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Autore: crissi    29/05/2010    7 recensioni
Oscar ed il suo rapporto speciale con il piccolo Delfino, durante gli anni. E quel suo "maledetto" cuore di donna che, ogni tanto, si fa sentire. Storia tenuta insieme da un vecchio giocattolo.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, André Grandier, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PICCOLO UOMO ***  Tranquille ... non sarà lunghissimo! Resto tipo da "one shot" ... Al principio era lungo quanto "Il freddo", poi l'ho "esploso". Però, spero di non averlo ... sbrodolato! Se dovesse piacervi, potrei provare ad "esplodere" anche "Il freddo", come suggerito da Heart of Rose nella sua recensione.
E' solo un fra le righe di come vidi l'anime, più un "personaggio" inanimato.
Per il primo pezzo, mi sono "ispirata", ma proprio alla lontana, giuro! ad una scena del film (anche se è difficile pensare a quel film ed abbinarlo al termine ispirazione!).

PICCOLO UOMO


1781 - 22 ottobre

Sono qui, china a fissarlo in silenzio, mentre dorme beato nella sua culla tutta pizzi e merletti.
Pure io ho probabilmente un’aria beata da come lo guardo.
Almeno, è così che mi sento.
Ha solo poche ore di vita ed un aspetto tutto grinze.
Ma è così … carino?…
- Ciao, piccolo uomo! – mormoro.
… Ci sono tante aspettative per te, piccolo Principe…
Ecco! La mia educazione maschile è saltata fuori!
Ho un attimo di orrore per me stessa!
Cielo! Mi sembro mio padre!
Avrei pensato la stessa cosa per una principessina?
No, non l’ho fatto allora per la piccola Maria Teresa.
Ma d’altronde è vero: era tanto atteso l’erede al trono!
In Francia la linea ereditaria è solo maschile.
E un erede significa futuro, continuazione, stabilità.
E la mia Regina è finalmente benvoluta perché ha dato un Delfino alla Francia.
Non rischia più il ripudio, l’esilio, il convento. Tutte quelle soluzioni che, da secoli, uomini vili ed insoddisfatti, possono usare senza rimorso alcuno nei confronti delle consorti, ree di non mettere al mondo progenie maschile.
Mio padre trovò un modo diverso, originale anche, per risolvere il problema 26 anni fa.
Un imbroglio. Niente altro che un espediente di facciata: quello di trasformare in maschio la sua ultima figlia.
Un imbroglio che ha fatto di me non un uomo, non una donna.
Un imbroglio, tutto sommato, venuto bene, che non mi ha mai pesato.
Tranne, forse, in momenti come questo.
- Non avete mai desiderato averne uno, Colonnello?
Mi volto a guardare la madre, ancora coi segni della stanchezza addosso, ma con lo sguardo raggiante che solo chi ha messo al mondo una vita può avere.
Arrossisco un po’ e non trovo qualcosa di sensato da dire.
- Oh, beh … - alzo le spalle.
- Oh… andiamo, Oscar! – mi incalza Maria Antonietta con sorriso birichino – Una cosetta paffuta? Tutta rosa? … Urlante?
- Ma no, Maestà! – mi ribello – Il principino è un angelo!
La Regina ride con l’aria di chi è ben consapevole di cosa dice.
- Credetemi … La maternità non è tutto rose e fiori! Vedrete quando avrà fame, se non ho ragione! – dice sistemandosi meglio, con un filo di dolore, sui cuscini.
Maria Antonietta torna a scrutarmi, curiosa.
- Allora? … non mi avete risposto…
Capisco che non posso rifiutare una replica alla mia Regina, ma per me è tutto molto imbarazzante.
- Ecco, … io … Io sono un militare, Maestà. Non ho mai contemplato questa eventualità.
…Bugiarda!
Maria Antonietta annuisce con l’aria di chi la sa lunga.
- Già … E poi vi manca qualcosa di essenziale, no?
Faccio la tarda.
- Vi manca un uomo, no? … o, devo sospettare che non mi diciate qualcosa, Oscar?
… Uno ci sarebbe… penso io.
Ma mai e poi mai potrei confidarlo proprio a voi!
- Proprio come immaginavo! – esclama la Regina che, evidentemente, è riuscita ad interpretare la mia espressione – Allora, qualcuno  C’E’! su, avanti lo conosco?
… Oh, cielo! Signore, ti prego … guarda giù!
In quel mentre…
- Allora allora allora! …. Come sta il prossimo Re di Francia?
Esclama il sovrano irrompendo nella stanza.
… Grazie, dio!
Mi inchino e colgo l’occasione per fuggire.
- Se le Vostre Maestà non hanno più bisogno di me… -
- Andate pure, Colonnello – mi congeda il Re, con uno sventolio del fazzoletto di pizzo che ha in una mano, mentre si china sulla culla a far versetti al piccolo.
Non alzo neanche lo sguardo per paura di incrociare ancora quello della mia Regina e, sempre china, arretro il più velocemente possibile fin fuori della porta.
Mi raddrizzo. Sospiro vistosamente per averla scampata, ma sento quegli occhi puntati su di me.
Il mio vice mi sta fissando stranamente… Sorpreso, direi… e, con un istante di ritardo, scatta sull’attenti.
- Colonnello …
- Riposo, Girodelle, riposo.
D’altronde, mi sento strana …Devo avere le guance in fiamme.
- Continuate voi Girodelle. Io per oggi, torno a casa.
- Sissignore.
Mi allontano ancora scombussolata. Ma mi riprendo abbastanza per rifilare al mio vice la solita e, per un uomo attento come lui, inutile raccomandazione.
- E, Girodelle … Occhi aperti!

