Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: Shileen    31/05/2010    1 recensioni
Ah, certo. Voi cercate una storia, voi cercate ciò che si nasconde dietro un nome, ed un volto che non ha nulla da dirvi e tutto da nascondervi. Perfetto. Farò come desiderate signori, risponderò ad ogni domanda, ad ogni perplessità.
Bakground del pg Nadia della Corte per Vampiri Live Napoli, basato sul gdr cartaceo VtM.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Historia
Avvertimenti: Non per stomaci delicati, linguaggio esplicito, POV .
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale, Suspance .
Reating: Arancione .

Prima di Cominciare: Salve miei amatissimi lettori ! Dunque, questa storia che vi vado a raccontare - o meglio, che Nadia vi andrà a raccontare, visto che è in prima persona - è un sunto della vita di questo personaggio .. Nadia della Corte, creata per un GDR live. Si, come sempre è carico di Suspance, scene di violenza, sottintesi horror e cose del genere.
Ok, detto ciò .. spero vi piaccia !!

Disclamer: I personaggi sono tutti maggiorenni e sono di mia esclusiva creazione assieme ai fatti narrati (© Juliet) (L)
Credits: Le icons sono opera mia . Il font usato per il titolo è Holy Empire .




Dedicato a me stessa <3 .
HIstORIA

scritto e ideato da Shileen .
~ Storie di Vampiri ~



Salve.
Ho un vago presentimento, stanotte. Il sospetto che non abbiate bisogno d'un qualche favore o servizio; almeno non oggi. E dunque, cos'è che vi conduce qui ? Ah, certo. Voi cercate una storia, voi cercate ciò che si nasconde dietro un nome, ed un volto che non ha nulla da dirvi e tutto da nascondervi. Perfetto. Farò come desiderate signori, risponderò ad ogni domanda, ad ogni perplessità. Cos'è che vorreste sapere, mh ? Chi fu a compiere questo scempio ? A condannare una ragazza sbocciata solo a metà alla fulgida, eterna, perfetta meraviglia di quest'attimo che durerà sino all'infinito ? Che carini .. abbastanza banale, potreste fare di meglio, ne sono assolutamente certa.
D'altra parte, potrei anche dirvelo. Potrei farvi sollevare lo sguardo dal vostro banale stato di minorità ed elevarvi ad una conoscenza ritenuta appannaggio di pochi. Potrei. Perchè no ? Oh, bhè.
D'altronde, se siete ancora qui a prestarmi ascolto, ho il sospetto di aver colto almeno per un istante, per quanto piccolo, la vostra fugace attenzione.
Mi chiamo Nadia della Corte.
Dunque, da che cominciare ? Dalle origini ? Lasciatemelo dire .. che palle.
Allora: mio padre; ho scoperto chi fosse solo undici anni dopo che sono scappata di casa. Di quello vi parlerò a suo tempo, non temete. Mio padre, nonostante mia madre avesse fatto di tutto per farmi scordare persino della sua esistenza, era l'ultimo erede di una casata nobiliare napoletana caduta in disgrazia alla fine del secolo passato (perdonatemi, alla fine dell'800, non del secolo scorso) che conserva come ultime vestigia di quella nobiltà acquistata in modi, oserei dire, quanto meno poco ortodossi, nella firma in calce che mi è stata tramandata. Quel 'della' scritto in minuscolo; a quanto sembra, viene considerato un segno di nobiltà. Che grande stronzata. Lui invece, mio padre, in regalo a mia madre lasciò vagonate di debiti - e me, naturalmente - prima di decidere che aiutare gli ultimi residui delle forze naziste sparpagliate per l'Italia sarebbe stato un buon modo per elevare nuovamente il nome della famiglia ... vi ho già detto quanto quell'uomo possa essere stato un'emerito idiota e mentecatto ? Comunque, per continuare, non so che fine abbia fatto, nè m'interessa a dire il vero. Poi c'era mia madre, per l'appunto, colei che ha prima cercato di lasciarmi impressa in testa come immagine di mio padre quella d'un uomo tutto d'un pezzo, eroe di guerra morto in chissà quale scontro per la sua Patria; e poi ha semplicemente deciso che parlarne non era più il caso, bandendo da casa nostra il suo nome ed il suo ricordo. Una sorta di