Gradirei
volentieri
conoscere la vostra opinione
sulla storia, grazie.
Buona lettura_
Tell Me
Something
Silenzio.
Era sempre così, sicuramente non si sarebbe mai aspettata
altro, almeno non da lui. Si mosse piano per evitare di svegliarlo o comunque
disturbarlo, sgattaiolando via dall’ammasso di coperte di seta nera e si
era ritrovata a rabbrividire perché l’aria fresca, invernale di
quella grande casa aveva colto il suo corpo nudo ed etereo, portandola a
cercare qualcosa con cui coprirsi.
Afferrò a caso un camicia nera del ragazzo,
indossandola distrattamente mentre percorreva il salone per raggiungere la
cucina, dove si mise a preparare un po’ di caffè, adocchiò
l’ora, mezzanotte e mezza, solita ora, solite abitudini.
Aspettò che la caffettiera fischiasse, per poi prendere una tazzina di
caffè, gustandolo seduta sulla sedia avvicinata alla finestra, per
osservare la notte.
Finì la sua tazza, la lavò e mise sul fuoco la caffettiera con il
resto del liquido scuro al suo interno, lasciando la cucina; i piedi sembravano
solamente sfiorare il pavimento di legno, estremamente
freddo, rendendo la sua figura ancora più elegante: i capelli biondi e
lunghi, leggermente mossi si muovevano sinuosi ad ogni passo che quelle lunghe
gambe percorrevano, mentre gli occhi color ghiaccio brillavano nella notte
scura, solo la pallida luna ad illuminare la sua elegiaca bellezza.
Tornò nella camera, raggiungendo il talamo di quello che era un rapporto
dissociato dall’amore, ma profondo e complicato in egual modo, sedendosi
su quelle scure coperte, lanciando la camicia a terra e soffermandosi ad osservare la figura distesa al suo fianco.
Accarezzò quasi distrattamente i lunghi capelli neri, giocandoci anche
mentre si perdeva ad ammirare i tratti estremamente
eleganti di quel viso etereo, il naso perfetto, le labbra rosee leggermente
socchiuse e quei inconfondibili segni sul viso, le lunghe ciglia nere e l’espressione
ammaliante anche da dormiente.
Sospirò, era sveglia nel cuore della notte, come ogni notte; lo
raggiungeva al pomeriggio, cenavano e finivano a letto, scopavano per scaricare
entrambi i problemi, poi si addormentavano dandosi entrambi le spalle e alla
fine lei si svegliava, beveva il caffè e aspettava l’alba per
dirgli “ciao,ci vediamo sul tardi”, non
ricevendo risposta; era sempre così, ormai non faceva più nulla
pensando era tutto automatico, e nonostante tutto anche abbastanza derisorio.
Lei era una ragazza come tante, ma dalla bellezza non comune, faceva la modella
a tempo perso e spesso aiutava il padre con il suo negozio di fiori, eppure era
invidiata e desiderata e un po’ per piacere, un po’ per gioco le
piaceva creare quel mistero attorno a se, quell’aria di leggera
superiorità che poi per lei era quasi inferiorità perché a
differenza di tutti lei non riusciva mai a essere felice, vedeva spesso le cose
e persone a cui si affezionava scivolarle via dalle
mani, ritrovandosi spesso sola, senza però ammettere quella sua
debolezza.
Poi aveva incontrato lui, un ragazzo ancor
più misterioso e silenzioso di lei, di qualche anno più grande,
un ragazzo di successo al comando di una delle aziende più importanti
del paese, di proprietà della sua famiglia, e un po’ per gioco la
prima sera che lo vide in un ristorante di lusso provò a catturarne l’attenzione,
ricercando quello sguardo freddo e penetrante su di se; era riuscita ad attirare
la sua curiosità e si era avvicinata, sedendosi al suo tavolo
cominciando a chiacchierare, perché lei amava parlare, mentre lui l’aveva
ascoltata in silenzio, le aveva pagato la cena ed era sparito. Non le
aveva detto nulla, semplicemente perché per lui il silenzio era tutto, lei
stessa si era ritrovata a scoprire il suo nome grazie ad un quotidiano dove
aveva trovato la sua foto e poi aveva fatto qualche domanda alle persone
giuste, riuscendo a ritrovarlo. Era iniziata così, lei l’aveva
sedotto perché si era innamorata di quella persona così
lungimirante da lei, ma anche così simile per certi versi e alla fine
era stata adescata in un circolo, trasformando prima tutto in uno sfizio e poi
in abitudine.