***


- Nanny! Nanny – chiamo da sopra le scale.
Nessuna risposta. Va bene, scendo.
- Nanny? – chiamo entrando in cucina. Niente ancora. Non è neanche qui!
Resto un po’ perplessa perché è da una vita che vedo perennemente Nanny affaccendata in quella stanza e non riesco neanche a pensare dove possa essere di diverso.
Vado alla porta che da sul cortile laterale, quello della servitù, e la vedo là in mezzo, circondata dalle cameriere.
E’ tutta intenta a dar lezione di “come tirare il collo al pollo”.
La vedo con un gesto secco porre fine alla vita del povero animale e non posso non strizzare gli occhi, rabbrividendo.
Va bene, sono un soldato e non ho paura quasi di niente, ma questo lato sanguinario di Nanny l’ho sempre trovato un po’ terrificante.
Mi affaccio e le faccio cenno con la mano, da lontano, mentre le cameriere tornano alle loro mansioni che contemplano  anche la spennatura del volatile.
- Oh, cara bambina! Mi cercavi?
… Resterò bambina per sempre?
- Si, volevo chiederti se sai che fine hanno fatto i miei giocattoli di quand’ero piccola. Sai se sono stati buttati?
- Oh, cara, se fosse per tuo padre, sarebbero spariti da un pezzo! Ma mi sono rifiutata! Sapevo che un giorno me li avresti chiesti! Di solito, si riesumano per darli ai propri figli e … – si volta di scatto con uno sguardo terrorizzato fisso nei miei occhi.
Dopo un attimo di perplessità, capisco a cosa sta pensando.
- Cosa? Ma no! Non pensarci nemmeno! – ribatto indignata.
Sospira mettendosi una mano sul cuore.
- Dio ti ringrazio! Non che mi dispiacerebbe, siamo intesi …
- Nanny!!!
-… ma il Generale mi avrebbe ammazzata! Comunque ho tenuto anche quelli di André per quando mi darà dei nipotini.
Nipotini da André. Non ci avevo mai pensato.
E’ l’unico figlio della sua unica figlia. Ovvio che desideri dei nipoti da lui.
E André? Che penserà lui dei bambini? Non gliel’ho mai chiesto.
- Oscar!
- Sì? –
Mi sono distratta all’immagine di André e dei suoi probabili bambini.
Chissà se avrebbero gli occhi del padre…
- La soffitta, cara. Ho fatto portare tutto lassopra. Ultimo piano, cara.
Alzo un dito al cielo.
Nanny annuisce.
- Oh …
Sorride.
- Non mi dire che hai ancora paura del fantasma?
- Chi?  io? No – rispondo con tono secco, ma molto poco convinto.
- Vuoi che mandi qualcuno a cercare qualcosa in particolare?
- Ma no, che dici! Vado su io! – rispondo stizzita.
E mi allontano, mentre lei continua a sorridere.
Così mi faccio forza.
In fin dei conti si tratta solo di superare uno dei tanti stupidi scherzi che Andrè  mi faceva da piccoli.
Che ci vuole?
Lui ed i suoi stupidi stupidi stupidi scherzi!
Già … Posso ripetere stupidi all’infinito, ma il ricordo dello spavento rimane.
Salgo dalle scale di servizio.
Sono di pietra, con una ringhiera di ferro battuto piuttosto semplice.
Niente a che vedere con l’ala padronale del palazzo.
Niente affreschi, niente vetrate colorate, niente quadri.
Tutto … pulito. Privo di quei fronzoli destinati ad impressionare.
Penso alle infinite volte che ho percorso queste scale con Andrè.
Su e giù, dalla cucina alla torretta.
A chi arriva primo. Correndo, saltando, spintonandoci … Cadendo!
Su e giù. A dar fastidio, con scherzi idioti, ai domestici che riposavano nelle loro stanze.
Su e giù. A nasconderci nei corridoi dell’ultimo piano.
Su e giù. A rifugiarci nella torretta.
… A rifugiarmi dalle ire di mio padre, quando commettevo, secondo lui, qualche imperdonabile errore.
Solo lì potevo piangere.
“I soldatini non piangono mai!” , diceva il Generale.
Mah!… forse non avevano un padre come lui.
E solo Andrè mi ritrovava lì.