damnatio memoriae, insomma. Ho vissuto con lei sola dal maggio 1949, quando nacqui - in quella che tutti amavano ricordare come una caldissima giornata di sole, divertente no ? - sino all'inverno di dodici anni dopo, quando lei pensò bene di ammalarsi di tisi (che, per chi di voi non lo sapesse, è la tubercolosi) e quando i servizi sociali decisero di mandarmi da una delle due sorelle di mia madre, a Venezia. A proposito della tisi, sapete che una credenza popolare ha lungamente attribuito questa malattia al vampirismo ? D'altronde i sintomi più comuni sono occhi rossi e gonfi, che a sua volta causano sensibilità alla luce esterna, pallore ed espulsione di sangue per via orale durante i colpi di tosse, cosa che suggeriva l'idea di dover ripristinare questa perdita di sangue assumentone altrettanto sempre per via orale ...
Ho parecchi ricordi del periodo che ho passato a Venezia e tutti, senza alcuna eccezione, mi riportano alla mente quanto odio provassi per quella dannata città e per i suoi abitanti. Non ce n'era uno che non mi considerasse una povera, piccola, abbandonata, figlia di 'popolani' analfabeti, raccolta dalle braccia amorevoli di mia zia, donna dai rigidi costumi e dalla fede incrollabile. Analfabeti ? Trovo uno stronzo mio padre e solo una povera disgraziata mia madre, ma vi assicuro che l'ultima cosa che si può dire su di loro è che fossero analfabeti. Se non fosse per mia madre che m'insegnò cose che normalmente non avrei potuto apprendere e per mio padre la cui libreria, in futuro, si rivelò una grande fonte di nozioni ed eventi, non avrei cumulato quella cultura e conoscenza che forse è stato uno dei motivi per cui il mio Sire decise che valeva la pena di uccidermi. Per poi ridarmi la vita, ovviamente.
Quando a dodici anni mi ritrovai da sola, intrappolata in una casa e - ancor peggio - in una città che non mi riconosceva come sua leggittima abitante, ritrovai l'unica via di salvezza nei libri e nelle magiche parole che man mano iniziarono ad acquisire un senso sulle pagine stampate. Fino ad allora il mio rapporto con la lettura si era limitato alle volte in cui le mie maestre prima, e le professoresse poi, mi costringevano a leggere .. a studiare perchè era necessario. A dire il vero, iniziai realmente a studiare solo quando mi ritrovai spersa in quel di Venezia e trovai come migliore compagna di giochi la Biblioteca Comunale, il cui bibliotecario e custode aveva visto in quella mocciosa dall'aria spersa una pecorella sperduta sulla via che porta alla conoscenza. Credo sia l'unico mortale cui devo qualcosa, l'unico della cui morte mi rammaricai parecchio; forse avrei dovuto dirgli quanto mi siano stati utili quei lunghi, interminabili pomeriggi passati su Shakespeare, Cicerone, Machiavelli e Neruda. A sedici anni mia zia aveva ormai perso ogni speranza di convincermi ad iscrivermi ai corsi di catechesi per ragazzi, nè tantomeno servirono a qualcosa le punizioni domenicali - un rituale - che seguivano le nostre immancabili litigate sull'utilità di recarsi a messa che, difatti, man mano smisero d'esserci; mi lasciò vegetare nella camera che mi era stata assegnata da quattro anni e che mi è rimasta fino al 1967, tra i libri, i libri, i libri e dopo qualche tempo, dei dischi in vinile che riuscivo a comprarmi con qualche lavoretto e che riuscivo a sentire grazie ad un vecchio grammofono di mio nonno ritenuto 'ciarpame' dal resto della famiglia. Poi, improvvisamente, tra i libri fecero la loro comparsa un paio di guantoni da Boxe mezzi usati e sbrindellati che ho preso ad usare sempre più spesso, sempre più spesso, con sommo odio di mia zia ovviamente. Comunque sia, dopo le scuole medie inferiori, mia zia decise che avrei dovuto proseguire la mia istruzione in un liceo Magistrale e che sarei diventata insegnante alle elementari .. quasi posso sentire ancora la sua voce perforarmi la testa con quel forte, insolente accento veneto che mi dava la nausea:

« Almeno potrai smetterla di sistemare gli scaffali della Biblioteca Pubblica per 5'000 lire al mese e prenderti a botte come un maschiaccio di strada con quei .. 'tizi' che chiami amici !  »

Naturalmente di quella scuola ricordo a stento le poche cose che ci chiedevano di imparare, in vista del temuto esame di maturità mentre ricordo con viva perfezione tutte le nozioni che appresi nei pomeriggi passati clandestinamente nell'Archivio della Biblioteca a far finta di sistemare gli scaffali impolverati e disseminati di tarme. Conclusi quel dannato liceo con il massimo dei voti, e non certo per quel che quella sottospecie di insegnanti avrebbero dovuto darmi come istruzione superiore, e me ne scappai di casa, andando a vivere in un buco di qualche mq a poca distanza dal centro cittadino. Mia zia smise di cercarmi solo quando il suo figlio maggiore, Roberto, cercò di convincermi con la forza a tornare a 'casa' .. lui naturalmente ci tornò da solo, dopo un giorno in ospedale a causa di alcune ferite da spranga causate chissà da quale malvivente grezzo e brutale incontrato per la via .. eh si.
Nel 1968 scoppiarono le rivolte studentesche, e credo voi lo sappiate senza che ci sia bisogno che ve lo dica io. Avevo diciannove anni e frequentavo il primo anno di Lettere Classiche all'Università degli Studi di Venezia, mi mantenevo facendo due lavori e andando a suonare poche volte nei pub del centro con un paio di studenti del mio corso per raccimolare una manciata di lire in più; fu con loro che, per la prima volta, scesi in piazza a lottare per i miei diritti di studentessa. Da lì fu un continuo rincorrersi di scontri, manifestazioni, slogan, striscioni fatti alla bell'e meglio, foulard davanti alla faccia, fumogeni e spranghe. E mani menate contro quelli che cercavano di imporre le proprie idee a nostro discapito.
Poi un giorno, alla Biblioteca fece il suo ingresso tale Dante Nervinus, sedicente storico, studioso di simboli e amante dell'esoterismo; almeno questo è il modo in cui si presentò a me tre settimane dopo che le sue visite giornaliere mi avevano incuriosita e spinta a chiedergli qualcosa di lui e del suo lavoro. Era come se un estraneo avesse profanato il mio sacro tempio della cultura, ed era un estraneo tutt'altro che normale. Era alto e ben piazzato, una massa di muscoli in giacca e cravatta che leggeva di antiche città e storie medievali; era pallido, no non solo pallido, proprio BIANCO, e poi i suoi occhi erano costantemente cerchiati di viola ed arrivava sempre all'ora in cui il sole scompariva dietro le colline dei Colli Eugànei per andarsene solo a tarda notte, un'ora dopo che il biblotecario iniziava a dirgli di andarsene perchè doveva chiudere. E mi studiava. Io lo so; perchè naturalmente presi a studiarlo a mia volta dopo i primi tempi e non chiedetemi perchè, dannazione ! So solo che trovavo incredibilmente difficile cercare di non guardare nella sua direzione e so che mi faceva uno strano effetto, che ogni giorno mi sentivo richiamare dalla libreria con l'ossessione del suo volto e mi ritrovavo sempre più spesso con un libro in mano che nemmeno stavo leggendo, con lo sguardo fisso sulla porta della Biblioteca in attesa del Signor Nervinus.
Solo qualche tempo dopo scoprii che era tutta una menzogna, una finzione dettata dalla forza della sua mente che contrastava la mia, debole e mortale. Una menzogna che mi costò caro.
Fu in una sera come tante passate a bere a canna con quei pochi amici stretti di cui mi circondavo per sfuggire alla realtà di una città che odiavo e con i quali condividevo ogni interesse che successe il fattaccio. Certo, eravamo mezzi fatti e brilli - dire addirittura sbronzi mi sembra esagerato - ma non avevamo iniziato noi quel casino; certi tipi del quartiere accanto al nostro - naziskin di merda - hanno preso a lanciarci insulti addosso, e noi che avremmo dovuto fare, eh ? Fatto sta che si avvicinarono con l'intenzione di menare le mani ed ottennero solo che fummo noi a fargli cacciare i primi guaiti di dolore - donnette che non erano altro! Poi, così, tutt'un tratto, nuovamente quella sensazione di attrazione mi spinse a guardarmi attorno, fu come se quella rissa non ci fosse mai stata, sentivo gli occhi di qualcuno addosso e sapevo anche perfettamente di chi potessero essere. Così, quando incrociai due occhi nocciola scuro che mi fissavano intensamente, non me ne stupii affatto. Naturalmente uno di quei gran bastardi si approfittò della mia distrazione per afferrarmi di spalle, bloccandomi le braccia e suscitando in me non poca ira, guardai gli arti grossi di quel ragazzo senza nemmeno che ci fosse bisogno di riconoscerlo: era un nemico e basta. Feci la prima cosa che mi venne in mente di fare: mordergli le braccia finchè non avesse ceduto e non fossi stata di nuovo libera, cosa che avvenne solo quando iniziai a sentire il sapore del suo sangue in bocca, che sputai riluttante. E' l'ultimo sapore di cui ricordo perfettamente il gusto, metallico e nauseante; pensai tra me e me alle leggende sui vampiri e mi dissi « Che schifo ! » Sfortunatamente divenne il mio cibo quotidiano da lì a breve, molto breve.
I ragazzi fuggirono, ma io non mi unii ai festeggiamenti dei miei compagni, non risposi ai loro richiami, mi voltai e diressi i miei passi verso il Signor Nervinus che ancora stava lì a guardarmi, con quel sorrisetto insistente sulle labbra.

