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Autore: fri rapace    31/05/2010    5 recensioni
Ti ho sentita arrivare – per te gli esami di Segretezza e Inseguimento al corso per Auror devono essere stati davvero un enorme scoglio – e mi sono nascosto sotto le coperte senza neppure levarmi le scarpe, implorando senza voce che te ne andassi via lontano, come ho fatto io mesi fa.
“Per fare a meno di te, non so dove me ne andrò, che cosa inventerò”, mi ero disperato a lungo, e la soluzione offertami dalla necessità dell’Ordine di avere una spia tra i miei pari non mi piaceva affatto, ma sapevo che era quella giusta.
All’improvviso smetti di parlare del tuo incontro con Greyback, scoprendomi e scrollandomi con troppa forza.

[Storia classificatasi 3° al contest "HP Best Couples" di BS sul forum di EFP]
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cerco te Non ti sei ancora seduta che già tieni la mia mano tra le tue.
Vuoi parlarmi di lui, del mio incubo, il mio tormento di bimbo di sei anni, e io torno piccolo come mi succede quando guardo il cielo ed esso mi racconta della luna.
“Per fare a meno di me sei arrivata a tanto!” penso rabbioso.
Provo freddo per la paura.
Ti ho sentita arrivare – per te gli esami di Segretezza e Inseguimento al corso per Auror devono essere stati davvero un enorme scoglio – e mi sono nascosto sotto le coperte senza neppure levarmi le scarpe, implorando senza voce che te ne andassi via lontano, come ho fatto io mesi fa.
“Per fare a meno di te, non so dove me ne andrò, che cosa inventerò”, mi ero disperato a lungo, e la soluzione offertami dalla necessità dell’Ordine di avere una spia tra i miei pari non mi piaceva affatto, ma sapevo che era quella giusta.
All’improvviso smetti di parlare del tuo incontro con Greyback, scoprendomi e scrollandomi con troppa forza.
“Non fingere il coma! Sono stufa di parlare a una mummia!” alzi la voce, sembri molto stanca.
Ma blocchi subito la tua sfuriata con un tremito, quando percepisci il mio corpo tutt’ossa scosso nei vestiti laceri che indosso.
Tra non molto non avrò più stoffa a sufficienza per unirne gli strappi con nuovi rammendi e il mio corpo, solidale con ciò che lo ricopre, fatica alla stessa maniera per tenersi assieme.
Provi ad accarezzarmi la schiena: riconosco il tuo tocco sul mio corpo, ricordo come lo esploravi in maniera vivace e trascinante solo pochi mesi fa. Ora i tuoi gesti sono più timidi, scoordinati, le mani che procedono a tentoni come le gambine di un bimbo che tenta i primi passi.
Capisco il perché, l’intimità che avevamo conquistato ha bisogno di tempo per essere nuovamente riscoperta.
Di ore, mi dico. Tante, tante ore.
Ti fermerò prima che tu ti convinca che tutto è tornato come prima, perché non voglio illuderti, te lo prometto.
C’è tempo, mi ripeto più forte, perché non trovo il coraggio di privarmi subito del conforto che mi da il tuo seno caldo che mi sfiora la pancia a ogni respiro, della tua guancia morbida poggiata sul mio fianco.
Aberforth è stato così gentile da offrirmi una stanza della sua locanda dove posso risiedere nei giorni di pausa dalla mia missione, per poi informarti del mio arrivo.
Lo sa che non voglio vederti più, perché a ogni nuovo incontro è sempre più penoso sostenere le mie ragioni e privarmi ancora una volta di te.
Lo sanno tutti nell’Ordine, come sicuramente sanno del tuo incontro con Fenrir Greyback.
Eppure te lo hanno lasciato fare, hanno permesso che ti esponessi a un tale pericolo. È chiaro che a loro non importa nulla della tua incolumità, ne è la conferma il fatto che sarebbero felici di vederti fidanzata con un lupo mannaro: noi due assieme, come l’anno scorso…
Ora temo di ricordare, e tu mi sproni ad aprire gli occhi.
“Per fare a meno di te, io no, non mi sveglierò, non ti ricorderò”, mi impongo risoluto.
“Sei proprio gnucchissimo!” commenti senza più rabbia, le tue carezze che risalgono fino al mio viso teso, le dita che si soffermano sulle palpebre serrate.
“Ma lo sa il mio povero vecchietto che è praticamente appena nato in confronto alla maggior parte delle persone che frequentiamo?” mi sussurri con tanta tenerezza.
“Compreso il ringhioso... voi due non avete mai parlato apertamente di quella notte… ma io ora so e posso raccontarti una storia, la sua storia. La tua.”
Il tuo tono si è fatto insolitamente pacato, come se stessi per leggermi una fiaba, a me che mi faccio piccolo, il viso rivolto verso un cielo che non posso vedere, a una luna che non mi può sentire, mentre mormoro: “È una brutta storia e temo… temo davvero, di conoscerla già”, sempre a occhi chiusi, muovo la mano portandola debolmente sulla tua, anche se so che non dovrei farlo.
Mi accorgo che scuoti la testa da un lieve movimento dell’aria. “Tra un grugnito e l’altro mi ha raccontato tutto: ti ha preso nudo, inerme, ferito, gettato tra le felci del sottobosco, e ti ha sollevato…”