Eccomi, sono arrivata!
Ultimo piano: le stanze della servitù.
E lì, quasi nascosta, ancora più stretta, la scaletta che porta alla soffitta.
Ancora una decina di gradini e c’è il piccolo pianerottolo.
… Strano … lo ricordavo più grande, però.
Sorrido.
E’ qui che siamo venuti quella volta, quando ho rubato la pipa a mio padre. (1)
La prima volta che abbiamo fumato.
La prima e l’ultima.
Io vomitai. Andrè fece lo stesso. Per simpatia, disse. Almeno, così volle farmi credere.
… Ha sempre fatto tante stupidaggini per … simpatia, lui.
Di certo, stare così male,  ci fece passare la voglia di prendere il vizio.
Mio padre non lo seppe mai.
…Cielo! Quante cose non sa il Generale di noi! …
Su una mensola sono posati un acciarino ed una lampada a petrolio.
La accendo e poso una mano sulla maniglia. Dovrò chinarmi un po’ per entrare: questa porta non era così bassa!
… Sciocca…sei tu che sei cresciuta! …
…Che buio!  Penso.
Eppure ci sono finestre! Graziose finestre tonde. Ma la luce fatica a penetrare.
Alzo la lampada davanti a me e cerco di capire come muovermi in mezzo ad anni ed anni di polvere e ragnatele.
Storco il naso, ma comincio ad avanzare. Con la mano, levo una spessa tela davanti a me ed inizio a scorgere mucchi di cose abbandonate. Tutto quel genere di oggetti che le famiglie ammucchiano perché un domani, forse, non si sa …
Nel caso della mia famiglia, si trattava di secoli di cose ammucchiate.

