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Autore: Bellis    01/06/2010    1 recensioni
Mycroft Holmes racconta un caso che vide protagonista il celebre congiunto diversi anni prima e dimostra che, nonostante gli anni passino, i fratelli maggiori rimangono sempre tali.
Genere: Avventura, Mistero, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(NOTA IMPORTANTE alla fine del capitolo. Pregasi leggere.)

Ancora una volta sono in ritardo! Chiedo perdono per questo, ma i miei studi stanno attentando alla sanità della mia mente, ed inoltre ho dovuto dedicarmi a faccende di tale pressante urgenza che...
Watson: Insomma, era troppo pigra per mettersi a scrivere.
Oh, salve. Anche lei qui?
Holmes: Ed anche io.
Mi par giusto, lorsignori vogliono accomodarsi?
Bellis indica un ramo dell'albero.
Watson: No, grazie. *educatamente Vittoriano* Non con la mia gamba dolente.
Già, pardon. A proposito, non l'ho mai capita questa cosa: lei è stato ferito alla gamba o alla spalla, in Afghanistan?
Holmes: *sussurra a Watson* Non mi sembra una grande osservatrice.
Watson: Proprio no.
Che maleducati! Ebbene, ora rispondo alle recensioni, mentre loro confabulano!

Alchimista, che commento lungo e stupendo che mi hai lasciato! Hai visto, Mycroft sta bene. Ed ora, ci aspetta il gran (?) finale! Sì, Poole sembra ormai al di sopra di ogni sospetto, più o meno. In quanto alla tua deduzione riguardante l'occupazione criminosa del procuratore e di O'Claire...
Holmes: Direi, cara signorina Alchimista, che le sue congetture sono corr -
Ma Shhhh! E' una lettrice, deve avere un po' di suspance prima di scoprire tutta la verità.
Holmes: Abitudine disgustosa, questa, di tralasciare informazioni al puro scopo di agevolare la narrazione. Ha visto, Watson, quali danni ha arrecato alle moderne generazioni?
Watson fulmina Holmes con lo sguardo.
Insomma, silenzio! Dicevo. Ti ringrazio per i tuoi commenti sempre molto positivi che mi danno un enorme incoraggiamento, e spero che la fine di questa fanfiction non ti deluda! In quanto a dopo... beh, confesserò di aver già in mente un'altra ideuzza... :D A presto, allora!

DaTaLoRe, la mia beta raffreddata! Non temere, presto avrai nuove notizie riguardo al movente! *porge scatola di fazzoletti* Grazie dei complimenti, e...
Watson: Si riguardi, beva tanti liquidi e assuma molte vitamine!
Perbacco, se non è Finley, è lui. Cos'è che volevo dire? Ah, sì! V'è una citazione a tuo uso e consumo in questo capitolo. Sai individuarla? XD Buona lettura!


VII - Impedimenti

Inaspettatamente interpellato per la seconda volta in quella serata, il dottor Watson si accomodò meglio sul divano, appoggiando la destra sul bracciolo e riportando la mancina in grembo. Spostò lo sguardo dal viso pallido ed imperscrutabile di mio fratello al mio, di certo non meno impassibile, quindi abbozzò un educato sorriso di scuse che lasciava intendere quanto profondamente radicata fosse nel suo spirito la cortese morale Vittoriana.

"Temo di non avere un'idea molto precisa sulla natura delle attività criminose che portarono O'Claire e Greene nei pressi di Giddy Manor."

Sherlock si sporse in avanti. "Vecchio mio, cerchi di considerare tutti e soli i fatti." battè una mano nel palmo dell'altra, elencando, "Un luogo isolato. Una ampia camera sotterranea. Attrezzi e tavoli da lavoro, adatti a sorreggere anche apparecchiature di una certa mole. Uno stampo metallico dall'aria vissuta. La complicità della polizia ufficiale..."

Il medico allargò le braccia, desolato. "Confesso di non capire, Holmes."

"Non mi sorprende. Non fraintenda, amico Watson! Il suo intelletto è più facile a immedesimarsi in questioni che stimolino la sua fervida immaginazione, piuttosto che in vicende di rozza banalità, i cui protagonisti sono mossi solo dalla turpe e diabolica spinta della cupidigia."

