte, illuminata a tratti dai lampioni accesi ai margini delle strade. Tutto era silenzioso, ovattato, ed incredibilmente bianco.
Zabusa strinse la sciarpa attorno al collo, avanzando lentamente. Stava tornando dalla Casa da Té Hachibi, una delle più famose della città, ma la serata non era stata particolarmente interessante. L'unica cosa positiva era stato il saké.
La strada non era quella che percorreva abitualmente, così non era sicuro di stare andando nella giusta direzione. Adocchiò in lontananza un piccolo ponte che gli sembrava di aver già visto all'andata, e decise di seguire quella via.
Avvicinandosi, però, notò una piccola figura rannicchiata su se stessa, coperta da un sottile scialle di lino, che quando sentì i suoi passi avvicinarsi, alzò il volto e lo squadrò curiosa. Zabusa inarcò un sopracciglio: essendo il ponte tanto piccolo, intralciava il suo passaggio. Gli disse con durezza di spostarsi, ma quella rimase immobile. Quando le dette un piccolo calcio, finalmente si decise a parlare, anche se non nel modo in cui Zabusa aveva creduto.
- La neve è uguale nei nostri occhi - disse, con tono stranamente pacato.
Zabusa contraccambiò lo sguardo, restando per lunghi istanti immobile. Poi si piegò sulla figurina per osservarla meglio. - Come ti chiami? - domandò, passando in rassegna il volto magro e delicato.
- Haku, signore -
- Sei un maschio, quindi. E quanti anni hai? -
Il bambino piegò leggermente il capo di lato, come per scusarsi - Non lo so. -
Zabusa stette fermo in quella posizione ancora per qualche attimo, poi si raddrizzò e gli tese una mano. - Vieni con me, piccolo. Ti porterò in un luogo caldo -
Haku afferrò la sua mano senza esitazione.
Lo portò in un okiya di sua conoscenza, vicino alla sua abitazione. La padrona gli doveva del denaro, e nel frattempo egli poteva usufruire dei suoi favori.
Quando una delle domestiche aprì, le consegnò il bambino dicendo di portarlo alla Madre. Le disse di annunciare che Zabusa Momochi desiderava che ne facesse un' ottima Geisha. Il bambino aveva davvero un ottimo aspetto e avrebbe potuto fruttare molto denaro in futuro.
 La domestica s'inchinò e lui fece per andarsene, quando la voce delicata del piccolo lo raggiunse.
- Zabusa-san? -
L'uomo si voltò.
- Tornerete a trovarmi? -
Zabusa ghignò. - Non preoccuparti, Haku. Mi servirai per molte cose -
Il bambino sorrise. - Sono felice di poter essere utile a Zabusa-san -
Poi la domesica chiuse la porta e Zabusa si avviò nuovamente verso il proprio appartamento.

Zabusa si sedette sui comodi sedili della sua auto e intimò all'autista di partire.
- Ci hai messo troppo tempo ad arrivare - disse, con la voce ovattata dalla sciarpa stretta attorno alla bocca.
- Mi dispiace Zabusa-san, ma il traffico sembra impazzito quest'... -
- Non m'interessa. Devi arrivare laggiù in mezz'ora al massimo. Sono stato chiaro? -
- Si, Zabusa-san -