Sollevo vecchie pesanti coperte damascate e trovo dei bauli.
Ognuno ha dei nomi scritti sopra col gesso.
Per primi, sbircio i bauli semivuoti delle mie sorelle. Si sono prese quel che volevano quando se ne sono andate.
Hanno abbandonato solo qualche straccetto d’abito e qualche bambola malconcia.
E Nanny ha tenuto tutto comunque.
I  miei bauli sono tanti e straripanti; quantificano quanto sono stata viziata. Il figlio maschio!…
Apro il primo.
Poi vedo il tuo. Uno solo. Non dovrei, ma lo apro comunque.
Volevo cercare i miei giochi. Invece mi perdo nella tua vita prima che diventasse la nostra.
Copertine, lenzuolini, cuffiette … Che completini ridicoli!…
I tuoi semplici, i miei sfarzosi.
Bavaglini ricamati da sarte di Parigi, i miei.
I tuoi, cuciti da tua madre con avanzi di tessuto.
Il tuo nome in azzurro.
Carezzo il ricamo con due dita.
Andrè
Chissà cosa ricordi di questa tua vita. Non ne parli mai.
Sento un velo di tristezza posarsi su di me.
Tuo padre è morto che eri troppo piccolo, non puoi ricordartelo. Ma lei?
Cosa ti è rimasto dell’amore di tua madre?
La pensi ancora durante quei tuoi insondabili silenzi?
La tua dolcezza è merito suo?  
Avrei voluto conoscerla la tua mamma. E ringraziarla.
Se la mia infanzia non è stata un incubo, lo devo solo a questo bambino nato con tanto amore.
Tu non sei venuto al mondo per tramandare un casato.
Non sei l’ultimo, stanco, tentativo di conservare un nome.
Tu sei il gioiello di due persone che si volevano bene.
E penso ancora al principino.
Alle cose che abbiamo in comune.
Agli obblighi. Ai doveri. Al peso che già grava sulle sue piccole spalle.
Molto più grave di quello che gravò sulle mie, ma ugualmente triste.

Rimetto il bavaglino al suo posto, riponendolo con cura nella carta velina che lo avvolgeva.
Richiudo il tuo passato e torno a cercare i miei giochi negli altri bauli.
Quante cose!
Armi di legno di tutti i tipi, soldatini, perfino la mia prima sella da pony!… oh! Eccolo! Proprio come lo ricordavo!
... Beh… quasi…
In effetti, stando ai miei ricordi, avrebbe dovuto essere più lucente, con lo sguardo più vivo e senza tutti questi graffi …
Lo prendo per il manico e lo fisso dritto negli occhi: il mio primo destriero!
Una testa di cavallo su un manico di scopa. La criniera e la coda sono di vero trine. Ora è un po’ spelacchiato.
A quell’epoca giocavo ancora da sola.
… Non posso dar la colpa ad Andrè se è cosi malconcio! …Penso da cattivella…
Lo mostrerò al nostro falegname, magari riuscirà a rimetterlo in sesto.
Certo, sarebbe più sbrigativo comprarne uno nuovo. Ma non so perché, sento davvero un legame particolare col piccolo principe e vorrei donargli qualcosa di personale.
Bene! Ho trovato quel per cui ero venuta quassù. Posso anche andare, mi dico.
Alzo lo sguardo ad una delle finestre e vedo che il sole è calato. Non me ne sono resa conto, ma devo essere restata qui un bel po’.
Richiudo il baule e mi pare di scorgere un movimento nel buio.
Trattengo il respiro.
… Tutte idee … Mi dico.
Un rumore.
Prendo la lampada e cerco di far più luce.
… Ti stai immaginando tutto…
Qualcosa scricchiola ….
… Accidenti!...
Mi alzo in piedi.
- Chi c’è lì?
Domando e non so se ho paura di sentire una risposta.
Niente.
… Mi sto lasciando suggestionare!
Meglio uscire di qui prima che mi succeda … ancora.
Prendo il cavallino di legno e mi dirigo alla porta, scostando le ragnatele che col buio non solo sembrano più fitte, ma anche più … vive.
Mi sto chinando per uscire dalla porta, sul pianerottolo in penombra, quando sento qualcosa sfiorarmi una spalla e …
Urlo!
Istintivamente faccio roteare il cavallino attorno a me, per difesa da non so cosa e sfioro il nemico.
…Che comincia a ridere a crepapelle!
- Non ci posso credere! – ridacchia lui – Ci sei cascata ancora!
- Non-sei-divertente! – esclamo scandendo bene ogni singola parola.
Ma Andrè continua a ridere.
- Non ci posso credere! – continua a ripetere con le lacrime agli occhi.
… Lui ed i suoi maledetti racconti gotici! Quegli orrori che mi raccontava nelle nostre notti insonni dedicate alle favole paurose!
Usciamo tutti e due, ma tu proprio non vuoi piantarla.
Così ti spingo con una mano, mentre con l’altra reggo la lampada.
E ridi.
Ti spingo ancora più forte, mentre cominciamo a scendere e ti faccio finire di schiena contro il muro del corridoio.
Smetti di sghignazzare, ma mi guardi con aria birichina.
E comincio a ridere pure io, mentre ci lanciamo insieme giù per le scale, improvvisamente di nuovo bambini.
Correndo, saltando, spintonandoci … Cadendo!