"Dunque il procuratore ed il locandiere agivano per denaro?"

"Esatto, dottore. E per nulla più di questo, dato che essi si adoperavano a fabbricare moneta falsa."

"Per Giove!" esclamò il suo coinquilino, indignato. "Intende dire che la giovane Dunbar... fu uccisa per aver scoperto il loro losco intrigo?"

Annuii ed intervenni in risposta precedendo il mio congiunto, "O comunque per aver veduto qualcosa di troppo importante. Incontrò la medesima sorte che Sherlock ed io rischiammo di seguire, in quei giorni tanto bui. Mentre ci affrettavamo a Whitley Bay, lessi negli occhi di mio fratello questa riflessione, e vi posi fine con le mie domande. Fortunatamente, egli si era premurato di portare nei pressi della casa infestata anche James con il calesse di famiglia, cosicchè il viaggio di ritorno fu quantomeno non troppo stancante.

"Chiesi delucidazioni su ciò che era avvenuto, e su come avesse potuto trovarmi. Appresi così dall'eloquio ancora un po' sconnesso del mio giovane ed iperattivo parente come egli fosse rientrato da Chester-le-Street con grandi notizie da riferirmi, ed avendo saputo da Abraham che ero uscito, avesse letto febbrilmente il telegramma inviato dal signor Greene, per poi lasciare l'anziano maggiordomo atterrito e solo nell'atrio, riprendere il suo già esausto destriero e spronare verso l'ufficio di polizia più vicino, ove aveva incontrato Poole e gli aveva freneticamente esposto l'accaduto, ottenendo il suo aiuto, seppur di mala voglia."

"L'ispettore in questione ha dimostrato una mentalità straordinariamente aperta." commentò Watson, rivolgendosi a Sherlock con aria d'approvazione.

"Concordo con lei." replicò quello, freddamente, "Ciò nonostante, faticò non poco a riconoscere la pura verità. Rammento infatti che, mentre James con abilità guidava i cavalli e tu, Mycroft, parlavi con lui, egli difese a spada tratta l'innocenza del procuratore."

"Era un suo superiore, il rappresentante del governo centrale a Whitley Bay, Sherlock. Il suo fu un comportamento totalmente naturale. D'altra parte, ammetto che trovai piuttosto fastidioso ascoltare le sue obiezioni, nelle condizioni in cui mi trovavo..."

Sospirai e mi passai nuovamente sulla fronte il fazzoletto già madido di sudore.

"Signor Holmes," arringò nuovamente Poole, "E' assolutamente certo che si sia trattato di Greene? E' stata un'esperienza assai stressante per lei, non è possibile che si sia... sbagliato?"

Sherlock, seduto a cassetta, si aggrappò al rozzo sedile di legno, voltandosi. "Non si è sbagliato, ispettore! Glie lo posso dimostrare. Ma lo farò solamente di fronte ad O'Claire, quando saremo giunti a Whitley Bay."

"Ragazzo, se hai informazioni di qualunque tipo, è tuo dovere consegnarle alla polizia ufficiale." lo ammonì il poliziotto, severamente.

"A tempo e luogo, signore."

Mi stupii di quella veemenza, come dell'espressione di seria determinazione che animava il volto del mio giovane congiunto. Ne ignoravo la motivazione: in quanto alla bontà delle sue deduzioni, non avevo il modo di verificarle, ma istintivamente mi fidavo della sua linea di pensiero. Cosicchè, quando Poole ripetè la sua inquisizione, lo interruppi quasi sùbito.

"Figliolo, ti ordino -"

"Ispettore. Tra poco saremo a destinazione. La prego di attendere sino ad allora. Sono certo che mio fratello ha ottime ragioni per tacere," e qui scoccai all'oggetto del mio discorso una breve occhiata di subliminale esasperazione, giacchè era stato proprio il suo silenzio a farmi trascorrere ore terribili in quella umida prigione, "In quanto al procuratore Greene, presto sarà definitivamente stabilita la sua colpevolezza o la sua innocenza."

"Dopodichè, finalmente giungemmo in paese. Avrà già capito, dottor Watson, quale sorpresa ci attendesse presso il posto di polizia."

"Il signor Greene di certo non sarà stato presente."