No. Non vi racconterò com'è finita quella serata. Non vi racconterò come sono diventata quello che sono perchè non vi piacerebbe, sarebbe solo un altro dei tanti discorsi disgustosi che si sentono sul sangue e suoi poteri che ad esso si riconducono. Vi lascerò semplicemente immaginare quanto il mio Abbraccio - il Bacio Oscuro che mi ha resa quella che sono - sia stato languido e memorabile; vi lascerò credere quello che normalmente si fa credere alla gente quando si parla di queste cose: una scena indimenticabile, il sensuale invito di quello che sarebbe divenuto il mio Sire e poi la morte, e il nuovo dono della vita gentilmente offertomi da un uomo da cui ogni donna si sarebbe sentita attratta.
Non è andata affatto così, ma chissenefrega. Tanto vale che vi limitiate a credere a quel che vi fanno normalmente credere.

Le mie primissime notti passarono nell'odio, nella rabbia e nel terrore. Avevo paura di quel mondo oscuro che si aprì tutt'un tratto, magicamente, avanti ai miei occhi, come la scenografia maestrosa di un teatro che appare allo spettatore solo quando finalmente tutto è pronto per iniziare, e il Direttore di Scena decide che è il momento di aprire il sipario. Bastò il primo morso che quella sete incessante che è diventata mia instancabile compagna, mi ha costretta a dare ad uno di quelli che fino ad un paio di giorni prima avrei considerato miei amici, sotto lo sguardo del mio Sire nascosto in chissà quale anfratto. Allora capii che non ci sarebbe stata decisione che avrei più potuto prendere davvero come donna libera, e la rabbia si trasformò in frustrazione. Trascorsi i primi anni con il mio Sire, a capire cosa potevo o non potevo fare, come dovevo o non dovevo muovermi durante le notti di caccia che si sarebbero susseguite da quel momento sino all'Eternità .. un tempo molto esteso a dire il vero. M'istruì sul significato della parola Masquerade e su tutto quello che comportava, sulle Tradizioni, sulle Sette e sui Clan, il nostro in particolar modo. C'erano così tante cose da imparare, leggi, scritte o meno, leggende, vicende storiche che io volevo e non volevo apprendere. Mi sentivo un bambino che viene imboccato dal suo genitore amorevole, un bambino che non riesce ad imporre i suoi bisogni su quelli del genitore che lo fa mangiare quando gli è comodo, non quando il bambino ne ha voglia o ne ha il bisogno. Ero arrabbiata, costantemente arrabbiata, e Dante dovette capirlo presto, perchè la mia prima, vera e propria, caccia me la lasciò compiere da sola.