***

Quando Nanny mi ha vista si è fatta scura in volto.
Andrè si è premurato subito di alzare le mani ed esclamare “io non c’entro”, prima di dileguarsi velocemente.
… Vigliacco!
Senza una parola, lei mi ha condotta davanti al grosso specchio dell’ingresso.
Sì, effettivamente la definizione “un po’ sporca” non rendeva l’idea del mio aspetto.
Mi indica in silenzio le scale in direzione della mia camera, come faceva quando ero piccola. Il che significava: bagno caldo o niente cena!
Quel che Nanny forse non sa è che non ho più l’avversione per l’acqua come l’avevo da bambina.
Entro nel mio appartamento ed appoggio il giocattolo sul tavolino.
Sento che nella stanza da bagno, le cameriere sono già all’opera con brocche di acqua calda. Nanny tiene sempre grosse pentole piene d’acqua sul fuoco in cucina proprio per emergenze come questa.
Emergenze che da piccoli erano ordinarie.
Solo che allora la mia balia era meno pignola: ci prendeva furiosa e ci ficcava entrambi nella stessa tinozza giù nelle cucine, meglio se vestiti, così risolveva anche il problema del bucato. Ci spazzolava energicamente dappertutto con una montagna di sapone, infischiandosene di essere troppo brutale. E, come gran finale, in piedi in cortile a risciacquarci con belle secchiate di acqua di pozzo, ovviamente gelida.
Naturalmente, il generale apprezzava moltissimo questo trattamento da “reclute” e, appena poteva, non perdeva occasione di assistere ad una di queste esibizioni, con me ed Andrè che ci prendevamo quelle cascate gelide in testa, con la bocca spalancata come trote e pelle da cappone.
Poi Nanny ci spogliava, ci avvolgeva in coperte calde e ci piazzava davanti al gigantesco caminetto della cucina: tazze di cioccolata fumante e biscotti come risarcimento.