Mi baci la fronte e nel fremito delle tue labbra percepisco tutta la tua emozione. Ti attardi a lungo in questa posizione prima di rialzarti e scrollare risoluta la mia mano giù dalla tua. “Anni dopo, tu gli hai giurato che eri dei loro, e lui ti ha creduto! Persino lui, che perde la testa per i suoi assurdi sospetti più facilmente di un Elfo Domestico a fine carriera a Grimmauld Place, ti ha dato il suo benvenuto, Remus, non negarlo.”
“L’ha fatto”, dico, sentendomi così perso da non capire se la mia è un’affermazione o una domanda.
“Ricordi? Ti aveva detto che eri uno di loro.”
“Sì,” ammetto nauseato. “Finalmente hai capito che ha ragione lui?”
“Eccome, Remus! Al cento per cento!”
Dovrei sentirmi trionfante, finalmente mi dai ragione! Sospiro contro le tue dita, ma non è sollievo quello che provo, ho lo stomaco in gola e la mia vittoria ha il sapore della bile. “Sì, è proprio una bestia e io sono tale e quale a lui,” ti confermo, dopo una pausa. “Con un odore molto più gradevole, però”, aggiungo, perché sdrammatizzare è il mio forte e aiuta, mi aiuta davvero… E sorrido, perché il sorriso è una delle poche cose che non ho mai perso.
“Su, non essere così duro…”
“…con me stesso?”  ti anticipo.
“Ma no! Dico con lui! Cioè, è vero, grugnisce un sacco ed è ringhioso da paura, ma è già abbastanza patchwork senza che tu gli dia pure della bestia puzzolente!”
Il mio sorriso vacilla, non capisco, perché stai difendendo Greyback? “Io sono molto più patchwork di lui!” protesto; so quanto è infantile la mia uscita ma non riesco a tacere.
La rabbia mi secca la gola rendendo la mia voce ancora più roca: è vero, nel branco osservano tutti con biasimo le cicatrici che mi infliggo da lupo mannaro ingabbiato. Loro, che rubano e uccidono per sfamarsi. “Non avresti dovuto incontrarlo, come ti è saltato in mente di fare una cosa tanto sconsiderata? Quello è un animale della peggior specie!” Riflettere sulla tua sconsideratezza mi ha fatto adirare abbastanza da abbandonare la mia messa in scena, ora sono seduto, ho aperto gli occhi e vedo il cielo oltre la finestra sporca della stanzetta.
Poi il mio sguardo incrocia il tuo: sei molto pallida, tanto gracile da sembrare malata. Provo sgomento per quello che ti ho fatto.
“Ho capito, hai le Pluffe girate,” mi sfidi, incurante della mia ira. “Ma ti sembra il caso di essere così duro con il povero Malocchio?”
“Malocchio?” ripeto, smarrito. Torno a coricarmi, aggrottando la fronte a occhi chiusi senza preoccuparmi di quanto stupido devo sembrare. Mi ci vuole un po’, ma poi capisco, e allora sì che mi sento estremamente sciocco. “Oh. Giusto. Non Greyback, Malocchio. Proprio così. Malocchio.”
Alastor doveva averle raccontato di quando mi ha tratto in salvo, dopo che sono stato morso. Già allora si stava facendo un nome al Ministero per le sue enormi potenzialità, era stato il primo Auror che era riuscito a sottrarre a Greyback una delle sue piccole vittime impedendogli di portarsela via, per crescerla con lui.
Per crescermi con lui.
“Ma quanto sei zuccone!” esclami, spettinandoti i capelli grigi. “Certo che parlavo di Malocchio! Che, tra parentesi, non è così squinternato da permettermi di incontrare quello zozzo di Greyback da sola! E non sono così fuori neppure io… Sei tu l’unico che…” Torno ad osservarti, la preoccupazione che ti incrina la voce non ti impedisce di fare una smorfia buffa, incrociare gli occhi e disegnarti cerchi nell’aria con l’indice vicino alla tempia.
Finito di mimare come mi manchi qualche rotella, mi dai una pacca con il palmo della mano sulla fronte. “A volte ciocchi proprio vuoto, qua dentro!” scherzi, e per un attimo il pallore sul tuo viso esangue scompare e i capelli smorti hanno un guizzo rosa mentre scoppi a ridere.
E io, per la prima volta in vita mia, provo sollievo nello scoprire che qualcuno ha ascoltato la cronaca del mio salvataggio: so che d’ora in poi non vivrò più il racconto con la disperazione di un bimbo indifeso, perché saprò placare il dolore collegandolo alle tue irresistibili risate.
Ti pieghi su di me e mi prendi le mani, tirandotele dietro al collo sottile con la pretesa di tirarmi su, e io istintivamente intreccio le dita.
Distrattamente guardo il cielo, e cerco te, e scioccamente mi sollevo, su con te, su con te, su con te.






Le frasi in corsivo sono tratte dalla canzone: “Per fare a meno di te” di Giorgia , che mi era stata assegnata per il contest.
Mi rendo conto che questa ff non brilla certo per originalità, ma la canzone mi ha ispirato solo questo. Ho cercato comunque di metterci il cuore, non so... spero susciti almeno un po' di tenerezza per questa coppia che adoro.
Ringrazio Arylupin per avermi prestato l'imprecazione "quiddicciana" di Tonks.
E le tante persone che hanno commentato "Il lupo a letto", appena riesco posto l'altra one-shot tratta da "Come identificare una Metamorfomagus".
Ciao
Fri
   
 
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