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Autore: mikka    31/05/2010    4 recensioni
Eppure lei era triste, si era ritrovata ad amarlo in quel silenzio che lui amava tanto e non poteva confessarglielo, sarebbe stato deleterio per quel poco che già avevano, così si era ritrovata a vivere quella condizione, non troppo piacevole ma essenziale per poterlo ammirare e amare, ritrovandosi ogni notte ad assaggiar il suo candore, cogliendo ogni gesto del suo sonno sereno.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Silenzio.
Era sempre così, sicuramente non si sarebbe mai aspettata altro, almeno non da lui. Si mosse piano per evitare di svegliarlo o comunque disturbarlo, sgattaiolando via dall’ammasso di coperte di seta nera e si era ritrovata a rabbrividire perché l’aria fresca, invernale di quella grande casa aveva colto il suo corpo nudo ed etereo, portandola a cercare qualcosa con cui coprirsi.
Afferrò a caso un camicia nera del ragazzo, indossandola distrattamente mentre percorreva il salone per raggiungere la cucina, dove si mise a preparare un po’ di caffè, adocchiò l’ora, mezzanotte e mezza, solita ora, solite abitudini.
Aspettò che la caffettiera fischiasse, per poi prendere una tazzina di caffè, gustandolo seduta sulla sedia avvicinata alla finestra, per osservare la notte.
Finì la sua tazza, la lavò e mise sul fuoco la caffettiera con il resto del liquido scuro al suo interno, lasciando la cucina; i piedi sembravano solamente sfiorare il pavimento di legno, estremamente freddo, rendendo la sua figura ancora più elegante: i capelli biondi e lunghi, leggermente mossi si muovevano sinuosi ad ogni passo che quelle lunghe gambe percorrevano, mentre gli occhi color ghiaccio brillavano nella notte scura, solo la pallida luna ad illuminare la sua elegiaca bellezza.
Tornò nella camera, raggiungendo il talamo di quello che era un rapporto dissociato dall’amore, ma profondo e complicato in egual modo, sedendosi su quelle scure coperte, lanciando la camicia a terra e soffermandosi ad osservare la figura distesa al suo fianco.
Accarezzò quasi distrattamente i lunghi capelli neri, giocandoci anche mentre si perdeva ad ammirare i tratti estremamente eleganti di quel viso etereo, il naso perfetto, le labbra rosee leggermente socchiuse e quei inconfondibili segni sul viso, le lunghe ciglia nere e l’espressione ammaliante anche da dormiente.
Sospirò, era sveglia nel cuore della notte, come ogni notte; lo raggiungeva al pomeriggio, cenavano e finivano a letto, scopavano per scaricare entrambi i problemi, poi si addormentavano dandosi entrambi le spalle e alla fine lei si svegliava, beveva il caffè e aspettava l’alba per dirgli “ciao,ci vediamo sul tardi”, non ricevendo risposta; era sempre così, ormai non faceva più nulla pensando era tutto automatico, e nonostante tutto anche abbastanza derisorio.
Lei era una ragazza come tante, ma dalla bellezza non comune, faceva la modella a tempo perso e spesso aiutava il padre con il suo negozio di fiori, eppure era invidiata e desiderata e un po’ per piacere, un po’ per gioco le piaceva creare quel mistero attorno a se, quell’aria di leggera superiorità che poi per lei era quasi inferiorità perché a differenza di tutti lei non riusciva mai a essere felice, vedeva spesso le cose e persone a cui si affezionava scivolarle via dalle mani, ritrovandosi spesso sola, senza però ammettere quella sua debolezza.

Poi aveva incontrato lui, un ragazzo ancor più misterioso e silenzioso di lei, di qualche anno più grande, un ragazzo di successo al comando di una delle aziende più importanti del paese, di proprietà della sua famiglia, e un po’ per gioco la prima sera che lo vide in un ristorante di lusso provò a catturarne l’attenzione, ricercando quello sguardo freddo e penetrante su di se; era riuscita ad attirare la sua curiosità e si era avvicinata, sedendosi al suo tavolo cominciando a chiacchierare, perché lei amava parlare, mentre lui l’aveva ascoltata in silenzio, le aveva pagato la cena ed era sparito. Non le aveva detto nulla, semplicemente perché per lui il silenzio era tutto, lei stessa si era ritrovata a scoprire il suo nome grazie ad un quotidiano dove aveva trovato la sua foto e poi aveva fatto qualche domanda alle persone giuste, riuscendo a ritrovarlo. Era iniziata così, lei l’aveva sedotto perché si era innamorata di quella persona così lungimirante da lei, ma anche così simile per certi versi e alla fine era stata adescata in un circolo, trasformando prima tutto in uno sfizio e poi in abitudine.
Aveva incontrato la sua famiglia per caso, la madre l’aveva adorata ed erano diventate amiche, “niente di serio, solo amici” rispondeva sempre all’assillante domanda della donna sulla loro relazione; solo grazie ai familiari sapeva tutto ciò che riguardava la vita del ragazzo, ma dello stesso aveva imparato tutto osservandolo nel silenzio, grazie a lui anche lei aveva imparato a parlar meno, ad osservare senza giudicare e senza esprimersi verbalmente perché un gesto del ragazzo spesso le comunicava molte più cose di cento parole.