Vado alla specchiera e mi metto a testa in giù per scuotere un po’ di luridume dai capelli esageratamente voluminosi per via della polvere. Prendo una spazzola e provo a riordinarli, ma capisco che dovrò lavarli per forza… se non voglio restare calva nel tentativo di spazzolarli.
Prendo la vestaglia di velluto operato turchese che sta dentro la cassapanca e comincio a spogliarmi. La indosso giusto in tempo: una cameriera mi avvisa che la vasca è pronta.
Sono state velocissime, le ragazze. La mia governante sa come renderle … scattanti!
Più o meno con lo stesso metodo dittatoriale che usa per me ed Andrè.
Mi reco scalza nella stanza da bagno: un lusso tutto mio, in questa casa.
Hanno steso dei teli di lino sul pavimento, altri sono posati a bordo vasca, per potermi poi asciugare.
Lascio scivolare la vestaglia su una poltroncina e mi immergo piano nella vasca di marmo.
Qualche secondo di rilassamento e poi comincio a lavorar di sapone.
So che Nanny non mi concederà molto tempo.
Infatti sento bussare.
- E’ aperto! – grido e so che sei tu.
- Nonna mi manda a dirti che tra una ora serve la cena! Che tu ci sia o no!
Mi vien da ridere perché, servitù a parte, ci son solo io in casa e a chi dovrebbe servire la cena se non a me? Ma le regole le detta lei.
- Sei annegata?
… Spiritoso…
- No, mi sto godendo il bagno.
So che sei lì appena fuori della porta, appoggiato alla parete, e so che Nanny non ha mandato te ad avvisarmi riguardo la cena, ma una delle cameriere.
Come sempre tu l’hai intercettata, appropriandoti di mansioni non tue.
Mi domando se davvero tua nonna non è a conoscenza di questa tua possessività nei  miei confronti.
- E così, è per lui che hai affrontato il fantasma?
Affaccia il cavallino alla porta e mi fa ridere.
- Già, voglio rimetterlo in sesto e farne dono al delfino.
Ritiri il cavallino. Probabilmente gli stai facendo le boccacce per imitarne l’espressione … Ormai ti conosco!
- Com’è che non dici niente?
- Mah, è che regalare un gioco usato ad un futuro re, non mi sembra … adatto.
… Sì, hai ragione. Ma è una cosa che voglio fare comunque.
Mi immergo per bagnare i capelli e resto lì un attimo, nel silenzio dell’acqua
- Sei annegata?
Chiedi ancora dopo qualche istante di silenzio.
Riemergo e rido per la tua insistenza.
- Fattene una ragione, Andrè: stasera non dovrai venirmi a salvare!
Ti sento sospirare.
- Stando così le cose … me ne vado! E … meno di un’ora, Oscar!
Ti raccomandi chiudendo la porta dell’appartamento.

***
Ed eccoci qua! Noi tre sulla strada per Versailles.
Io, Cesar e … Cavallino!
E’ stato riparato, stuccato, lucidato; gli hanno sostituito coda e criniera ed illuminato lo sguardo con vernice fresca.
Come nuovo!
L’ho personalmente avvolto in un mare di tulle bianco e guarnito con questo enorme fiocco rosso.
Andrè naturalmente ha criticato il pacco definendolo “un grosso baco informe con attaccata una enorme, tozza fragola”.
Lo so, lui è quello bravo coi pacchetti!  La mia capacità manuale in queste cose estetiche lascia piuttosto a desiderare, ma so anche che non mi è venuto così male come vuole farmi credere!
Oggi ho udienza privata con la Regina nei suoi appartamenti al piccolo Trianon.
E’ l’occasione giusta per darglielo.
I regali ufficiali della famiglia Jarjaies sono già stati consegnati ed il messaggio di ringraziamento ci è già stato tornato.
Questo è un pensierino solo mio.
Certo, ci vorranno due, tre anni almeno perché il Delfino possa apprezzarlo.
Ma non voglio aspettare. Voglio che Cavallino sia subito suo.
Non so perché ho quest’ansia … Come se il Delfino abbia bisogno di una protezione speciale.
Da piccola, Cavallino ha vegliato su di me. Ora può vegliare su un altro bimbo.
Io, non ne ho più bisogno.
... Io ho Andrè…

***
Vengo annunciata  e senza indugio fatta accomodare.
Sua Maestà sta cullando fra le braccia il piccolo Joseph e mi rivolge un sorriso caloroso.