< Una sorta di punizione. > come preferì definirla. < Se domani si parla di qualche morte o avvenimento insolito riverserò tutto il mio .. disappunto, su di te. >

Mi disse così, semplicemente, e poi mi lasciò andare nella notte. Andò bene, questo è poco ma sicuro, e lui si dimostrò abbastanza soddisfatto del mio operato, tanto da concedermi di riprendere gli studi, dopo un pò, e terminarli, rapidamente. Rimasi a Venezia per i dieci anni seguenti quando iniziarono le prime rivolte femminili. Mi sentivo totalmente estranea a quella lotta, stranamente, e preferii rimanerne fuori, continuare i miei allenamenti, e le mie ricerche che non servirono ad altro che a farmi mezzo sbeffeggiare dall'altro infante del mio sire, una sorta di fratellastro ? Mhà .. se preferite chiamarlo così. Me lo ripeteva sempre, quel dannato ignorante buono solo a dare mazzate a destra e a manca:

< Che saresti tu, eh ? Una fottuta Brujah intellettuale del cazzo ? >

E poi si metteva a ridere, suscitando tutto il mio sconcerto, almeno considerato che, per quanto ne potevo sapere, il nostro Sire era perfettamente identico a me. Forse meno bisognoso di usare la forza per affermare le proprie ragioni. Ho vissuto con loro finchè non mi resi effettivamente conto di essere ormai abbastanza grande da cavarmela da sola, e decisi di tornare nella mia terra natale. Non Napoli, che mi vide venire al mondo, ma Ceppaloni, posticino sperduto nel Beneventano dove ebbe origine la casata di mio padre e dove ancora era conservata una magione abbandonata di proprietà della mia famiglia.
M'intrufolai nella proprietà della mia famiglia come fossi una ladruncola da quattro soldi e non l'arma assetata di sangue in cui mi stavo trasformando, e feci sorgere tutto dalle ceneri, ricostruendo un santuario, ove collezioni di opere artistico-letterarie esposte in ampie sale luminose - le cui finestre sbarrai all'istante - si fondevano perfettamente con la raccolta di armi storiche che prendeva diverse gallerie. Passai qualche anno in una discreta solitudine, ignorando le voci che iniziarono a circolare in quel paesino davvero, davvero troppo piccolo, che parlavano di fantasmi venuti a riprendersi il vecchio Maniero della Corte, poi vennero loro, a dirmi che quel posto era loro proprietà di diritto. Erano due uomini coperti da lunghi spolverini neri dal bavero alto e dagli occhi chiari e perforanti, quasi fossero gemelli e, fortunatamente, preferirono continuare a minacciarmi che passare alle mani, forse credendo di farmi paura così com'erano. Dal canto mio stavo solo sistemando la collezione di armi di mio padre .. non è certo stata colpa mia se il balestrino era carico e funzionante .. stranamente quando di loro rimasero solo due mucchietti di cenere scura, la stanza sembro illuminarsi vagamente. Non me n'ero accorta, ma la loro presenza aveva oscurato in qualche modo casa mia, e non era affatto una cosa positiva. Ne sarebbero arrivati altri, era ovvio, così feci l'unica cosa che mi venne in mente di fare e chiamai ancora il Signor Nervinus invitandolo a prendersi una vacanza dalla vita frenetica di una città come Venezia e venirsi a fare un giro nel Beneventano. Il mio Sire si presentò con quattro Fratelli al seguito, di cui uno era l'alto e grosso coso biondo che mi trovavo Fratello per Progenie. Stranamente mi trovavo a mio agio con l'ammuina che riuscirono a creare a casa mia, forse la solitudine non mi si addiceva come pensavo.