"Già. E non riuscimmo a trovarlo in nessuna casa. Con l'aiuto di padre Barnes e del dottor Finley, lo cercammo anche nelle campagne adiacenti al piccolo agglomerato urbano, senza alcun risultato."

"E... in quanto ad O'Claire? La vostra prima idea non era stata proprio d'interpellare lui?"

"Sì, amico mio." replicò Sherlock, "Sfortunatamente, non pensammo a lui che dopo diversi minuti, durante i quali la notizia della latitanza del presunto responsabile della dipartita di Ann Dunbar si era capillarmente diffusa tra i concittadini. Al delinquenziale ma comprensibile orrore per la consapevolezza d'essere esposto e possibilmente candidato alla forca si aggiunse in lui l'ira contro il compare che l'aveva abbandonato. La nostra - la mia - lentezza quasi costò la vita al povero Finley."

"Giusto Cielo!" esclamò il medico, allibito.

"Senza contare lo spavento del buon sacerdote, le cui preghiere, per grazia divina e per nostra salvezza, furono esaudite." ripresi la parola a un certo punto, e notando che Watson mi stava osservando con evidente curiosità, impaziente di udire il seguito, mi accinsi a riordinare le idee, ritornando con la mente ai tragici avvenimenti di quella serata.

Ero rimasto leggermente indietro, nella spedita marcia che ci stava portando alla locanda che l'irlandese O'Claire aveva per anni gestita senza apparenti irregolarità.

Si trattava di un edificio di legno dalla forma trapezoidale e piuttosto piacevole alla vista, ben verniciato, con una insegna rossa a forma di cartiglio dall'arcaica iscrizione "Rua Fìon" [1]. Una porta dai vetri sottili e un po' sporchi si apriva sulla sala centrale, che recava numerosi tavoli per i visitatori, mentre al di sopra di esse erano presenti alcune finestre per la stanza del proprietario e per alcune sistemazioni che venivano affittate ai viandanti o a chiunque della zona che necessitasse di un alloggio. Il buio era ormai denso e le ombre si confondevano con l'oscurità degli anfratti creati dalle alte fiancate delle costruzioni. Le lanterne ondeggiavano alla brezza pomeridiana, conferendo non solo a Giddy Manor, ma anche al paesello, al crepuscolo stesso un che di spettrale.

Il vento primaverile iniziava a farsi gelido e fastidioso, al contatto col nostro volto, dal colore già acceso per l'agitazione e per la leggera corsa.

Tutto accadde in pochi secondi, tanto che fui appena in grado di percepire un sinistro scintillìo metallico nei pressi di una tenda chiara increspata dall'aria tersa, prima che mio fratello afferrasse il soprabito del medico che camminava accanto a lui, strattonandolo e trascinandolo a terra.

"Attento! Dottor Finley, attento!"

Uno sparo risuonò, tra gli strilli atterriti di alcune leggiadre e spaventate contadine che ritornavano allora dai campi. Il cappello dell'anziano uomo volò via, e quello si portò le mani al capo scoperto, con un "Poffarbacco!".

"Non avvicinatevi! Non un passo di più, o giuro sulla mia vita che, chiunque sia lì sotto, gli faccio saltare le cervella,
begorrah [2]! Avete compreso? Via!"

"Lo stupido giovinastro." sbuffò sdegnosamente l'ispettore, giungendo sul posto con alcuni agenti, ovviamente armati e con le rivoltelle in pugno, "E' accerchiato: non ha scampo."

"Aspetti, Poole." lo chiamai, prendendo un profondo respiro, "Se per disgrazia O'Claire fosse ferito gravemente, perderemmo l'unico testimone a nostra disposizione di ciò che accadeva nelle segrete di Giddy Manor. L'unico che possa fornire positivamente un contrassegno delle implicazioni di Greene in quei loschi affari."

"Ma, signor Holmes! Scendere a patti con criminali di tal sorta!"

"Non sto parlando di trattare con O'Claire, signore. Mi riferisco al fatto che probabilmente si potrebbe riuscire a fargli deporre pacificamente quel fucile."

"E come?" esclamò, più che domandare, il poliziotto, dubbioso.