- Non dovevate disturbarvi, Oscar. – dice indicando il vistoso pacchetto. - I doni che ci avete mandato sono incantevoli!
Mi inchino leggermente.
- Troppo gentile, Maestà. E comunque, questo è solo un piccolo pensiero per il Principe.
Si avvicina e mi allunga l’infante.
-  Come? No, Maestà, non credo… io …
- Oh, andiamo, Oscar! – esclama divertita la Regina – Domate cavalli, addestrate soldati; sfidate lame, proiettili e pugni e avete paura di un neonato!
... Beh … messa così … Mi arrendo.
Poso il cavallino ed allungo le mani. Prendo il piccolo, esitante e maldestra.
- Sì, bene … Così!… Tenetegli la testa … Perfetto! – esclama la sovrana, correggendo la posizione innaturale in cui tenevo il bimbo.
- Bravissima! – esclama prendendo cavallino e cominciando a sciogliere il fiocco.
Io sono rigida e concentrata sul Delfino, ma piano piano comincio a sciogliermi e mi trovo a dondolarmi sul posto.
- Ma è delizioso!
Commenta Maria Antonietta quando Cavallino si mostra in tutto il suo splendore.
- Era … mio. – mormoro.
La mia Regina mi guarda intenerita e coglie in quelle due parole tutto il significato di quel pezzo di legno intagliato.
- Non potevate fargli un regalo più adatto, madamigella Oscar. Farò in modo che stia sempre accanto a lui. Così come Voi siete sempre accanto a me.
Sorrido e torno a guardare Joseph che dorme tranquillo tra le mie braccia.
- Sapete, io attendo ancora una vostra risposta, madamigella… - dice maliziosa Maria Antonietta.
... Che memoria!
Un bravo soldato deve capire quando è il momento di arrendersi.
- Tempo fa c’è stato un uomo per il quale ho creduto di poter cambiare vita …-
- E …? – mi incalza lei.
- Niente. Non sapeva neanche che esistevo. – dico glissando su tante cose.
- Allora non era quello giusto! Non vale nemmeno la pena perderci chiacchere! –
Taglia corto lei, con aria comprensiva.
E ne sono grata.
Arriva una balia per allattare Joseph e me lo prende delicatamente dalle braccia.
- Venite, usciamo! Fuori c’è Maria Teresa che gioca. Sarà contenta di vedervi!

E’ novembre e ha già fatto il gelo. Ma oggi il sole è caldo nel cielo, il vento tace, l’aria è piacevolmente tiepida.
L’estate di San Martino ci sta facendo regalo di una tregua, prima del lungo inverno.
Stendo una coperta sull’erba e ci sediamo.
Lei indossa un mantello caldo sopra un abito di raso leggero, giallo chiaro. Da quando vive qui, ha inaugurato una moda molto più libera ed informale, priva di quegli eccessi che l’avevano resa famosa tempi addietro.
Scherziamo e giochiamo con la piccola peste che si è messa in testa di adornarmi i capelli con ghirlande di foglie dai colori autunnali.
Ridiamo, scherziamo come due amiche.
Due amiche molto diverse tra loro, ma con lo stesso uomo nel cuore.
Versailles è lontana. Anche i pensieri cupi sono lontani in questo strano pomeriggio.
Ben presto arriva per me l’ora di accomiatarmi. Lascio la Regina a farsi amorevolmente torturare dalla figlia e mi dirigo a prendere Cesar.
Lungo il tragitto vedo Girodelle, che con tono professionale, severo, composto, sta riprendendo una delle guardie.
Poiché io sono di riposo, il compito di vegliare sulla Regina tocca a lui.
Si accorge di me, che mi sto avvicinando.
E lo vedo sorridermi da lontano, indicarsi i capelli e poi indicare me.
Alzo una mano sui miei ricci ribelli: foglie secche!
Le tolgo, con un lieve accenno di imbarazzo.
- Tutto bene, Girodelle?
- Tutto tranquillo, Comandante!
 E poi, quando sto per fargli la consueta raccomandazione, lui mi precede.
- … Occhi aperti! Sissignore!

***

(1) Qui ho la sensazione, non la certezza, di aver letto qualcosa di simile in un'altra ff, che però non sono riuscita a ritrovare ... Poichè non è mia intenzione rubacchiare, fatemi sapere se riconoscete la farina del vostro sacco!
Ho parlato di fumo, solo perchè tutti i ragazzini prima o poi, arrivano a fumare di nascosto ed avendo il Generale sempre la pipa in bocca, mi sembrava naturale che Oscar cercasse di imitarlo.



   
 
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