- Haku è pronto? -
- Si sta finendo di vestire. Ma prego, Zabusa-san, accettate una tazza di té. -
La Madre si affrettò a versare in una piccola tazzina azzurra la bevanda promessa, ma Zabusa fece un cenno seccato con la mano. - Non mi va il té. E comunque avrò modo di berlo durante la serata -
- Credo che vi offriranno saké, non té questa sera - obbiettò la donna con un sorriso tirato.
Zabusa non la degnò di un secondo sguardo. - Non ho chiesto la tua opione. Dov'è Haku? - disse, spazientito.
- Sta per arrivare, Zabusa-san, in un attimo sarà qui. -
Zabusa si sedette su una comoda sedia offertagli dalla padrona dell'okiya ed estrasse la propria pistola, carezzandola. La Madre impallidì, ma Zabusa la ignorò. Per ingannare il tempo, cominciò a far ruotare la pistola attorno al dito.
Ad un tratto la padrona parve drizzare le orecchie, e un momento dopo sorrise. - Haku sta arrivando, Zabusa-san - annunciò, aprendogli la porta. Zabusa si alzò ed uscì in corridoio.
Haku stava scendendo le scale. Quella sera il kimono era azzurro, e il ricamo di onde blu scuro s'infrangeva sull'orlo. S'inchinò di fronte a Zabusa, porgendogli i propri saluti, prima di seguirlo all'esterno dell'edificio.
La macchina dell'uomo si trovava davanti all'okiya. L'autista era vicino alla portiera postieriore: appena li vide, si affrettò ad aprirla per facilitare il loro ingresso.
- Zabusa-san, dove andremo stasera? - domandò Haku, sedendosi compostamente sul sedile scuro.
- Sarà una serata molto importante per me, quindi voglio che tu dia il meglio di te - lo avvertì l'uomo, facendo cenno all'autista di partire. - Se riuscirai ad ingannare il presidente della Inyuki Elettric ed a fargli firmare il contratto che ti darò, per me sarà davvero un'ottima cosa. -
- Non preoccupatevi, Zabusa-san. Lasciate fare a me. -
- Umph - Zabusa gli diede una rapida carezza sulla testa. - Sapevo che saresti stato un'ottima arma -
Haku sorrise.
La macchina si fermò lentamente, a l'autista comunicò loro che erano arrivati. Zabusa gli diede indicazione sull'orario in cui tornare a prenderli, prima di scendere dall'automobile con Haku.
- Da adesso in poi devi essere perfetto. Ricordatelo. -
Haku si limitò a sorridere ancora.
Una domestica aprì frettolosamente la porta e invitò loro ad entrare, inchinandosi rispettosamente. Zabusa la oltrepassò senza guardarla, Haku le rivolse un piccolo cenno gentile ed entrambi vennero introdotti nella stanza assegnata alla loro festa.
- Zabusa-san! - esclamò uno degli uomini seduti al tavolo, vestito all'occidentale. - Aspettavamo tutti voi! -
- Mi dispiace - replicò Zabusa, sedendosi di fronte a lui. - Il traffico in città era notevole. -
- Ah, si, immagino -
Durante lo scambio di battute Haku si era silenziosamente seduto accanto all'uomo che aveva parlato per primo, accostando il cuscino al suo.
- Oh! - esclamò questi, accorgendosi della sua figura accanto a se. - Chi è questa incantevole creatura? Conoscete un così gran tesoro e non volete condividerlo con noi, Zabusa-san? -
- L'ho portato qui, quindi ho il piacere di farlo - ribatté Zabusa, senza mostrare il fastidio che quell'uomo gli procurava ogni volta che lo incontrava. - Si chiama Haku -
- Un maschio? - L'uomo lo guardò meglio, strabiliato. - Santo cielo, avete ragione! Avrei giurato fosse una fanciulla. Poco importa, incantevole creatura era ed incantevole creatura resta! -
- Su, Inyuki-san, non monopolizzate la conversazione - intervenne una delle geishe presenti -  Non è carino nei confronti degli altri ospiti. -
L'uomo rise - Ho la tendenza a parlare un po' troppo, forse - ammise, e gli altri si unirono alla risata.
- Non è un difetto esprimere la propria opinione - La voce delicata di Haku interruppe lo scoppio d'ilarità appena avvenuto, e tutti si voltarono verso di lui. Zabusa lo guardava in silenzio.
- Chi tace spesso è saggio, ma non è mai completamente sincero - Haku alzò la brocca del saké e l'accostò al bicchiere dell'uomo accanto a se. - Desiderate, Inyuki-san? Il saké che servono qui è ottimo, ma voi certamente lo saprete già. -
L'uomo annuì, e lo osservò incuriosito mentre provvedeva a riempire la tazza.
- E dimmi - disse alla fine - tu taci o dai voce ai tuoi pensieri? - La frase era suonata scherzosa, ma era evidente che l'uomo volesse una risposta veritiera.
Haku posò la brocca sul tavolo e restò in silenzio. Quando l'uomo aprì la bocca per ripetere la domanda, alzò il volto verso i commensali. - Una volta - iniziò, poggiando le mani in grembo - mentre piangevo sotto un albero di ciliegio, un vecchio si avvicinò e mi disse una frase che porterò sempre nel mio cuore, come un piccolo petalo rosato: "lascia che il dolore maturi il suo tempo. Cadrà a terra come le foglie d'autunno. Il vento lo spazzerà via e l'inverno lo congelerà, lasciando spazio a una nuova primavera". - Fece una piccola pausa per lasciare che la frase fosse assimilata, poi riprese. - Le mie lacrime si asciugarono immediatamente. Il vecchio aveva ragione; tutto ciò che è su questa terra passa, compreso il dolore. Basta saper aspettare pazientemente, mentre il tempo scorre e lava via ogni traccia di sangue e d'infezione. Le ferite si chiuderanno e nuovi dolori arriverrano, per poi estinguersi. Ogni cosa ha bisogno del suo tempo - Si voltò verso l'uomo accanto a se, guardandolo con i suoi grandi occhi neri - Anche le parole e i silenzi. C'è tempo per ogni cosa. Alla fine, proprio come il dolore, il momento delle une passerà, e sarà la volta degli altri. Ciò che conta è trovare l'attimo migliore per utilizzare entrambi. -
Zabusa sorrise. Il fascino puro delle parole e dell'aspetto di Haku avrebbero colpito chiunque. E mentre osservava lo sguardo stupito dell'uomo di fronte a lui, sentì che il contratto a fine serata sarebbe stato macchiato d'inchiostro.