"Poole non aveva tutti i torti." commentò quietamente Watson, serio. "Non si prefigurava certo come un'impresa semplice quella di placare una persona in un simile stato di nervosismo ed agitazione."

"Concordo, Watson!" esclamò Sherlock, "Infatti la diplomazia ebbe risultati molto poveri, e per nulla soddisfacenti. Non è vero, Mycroft?"

"Purtroppo." commentai cupamente, annuendo appena. "Tentammo in ogni modo di farlo ragionare, ma l'unica risposta che ottenemmo fu..."

"Non vi credo!"

Un grido quasi disumano, che riecheggiò per le stradine strette con lugubre eco.

"O'Claire, ascolti attentamente. Possiamo dimostrare che non fu lei ad uccidere Ann Dunbar. Per lei non vi sarà la forca, se deporrà quell'arma."

Udimmo un fruscìo dalla finestra, ed un rumore di vetri infranti.
"Via da qui, vi ho detto!"

Scambiai con Sherlock uno sguardo preoccupato. Si era accostato a me, vedendomi arrivare in prossimità della locanda, ed aveva stretto le sue dita ossute intorno al mio avambraccio; scrutai il suo viso alla flebile luce delle lampade e della falce di luna che galleggiava nel cielo: lo trovai esausto e pervaso da evidente dubbio.

"Sappiamo che fu Greene a macchiarsi le mani del sangue della giovane donna... e in quanto a mio fratello, egli è vivo e vegeto. Signore, lei non ha nulla da temere da noi!..."

"Dunque perchè, in nome del Cielo, state circondando la mia abitazione? Mi difenderò, ad ogni costo! Andatevene, e non ritornate!"

Due detonazioni si susseguirono nell'arco una manciata di attimi. Alla prima, uno degli agenti diede un gemito e crollò in ginocchio. Alla seconda, un singulto ed un urlo: O'Claire cadde, insieme alla sua colubrina, e si accasciò riverso al suolo polveroso. L'ispettore si affrettò al fianco del suo subordinato, trovandolo ferito in modo miracolosamente lieve. Rialzò uno sguardo cupo verso il medico, il quale era immobile, chino accanto all'irlandese.

"Bart?"

Finley scosse mestamente il capo, "E' morto, Poole."

"E con lui, signore, ogni opportunità di scoprire dove si trovi adesso Greene." commentai amaramente, "Vieni, Sherlock. Ritorniamo a casa." ordinai, giacchè il ragazzo mi pareva alquanto scosso, com'era naturale che fosse, ed incredibilmente pallido. Ma quello mi trattenne.

"Non credo, Mycroft," fece, con tono calmo e distaccato, ed un bagliore formidabile, lucido e attento nelle iridi grigie, "Che sia completamente impossibile ricavare l'ubicazione del nostro latitante procuratore. Anzi, penso di aver pronta una soluzione accettabile a questo piccolo enigma. Ci vorrà una mappa, però - lei, signor Poole, ne ha una, certamente. Muoviamoci, allora. Non v'è tempo da sprecare."

Lasciammo padre Barnes a recitare orazioni per il defunto locandiere e ci avviammo lentamente verso il posto di polizia, con non poca fatica - almeno, da parte mia, giacchè gli eventi di quell'infausto giorno mi avevano letteralmente spossato, e da parte sua il mio congiunto dalla fibra d'acciaio era costretto ad afferrarmi una spalla, per rimanere saldamente in piedi, non osando affidarsi troppo al suo collaudato ma debole equilibrio...

"Una mappa!" fece Watson, sollevando su Sherlock uno sguardo perplesso, "A che pro, Holmes?"

"Dottore, a questo punto lei è perfettamente in grado di comprendere quale obiettivo mi avesse portato a frugare negli archivi di ogni minuscola cittadina del Tyne and Wear, risalendo il fiume da Tynemouth e riscontrando i risultati che mi sarei aspettato... in tutti i centri abitati, tranne che a Seaham, Prudhoe e Rowlands Gill."

Il medico inarcò le sopracciglia, più sbalordito che mai.

"Mio caro ragazzo, temo che tu stia parlando per enigmi ora esattamente come facesti quella sera."

