Pretende
la
luna
Piange.
La Luna.
È lì, in quel
luogo tetro e
spaventoso.
Lei non ha mai avuto paura
del buio, non per altro motivo, ma perché nel cielo ne era
sempre circondata.
Ma ora è diverso.
L’hanno imprigionata.
L’hanno rubata al suo
cielo.
Al suo buio fresco e
rassicurante che era la notte.
E ora è lì,
in quella nicchia
infossata nella parete, imprigionata tra quei fili dorati che quasi non
la
fanno respirare.
Non può muoversi.
Non può illuminare la
terra.
Perché è
diventata parte
della terra stessa.
Ed è imprigionata.
Piange. Piange ancora.
Perché non la liberano?
Perché la tengono
imprigionata, perché le rubano la sua libertà?
La Luna non capisce, non
comprende quegli uomini.
Loro, che tanto
l’ammiravano,
dal basso del loro pianeta.
Loro, che tanto la stimavano,
per la sua purezza e la sua luce che impediva loro di brancolare
nell’oscurità.
Loro, che tanto scherzavano
su di lei.
“Che cosa pretendi, la
Luna?”
chiedevano, per scherzo.
E perché, allora, adesso
non
lo prendono più come un scherzo?
Perché, adesso,
l’hanno
portata sulla terra?
Ma la Luna, in fondo, sa la
risposta.
E resta lì, imprigionata
in
quella nicchia buia, umida e stretta.
Piange.
E attende il momento in cui
verranno quegli uomini crudeli e la porteranno verso la sua nuova
padrona.
Lei, la Luna, avrà una
padrona.
Lei, che ha così tanti
anni
da renderne impossibile il conteggio.
Avrà una padrona che di
anni
ne ha dieci, vive in una famiglia ricca e pretende la Luna.
Ma non in senso metaforico.
Lei pretende la Luna, e la
Luna avrà.
E la Luna piange.