- Siamo arrivati, signore -
Zabusa lanciò un'occhiata fuori dal finestrino. Un casolare abbandonato stava placido tra i vari grattacieli della città, fuori posto in quel luogo moderno. Erano nella periferia, in una stradina laterale nascosta agli occhi dei passanti.
Zabusa si sistemò la sciarpa sulla bocca.
- Gli altri? - domandò, aprendo la portiera.
- Sono già in posizione. -
- Bene - Zabusa uscì e chiuse silenziosamente lo sportello dietro di se. La macchina ripartì immediatamente, svoltando nella via principale, e Zabusa si avvicinò con passo misurato alla porta del casolare.
Si guardò per un attimo intorno, notando un uomo ubriaco barcollare sul marciapiede opposto e una donna dalla gonna corta e il viso truccato dirgli qualcosa con una risata.
Distogliendo lo sguardo, abbassò la maniglia ed entrò.
Dopo appena un passo, udì forte e chiaro il suono di tre o quattro sicure tolte alle rispettive pistole.
- Zabusa-san. Che piacere -
Zabusa estrasse lentamente la sua pistola dalla tasca, ghignando. - Non posso dire altrettanto -
L'uomo che aveva parlato per primo avanzò verso di lui quasi distrattamente, una mano infilata nella tasca dei pantaloni grigi calssici e un sorriso rilassato sul volto. Alcuni suoi sottoposti alzarono maggiormente la pistola, in tensione. Gli altri restarono fermi nella loro posizione, uno accanto all'altro a formare un muro invalicabile.
- Zabusa-san, che cosa dite? Io ho aspettato con impazienza il vostro arrivo. - disse, fermandosi a pochi metri da lui.
- Signore... - disse uno degli uomini con pistola, con voce ansiosa.
- 'Sta tranquillo, Moto. Abbiamo qualcosa a cui Zabusa-san tiene in modo particolare. - disse l'uomo, senza smettere di sorridere.
- Potrei uccidervi tutti - osservò Zabusa, con espressione divertita. - E riprendermi ciò che mi appartiene -
L'uomo alzò un sopracciglio - Non ce la potreste fare. I miei uomini sono in molti. -
- Ma io sono decisamente migliore di loro - Zabusa mosse la mano con cui teneva la pistola, e l'uomo fece istintivamente un passo indietro.
- Bene, Zabusa-san - disse, socchiudendo gli occhi. Con un braccio fece cenno agli uomini rimasti immobili, che si fecero da parte.
La figura di Haku legata apparve lentamente dietro di loro, come un regalo tenuto nascosto. Faticava a tenere gli occhi aperti, ed un rivolo di sangue gli colava lungo la guancia, ma lo sguardo era ostinatamente puntato nella direzione di Zabusa. Quando lo vide, chinò il capo. - Mi dispiace, Zabusa-san. Vi ho deluso - disse, parlando a fatica.
Zabusa lo osservò per qualche momento. - Spero per te che quello sfregio possa essere eliminato - disse sprezzante, voltandosi verso l'uomo.       
L'espressione di quello era furiosa. Sembrava non capacitarsi del fatto che Zabusa fosse sordo alle sue minacce.
- Tu devi pagarmi - sibilò, avvicinandosi a lui. - Mi devi milioni di yen. La tua banda ha distrutto una delle mie abitazioni. -
- Non ti devo niente, e non ti ridarò niente. Adesso slega Haku. Voglio andarmene da qui. -
Il volto dell'uomo era deformato dalla rabbia, ma fece cenno ai suoi uomini di slegare il ragazzo. Zabusa si avvicinò ed appena le corde scivolarono a terra lo prese tra le braccia. Era sicuro che non potesse camminare.
Sorreggendolo, voltò le spalle agli altri presenti nella sala e si avviò verso l'uscita.
- Ho fallito, Zabusa-san, e vi ho fatto rischiare la vita. Non dovevate mettere a repentaglio voi stesso per me. Non ne valgo la pena - Zabusa sentì che Haku cercava di camminare senza il suo aiuto, ma ben presto le sue gambe cedettero e dovette sorreggerlo con più forza.