"Fatto sta, Mycroft, che trovammo Greene esattamente dove avevo previsto, ovvero sulla strada per Prudhoe. Non posso certo pretendere, Watson, che lei abbia una conoscenza geografica del North Tyneside paragonabile a quella di un Geordie [3], ma, mi dica: nei panni di un uomo braccato dalla polizia di tutta una contea, cosa penserebbe di fare?"

"Certo mi dirigerei il più prontamente possibile verso il confine di contea."

Mio fratello annuì, ed accennò un freddo sorriso che rifletteva le cupe rimembranze che affioravano al suo intelletto come oscure forme riportate a galla da una ghiacciata corrente che albergasse nel profondo degli abissi oscuri.

"Sì, signore," interloquii, vedendo che una sfumatura di preoccupazione aveva attraversato il viso onesto dell'uomo, al veder crescere quell'ombra di cupo presagio sui lineamenti dell'amico e camerata, "Purtroppo quella notte non era ancora finita. Rimaneva in circolazione la losca figura dell'uomo che si era reso fautore di molti intrighi, nell'intera regione. Nella mia mente, come in quella di Sherlock, balenò il pensiero che Ann Dunbar potesse non essere l'unica vittima di quella malaugurata serie di circostanze. Non sempre sostenere la giusta causa dona la salvezza, dottore, anzi. Spesso accade altrimenti."

"Lo so." rispose il medico, a bassa voce, comprendendo come la mia affermazione volesse essere una semplice constatazione, e non una informazione rivolta specificamente a lui. Al termine di una educata pausa, aggiunse, "Cosa successe?"

"Raggiungemmo il procuratore Greene, Watson." mio fratello balzò in piedi, percorrendo la Sala degli Estranei a passi rapidi e lunghi, "... Poole fu costretto ad abbattere la sua cavalcatura, per fermarlo..."

"... e lo riportammo a Whitley Bay, immediatamente." terminai per lui la frase.

Il dottor Watson ci ascoltava con la più completa attenzione, il volto e l'intelletto intenti alla narrazione, compresi di placida ma profonda e radicata emozione, come se anch'egli si fosse trovato insieme a noi, sulle scogliere del Northumberland, dove il mare roboante ululava i suoi presagi perchè i mortali lo temessero e lo rispettassero.

Ricollegai alcuni fatti e continuai a raccontare...


***************

[1] : Dall'Irlandese, "Il Vino Rosso". -- Torna SU

[2] : Esclamazione irlandese dal significato drammatico di in nome di Dio!. Grazie Lady per i consigli! -- Torna SU

[3] : Sono chiamati Geordies gli abitanti del Tyne and Wear. Il soprannome è un diminutivo del nome "George". Vi sono due possibili teorie sulla storia di codesto nome, la prima riguarda il tipo di lampade utilizzate nelle miniere di carbone del Tyneside per prevenire esplosioni dovute al gas di stagnazione presente nei tunnel (George Stephenson's safety lamps, chiamate Georgie lamps). La seconda teoria etimologica è collegata al periodo di Giacobitismo (Wikilink), durante il quale il Tyneside dichiarò la sua lealtà agli Hanover (Giorgio I e II, appunto), mentre nel resto della contea del Northumberland il popolo era con gli Stuart. Chiedo perdono per la lunga divagazione. -- Torna SU

Nota dell'Autrice
Colgo l'occasione per annunciare il mio ritrovamento d'un deplorevole e tremendissimo errore sul piano morfogeografico. Non so per quale visione onirica avevo la certezza che esistesse una città chiamata Tyneside nel Sussex, vicino a Maidstone (avevo compiuto numerose ricerche durante l'estate, che hanno portato alla mia long-fiction L'amara vicenda di Tyneside, appunto). Ora però mi rendo conto che il Tyneside non è altro che una regione del Northumberland (cosa della quale tra l'altro ero già a conoscenza, ma ritenevo che fosse una mera coincidenza). Ho corretto questa fanfiction (fortunatamente il Canone non dice dove gli Holmes siano cresciuti), e temo che sarò costretta a cambiare in modo consistente l'altra per ristabilire l'esattezza.
Provvederò appena possibile, mi scuso per l'orrore terribile.

Ebbene. Cosa accadrà ora? Riusciranno i due Holmes a provare la colpevolezza del perfido Greene?
A presto!


   
 
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