Si susseguirono identici a se stessi anni e anni in cui la routine monotona di una vita infinita si alternava a sporadici scontri con i sabbatici che mi spinsero tempo addietro a chiamare il mio Sire. Erano alcune sparse e disorganizzate decine di Lasombra il cui operato era spesso e volentieri coadiuvato da pochissimi Tzimisce dalle origini ignote. Li ho sempre odiati, i primi viscidi come le ombre di cui erano manipolatori, i secondi riluttanti come i mostri di carne ed ossa che le loro menti contorte creavano e allevavano. Passarono altri dieci, lunghissimi, anni. Era il 1989. Il mio Sire morì nell'ultimo, colossale, scontro contro i sabbatici, assieme ad altri due Fratelli. Enzo - il coso biondo - si diede alla fuga assieme a Caterina, altro membro della nostra dolcissima famigliola, preferendo lasciarmi sola, in un posto dove la mia salvaguardia era messa del tutto in discussione. Nuovamente mi trovai a viaggiare. Il mio Sire era morto.
Non illudetevi, non ho provato pena per la sua fine ! Nè dolore ! Non ho sofferto per la perdita dell'unica persona che considerassi la mia famiglia ! Umana non ero e non sono signori ! Quindi fatevi un pò i cazzi vostri e non indagate più a fondo di quanto io non voglia farvi indagare !
Presi il primo notturno per Napoli e lì rimasi per qualche tempo, nascondendomi dalla luce del giorno in un ostello per la gioventù, chiedendo in giro, cercando di capire che si diceva, chi fosse il Principe e se ci fossero abbastanza Brujah in città da formare un Consiglio di Clan a cui appellarsi. Ma un Principe ancora non c'era, la città non sembrava godere del suo periodo di massimo splendore da quel punto di vista, e l'abbandonai nuovamente, trovandomi una casetta sperduta del dominio meno incasinato che ci fosse - almeno secondo le voci che mi giungevano all'orecchie - .. Caserta. Dormivo, mi svegliavo, mi cibavo di puttane lesbiche come di piccoli signorotti alla ricerca di una notte di passioni e poi passavo il resto della notte a prendermi a botte con gente più o meno di malaffare in una palestra abbandonata a pochi passi da quella che chiamavo 'casa'. I libri che mi ero portata dietro li sapevo ormai a memoria, aprivo le pagine e guardavo il vuoto, già conoscendo le parole ch'è come se mi danzassero innanzi agli occhi. Vegetavo insomma. Nemmeno troppo tempo dopo, ho saputo che un nuovo Principe dominava su Napoli, e forse avrei dovuto capire che era il momento di tornare alla non-vita, piuttosto che lasciarmi andare ad una vita di merda, che davvero non poteva essere la conclusione di un percorso iniziato da schifo.
Mi sono data una svegliata quando la solitudine è tornata a farsi spazio nella mia testa, quando nemmeno nella caccia riuscivo a trovare uno svago e men che mai nelle lotte clandestine con avversari difficilmente alla mia altezza, non che sia un vanto, è chiaro, di solito le ragazzine di oggi fanno tutto per nasconderlo .. quando riescono a stendere un omaccione di due metri. Io lo trovo abbastanza stupido.

Ecco. Direi che ora è sufficiente. Avete tanto di quel materiale sulla mia vita che potreste quasi metterci su un film. Già me l'immagino .. che idiozia. Ora non rompetemi ancora i coglioni, vi ho detto quel che volevate sapere. Erano questi i patti no ? Ottimo.

.. nulla in contrario se v'invito per cena, mh' ?








Note dell'Autrice: °__° non lo so .. sincero .. mi andava di postarlo su EFP perchè effettivamente è una storia narrata da uno dei personaggi frutto della mia mente contorta, dunque .. perchè no ? Se vi è piaciuto - anche solo un pochino - recensite *___* (al narratore sommo - zio Tom xD - non serve .. già commentò a suo tempo x°DD) <3

Ringraziamenti:
Ago _ per avermi fatto cambiare idee sul look di Nadia, danke .
Zio Tom _ perchè è l'unico che mi sostiene !! 
Tutti coloro che hanno letto e apprezzato anche solo poco, poco, poco .. e a dire il vero anche quelli a cui non è piaciuto per nulla, sono il miglior incitamento a darmi da fare per scrivere sempre cose migliori =) grazie anche a voi !!
   
 
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