- Ne riparleremo una volta fuori di qui. - replicò, senza inflessione.
Erano quasi arrivati alla porta. Ancora un altro passo...
- Zabusa-san! -
Quello che accadde dopo, fu solo un attimo.
Zabusa sentì il peso di Haku svanire dal suo fianco destro, ma prima che potesse voltarsi qualcosa cadde contro la sua schiena e scivolò a terra. Quando si voltò, Haku era a terra, una chiazza rossa sul petto che si confondeva con gli altri colori del kimono.
- Maledetto ragazzino! - sbottò l'uomo che l'aveva accusato in precedenza, puntando nuovamente la pistola contro di lui.
Zabusa alzò lentamente il volto dal corpo steso a terra, incrociando lo sguardo dell'uomo.
L'unica cosa che disse, alzando a sua volta la pistola ed estraendone una nuova dalla tasca, fu un semplice dato di fatto.
- Morirete -
E poi furono soltanto spari.
Accorsero perfino in aiuto di Zabusa quell'ubriaco e quella ragazza che avevano dato spettacolo di se nella via deserta, spogliati dei loro abiti da attori e indossati quelli dei sottoposti di Zabusa.
Il ragazzo steso a terra, testimone silenzioso della strage, in una lontana sera d'inverno aveva predetto che ogni cosa sarebbe passata per lasciare posto ad un'altra, compreso il dolore.
Zabusa non si era mai soffermato sul significato reale di quella frase, ma mentre sparava il suo ultimo colpo e cadeva a terra, colpito da uno dei tanti proiettili nemici, capì improvvisamente cosa Haku avesse voluto dirgli.
Ogni secondo che terminava il suo tempo era già passato, portando con se un parte della vita. Ciò che era importante era saper utilizzare tutto ciò che veniva offerto loro nel miglior modo possibile. La frase di Haku si concentrava sul dolore, sulla consapevolezza e sulla pazienza, ma Zabusa sapeva che ogni cosa intorno a loro poteva diventare il soggetto di quel concetto.
Si trascinò vicino ad Haku e guardò il suo volto pallido reso esangue dalla morte, e si diede dello stupido per non aver saputo utilizzare al meglio quel sottile sentimento che, improvvisamente, gli si era rivelato. Probabilmente covava dentro di lui già da tempo, e gli parve ancor più stupido che per mostrarsi avesse avuto bisogno della morte di colui a cui era destinato.
Socchiudendo gli occhi, sperò che Haku riuscisse a tenerlo con se, ovunque andasse. Un altro pensiero egoistico nei suoi confronti, ma non poteva farne a meno.
Addio, Haku. Questo è un addio.
La lacrima che lentamente scendeva sulla sua guancia sarebbe passata, lui sarebbe passato, Haku era passato. Il dolore sarebbe svanito sotto la neve che intravedeva dalla finestra del capannone scendere sul terreno.
L'ultima cosa su cui si concentrò, fu il sorriso appena accennato di Haku.




Mendokuze - ovvero Banco Informazioni -

Ieri ho postato di fretta e non sono riuscita a fare i dovuti accorgimenti xD
Allora, questa storia è arrivata prima a parimerito con Verolax al contest "La vita segreta delle parole" di the forgotten dreamer, che ringrazio per il giudizio, ed ha vinto il premio "Aforisma".

Grazie mille per il commento a Elos.
Si, beh, in effetti con Zabusa e Haku a primo impatto non viene in mente una storia comica, ecco xD Però sarebbe divertente scriverla, credo xDD
Ti ringrazio per i complimenti *arrossisce*

Infine, il giudizio della giudicIa è qui: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9131230&p=5

Credo d'aver finito. Se ci saranno altri commenti risponderò ^^
Grazie di aver letto.

  
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