Eppure lei era triste, si era ritrovata ad amarlo in quel silenzio che lui amava tanto e non poteva confessarglielo, sarebbe stato deleterio per quel poco che già avevano, così si era ritrovata a vivere quella condizione, non troppo piacevole ma essenziale per poterlo ammirare e amare, ritrovandosi ogni notte ad assaggiar il suo candore, cogliendo ogni gesto del suo sonno sereno.
Osservò la sveglia, le quattro del mattino, fuori un temporale, un sabato mattina come altri, triste e uggioso come il suo animo; si stirò come un gatto, prima d’infilarsi sotto le coperte per un brivido che l’aveva colta, rimanendo però seduta e rannicchiata.
Un leggero fruscio le fece voltare il capo ad osservare il ragazzo, i suoi occhi color cenere la guardarono e sul suo viso apparve un sorriso appagato.
- Ciao…-
Nessuna risposta ebbe in cambio, lo vide allungarsi verso il comodino per dissetarsi, ignorandola.
Una lacrima le solcò il viso, senza nemmeno darle fastidio, incassò il viso, appoggiandolo alle ginocchia, sospirando sconsolata.
- Posso fare un doccia veloce? Poi me ne vado…- alzò lo sguardo per cercare quel cenno del capo che sarebbe stata la sua risposta ma a sorpresa si ritrovò il suo sguardo addosso, una luce nuova negl’occhi a lei sconosciuta, che riuscì a spaventarla, facendola tremare leggermente.
Lo vide chinarsi, gli occhi socchiusi un bacio dolce sulle labbra; era il primo bacio che le dava, nonostante tutte le sere finissero a letto insieme lui non l’aveva mai toccata, tantomeno baciata. Un’altra lacrima raggiunse la sua guancia e si ritrovò sorpresa ed imbarazzata.
Lo guardò ammaliata, cercando di capire ma sul suo viso apparve quello che pareva un sorriso e ciò la sorprese come l’abbraccio che la cinse, non riusciva a capire cosa stesse succedendo, ma semplicemente si era ritrovata ad essere davvero felice.
- Rimani qui con me Ino. – non era stata una domanda, ma semplicemente un’affermazione spontanea che l’aveva commossa, facendola piangere rumorosamente, facendola stringere a quel petto fresco e pallido, come unica certezza e prova di quella atmosfera.
- Sei…sei sicuro, vuoi davvero che resti qui con te? Non ti da fastidio, io sono rumorosa e….- non finì la frase, perché quelle labbra l’avevano nuovamente colta, un poco impreparata ma poi si lasciò andare, approfondendo quel contatto tanto agognato.
- Ino, rimani qui, con me, non andare via…- sorrise, perché i suoi gesti avevano parlato più della sua bocca, la frase era vaga ma l’intenzione chiara: gli aveva chiesto di rimanere con lui, di essere sua, di non andarsene più perché la voleva con se, perché anche lui l’amava.
L’aveva capito e gli sorrise complice, con un sguardo che gli comunicò il suo amore, ricevendo in cambio un caldo contatto tra le loro mani che andarono ad unirsi, a ricercarsi.
Lo tirò leggermente, invitandolo a scendere, sorridendoli complice, perché le aveva parlato e lei aveva capito che a loro non servivano le parole, comunicavano già col cuore.

- Itachi, ho fatto il caffè…- anche quella un’abitudine, come la sua di non saper stare troppo zitta, ma lui l’accettava e l’amava, per questo la raggiunse e la condusse in cucina con le mani ancora intrecciare e salde.
- Beviamolo insieme. – tutto sommato anche quella nuovo quotidianità le sarebbe piaciuta, perché finalmente erano riusciti a comunicare e capirsi davvero.


 

  
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