Aveva incontrato la sua famiglia per caso, la madre l’aveva adorata ed
erano diventate amiche, “niente di serio, solo amici” rispondeva
sempre all’assillante domanda della donna sulla loro relazione; solo
grazie ai familiari sapeva tutto ciò che riguardava la vita del ragazzo,
ma dello stesso aveva imparato tutto osservandolo nel silenzio, grazie a lui
anche lei aveva imparato a parlar meno, ad osservare
senza giudicare e senza esprimersi verbalmente perché un gesto del
ragazzo spesso le comunicava molte più cose di cento parole.
Eppure lei era triste, si era ritrovata ad amarlo in quel
silenzio che lui amava tanto e non poteva
confessarglielo, sarebbe stato deleterio per quel poco che già avevano,
così si era ritrovata a vivere quella condizione, non troppo piacevole
ma essenziale per poterlo ammirare e amare, ritrovandosi ogni notte ad
assaggiar il suo candore, cogliendo ogni gesto del suo sonno sereno.
Osservò la sveglia, le quattro del mattino, fuori un temporale, un
sabato mattina come altri, triste e uggioso come il suo animo; si stirò
come un gatto, prima d’infilarsi sotto le coperte per un brivido che l’aveva
colta, rimanendo però seduta e rannicchiata.
Un leggero fruscio le fece voltare il capo ad
osservare il ragazzo, i suoi occhi color cenere la guardarono e sul suo viso
apparve un sorriso appagato.
- Ciao…-
Nessuna risposta ebbe in cambio, lo vide allungarsi verso il comodino per
dissetarsi, ignorandola.
Una lacrima le solcò il viso, senza nemmeno darle fastidio,
incassò il viso, appoggiandolo alle ginocchia, sospirando sconsolata.
- Posso fare un doccia veloce? Poi me ne vado…-
alzò lo sguardo per cercare quel cenno del capo che sarebbe stata la sua risposta ma a sorpresa si ritrovò il suo
sguardo addosso, una luce nuova negl’occhi a lei sconosciuta, che
riuscì a spaventarla, facendola tremare leggermente.
Lo vide chinarsi, gli occhi socchiusi un bacio dolce
sulle labbra; era il primo bacio che le dava, nonostante tutte le sere
finissero a letto insieme lui non l’aveva mai toccata, tantomeno baciata.
Un’altra lacrima raggiunse la sua guancia e si ritrovò sorpresa ed imbarazzata.
Lo guardò ammaliata, cercando di capire ma sul suo viso apparve quello
che pareva un sorriso e ciò la sorprese come l’abbraccio che la
cinse, non riusciva a capire cosa stesse succedendo, ma semplicemente si era
ritrovata ad essere davvero felice.
- Rimani qui con me Ino. – non era stata una domanda, ma semplicemente un’affermazione
spontanea che l’aveva commossa, facendola piangere rumorosamente,
facendola stringere a quel petto fresco e pallido, come unica certezza e prova
di quella atmosfera.
- Sei…sei sicuro, vuoi davvero che resti qui con te? Non ti da fastidio, io sono rumorosa e….- non finì
la frase, perché quelle labbra l’avevano nuovamente colta, un poco
impreparata ma poi si lasciò andare, approfondendo quel contatto tanto
agognato.
- Ino, rimani qui, con me, non andare via…- sorrise, perché i suoi
gesti avevano parlato più della sua bocca, la frase era vaga ma l’intenzione
chiara: gli aveva chiesto di rimanere con lui, di essere sua, di non andarsene
più perché la voleva con se, perché
anche lui l’amava.
L’aveva capito e gli sorrise complice, con un
sguardo che gli comunicò il suo amore, ricevendo in cambio un caldo
contatto tra le loro mani che andarono ad unirsi, a ricercarsi.
Lo tirò leggermente, invitandolo a scendere, sorridendoli complice, perché
le aveva parlato e lei aveva capito che a loro non servivano le parole,
comunicavano già col cuore.
- Itachi, ho fatto il caffè…- anche quella un’abitudine,
come la sua di non saper stare troppo zitta, ma lui l’accettava
e l’amava, per questo la raggiunse e la condusse in cucina con le mani
ancora intrecciare e salde.
- Beviamolo insieme. – tutto sommato anche quella
nuovo quotidianità le sarebbe piaciuta, perché finalmente erano
riusciti a comunicare e capirsi davvero.