Purtroppo dato che sono molto rincoglionita e avevo all'attivo due Sesshoumaru/Kagome ho invertito le introduzioni e quella con i credits ce l'ho nella storia che sto scrivendo da poco.
Scusate ancora l'inconveniente, non sono una plagiatrice e ci terrei a precisarlo.
Non me ne vogliate male, vi prego.
And the shadow of
the day will embrace the
world in grey.
Pioggia_
I have to fall to lose it all, but
in the end it
doesn’t even matter. [Sesshoumaru!Kagome]
One thing / I don’t know why
Sinceramente,
a pensarci bene, non sapeva
come era successo tutto quello.
Non
sapeva dire se fosse stata una cosa
graduale e lenta, come una goccia d’acqua, oppure veloce e
scatenata come una
piccola cascata. No, non riusciva a capirlo - o almeno a deciderlo
– e più ci
pensava più la confusione aumentava, quindi, aveva
semplicemente deciso di non
pensarci: semplicemente, senza affanno. E s’accorse,
d’un tratto, che quella
era davvero una bella parola: semplicemente.
Scorreva
via come un torrente, ma con calma,
la stessa che può avere una goccia d’acqua, senza
affanno, ma scavando a fondo, come la più
turbolenta delle cascate: semplicemente.
Pioveva
fuori, di quella pioggerellina lenta
e instancabile che indispettisce tutti per la sua debolezza: insomma,
perché
non manifestarsi tutta insieme come una violenta tempesta, eh?
Perché sempre
poco per volta, perché?
Tutti
si rinchiudevano in casa, guardando con
astio il cielo bianco come cotone, contando il tempo a suon di sbuffi
spazientiti. Kagome era l’unica che guardava quella pioggia senza affanno e senza ribellarsi, anzi,
decise che le piaceva, decise che tutta quella calma la rilassava
proprio.
Uscì
all’aperto, schermandosi dalla pioggia
fine col fidato ombrello: nella capanna regnava un clima sonnacchioso e
nessuno
s’accorse della sua insolita passeggiata.
Sorrideva
Kagome, sentendo nell’aria molto
più dell’odore della terra bagnata, sorrideva
Kagome, ed in silenzio annuiva.
Il
ritmico ‘plic’ delle gocce sull’ombrello
era l’unico ritmo dei suoi passi, con una strana sensazione
alla bocca dello
stomaco, come un presentimento e una quieta certezza, come la paura che
potesse
non realizzarsi e l’ansia se invece accadesse.
Percorrendo
passi già fatti, Kagome arrivò ai
piedi di un grosso albero, e sorrise, senza che il peso allo stomaco si
spostasse.
Occhi
ambrati e tuttavia così freddi la scrutarono
attenti, rispondendo al suo sguardo senza capirlo davvero.
“Sesshoumaru-sama,”
esordì, mordendosi le
labbra e con esse le parole.
L’altro
spostò lo sguardo tra le fronde dell’albero
sulle cui radici si era seduto. Freddo e distaccato continuò
ad osservare il
cielo bianco e candido, non preoccupandosi
di far caso a lei.
A
lei che, senza volere, era divenuta una
costante. Ed era stupido e un po’ ipocrita pensare che fosse
solo un caso.
Lei
rimaneva lì, tenendo forte l’ombrello e
guardandolo con un po’ di paura e apprensione, pensando a
tante cose ma, in
definitiva, sperando che almeno la
guardasse.
E
lui lo faceva, almeno per qualche istante,
qualche manciata di secondi per capire che non si era trattato di uno
sbaglio;
e poi tutto ritornava come prima ma senza tristezza. Tutto tornava come
prima
ed era quasi un piacere, un modo col quale il cuore batteva regolare e
c’era solo
il cielo bianco di cui preoccuparsi.
Kagome
sorrise incontrando il suo sguardo e
Sesshoumaru si chiese per quale motivo i suoi occhi risultassero
così caldi.
Era
forse per questo che, InuYasha, impediva, ogni volta, che si
chiudessero per
sempre?
Si
alzò, si alzò con affanno a dir la
verità,
e fu subito preso di mira dalla pioggia che intaccò,
irrispettosa, i suoi
capelli candidi, come il cielo che l’aveva generata.
E
poi smise, d’un tratto, e l’odore
dell’umana
si fece quasi insopportabile. Abbassò lo sguardo e lei era
lì, proteggendolo
dalla pioggia e da un mondo che, probabilmente, mai l’aveva
capito.
Era
lì, e con lei il suo sguardo: forte e
determinato; dolce, anche, ma soprattutto caldo. Lo guardava senza
paura e
senza apprensione, li aveva lavati via dal suo volto, anche se la
pioggia non l’aveva
mai intaccata [almeno lei].
“Puoi
tenerlo, se vuoi.” Lo guardò di nuovo,
porgendogli quello strano affare.
Lui
la guardò un attimo stranito, e la guardò
veramente forse per la prima volta. Si chiese il perché di
quella gentilezza e
s’arrabbiò, s’arrabbiò
perché lui non aveva mai avuto bisogno di nulla e di
nulla aveva bisogno anche in quel momento.
La
scostò da sé con freddezza, tornando ad
amare la presenza della pioggia sulla pelle, e le voltò le
spalle perché il suo
sguardo era troppo simile a quello di Rin e, come il suo, proprio non
lo
capiva.
Iniziò
a camminare, lo sguardo della donna
fisso alla sua schiena, e cercò di non pensare, di non
volere. Cercò consolazione
in quella pioggia che scendeva senza affanno, colorando il mondo di
bianco e
umidità, cercò invano.
“Tornerò.”
E
capì che la donna, a differenza della
pioggia, gli era entrata dentro.
Grazie anche a Nicole221095 [Se a coppia è tra le tue preferite spero davvero che questa ti piaccia. -ç-] e a Dioni.
Alla prossima!
Red.